Quale è la situazione nel campo delle energie rinnovabili in Europa alla luce delle tensioni energetiche con la Russia?di Marco ArezioOramai è sotto gli occhi di tutti quale grave situazione si può creare quando uno stato, o un gruppo di essi come l’Europa per esempio, dipende a doppio filo da altre nazioni per un bene così assoluto come l’energia.La guerra tra Russia e Ucraina ha aperto gli occhi, improvvisamente, a chi dormiva tranquillamente e comodamente sui contratti del gas e del petrolio con la Russia, accorgendosi immediatamente che se un tuo fornitore strategico non vuole più fornirti o aumenta, con un gioco subdolo di domanda e offerta, il prezzo dell’energia, ti ritrovi come un re nudo. L’ Europa, paladina del verde e delle energie rinnovabili, ha perso molto tempo nel settore delle energie verdi, pensando che potesse impiegare molti più anni nella transizione energetica. Adesso è diventata una corsa ad ostacoli, stretti tra esigenze di avere a tutti i costi, è proprio il caso di dirlo, il gas e il petrolio e la necessità di spingere sull’incremento della produzione di energie rinnovabili. In questo articolo riportiamo con interesse l’intervista che Kyra Taylor ha fatto Sven Utermöhlen, presidente di WindEurope e CEO dell'eolico offshore presso RWE, che ci aiuta a capire la situazione europea delle rinnovabili. La Commissione europea punta ad almeno 60 gigawatt (GW) di produzione eolica offshore entro il 2030. Quali sono i piani di RWE per aumentare la capacità offshore in Europa? Quanti investimenti state facendo e quando vi aspettate che questi investimenti inizino a generare elettricità? Entro il 2030 investiremo 50 miliardi di euro lordi nel nostro core business, ovvero 50 miliardi di euro per la protezione del clima. L'eolico offshore è uno dei nostri punti focali nella nostra strategia di crescita: entro il 2030, intendiamo triplicare la nostra capacità eolica offshore pro-quota da 2,4 GW a 8 GW in tutto il mondo. Presto annunceremo il completamento del nostro parco eolico offshore Triton Knoll nel Regno Unito, inoltre abbiamo recentemente avviato i lavori di costruzione offshore per Kaskasi, al largo della costa tedesca. Questi parchi eolici offshore avranno una capacità installata totale di 1.200 MW e stiamo anche procedendo con il parco eolico offshore Sofia da 1,4 GW nel Regno Unito. Stiamo inoltre guidando un progetto di sviluppo eolico offshore di 10 GW con diritti offshore garantiti, ad esempio, il progetto da 1.000 MW Thor in Danimarca o FEW Baltic II in Polonia. Le nostre attività di sviluppo offshore sono concentrate nel Nord America, nella regione dell'Asia Pacifica e in mercati particolarmente interessanti in Europa. L'Unione Europea e gli Stati membri stanno aumentando i propri obiettivi nazionali, fornendo ulteriori opportunità di crescita. Paesi come Germania, Regno Unito e Paesi Bassi hanno aumentato i loro progetti offshore ed incrementeranno anche i volumi delle aste. Tutto ciò fornirà ulteriori opportunità di crescita e questo significa che amplieremo ulteriormente la nostra rete di energie rinnovabili e, in particolare, il nostro business eolico offshore. In totale, l'UE punta a far sì che il 40% del suo mix energetico sia fornito da fonti rinnovabili entro il 2030: il Parlamento europeo vuole addirittura puntare ancora più in alto, al 45%. Quale sostegno è necessario in termini di politica da parte dell'UE e dei governi nazionali per raggiungere questi obiettivi? Ciò che è di vitale importanza è che vengano messi in atto meccanismi che continuino a stimolare gli investimenti. Soprattutto nell'attuale situazione con la guerra in Ucraina, ci sono stress e tensioni sulla catena di approvvigionamento e sui prezzi delle materie prime. In generale è essenziale che, in primo luogo, le aste avvengano rapidamente perché i tempi di consegna sono relativamente lunghi nell'eolico offshore. Con le tempistiche nell'eolico offshore di solito comprese tra cinque e 10 anni, quei volumi aggiuntivi devono essere messi all'asta al più tardi nei prossimi due o tre anni, altrimenti nessuno di questi progetti aggiuntivi sarà operativo entro il 2030. Poi c'è un altro aspetto molto importante: i progetti e i regimi delle aste non dovrebbero essere basati solo su criteri finanziari o di prezzo, ma dovrebbero anche considerare criteri qualitativi, come la sostenibilità, la capacità dei partecipanti, la loro capacità di portare a termine questi progetti e il loro contributo all'economia europea. Questo è fondamentale per garantire che i progetti vengano realizzati. L'unica cosa che vediamo in una luce critica sarebbero le componenti di prezzo negative, soprattutto se non coperte, infatti questo comporterà aumenti di prezzo da parte dei consumatori. Diamo uno sguardo più approfondito agli ultimi sviluppi in Germania. Il cosiddetto “Pacchetto Pasquale” del governo tedesco è un altro passo verso una transizione energetica più rapida. Obiettivi di espansione significativamente più elevati per l'energia eolica onshore e offshore, nonché per il fotovoltaico, una maggiore velocità nell'espansione della rete e una nuova priorità assoluta per le energie rinnovabili. Ma ci devono essere miglioramenti quando si tratta delle condizioni di espansione offshore, in particolare, la componente di offerta negativa pianificata aumenterebbe semplicemente il costo dell'energia verde per i consumatori industriali, l'opposto di ciò di cui abbiamo bisogno. Inoltre, il percorso del “Contratto per differenza” per le aree pre-rilevate senza indicizzazione dell'inflazione e massimali di offerta restrittivi si scontrano con l'andamento dei costi attualmente imprevedibile nel settore delle materie prime. Inoltre, secondo lo stato attuale, l'elettricità verde proveniente da aree pre-rilevate per i parchi eolici offshore, non può essere commercializzata all'industria perché rimane intrappolata nel sistema del "Contratto per differenza". Grandi quantità di elettricità verde non sarebbero quindi affatto disponibili per l'industria. La decarbonizzazione del settore è una delle maggiori sfide sulla nostra strada per raggiungere gli obiettivi climatici europei e realizzare la transizione energetica. L'energia eolica offshore dovrebbe svolgere un ruolo centrale in questo. Durante questa conferenza, abbiamo sentito molte preoccupazioni sulla catena di approvvigionamento. Cosa state chiedendo all'Unione Europea e dai governi nazionali per risolvere questo problema? L'industria eolica è determinata a fornire risultati, anche in tempi difficili. Ma abbiamo più che mai bisogno delle giuste politiche di governo. I prezzi sono significativamente più alti al momento – in particolare i prezzi delle materie prime e il prezzo di alcuni componenti, come le parti in ghisa – e le previsioni sui prezzi sono diventate significativamente più incerte. In questo momento, è molto difficile per le aziende della catena di approvvigionamento prevedere dove andranno i prezzi, il che significa che se viene loro chiesto di fare offerte per la consegna tra quattro o cinque anni, è molto difficile prevederne i costi. Quindi i governi devono guardare a come questa incertezza, sul lato dei costi, può riflettersi nei sistemi di aste e potenzialmente sul lato delle entrate, perché anche semplicemente mettere il rischio sulle aziende che istallano e gestiscono gli impianti non funzionerà. Dobbiamo pensare a meccanismi che ci consentano di prendere decisioni di investimento, anche se queste incertezze sui costi sono ora molto più elevate e dobbiamo, assolutamente, considerare questo come un argomento a medio termine: non deve essere un problema a breve termine. Per quanto riguarda la filiera, questo bisogno di espandersi. Doveva farlo molto prima, anche senza la guerra in Ucraina e, probabilmente, ora ha bisogno di crescere ulteriormente a causa delle interruzioni dovute alla guerra. Ciò di cui la filiera ha bisogno sono investimenti e stimoli per espandere la base industriale in Europa. A parte queste preoccupazioni, quali sono le maggiori sfide che il suo settore deve affrontare in questo momento e quali soluzioni stai cercando? Garantire la sicurezza dell'approvvigionamento e diversificare l'approvvigionamento energetico sono le massime priorità, in particolare attraverso l'espansione delle energie rinnovabili. Per accelerare la produzione di energia eolica, le decisioni chiave devono essere prese ora. Per l'eolico onshore, i problemi di autorizzazione sono molto difficili nella maggior parte dei paesi. Queste tempistiche devono essere notevolmente ridotte e i percorsi attuativi devono anche essere semplificati: il nuovo governo tedesco ha appena pubblicato proposte per semplificare le autorizzazioni per l'eolico onshore. Molte delle loro proposte sembrano promettenti, ma misure simili devono essere adottate in tutta Europa per semplificare i processi di autorizzazione per l'eolico onshore. Naturalmente, questo ha anche a che fare con l'aumento dell'accettazione della popolazione locale. Come settore, dobbiamo lavorare fianco a fianco con le comunità locali e i comuni in cui operiamo. Per l'eolico offshore, l'accettazione da parte delle persone che vivono sulle coste non è il problema. Ma abbiamo delle sfide da risolvere per quanto riguarda le autorizzazioni, così dobbiamo intensificare il dialogo con le parti interessate per le stesse aree offshore, questo include il tema della protezione della natura e della coesistenza tra l'eolico offshore e altri utilizzatori del mare, come la pesca o la navigazione. Dobbiamo inoltre chiarire e semplificare alcune regole e procedure per garantire tempi più brevi per le valutazioni di impatto ambientale e la consultazione con i vari soggetti interessati. Abbiamo anche bisogno di una migliore comunicazione sugli effetti positivi dell'eolico offshore sull'ambiente, ad esempio, alcuni studi dimostrano che, dove sono in funzione parchi eolici offshore, dopo pochissimi anni la popolazione di alcune specie marine aumenta. Qual è stato l'impatto della guerra in Ucraina sull'introduzione delle rinnovabili? C'è preoccupazione su come potrebbe avere un impatto sul settore, ma c'è anche una maggiore spinta per le energie rinnovabili. Qual è la tua opinione? C'è una richiesta ancora più forte per una partenza più rapida e più ampia delle rinnovabili, perché il tema della sicurezza dell'approvvigionamento energetico e dell'indipendenza ha assunto una priorità significativa. Ed è vero, infatti, che le energie rinnovabili e l'eolico possono svolgere un ruolo molto importante nel garantire la sicurezza energetica. Il problema è che, almeno nel breve e medio termine, la guerra ha portato a interruzioni nella catena di approvvigionamento e all'aumento dei prezzi delle materie prime. Tuttavia, l'industria eolica è determinata a fornire risultati e, noi di RWE, stiamo continuando ad espandere il nostro core business verde a pieno ritmo. Quanto è importante l'energia eolica come fonte di energia in Europa, vista la guerra in Ucraina? È di vitale importanza. Le energie rinnovabili, in generale, sono molto importanti per la sicurezza energetica e, l'energia eolica, è uno dei due grandi pilastri oltre al solare. Se si guarda al potenziale delle energie rinnovabili in tutta Europa, probabilmente l'energia eolica ha il ruolo più importante. Ovviamente, questo varia da paese a paese, infatti alcuni stati hanno una risorsa solare molto favorevole, ci sono poi altri paesi del nord e nord-ovest dell'Europa, per esempio, dove l'energia eolica gioca un ruolo ancora più importante. Così il Mare del Nord e il Mar Baltico in Europa sono i posti migliori per costruire l'eolico offshore rispetto ad altre aree del mondo. La combinazione di acque relativamente basse e un'eccezionale velocità del vento è unica. Questo è qualcosa che dobbiamo assolutamente utilizzare come Europa perché è un'opportunità unica. La Commissione Europea ha delineato il suo piano per ridurre la dipendenza dell'Europa dalla Russia, chiamato REPowerEU. Qual è il suo punto di vista? Pensa che sia buono? Pensa che serva di più? E quale può essere il vostro contributo come RWE? Accogliamo decisamente con favore l'iniziativa della Commissione europea e crediamo che sia la giusta direzione in cui andare. Quello che possiamo fare come RWE è realizzare la strategia Growing Green che abbiamo pubblicato l'anno scorso, con il nostro investimento di 50 miliardi di euro fino alla fine di questo decennio. La stragrande maggioranza di ciò andrà nelle energie rinnovabili, in particolare nell'energia eolica, sia in mare che in mare aperto. Un'altra pietra miliare importante per noi è l'avvio dei progetti sull'idrogeno il prima possibile. Portare avanti questa strategia è il nostro obbiettivo. Ovviamente, con l'aumento dei progetti per l'energia eolica e le energie rinnovabili nell'UE, cercheremo sicuramente di partecipare a queste ulteriori opportunità di crescita. Lei menziona il piano di RWE di investire nelle energie rinnovabili. Come saranno i prossimi dieci anni in termini di investimenti? Su quale tecnologia di energia rinnovabile vi state concentrando? L'attenzione alle energie rinnovabili è principalmente suddivisa in eolico offshore e onshore. C'è anche un elemento significativo sul solare fotovoltaico. Insieme, rappresentano il 90% degli investimenti complessivi nella strategia green. Il resto è sulla produzione di energia flessibile, idrogeno e stoccaggio. E qual è il rapporto tra progetti di combustibili fossili e rinnovabili nel portafoglio di RWE nel 2030? In RWE, stiamo guidando la transizione energetica più rapidamente rispetto alla maggior parte delle altre società, puntando allo zero netto entro il 2040. Abbiamo un percorso chiaro verso la neutralità climatica: stiamo gradualmente eliminando nucleare e carbone e continuiamo a investire in una crescita verde, che passerà all'idrogeno verde il prima possibile. Con la nostra vasta strategia di investimento e crescita, espanderemo la nostra capacità di generazione verde a 50 GW a livello internazionale entro il 2030. La nostra crescita è sostenibile: oltre il 90% dei nostri investimenti fino al 2030 confluirà in progetti sostenibili secondo la tassonomia dell'UE. Infine, lei è appena stato eletto presidente di WindEurope. Quali sono i tuoi obiettivi principali per questo? Sono onorato di essere stato eletto a rappresentare l'intera catena del valore dell'energia eolica in Europa, un'industria che contribuisce a costruire un futuro a basse emissioni di carbonio. Voglio aiutare l'industria eolica a superare questi tempi difficili, che sono infatti caratterizzati dall'enigma delle prospettive di crescita, forse i più grandi di sempre e probabilmente più grandi di quanto avessimo mai pensato. Allo stesso tempo, ci sono parti di questo settore e parti della catena di approvvigionamento la cui situazione, vista la guerra in Ucraina, è diventata ancora più complicata. WindEurope, in quanto associazione, ha bisogno di aiutare il settore a superare questa situazione instaurando il giusto dialogo con i responsabili politici, le parti interessate e la società, fornendo le giuste argomentazioni, le giuste informazioni, la giusta educazione nel nostro settore, in modo da raggiungere gli obiettivi che condividiamo con l'UE e i governi nazionali in tutta Europa.
SCOPRI DI PIU'Marketing di prodotto. Aspettative elevate sui prodotti fatti in plastica riciclata minano l’economia circolaredi Marco ArezioNon ci siamo mai chiesti come mai molti prodotti, specialmente nel campo dell’imballaggio, continuano a essere prodotti con materia prima vergine? Esistono delle esigenze estetiche, apparentemente non derogabili, stabilite dai protocolli di marketing che vogliono un prodotto dall’aspetto perfetto, nei colori, nella trama e nella finitura, figli di una produzione fatta con materie prime vergini, che hanno lo scopo di soddisfare l’occhio del cliente. Ma è proprio questo che il cliente chiede ad un prodotto per il packaging o altri prodotti addirittura che hanno una funzione tecnica e non estetica, come per esempio i tubi da interro o dei bancali in plastica, o altri prodotti simili? Non credo. Vediamo alcuni esempi in cui sui potrebbe usare il granulo riciclato da post consumo al 100% e invece si continua con la materia prima vergine o in alcuni casi più virtuosi si usa un compound misto. – Tubi per irrigazione in HDPE e LDPE: spesso accade che un prodotto destinato al campo, che verrà, nel corso del tempo, aggredito dal sole con conseguente peggioramento della struttura esterna, riduzione di colore e ricopertura di ampie porzioni da parte della terra o del fango, possa diventare oggetto di una contestazione perché il granulo da post consumo, che potrebbe avere all’interno un po’ di gas o umidità residua, porta a creare piccole bollicine sulla superficie del tubo. Questo non comporta difetti qualitativi del manufatto, ma solo estetici, ma sufficienti a spingere il produttore a fare compounds con il vergine o con granuli post indutriali. – Cassette industriali in HDPE e PP: le casette vengono usate per la logistica di movimento o all’interno di magazzini di attività produttive, quindi non hanno lo scopo di essere messe sul mercato della vendita, ma rimangono un mezzo di lavoro all’interno delle aziende. Sono fatte normalmente in HDPE o PP in vari colori. I più diffusi sono il rosso, il blu e il grigio. L’uso del granulo da post consumo, colorato, potrebbe portare con sé, piccole imperfezioni estetiche che si manifestano in leggere sfiammature sul colore, possibili saltuari puntini neri sulla superficie o piccole zone opacizzate. Facile incorrere nel rifiuto da parte del produttore di cassette, del granulo post consumo come se l’estetica perfetta sia importante per la funzione della cassetta che rimane in un magazzino. Normalmente si preferisce usare una materia prima proveniente da scarti post industriali o un compound misto con materie prime vergini. – Flaconi per il detersivo o liquidi industriali e agricoli: la materia prima normalmente utilizzata è l’HDPE, il PP o il PET. Sul mercato del soffiaggio possiamo dire che una timida apertura al riciclato da post consumo sta avvenendo negli ultimi anni, sulla spinta dei movimenti per l’ambiente, che vedono tutti i giorni i flaconi del detersivo in negozio. L’impressione è che questa attenzione per il riciclato da parte dei produttori di flaconi sia dettata da precise scelte compiacere i propri clienti piuttosto che un’attenzione all’ambiente. Sono comunque scelte un po’ zoppe, in quanto l’industria della produzione del granulo da post consumo ha raggiunto una qualità tale da poter offrire una materia prima che consente di produrre flaconi da 0,5 a 5 litri al 100%, ma ancora oggi si punta a compounds contenenti solo il 30% -50% di materiale riciclato. Questo vale solo su alcuni flaconi e con alcuni colori, perché la maggior parte vengono ancora fatti con il materiale vergine. La produzione dei flaconi con il granulo riciclato da post consumo, specialmente in HDPE, potrebbe a volte lasciare, sul flacone, piccole zone di opacità nel colore, l’assenza di brillantezza tipica dell’uso della materia prima vergine e una presenza di profumo di detersivo tipica del granulo da post consumo proveniente dalla raccolta differenziata. I produttori di flaconi, considerando i numeri generali di consumo delle materie prime, continuano a preferire il granulo vergine, specialmente in questo periodo in cui il costo di questo è inferiore al costo del granulo rigenerato, ma sono spinti dal mercato ad impegnarne una percentuale per questioni di immagine aziendale “green”. Potremmo andare avanti con molti altri esempi sulle opportunità perse di utilizzo della materia prima proveniente dai rifiuti domestici al posto del granulo vergine, ma i canoni estetici che gli esperti di marketing esigono per i loro prodotti a volte sono incompatibili con l’esigenza di utilizzo dei rifiuti plastici e di protezione dell’ambiente.
SCOPRI DI PIU'Dalla Dipendenza delle Materie Prime Fossili a quella Dei Metalli Raridi Marco ArezioLe crisi energetiche che si stanno susseguendo dallo scoppio della guerra tra Ucraina e Russia hanno messo in evidenza, per gli Europei. quanto siamo fragili ed esposti a ricatti su materiali come il carbone, il petrolio e il gas. Se l'Unione Europea sta lavorando per risolvere la dipendenza energetica dalla Russia, non dobbiamo dimenticarci che si stanno profilando altre crisi sulle materie prime che riguardano i metalli rari.Questi vengono usati nelle produzione di energie rinnovabili, nella produzione digitale, nell'elettrificazione della mobilità sostenibile, nello sviluppo dell'energia nucleare, quindi in ogni settore del nostro futuro. Come per l'energia, la posta in gioco è ambientale, economica e geopolitica, data la nostra dipendenza da un numero limitato di paesi produttori, come la Cina, con cui fatichiamo ad avere rapporti politici distesi, con il rischio di non poter contare sulle forniture di questi prodotti. Da molti anni si sta evidenziando che lo sfruttamento delle risorse naturali avrebbe creato problemi di approvvigionamento, ma è dall'esplosione dell'economia basata sulla digitalizzazione, nella quale i metalli rari sono assolutamente necessari, che ci siamo accorti di come sia difficile procurarseli e di come siano in mano a pochi paesi produttori. Nel 2011 la Commissione Europea ha pubblicato per la prima volta un elenco di quattordici materie prime critiche per l'economia europea. Da allora questa lista ha continuato a crescere, tanto che nel 2020 i materiali erano una trentina. In una situazione così difficile e pericolosa, un efficientamento dei sistemi basati sull'economia circolare per il recupero e il riutilizzo dei componenti elettronici dei prodotti diventati rifiuti, ricoprirà una fase imprescindibile dell'indipendenza Europea ai metalli rari. Troppo poco si sta facendo in termini di riciclo del RAEE e molti metalli preziosi finiscono in discarica o bruciati, cosa che l'Europa non può più permetterselo se non vuole finire, come per i combustibili fossili, in uno stato di ricatto economico-politico. Sarà anche importante puntare sul valore dei prodotti, dei suoi componenti e dei materiali che li costituiscono, per dare la massima durabilità nel tempo agli oggetti, attraverso una progettazione intelligente, il riutilizzo e/o l'uso condiviso dei prodotti, la riparazione, il ricondizionamento, il recupero dei pezzi di ricambio. È diventato urgente investire massicciamente nella ricerca e sviluppo di materiali alternativi, ma anche ridurre la domanda di materie prime. Abbiamo bisogno di un piano di investimenti per sviluppare l'economia circolare a livello europeo che sia all'altezza di questa sfida essenziale per il futuro di tutti noi. Governare è prevedere.Categoria: notizie - metalli rari - economia circolare - riciclo
SCOPRI DI PIU'Perché si sono scelti alcuni colori che impongono l’uso della plastica non riciclata? di Marco ArezioE’ davvero un controsenso, un cortocircuito verso i principi dell’economia circolare la scelta di fabbricare pattumiere per i rifiuti domestici di colori come il giallo, il rosso, l’azzurro, il bianco o il silver, per citarne alcuni, che difficilmente possono essere fatte con la plastica riciclata. I rifiuti domestici, che tanto diligentemente i cittadini separano in casa, servono alla collettività per essere trasformati, secondo i principi dell’economia circolare, in nuovi materiali di uso quotidiano, evitando di utilizzare risorse naturali, come il petrolio, per costruire prodotti che si possono fare con quello che noi scartiamo. Tra questi rifiuti, nelle case viene separata la plastica dal vetro, dal metallo e dalla carta, che prendono percorsi di riciclo diversi in modo da essere lavorati e offerti nuovamente sul mercato come materie prime seconde. La plastica viene raccolta dai comuni ed inviata ai centri di selezione che sono incaricati di dividere il contenuto dei sacchetti della raccolta domestica, nelle varie tipologie di plastiche che vengono raccolte all’interno della casa. Vediamo alcuni impieghi dei rifiuti plastici raccolti: Le bottiglie dell’acqua e delle bibite in PET saranno lavorate per creare nuovo granulo per la produzione di altre bottiglie, di fibra per i vestiti e per l’imbottitura dei divani, per le regge adatte al confezionamento degli imballi industriali, per fare le vaschette alimentari trasparenti. I flaconi dei detersivi in HDPE vengono lavorati per produrre materia prima con cui si ottengono altri flaconi per i detersivi o gli oli industriali, taniche per la benzina, prodotti per l’edilizia, film da copertura per i bancali di prodotti, tubi rigidi di irrigazione per l’agricoltura, raccordi idraulici per l’irrigazione, membrane di protezione, grigliati erbosi carrabili, reti di segnalazione e contenimento. Con gli imballi rigidi in PP si possono fabbricare pattumiere, cassette da trasporto, sedie e tavoli per il giardino, divani e poltrone tipo rattan, palette e scope, armadi da esterno, bauli per il giardino o per la casa, secchi per la pulizia, carrelli e imballi vari. Con la plastica flessibile degli imballi in LDPE, selezionata per tipologia, si possono creare altri sacchetti per la pattumiera, film da copertura agricola, tubi flessibili per l’irrigazione in agricoltura o per il giardino, teli da copertura per l’edilizia, vasi, supporti per le reti dei letti, secchi, lastre in legno polimero, pannelli divisori per pareti, camminamenti agricoli. Abbiamo quindi visto alcuni esempi di come i materiali che provengono dal riciclo domestico possono, e devono, essere riutilizzati per produrre nuovi prodotti senza sfruttare le risorse della terra. Tecnicamente, si possono reimpiegare i rifiuti urbani, creando prodotti utili alla comunità, di buona qualità tecnica e con un buon impatto estetico, il quale, però, non dovrebbe mai essere una discriminante nella scelta del consumatore, in quanto, se una pattumiera è marrone scuro invece che gialla, non credo che per contenere dei rifiuti possa fare la differenza in casa. In realtà, su questo inutile valore estetico, i consumatori, o chi sceglie per loro, consegnandogli la pattumiera per la raccolta differenziata, fanno una differenza sostanziale se contribuire al ciclo dell’economia circolare o vanificare gli sforzi di separazione dei rifiuti che non verranno riutilizzati. Infatti, pattumiere in polipropilene con colori sgargianti, quali il bianco, il rosso, il celeste, il giallo, il colore panna, il silver, l’azzurro o il verde chiaro, solo per citarne alcuni, difficilmente possono essere prodotte utilizzando la plastica riciclata in quanto, questa, provenendo da un mix di colori degli imballi raccolti, non permette solitamente di arrivare a colori così chiari. Di conseguenza, o vengono prodotti con materiali vergini, quindi granuli di derivazione petrolifera e non riciclati, o il produttore deve fare delle miscele nelle quali inserire una piccola percentuale di materiale riciclato e poi aggiungere del materiale vergine. Le pattumiere fatte con il granulo proveniente dal post consumo, quindi dalla raccolta differenziata, sono sostanzialmente prodotte con colori scuri, quali il nero, il verde, il marrone, il blu e il grigio scuro. A chi interessa la perfezione estetica di un prodotto destinato ai rifiuti se questo comporta problemi all’ambiente?Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiuti - pattumiereVedi il prodotto finitoVedi maggiori informazioni sul riciclo
SCOPRI DI PIU'Reattori Nucleari - Sono bastati 8 anni dal disastro di Fukushima per perdere la memoria sulle conseguenze della tripla esplosione nucleare di Marco ArezioCosa sta succedendo all’interno del governo Giapponese in merito alla politica energetica del paese? Dopo il terremoto avvenuto 11 Marzo 2011 nell’area della centrale nucleare di Fukushima, che ha bloccato il funzionamento di tre reattori e il successivo Tsunami che ha messo fuori uso il sistema di raffreddamento dedicato al controllo delle temperature degli impianti, è avvenuta una triplice esplosione atomica incontrollata. Le conseguenze le conosciamo tutti e le conoscono soprattutto 150.000 cittadini che vivevano intorno alla centrale che hanno dovuto lasciare la loro terra contaminata dalle radiazioni. La decisione immediata del governo di Tokio era stata quella di fermare tutti i 54 reattori nucleari presenti sul territorio Giapponese e avviare un ripensamento della politica energetica nazionale. Nel corso di questi 8 anni il governo, nell’area interessata dall’esplosione, ha avviato progetti per la creazione di 11 parchi Eolici, per una spesa complessiva di 2,75 miliardi di dollari, che produrrebbero circa 600 MW, contro una produzione di circa 4700 MW provenienti dai reattori della centrale. Ci sono anche progetti di costruzione di nuove centrali a biomassa, solari e geotermiche che possano ridurre la dipendenza dal nucleare e dal carbone. Questi progetti rientrano nell’obbiettivo del governo di portare la percentuale di energia prodotta da fonti rinnovabili dal 17,4% attuale a circa il 22-24% entro il 2030, ma nello stesso tempo, facendo leva sul fatto che il Giappone è il terzo maggior importatore mondiale di carbone, la riaccensione dei reattori nucleari, secondo il primo ministro Shinzo Abe, farebbe rispettare al paese gli obbiettivi di emissioni di CO2. Il ministro dell’ambiente, Shinjiro Koizumi, non è per niente d’accordo con Abe e sostiene che la centrale di Fukushima presenta ancora un’infinità di problemi da risolvere per poter permettere alla gente di rientrare nei villaggi limitrofi. Quindi, secondo Koizumi, sarebbe improponibile imporre al paese la decisione di riaccendere i vecchi reattori nucleari. Ma quali problemi esistono ancora a Fukushima? Innanzitutto sono ancora stoccate circa 1 milione di tonnellate di acqua contaminata da radiazioni, utilizzata nelle operazioni di spegnimento dei reattori danneggiati. Nonostante le acque siano state trattate, per togliere la maggior parte dei radionuclidi, non esiste, oggi, alcuna tecnologia che possa rimuovere il trizio dall’acqua. Secondo i tecnici l’unica possibilità per risolvere il problema sarebbe quello di diluirla e riversarla poi nell’oceano. La cosa comunque, al di là degli evidenti risvolti ambientali e sociali, richiederebbe, secondo il capo del comitato che studia lo smantellamento di Fukushima, Hiroshi Miyano, non meno di 17 anni. Ovviamente i pescatori e i paesi limitrofi al Giappone sono sul piede di guerra perché temono una contaminazione del pesce e un’ulteriore disastro economico per il settore. Ci sono poi i problemi di contaminazione delle acque sotterranee che lambiscono gli edifici della centrale nucleare danneggiati dalle esplosioni, su cui il governo è intervenuto con la costruzione di un muro di contenimento ghiacciato, costato 260 milioni di dollari che ha attenuato il fenomeno ma non lo ha bloccato. Infine esiste un serio problema per il terreno contaminato che, da anni viene rimosso con lo scopo di ridurre il valore delle radiazioni nelle aree evacuate, ma che ha creato un accumulo di milioni di tonnellate di materiale che nessuno vuole. Si stima che saranno circa 14 milioni le tonnellate di terreno contaminato da rimuovere entro il 2021 e, secondo gli accordi che la prefettura locale ha preso con il governo, questa montagna di materiale dovrà essere spostata lontano dalla zona colpita dal disastro, ma nessuno sa dove portarla. Intanto i lavori vanno avanti con circa 1600 viaggi di autotreni al giorno, avendo già trasportato circa 2,3 milioni di tonnellate, che corrispondono a circa il 15% del totale del materiale da asportare e stoccare nel sito provvisorio. Il governo vorrebbe trasmettere un’immagine di sicurezza alla popolazione, avendo indicato già alcune aree decontaminate come sicure, ma, secondo Greenpeace, queste aree presenterebbero un valore di radiazioni troppo alte che non consentirebbe un rientro sicuro della gente. Alla luce di questa situazione è davvero sorprendente come il primo ministro Abe, possa pensare di riaccendere i reattori nucleari in un paese, tra l’atro, soggetto a terremoti e Tsunami.
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