La coltivazione di alghe necessarie per la creazione di un calcestruzzo ad emissioni zero, attraverso il calcare biogenicodi Marco ArezioIl mondo del cemento e del calcestruzzo è da tempo in fermento per creare nuovi impasti carbon free, non incidenti sulle risorse naturali normalmente prelevate dalle cave. Si sono sperimentate ricette con una percentuale di rifiuti edili provenienti dal riciclo dei materiali delle ristrutturazioni e demolizioni, impasti con percentuali variabili di rifiuti plastici non riciclabili e impasti con scarti provenienti dagli inceneritori dei rifiuti e delle acciaierie. Tutte le ricette sono finalizzate alla migliore gestione dei rifiuti nell’ambito dell’economia circolare, la quale promuove ogni azione indirizzata al riciclo degli scarti che produciamo, la riduzione del prelevamento di materie prime naturali e la riduzione dei rifiuti non riciclabili. Un altro capitolo di sostenibilità è stato aperto, per ora in maniera sperimentale, dall’Università del Colorado, che sta studiando la possibilità di utilizzare delle alghe per la produzione del calcare biogenetico per la produzione di cemento, malte e calcestruzzi bio. L’Università ha creato una coltivazione di Coccolitofori, alghe monocellulari appartenenti alla famiglia delle Aptofite, che hanno la caratteristica di essere ricoperte di scaglie di carbonato di calcio. La presenza di questo elemento nelle alghe può essere la chiave del suo utilizzo nella sostituzione dell’elemento naturale negli impasti cementizi. Infatti il calcare che, per mezzo della fotosintesi le alghe producono naturalmente, può essere compatibile con quello naturale, dando vita ad un componente dell’impasto non solo ad emissioni zero, ma addirittura negative, in quanto le Coccolitofori assorbono CO2 durante la loro vita. Infatti, si può parlare di calcestruzzo o cemento carbon neutral perché l'anidride carbonica rilasciata nell'atmosfera, quando viene bruciata per produrre cemento, è uguale a quella che le microalghe hanno estratto dall'atmosfera durante la sua crescita. Invece si può parlare di cemento o calcestruzzo carbon negativo, se il calcare naturale utilizzato nelle miscele viene sostituito integralmente da quello proveniente dalle alghe, infatti, durante la loro vita hanno assorbito la CO2 nell’ambiente e non è necessario emetterne altra per la sua produzione. Secondo gli studiosi dell’Università l’adozione su larga scala di questa teoria farebbe risparmiare al pianeta circa due gigatonnelate di CO2 emessa all’anno e il sequestro di 250 milioni di tonnellate. I ricercatori Americani stimano che con 500.000 o 1.000.000 di ettari di stagni aperti negli Stati Uniti, il paese potrebbe realizzare abbastanza carbonato di calcio per produrre tutto il cemento di cui ha bisogno. Categoria: notizie - edilizia - economia circolare - riciclo - bio calcestruzzo - bio cemento
SCOPRI DI PIU'Come il Riciclo dei Polimeri Sta Ridisegnando il Futuro delle Transazioni Finanziariedi Marco ArezioLe carte di credito sono diventate un pilastro fondamentale dell'economia moderna, facilitando transazioni veloci e sicure in tutto il mondo. La loro produzione, tuttavia, implica una serie di processi complessi e l'uso di materiali specifici, con una crescente attenzione verso l'impiego di polimeri riciclati in risposta alle sfide dell'economia circolare. Materiali Utilizzati Tradizionalmente, le carte di credito sono state prodotte utilizzando PVC (Policloruro di Vinile), un materiale plastico noto per la sua durabilità, flessibilità e capacità di essere stampato con precisione. Il PVC consente di incorporare vari livelli di sicurezza, come ologrammi, microchip e bande magnetiche, rendendo le carte di credito difficili da contraffare. Tuttavia, il PVC non è facilmente riciclabile e può rilasciare sostanze nocive se non smaltito correttamente. Negli ultimi anni, c'è stata una spinta verso l'utilizzo di materiali più sostenibili, tra cui polimeri riciclati. Questi materiali provengono da fonti post-consumo o post-industriali e attraversano un processo di pulizia, triturazione e rigenerazione prima di essere trasformati in nuove carte. L'uso di polimeri riciclati riduce la dipendenza dalle risorse vergini e diminuisce l'impatto ambientale della produzione delle carte di credito. Produzione e Riciclo La produzione di carte di credito inizia con la creazione di un foglio di materiale plastico, che viene poi stampato, tagliato e inciso con i dati del titolare della carta. La fabbricazione di un microchip e l'installazione di una banda magnetica sono passaggi successivi cruciali, seguiti da test rigorosi per assicurare la conformità agli standard di sicurezza. Nonostante l'incremento nell'uso di carte virtuali e sistemi di pagamento mobile, la produzione annua di carte di credito fisiche rimane significativa, con stime che superano i miliardi di unità a livello globale. Il tasso di riciclo, tuttavia, è ancora basso, in parte a causa della complessità dei materiali coinvolti e della mancanza di infrastrutture dedicate. Iniziative volte ad aumentare la raccolta e il riciclo delle carte scadute o dismesse stanno guadagnando terreno, con alcune aziende che offrono programmi di ritorno specifici per le carte di credito. Curiosità del Mercato Personalizzazione: l'industria delle carte di credito ha visto una crescente domanda di personalizzazione, con clienti che desiderano design unici o la possibilità di aggiungere immagini personalizzate sulle loro carte. Carte ecologiche: alcune banche e istituti di credito hanno iniziato a offrire carte prodotte esclusivamente con materiali sostenibili o riciclati, rispondendo alla crescente consapevolezza ambientale dei consumatori. Tecnologia contactless: l'adozione di tecnologia contactless ha accelerato l'uso delle carte di credito, rendendo le transazioni più rapide e convenienti. Storia delle Carte di Credito La storia delle carte di credito risale agli anni '20 negli Stati Uniti, quando furono introdotte come metodo di pagamento per i clienti VIP di alberghi e stazioni di servizio. Tuttavia, il concetto di carta di credito come lo conosciamo oggi si è sviluppato negli anni '50, con l'introduzione della Diners Club Card, seguita dalla American Express e dalla Bank of America Card, che in seguito divenne Visa. Queste prime carte erano generalmente fatte di cartone e venivano accettate solo in un limitato numero di stabilimenti. Da allora, l'industria delle carte di credito ha visto innovazioni rivoluzionarie, inclusa l'introduzione di bande magnetiche, microchip e tecnologie di sicurezza avanzate, trasformando il modo in cui consumiamo e gestiamo le nostre finanze. Mentre l'industria delle carte di credito continua ad evolversi, con un occhio di riguardo verso soluzioni più sostenibili e tecnologicamente avanzate, l'adozione di polimeri riciclati rappresenta un passo importante verso la riduzione dell'impatto ambientale di questi strumenti di pagamento indispensabili. Questa transizione non solo rispecchia le crescenti esigenze ambientali ma segnala anche un cambiamento nel comportamento dei consumatori, sempre più orientati verso scelte etiche e sostenibili. Il futuro delle carte di credito sembra orientarsi verso l'innovazione continua, sia in termini di materiali e processi produttivi sia nella funzionalità e sicurezza. Le sfide legate al riciclo e allo smaltimento delle carte di credito richiedono un impegno congiunto da parte delle aziende produttrici, dei consumatori e delle autorità normative per sviluppare soluzioni efficaci che promuovano l'economia circolare. Inoltre, l'emergere di tecnologie digitali e di sistemi di pagamento alternativi potrebbe ridurre la necessità di carte fisiche, spostando l'attenzione verso soluzioni completamente virtuali. Tuttavia, fino a quando la carta di credito fisica rimarrà un elemento fondamentale nel portafoglio dei consumatori, il suo impatto ambientale e le strategie per la sua mitigazione rimarranno argomenti di cruciale importanza. La storia delle carte di credito, dalla loro creazione come semplici strumenti di carta per un'élite ristretta alla loro attuale incarnazione come simboli di accessibilità finanziaria e innovazione tecnologica, riflette l'evoluzione della società moderna e delle sue priorità. Man mano che ci avviciniamo a un futuro più sostenibile, il ruolo delle carte di credito e la loro produzione continueranno ad adattarsi, dimostrando la capacità dell'industria di rispondere alle sfide ambientali senza compromettere la sicurezza e la comodità degli utenti. In conclusione, la produzione di carte di credito, l'uso di materiali riciclati e la storia di questo strumento finanziario offrono uno sguardo affascinante sull'intersezione tra tecnologia, economia e sostenibilità.
SCOPRI DI PIU'Sappiamo chi le genera, da dove partono e come risolvere il problema. Ma i soldi e la politica fanno sempre la differenzadi Marco ArezioSi è molto parlato, negli anni scorsi, dei rifiuti plastici e delle microplastiche nei mari e negli oceani, tanto che il problema ha impegnato per molto tempo i canali di informazione tradizionali e via web. Si sono mobilitati ambientalisti, aziende che cavalcavano l’onda emotiva della gente con campagne dal vago sapore di greenwashing, studiosi, scienziati, personaggi dello spettacolo, leader religiosi, nutrizionisti, sociologi, veggenti e catastrofici personaggi dell’ultima ora. Da quando sono comparse le isole galleggianti di rifiuti plastici negli oceani, come la Great Pacific Garbage Pacth, il mondo si è attivato per capire il fenomeno, da dove nascesse, come si formavano queste isole e come si sarebbe potuto intervenire per ripulire gli oceani e interrompere le nuove formazioni di rifiuti. Durante questo ciclo di attenzione mediatico-scientifico, è emerso anche il fenomeno, più subdolo, delle microplastiche, frazioni di prodotto inferiori a 5 mm., che sono spesso scambiate dai pesci per cibo, rientrando pericolosamente nella catena alimentare anche umana. Da dove vengono i rifiuti plastici che troviamo nei mari e negli oceani? Secondo studi recenti ogni anno l’uomo scarica nei mari circa 8 milioni di tonnellate di rifiuti plastici, il che significa oltre 250 Kg. al secondo, creando una presenza di circa 5.000 miliardi di pezzi, di varie dimensioni, nell’ecosistema marino. Le macro plastiche, cioè rifiuti di dimensioni come una bottiglia di acqua, provengono principalmente dalle azioni deliberate dell’uomo di scaricare, attraverso i fiumi, i rifiuti domestici o quelli che provengono dalle aziende di riciclo poste in paesi poco sviluppati, dove l’attenzione per l’ambiente e la legislazione non punitiva, in materia ambientale, è inesistente o lassista, permettendo o tollerando questi comportamenti. Per quanto riguarda le microplastiche la loro origine si può far risalire a tre fattori principali, la decomposizione delle macro plastiche già presenti in mare sotto l’azione del sole e dell’acqua, i rifiuti del settore tessile e della cosmetica. Inoltre le microplastiche possono provenire anche dagli scarichi di paesi industrializzati, in cui le normative ambientali non hanno ancora risolto il problema della captazione e dell’eliminazione delle particelle più piccole di plastica. Come risolvere tecnicamente il problema Evidentemente ci sono due fattori temporali che devono essere presi inconsiderazione quando si parla di operare per trovare le giuste soluzioni da applicare. In primo luogo bisogna intervenire a monte, cioè fermare lo scarico dei rifiuti plastici nei fiumi, come fossero una fogna legalizzata, aiutando i paesi meno sviluppati a dotarsi di normative ambientali severe e soprattutto a farle rispettare, evitando che fenomeni corruttivi ne decapitino l’efficacia. Secondo, è necessario intercettare i rifiuti plastici prima che raggiungano il mare, utilizzando le reti di contenimento dei rifiuti in prossimità di restringimenti, anse o alla foce dei fiumi. Ogni soluzione di intercettazione dei rifiuti plastici galleggianti deve essere customizzata in base alle esigenze locali, quali il traffico dei natanti, la vita dei pesci, le correnti e via dicendo. Esistono poi delle piccole imbarcazioni dotate di sistemi per raccogliere i rifiuti in superficie, che percorrono i tratti di fiume dove maggiore è la presenza dei rifiuti, così da aiutare e sostenere il lavoro delle reti. Terzo riguarda le isole galleggianti, compito per assurdo, teoricamente più semplice, in quanto esiste un’area delimitata e circoscritta in cui sarebbe possibile raccogliere la plastica galleggiante, ma, di contro, le dimensioni di queste isole sono così estese che il lavoro è sicuramente problematico ed impegnativo. L’unione delle tre attività, contrasto all’immissione nei fiumi di nuove quantità di rifiuti plastici galleggianti, migliori sistemi di filtraggio degli scarichi civili ed industriali per intercettare le microplastiche e, infine, un’azione internazionale, coordinata e continuativa, per pulire i rifiuti presenti nei mari e negli oceani, porterebbe a grandi risultati per la salute dei mari e degli oceani. Chi deve farlo e chi deve finanziarlo Questo tema è stato di proposito lasciato per ultimo, in quanto, come sempre, quando c’è di mezzo la politica e il denaro, diventa difficile trovare azioni condivise, addirittura a volte non si riesce nemmeno ad affrontare il problema ai tavoli internazionali. Credo che si debba creare un nuovo approccio alla visione dei deficit ambientali, vedere la terra come un ambiente condiviso, considerando che l’azione di un paese può influenzare negativamente la vita di tutti, come lo è, in buona parte, quello di scaricare a monte, nei fiumi, i rifiuti che poi, vanno ad interessare gli oceani e i mari in tutto il mondo. Un problema sovranazionale va gestito da un consesso di paesi alleati, che si uniscono per trovare soluzioni e finanziamenti condivisi, che abbiano l’autorità per prendere delle decisione per il bene di tutti ed abbiamo anche gli strumenti per farle rispettare. Ma, in primis, ci vuole la volontà politica per farlo, non bastano le menti, le tecnologie e il denaro se manca la volontà e la lungimiranza di un consesso politico internazionale. Soldi e potere fin dai tempi bui della storia dell'uomo hanno governato le menti degli uomini, ma oggi, se non operiamo quello scatto che ci possa garantire la sopravvivenza in armonia con l’ambiente, non ci sarà più motivo di parlarne e di agire. Ah, dimenticavo, non è eliminando la produzione di plastica o credendo ai proclami di correnti di pensiero come quella della “Plastic free” che si risolvono i problemi.. Traduzione automatica, Ci scusiamo per eventuali inesattezze. Articolo originale in Italiano.
SCOPRI DI PIU'Riduzione dell’inquinamento, mitigazione delle ondate di calore, obbiettivi socialidi Marco ArezioChe le aree metropolitane stiano diventando sempre più un aggregato di popolazione crescente, nei numeri e nelle esigenze, è evidente in molti paesi del modo dove non si arresta l’incremento delle migrazioni interne verso le grandi città. I motivi che spingono le persone a muoversi sono principalmente economici, essendo la città un ambiente in cui le occasioni di trovare lavoro sono sicuramente più alte rispetto alle aree rurali. L’incremento massiccio della popolazione ha portato negli scorsi decenni ad una cementificazione “urgente” e smodata, sia dal punto di vista architettonico, che ambientale, che sociale, creando interi quartieri senza identità e senza un’anima, attraverso un’edilizia economica e con una spiccata essenzialità urbanistica. Questo modo di creare quartieri “dormitorio” ha creato disgregazione sociale, generazionale e una mancanza di integrazione tra il costruito e la natura. I bambini nati in questi contesti faticano a riconoscere un’alternativa ambientale ai palazzi, le strade asfaltate e ad ambiti diversi dai piccoli parchi di quartiere, se esistono. Inoltre, l’inquinamento crescente causato dal traffico veicolare, dal riscaldamento delle abitazioni e dalle conseguenze delle ondate di calore estivo, creano delle condizioni di vita non salubri e stressanti per la popolazione. Molte amministrazioni cittadine si sono convinte che il verde sia la chiave per lenire alcune problematiche legate all’inquinamento e, attraverso l’incremento della forestazione cittadina, la possibilità di creare condizioni di vita e una socialità più umana. Milano ha fatto suo questo obbiettivo, con il proposito di piantare tre milioni di alberi entro il 2030 e, attraverso questa operazione, riqualificare alcune aree per incrementare l’aggregazione sociale. La piantumazione ha anche lo scopo di inserire nel bilancio ambientale della città un elemento mitigatore degli inquinanti e del calore insistente, durante l’estate, sugli edifici meno preposti a difendere gli utenti da questo fenomeno in crescita. Parliamo soprattutto di edilizia scolastica, ospedali e centri per anziani, che riceveranno i primi interventi volti a rendere più vivibile l’ambiente cittadino. Il problema climatico nelle città tende ad acuire le disuguaglianze sociali, economiche e sanitarie, specialmente nelle periferie, dove la qualità delle costruzioni dal punto di vista dell’isolamento temo-acustico crea situazioni di disagio evidente. Inoltre gli alberi portano un aiuto nella lotta alle polveri sottili, al riscaldamento degli edifici con un risparmio nell’uso dei condizionatori. Milano ha messo in campo anche iniziative “green” attraverso la realizzazione di edifici, in cui il verde è parte integrante della loro struttura e attraverso l’organizzazione di eventi aperti a tutta la popolazione da vivere in nuove aree destinate ad un nuovo rapporto tra la popolazione cittadina e la natura. Approfondisci l'argomento
SCOPRI DI PIU'Calcestruzzi Cellulari con Aggregati Riciclati dai Rifiuti: C’è un Futuro?di Marco ArezioAnche il mondo dell’edilizia deve affrontare un percorso di sostenibilità che è sempre più importante per l’ambiente e per l’uomo.I calcestruzzi sono elementi costruttivi che comportano un consumo importante di risorse naturali, in particolare gli aggregati che li compongono, essendo estratti e messi a disposizione del settore delle costruzioni. Come succede sempre più spesso nell’ambito stradale e dell’isolamento acustico, dove si impiegano, per esempio, polverini di guaine bituminose riciclate e macinati degli pneumatici riciclati, anche nell’ambito del calcestruzzo la domanda del mercato per un prodotto più sostenibile è ormai crescente. Le ricette che compongono un calcestruzzo tradizionale vedono l’impiego di aggregati naturali, con granulomentrie differenti, una quota di cemento, acqua e additivi quando necessario. Nell’ambito di un approccio ecosostenibile al prodotto, si sono eseguite diverse sperimentazioni e tests di laboratorio che hanno puntato alla sostituzione integrale dell’aggregato naturale con aggregati costituiti da rifiuti selezionati, industriali e da post consumo. Nella famiglia dei rifiuti presi in considerazione in questi tests possiamo annoverare le ceneri volanti, che sono dei rifiuti prodotti durante l’incenerimento dei rifiuti solidi urbani, la loppa d’altoforno macinata, che è anche lei un sottoprodotto delle operazioni di incenerimento e un prodotto plastico da post consumo, la polvere di PET, proveniente dal riciclo delle bottiglie dell’acqua e delle bibite. Metodologie di prova Con questi tre elementi, si sono costituiti differenti impasti cementizi volti ad ottenere calcestruzzi alleggeriti, creando una serie di campionature da laboratorio con lo scopo di testare la resistenza a compressione e la conducibilità termica di elementi composti, sia con aggregati naturali alleggeriti sia con varie tipologie di aggregati provenienti dai rifiuti. Lo studio è stato promosso con l’intenzione di dare una storia analitica ai calcestruzzi riciclati alleggeriti che possano essere impiegati, per esempio, nella costruzione di blocchi di cemento alleggerito per la realizzazione di pareti non strutturali. Si sono quindi create una serie di miscele differenti con la corrispondente quantità di campioni, che sono stati testati a compressione ed è stata calcolata la conducibilità termica degli stessi. Lo scopo era quello di mettere a confronto, una tradizionale miscela di calcestruzzo con aggregati naturali leggeri, con le miscele di calcestruzzo fatte con gli inerti riciclati dai rifiuti. Risultati delle prove I risultati hanno evidenziato una riduzione media della resistenza a compressione dei campioni composti con gli aggregati da rifiuto, senza il PET, del 13,7 %, rispetto ai campioni realizzati con gli inerti naturali, mentre le miscele che contenevano la polvere di PET hanno avuto performances di resistenza ulteriormente più basse del 10%. Si è però notato che l’aggiunta di polvere di PET ha influito positivamente sulla conducibilità termica, rispetto ai campioni composti al 100% con aggregati dai rifiuti, ma inferiore di circa il 22% rispetto ad un calcestruzzo realizzato con inerti naturali alleggeriti. Conclusioni Per quanto il calcestruzzo alleggerito riciclato abbia inferiori prestazioni meccaniche e termiche rispetto a quello prodotto con elementi naturali, la necessità di limitare l’uso delle risorse naturali e quella di ridurre i rifiuti non riciclabili che vanno in discarica, potrebbe portare ad una nuova consapevolezza nell’ambito della progettazione edilizia e della produzione. Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - calcestruzzi cellulari - edilizia
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