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https://www.rmix.it/ - Bisfenolo A negli Imballi Alimentari: il Parere dell'EFSA
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Bisfenolo A negli Imballi Alimentari: il Parere dell'EFSA
Informazioni Tecniche

Bisfenolo A negli Imballi Alimentari: il Parere dell'EFSAdi Marco ArezioCome abbiamo già avuto modo di trattare nell'articolo "Rivestimenti polimerici per imballi alimentari in metallo" il massiccio ricorso ai prodotti alimentari preconfezionati, siano essi con imballi di metallo, di plastica o di altri materiali, pone l'interrogativo delle possibili sostanze chimiche, potenzialmente pericolose per la salute umana, che si potrebbero generare all'interno della confezione.Alcune di queste sostanze possono essere generate dall'effetto cedente dei materiali da imballo verso il cibo, altre riguardano la cessione di sostanze chimiche che si generano dagli alimenti stessi a causa dell'imballo.Infatti, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha riesaminato i rischi da Bisfenolo A (BPA) negli alimenti proponendo di abbassare considerevolmente la dose giornaliera tollerabile (DGT) rispetto a quella della sua precedente valutazione del 2015. Le nuove conclusioni dell'EFSA sul BPA vengono esposte in una bozza di parere scientifico disponibile a pubblica consultazione fino al 22 febbraio 2022. Tutte le parti interessate sono invitate a parteciparvi. La DGT è la stima della quantità di una sostanza (espressa in rapporto al peso corporeo in kg) che può essere ingerita quotidianamente nel corso dell’esistenza senza rischi degni di nota. Nella sua valutazione del rischio da BPA del 2015, l'EFSA aveva stabilito una DGT temporanea di 4 microgrammi per chilogrammo di peso corporeo al giorno. Nella sua bozza di valutazione ex novo del BPA, pubblicata oggi, il gruppo di esperti dell'EFSA sui materiali a contatto con gli alimenti, gli enzimi e i coadiuvanti tecnologici (gruppo CEP) ha stabilito una DGT di 0,04 nanogrammi per chilogrammo di peso corporeo al giorno. L'abbassamento della DGT è il risultato della valutazione di studi apparsi nella letteratura dal 2013 al 2018, in particolare quelli che evidenziano effetti avversi del BPA sul sistema immunitario: in studi su animali si è osservato un aumento del numero di cellule "T-helper", un tipo di globuli bianchi che svolge un ruolo fondamentale nei meccanismi immunitari cellulari e che, se aumenta, può portare allo sviluppo di infiammazioni polmonari allergiche. Confrontando la nuova DGT con le stime dell'esposizione dei consumatori al BPA tramite l'alimentazione, l'EFSA conclude che sia l'esposizione media che quella elevata al BPA superano la nuova DGT in tutte le fasce di età, dando così adito a preoccupazioni di termini di salute. Un approccio sistematico Il dr. Claude Lambré, presidente del gruppo CEP, ha dichiarato: "Questa bozza aggiornata è il risultato di un’accurata valutazione durata diversi anni. Abbiamo applicato un approccio sistematico per selezionare e valutare le evidenze disponibili. I nuovi studi scientifici apparsi nella letteratura ci hanno aiutato ad affrontare importanti elementi di incertezze circa la tossicità del BPA". L'EFSA ha già valutato la sicurezza del BPA destinato a materiali a contatto con gli alimenti nel 2006 e nel 2015. Allora i suoi esperti riuscirono a stabilire solo una DGT temporanea in ragione di alcuni elementi di incertezza , sottolineando la necessità di colmare le lacune riscontrate nei dati.Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - bisfenoloFonte: EFSA

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https://www.rmix.it/ - Rallentare per non Consumare la Vita
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Rallentare per non Consumare la Vita
Slow Life

Rallentare per non Consumare la VitaSaremmo contenti di fare milioni di cose che non possiamo fare.La volontà c'è, ma non riusciamo a realizzare il desiderio.Quando proviamo un desiderio, ma non abbiamo i mezzi per realizzarlo, otteniamo quella particolare reazione chiamata sofferenza.Chi è la causa del del desiderio? Io, io soltanto.Di conseguenza, io stesso sono la causa di tutte le sofferenze in cui mi trovoSvami VivekanadaCategoria: Slow life - vita lenta - felicità

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https://www.rmix.it/ - Complicità in Crimini di Guerra: TotalEnergies Replica alle Accuse
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Complicità in Crimini di Guerra: TotalEnergies Replica alle Accuse

Complicità in Crimini di Guerra: TotalEnergies Replica alle AccuseDopo le gravi e infondate accuse di "complicità in crimini di guerra" mosse a TotalEnergies, la Società condivide con i suoi stakeholder i propri principi di condotta in merito alle sue attività legate alla Russia al fine di consentire loro di comprendere come sta agendo la nostra Società in modo responsabile. Considerando l'aggravarsi del conflitto, anche TotalEnergies sta compiendo nuovi passi.TotalEnergies ribadisce la sua più ferma condanna dell'aggressione militare russa contro l'Ucraina, che ha tragiche conseguenze per la popolazione ucraina e minaccia la pace in Europa. Per agire in modo responsabile, come azienda europea e in conformità con i suoi valori, TotalEnergies ha definito chiari principi di condotta per la gestione delle sue attività legate alla Russia : Garantire il rigoroso rispetto delle sanzioni europee attuali e future, indipendentemente dalle conseguenze sulla gestione dei suoi beni in Russia, e sospendere gradualmente le sue attività in Russia, garantendo al contempo la sicurezza della sua forza lavoro. TotalEnergies ricorda che, contrariamente a quanto affermato da diversi commentatori, non gestisce alcun giacimento di petrolio e gas né alcun impianto di gas naturale liquefatto (GNL) in Russia . TotalEnergies è azionista di minoranza di numerose società russe non statali: Novatek (19,4%), Yamal LNG (20%), Arctic LNG 2 (10%) e TerNefteGaz (49%). Queste società sono gestite da un proprio personale con un numero limitato di dipendenti da TotalEnergies. TotalEnergies è anche un partner al 20% nella joint venture Kharyaga gestita da Zarubezhneft. La Società ha infatti contribuito alla fase di realizzazione dei progetti di tali società ma non ha attività o responsabilità operative su tali siti. TotalEnergies aveva solo 11 dipendenti in queste società al 24 febbraio 2022 e solo 3 espatriati distaccati si trovano in Russia ad oggi. TotalEnergies ha così avviato la graduale sospensione delle proprie attività in Russia, garantendo la sicurezza dei propri team . Allo stesso modo, TotalEnergies ha deciso di sospendere i suoi sviluppi commerciali per batterie e lubrificanti in Russia. Non fornire ulteriori capitali per lo sviluppo di progetti in Russia . Per quanto riguarda in particolare il progetto Arctic LNG 2, vista l'incertezza creata dalle sanzioni tecnologiche e finanziarie sulla capacità di realizzare il progetto Arctic LNG 2 attualmente in costruzione e il loro probabile inasprimento con l'aggravarsi del conflitto, TotalEnergies SE ha deciso di non registrare più riserve per Arctic LNG 2 nei suoi conti e non fornirà altro capitale per questo progetto. Non invertire lo scopo delle sanzioni contro la Russia: non trasferire ingiustificatamente valore agli interessi russi prelevando dai beni. L'attuale contesto di sanzioni europee e leggi russe che controllano gli investimenti esteri in Russia impedirebbero a TotalEnergies di trovare un acquirente non russo per i suoi interessi di minoranza in Russia. Abbandonare senza considerazione questi interessi arricchirebbe gli investitori russi, in contraddizione con lo scopo delle sanzioni. Inoltre, l'abbandono di tali quote di minoranza detenute da TotalEnergies non avrebbe alcun impatto sull'attività e sui ricavi delle società, in quanto queste società hanno dipendenti propri e sono gestite in modo autonomo. Contribuire a garantire la sicurezza dell'approvvigionamento energetico del continente europeo nel quadro definito dalle autorità europee . TotalEnergies è una società energetica europea che deve contribuire alla sicurezza dell'approvvigionamento del continente europeo, che non dispone delle stesse risorse interne di altri paesi occidentali come il Regno Unito o gli Stati Uniti. In conformità con le decisioni dell'Unione Europea di mantenere in questa fase le forniture di gas russe, TotalEnergies continua a fornire all'Europa il gas naturale liquefatto dell'impianto di Yamal LNG nell'ambito di contratti a lungo termine che deve onorare purché i governi europei ritengano che la Russia il gas è necessario. Contrariamente al petrolio, è evidente che le capacità logistiche del gas dell'Europa rendano difficile astenersi dall'importare gas russo nei prossimi due o tre anni senza incidere sull'approvvigionamento energetico del continente. Tuttavia, dato il peggioramento della situazione in Ucraina e l'esistenza di fonti alternative per rifornire l'Europa, TotalEnergies ha deciso unilateralmente di non stipulare o rinnovare più contratti per l'acquisto di petrolio e prodotti petroliferi russi, al fine di fermare tutti i suoi acquisti di petrolio e petrolio russi prodotti il ​​prima possibile e al più tardi entro la fine del 2022. TotalEnergies ha già annunciato di aver interrotto tutte le negoziazioni sul mercato spot dal 25 febbraio 2022 sui prodotti petroliferi e petroliferi russi. Questo vale anche per le operazioni di compravendita a pronti riguardanti il ​​gas naturale russo o il gas naturale liquefatto. TotalEnergies ha contratti a termine per l'acquisto di petrolio e prodotti petroliferi russi che scadono, al più tardi, il 31 dicembre 2022. Questi contratti a termine coprono principalmente le forniture per la raffineria di Leuna nella Germania orientale, servita dall'oleodotto Druzhba dalla Russia. Riguardano anche la fornitura di gasolio in Europa, che è a corto di questo prodotto (circa il 12% delle importazioni di gasolio russe in Europa nel 2021). In stretta collaborazione con il governo tedesco, TotalEnergies risolverà i suoi contratti di fornitura petrolifera russa per la raffineria di Leuna il prima possibile e al più tardi entro la fine del 2022 e metterà in atto soluzioni alternative importando petrolio attraverso la Polonia. Già a fine marzo 2022 un primo contratto non verrà rinnovato. Per quanto riguarda la carenza di gasolio in Europa, in assenza di istruzioni contrarie da parte dei governi europei, TotalEnergies risolverà anche i suoi contratti di acquisto di gasolio russo il prima possibile e al più tardi entro la fine del 2022. TotalEnergies importerà prodotti petroliferi da altri continenti, in particolare la sua quota di gasolio prodotta dalla raffineria Satorp in Arabia Saudita. Info: TotalEnergies

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https://www.rmix.it/ - Tubi in PVC: Cosa si può Produrre con i Granuli Riciclati
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Tubi in PVC: Cosa si può Produrre con i Granuli Riciclati
Informazioni Tecniche

Tubi in PVC: Cosa si può Produrre con i Granuli Riciclati e come vengono lavorate le materie prime di scartodi Marco ArezioNel mondo dei tubi per il traposto dei liquidi, con o senza pressione, il mercato è affollato da molte materie prime che se ne contendono quote di mercato e si scontrano senza esclusione di colpi, mettendo in mostra i vantaggi nella durata dei materiali prodotti, nella facilità di posa, nella saldabilità degli elementi o nei corretti accessori per il collegamento, nell’economicità, nella sostenibilità e nel rispetto delle normative.Se prendiamo in esame il settore dei tubi senza pressione vediamo che in passato l’uso del cemento e del metallo, in alcune situazioni, era la conseguenza di un passo avanti dell’industrializzazione dei prodotti per il trasporto e lo scarico delle acque rispetto ai tubi che venivano fatti in argilla cotta. La diffusione dei tubi in cemento, che sembravano eterni, si è scontrata con la nascita dei polimeri plastici che hanno rappresentato un miglioramento tecnico ed economico rispetto ai sistemi di canalizzazione tradizionale. L’edilizia civile ha iniziato ad usare il PVC negli scarichi delle abitazioni rendendo estremamente semplice ed economico l’istallazione delle reti di trasporto dei liquidi, per poi estendersi a molte altre applicazioni come il settore dell’irrigazione, quello elettrico e del giardinaggio. Il tubo in PVC ha assunto un ruolo di assoluta importanza anche per le sue doti intrinseche come: • La durata superiore ai 100 anni in base ai tests di pressione ed invecchiamento • La buona resistenza alla corrosione chimica ed ossidativa • La riduzione delle rotture di servizio • L’antistaticità • L’idrorepellenza • La resistenza alla pressione interna ed esterna • La resistenza all’abrasione • La riciclabilità Per molti anni si sono impiegate materie prime vergini per la produzione di tutte le tipologie di tubi rigidi e flessibili, fino a quando il settore ha iniziato a raccogliere gli scarti e a riutilizzarli secondo le regole dell’economia circolare. Oggi la produzione di tubi in PVC, salvo specifiche particolari, è in gran parte realizzata attraverso la lavorazione dei materiali riciclati. Come avviene il riciclo degli scarti? In primo luogo gli scarti possono derivare dalla raccolta dei tubi usati o dai manicotti di congiunzione ma, in base alle ricette richieste dal mercato, la materia prima può venire mischiata ad altro PVC che proviene da filiere differenti. Per esempio nel settore del PVC rigido, i profili finestra possono arricchire dal punto di vista dinamico la ricetta, così gli scarti delle tapparelle o le carte di credito o i profili per il settore elettrico attribuiscono caratteristiche tecniche migliorative in base alla percentuale usata. Nel settore del PVC Soft, le guaine di coperture dei cavi elettrici, le guarnizioni, le guaine di contenimento dell’acqua e gli scarti di lavorazioni industriali compongono il menu per realizzare le giuste ricette. Questi mix devono essere però precisamente verificati in laboratorio prima della produzione del granulo riciclato, in modo da centrare esattamente le caratteristiche tecniche richieste dal cliente. Ma per giungere alla verifica in laboratorio si deve passare attraverso le fasi di riciclo degli scarti che normalmente prevedono: • La selezione degli elementi per tipologia applicativa e per colore • La macinazione degli scarti e la deferizzazione • La micronizzazione se richiesta • La granulazione del macinato con l’aggiunta dei corretti additivi Quali sono le applicazioni che si possono realizzare attraverso l’uso del PVC riciclato per i tubi? Molti sono i settori che l’uso della materia prima riciclata permette di raggiungere, garantendo al cliente la produzione di elementi affidabili, economici e duraturi. Vediamo alcuni: • Tubi rigidi adatti allo scarico delle acque non in pressione nell’edilizia civile con spessori e diametri variabili • Tubi da irrigazione in campo non a pressione con dimensioni e diametri differenti in base alla lunghezza e alla portata • Elementi tubolari nel settore del florovivaismo adatti al sostegno delle piante • Piccoli tubi flessibili adatti alla legature delle piante • Tubi corrugati flessibili di piccolo diametro adatti al contenimento dei cavi elettrici • Tubi di supporto, dette anime, dei rotoli di materiali industriali come films plastici, tessuti o altri materiali che vengono avvolti in bobine. • Barre piene adatte alle produzioni industriali per tornitura • Tubi flessibili di irrigazione per il giardino • Tubi corrugati o lisci per proteggere i cavi delle telecomunicazioni • Tubi per il drenaggio del suolo Ci sono, evidentemente, molte altre applicazioni dei tubi fatti con il PVC riciclato, come ci sono molte altre applicazioni del granulo riciclato nella realizzazione di prodotti di uso comune di cui avremo modo di parlare più avanti.Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - PVC- tubi - granuli

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https://www.rmix.it/ - Montagne di rifiuti lasciati sull’Himalaya da sedicenti alpinisti
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Montagne di rifiuti lasciati sull’Himalaya da sedicenti alpinisti
Ambiente

L’alpinista è prima di tutto un fautore della conservazione integrale dell’ambiente. Chi sono questi “signori”? di Marco ArezioI Cinesi sono stati impegnati in una campagna di pulitura dei campi base dell’Everest dove una discarica faceva compagnia alle maestose pareti. Hanno raccolto 8,5 tonnellate di rifiuti lasciati sul posto dalle spedizioni commerciali, turisti alpini improvvisati, che si arrogano il diritto di violentare la natura per il solo fatto che hanno pagato per poter dire: c’ero anch’io. Si è molto parlato dei mari invasi dai rifiuti che vengono abbandonati dall’uomo sulle spiagge, dalle navi, nei fiumi e che arrivano tutti nei mari e negli oceani. Ci siamo molte volte indignati nel vedere le tartarughe impigliate nelle reti abbandonate, nelle plastiche trovate negli stomaci dei pesci, nel tappeto di microplastiche che galleggiano, formando isole infernali.  Ma poco si è parlato di un altro ecosistema sottoposto alla violenza e all’inquinamento: le montagne e in particolare le catena Himalayana, che viene percorsa ogni anno da un’orda di spedizioni commerciali che vengono organizzate per portare aspiranti alpinisti in vetta agli 8000. Queste spedizioni reclutano un numero sempre più consistente di partecipanti assicurando loro vitto e alloggio, trasporto dei pesi, il tracciamento della via verso la vetta, attrezzando tutta la salita e assistendoli con un “rinforzo” di ossigeno quando cominciano ad ansimare. La velocità delle spedizioni, data anche dalle finestre di tempo stabile, dai permessi concessi per salire le montagne, dalla convivenza degli spazi con altre spedizioni e dal reclutamento di nuovi partecipanti per nuove salite, ha comportato, negli anni, l’abbandono continuo di rifiuti di tutte le tipologie, da quelli umani a quelli tecnici a quelli di supporto logistico. I cinesi, che sono coinvolti per le salite dal loro versante, si sono posti il problema ambientale dei campi base ai piedi delle montagne. Hanno organizzato un gruppo di raccolta della spazzatura abbandonata che ha portato a valle 8,5 tonnellate di rifiuti. Di questa quantità 5,2 tonnellate erano rifiuti domestici, mentre 2,3 erano rappresentate da feci umane. Anche il Nepal e l’India si stanno ponendo il problema dell’inquinamento crescente nelle zone di alta quota, ma fanno fatica a rinunciare ai fiorenti compensi che derivano dai permessi delle scalate. Il Nepal ha imposto una cauzione di 4000 dollari, per spedizione, se i partecipanti non riportano a valle almeno 8 Kg. di rifiuti a testa, ma sinceramente, sono solo palliativi, in quanto il costo globale di una spedizione commerciale può assorbire senza il minimo trauma questa multa. Forse, a questo punto ci dobbiamo chiedere se la montagna deve essere per forza accessibile a tutti, con tutti i mezzi e, inoltre, chi è un alpinista? Le aree di alta quota sono state tra l’inizio degli anni 70 e la fine degli anni 80 del secolo scorso, il campo d’azione delle aspirazioni dei giovani alpinisti di allora, che sperimentavano, dopo l’epoca degli anni 50 e 60 fatto di un alpinismo “militare” e massicciamente organizzato, un confronto leale con la montagna e le sue estreme difficoltà, senza l’uso di centinaia di portatori, senza l’uso dell’ossigeno e senza l’uso di alpinisti che attrezzavano la salita a chi sarebbe andato in vetta. Si era sviluppato un alpinismo che rispettava le montagne, dove la misurazione dei propri limiti era leale e l’ambiente solitario e intonso, creava un nuovo mondo, fatto di riscatto personale e venerazione per le ultime aree sfuggite alla manipolazione umana. L’8 maggio 1978 Reinhold Messner e Peter Habeler hanno incarnato le speranze del nuovo alpinismo ecologista, raggiungendo la vetta dell’Everest senza ossigeno e con una spedizione leggera. “Ci dicevano che eravamo matti con tendenze suicide – ha ricordato in un’intervista all’Ansa Messner – con la nostra impresa abbiamo smentito la scienza, che sosteneva che oltre gli 8.500 metri fosse impossibile resistere, che saremmo di certo morti. Noi, invece, siamo saliti a quasi 8.900 metri, per poi scendere al campo base sani e salvi“ Messner continuò il suo alpinismo alla ricerca dei suoi limiti fisici e psicologici riuscendo, per primo, a salire tutte le vette oltre gli 8 mila, portando nel mondo un messaggio chiaro: con la montagna non si deve barare, la sfida è tra te e l’ambiente naturale, senza aiuti esterni. Le montagne in quota dovrebbero essere come le riserve naturali marine, chiuse al pubblico pagante, e accessibili solo ad esperti che ne ripettino la storia, l’ambiente e si preoccupino del loro futuro. Approfondisci l'argomento

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https://www.rmix.it/ - Come migliorare lo stampaggio di articoli non estetici
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Come migliorare lo stampaggio di articoli non estetici
Informazioni Tecniche

Considerazioni sulla produzione e l’utilizzo del granulo in PO (PP/PE)di Marco ArezioI prodotti finiti non estetici destinati a un mercato usa e getta venivano prodotti normalmente con compound di PP formato da un mix tra PP e PE (PO), proveniente dalla granulazione si scarti della selezione dei rifiuti urbani. Se prendiamo in considerazione i bancali in plastica o i distanziatori per l’edilizia o le cassette per l’ortofrutta, per fare solo alcuni esempi, il mix tra le due famiglie di polimeri permetteva di produrre dei compounds la cui % di PP all’interno della miscela variava dal 30-40% al 60-70% a seconda della ricetta attesa. Il melt index a 230°/ 2,16 kg. variava da 3 a 6 se il prodotto non presentava cariche minerali aggiunte. Le caratteristiche del granulo prodotto, e di conseguenza dell’articolo finale, vedevano una performance buona per quanto riguardava la resistenza a compressione e una meno eccelsa per quanto riguardava la resistenza a flessione. In merito alla facoltà di ricevere i colori nella fase di estrusione del granulo o durante le fasi di stampaggio, posso dire che, per quanto riguarda la scala dei colori scuri, la famiglia di tinte permetteva una discreta scelta e l’aspetto estetico del prodotto finito era accettabile in considerazione del prodotto da cui si partiva. Oggi il cosiddetto PO, che identifica il misto poliolefinico proveniente dalla raccolta differenziata, ha assunto una composizione media diversa rispetto al passato in virtù dell’accresciuta performance degli impianti di selezione dei rifiuti urbani che tendono a massimizzare il prelievo dal mix PP/PE di polipropilene, HD e LD, in quanto l’offerta sul mercato di input separato permette un margine di contribuzione sul rifiuto nettamente superiore rispetto alla vendita del mix originario. Questo, oggi, comporta di dover lavorare un mix PP/PE qualitativamente meno performante rispetto al passato in quanto gli equilibri tra le tre famiglie, PP, HD, e LD che componevano il PO in passato, si sono alterate. Inoltre l’aumento della produzione sia del rifiuto da lavorare che della richiesta di granulo da compound PP/PE ha spinto alcuni impianti di trattamento dei rifiuti plastici a velocizzare la fase di lavaggio per recuperare produttività a decremento della qualità del macinato o densificato necessario a produrre il granulo. Possiamo elencare alcune criticità della produzione di compound PO: • Aumento della % di LD a discapito dell’ HD nel mix poliolefinico • Peggioramento della qualità del lavaggio dell’input a causa dell’aumento dei volumi da trattare e delle diverse % di polimeri nella ricetta • Aumento della presenza di plastiche bio all’interno del frazione selezionata che danno problemi nella qualità del granulo • Aumento dell’utilizzo sul mercato di imballi fatti con plastiche miste che comportano una maggiore % di materiali multistrato, come certe etichette, di difficile coabitazione con il PO tradizionale. In merito a questi cambiamenti nella composizione base del PO e della sua lavorazione, avremo dei risvolti da gestire in fase di produzione del granulo e in fase di stampaggio, al fine di minimizzare gli impatti negativi della qualità di cui è composto il granulo. Per quanto riguarda la produzione si dovrebbe intervenire: • sui tempi di lavaggio • sulla dimensione delle vasche • sulla gestione dell’acqua • sulla ricetta del compound PO per la granulazione • sulla filtrazione Per quanto riguarda la fase di stampaggio si dovrebbe intervenire: • sulle temperature macchina • sulla fase di essiccazione del granulo • sulla verifica dei raffreddamenti degli stampi L’intervento tecnico su queste criticità porta ad avere i seguenti miglioramenti: • Maggiore resistenza alla flessione del prodotto finale • miglioramento delle superfici estetiche con riduzione o scomparsa di sfiammature sul prodotto finito • Miglioramento della omogeneità dei colori • riduzione del cattivo odore del granulo e del manufatto finito • aumento della durata delle viti e cilindri in fase di granulazione e degli stampi in fase di iniezione • luoghi di lavoro più salutari durante le fasi di fusione della plastica.Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - stampaggio ad iniezioneVedi maggiori informazioni sullo stampaggio delle materie plastiche

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https://www.rmix.it/ - La Gestione dei Rifiuti nel Medioevo
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare La Gestione dei Rifiuti nel Medioevo
Economia circolare

A partire dal 1200 d.C. nacque l’esigenza di regolare nelle città il problema degli rifiuti domestici e produttividi Marco ArezioA partire dal Medioevo gli agglomerati urbani che crescevano sulla spinta di interessi commerciali, religiosi, produttivi o politici, iniziavano ad affrontare il problema della gestione dei rifiuti, in città di piccole dimensioni ma molto popolose. In “fai da te” non era più una soluzione accettabile. Quando parliamo di rifiuti ci vengono in mente subito immagini come la plastica, la carta, il vetro, il metallo delle lattine e gli scarti alimentari, che costituiscono il mix dei consumi degli imballi moderni. Niente di tutto questo nel medioevo, in quanto, per le tipologie di materie prime a disposizione e per l’abitudine ad usare un modello di economia circolare, che noi stiamo riscoprendo solo ora, che puntava al riutilizzo di tutto quello che si poteva riutilizzare, i rifiuti erano differenti. In cucina si buttava veramente poco, sia come materie prime fresche che come cibi avanzati, i quali, erano ricomposti abilmente in altre forme di alimentazione. Da qui nasce la caratterizzazione della “cucina povera” fatti di elementi freschi che venivano dalla campagna, che seguivano le stagioni, con cui si realizzano piatti non raffinati ma essenziali. Le materie prime di cui disponevano le persone erano fatte principalmente di legno, ceramica, stoffe, coccio, rame per le pentole e ferro per altre attrezzature. Tutte queste tipologie di materiali, a fine vita andavamo eliminate. Inoltre, in quel periodo, esisteva anche il problema dello smaltimento delle deiezioni, che costituivano un pericolo principalmente di tipo sanitario oltre che di decoro. Nelle città, per un certo periodo, si producevano anche prodotti come il pellame e il cuoio che creavano scarti solidi e liquidi altamente inquinanti e maleodoranti i quali creavano grandi problemi igienico-sanitari, tanto che poi, come vedremo più avanti, si decise di delocalizzare queste attività fuori dai centri urbani. Tutti questi rifiuti solidi venivano abbandonati lungo le strade, giorno dopo giorno, creando problemi per la salute della popolazione residente e di decoro per le città che incominciavano ad attrarre viandanti per affari o pellegrini per attività religiose. I rifiuti liquidi delle attività artigianali venivano smaltiti nei fossi, nei fiumi o nei campi direttamente senza troppi riguardi. A partire dal XII secolo d.C. la crescita demografica e artigianale delle città faceva nascere la voglia di primeggiare dal punto di vista dell’importanza sociale e della bellezza architettonica, mettendo in competizione una città con l’altra. Il miglioramento dell’aspetto estetico dei centri abitati doveva passare anche sulla riqualificazione delle strade cittadine che non potevano più ospitare ogni sorta di liquame, rifiuto e scarto di cui la cittadinanza si voleva disfare. Nasce così a Siena, per esempio, l’ufficio della “Nettezza Pubblica”, situato in piazza del Campo che, a partire dal 9 Ottobre 1296, iniziò ad appaltare la pulizia delle aree cittadine per la durata di un anno. L’appalto consisteva, non solo della pulizia delle strade con il diritto di trattenere tutti i rifiuti considerati in qualche modo riutilizzabili, ma anche la pulizia delle aree dei mercati con l’acquisizione della proprietà delle granaglie di scarto. Inoltre il comune affidava all’appaltatore una scrofa con i suoi piccoli, che lo aiutassero nella pulizia di ciò che era commestibile per i maiali. Per quanto riguarda le attività artigianali, la prima forma di regolamentazione della gestione dei rifiuti produttivi la troviamo nelle Costituzioni di Melfi, emanate nel 1231 da Federico II, che costituivano la prima raccolta di leggi in materia sanitaria. In particolare imponeva lo spostamento di produzioni nocive per la popolazione, come la concia delle pelli o la produzione di cuoio, all’esterno delle aree abitate. In altre zone geografiche, come a Friburgo, città medioevale fondata nel 1120, importante centro dell’area Germanica, vennero realizzati numerosi canali in cui era severamente vietato riversare immondizie da parte dei cittadini. Gli scarti solidi, prodotti dalle case e dalle attività artigianali, dovevano essere conferiti ai centri di raccolta stabiliti dalle autorità che, poi, provvedevano allo smaltimento gettandoli nel fiume Dreisam. Il sistema però, non sembrava realmente funzionare, in quanto i cittadini, il più delle volte gettavano i rifiuti nei vari canali evitandosi la strada verso i centri di raccolta.Categoria: notizie - storia - economia circolare - riciclo - rifiuti

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https://www.rmix.it/ - I Prodotti Online e il Greenwashing: Come Difendersi da un Fenomeno in Aumento
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare I Prodotti Online e il Greenwashing: Come Difendersi da un Fenomeno in Aumento
Management

Il commercio online sta avanzando in modo prepotente nelle abitudini dei consumatori, forte di alcune peculiarità che aiutano il fenomenodi Marco ArezioVelocità di consegne, semplicità nell’acquisto, cataloghi molto ampi, economicità dei prezzi e comodità rispetto all’acquisto in un negozio fisico, specialmente in periodi come questi dove vi sono restrizioni nella mobilità. Una corsa alle vendite on line è fatta anche da produttori di articoli che fino a poco tempo fa non utilizzavano questo canale e, quindi, il bacino dell’offerta è diventato veramente enorme. Tra migliaia di offerte per articoli simili, il marketing ha affinato tecniche persuasive verso i clienti sapendo cosa i consumatori si aspettano di trovare in un prodotto. La Commissione Europea e le autorità nazionali di tutela dei consumatori hanno indagato sulle offerte di alcuni prodotti nel mercato on line e hanno notato una massiccia presenta di messaggi fuorvianti, esagerati e, a volte, falsi, in merito al greenwashing. Poiché i consumatori che utilizzano il servizio degli acquisti on line sono anche clienti che richiedono generalmente prodotti più sostenibili, le informazioni sui prodotti in vendita da parte dei produttori o la pubblicità sull’articolo, sono spesso intrise di affermazioni che richiamano la sostenibilità e la riciclabilità dello stesso. Termini come riciclato, verde, green economy, ecologico, biologico, impatto zero, e molti altri spesso si trovano sulle confezioni ma, in realtà, non rispecchiano sempre la filiera produttiva dell’articolo, dando al cliente informazioni non corrette e senza supportare le affermazioni con prove. Uno studio della Comunità Europea ha valutato 344 dichiarazioni di sostenibilità "apparentemente dubbie" fatte online dalle aziende, la maggior parte delle quali nei settori dell'abbigliamento e dei tessuti, dei cosmetici, della cura della persona e delle apparecchiature domestiche. Nel 42% dei casi le autorità di controllo nazionali hanno appurato che le affermazioni stampate sugli imballi fossero false, ingannevoli o potenzialmente ingannevoli per i consumatori, quindi da considerare come una pratica sleale secondo il diritto dell’Unione Europea. Queste informazioni che il consumatore trova sugli imballi non sono sufficienti per permettere una corretta scelta del prodotto e, nel 37% dei casi, vengono utilizzati termini volutamente vaghi senza dati a supporto chiari e certificati. Il commissario europeo per la giustizia Didier Reynders, ha affermato che mentre alcune aziende si sforzano di produrre prodotti realmente eco-compatibili, altre prendono una strada più breve e senza costi, attraverso l’uso di affermazioni vaghe, false o esagerate. Per parlare di un settore in cui il fenomeno è sotto gli occhi di tutti, possiamo citare il comparto della produzione e raffinazione dei carburanti fossili, le cui società stanno spendendo enormi risorse economiche per crearsi una reputazione più verde. Ma interessante è anche notare, per esempio, le informazioni che i consumatori possono trovare su un flacone di detersivo, in cui si legge spesso la frase: Prodotto Riciclabile. Non vi è dubbio che sia una affermazione corretta, un flacone in HDPE fatto con polimero vergine è riciclabile, ma è fuorviante, se anche abbinato a sigle o disegni che fanno immaginare la natura e la cura dell’ecosistema, inducendo il consumatore ad acquistare un flacone che non segue i principi dell’economia circolare. Infatti, il flacone per rispettare i canoni della circolarità delle materie prime deve essere fatto in plastica riciclata e, sull’etichetta, ci dovrà essere riportata una frase simile a: flacone fatto con materiale riciclato che può essere riciclato nuovamente. La Commissione Europea ha inviato agli stati membri un avviso di attenzione verso queste pratiche scorrette con l’esortazione di vigilare e punire chi trasgredisce le regole. Da parte del consumatore è sempre importante informarsi prima di effettuare un acquisto, cercando di farsi un quadro chiaro di cosa è riciclato, riciclabile o falsamente tale, mettendo a confronto più prodotti e le informazioni che i produttori distribuiscono al mercato.

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https://www.rmix.it/ - Come Funziona il Riciclo dei Materassi e perché viene Fatto
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Come Funziona il Riciclo dei Materassi e perché viene Fatto
Economia circolare

Il materasso ci accompagna per anni durante le nostre notti, è un compagno fedele e comodo all’interno della nostra casa.di Marco ArezioQuando lo abbiamo comprato non ci siamo preoccupati, nel dettaglio, di come fosse fatto, ma ci siamo seduti o sdraiati sopra per decretarne la comodità o meno. Come tutti i prodotti, anche il materasso ha una vita utile e, terminata la propria, si procede alla sostituzione, facendolo passare da nostro compagno di camera a rifiuto. Già, rifiuto. Un rifiuto composto da plastica, stoffa, metalli, schiume, imbottiture varie che ne fanno una grande risorsa di materie prime ma che, ancora oggi, finisce spesso incenerito o in discarica. Nonostante le normative parlino chiaro in termini di riciclo e, nonostante i grandissimi volumi di sostituzione annui dei materassi, che generano circa 5 milioni di pezzi all’anno solo in Italia, la circolarità del prodotto è ancora molto scarsa. Il materasso ha al suo interno materie prime sicuramente recuperabili nella filiera dei tessuti, dell’industria del metallo e in quella della plastica attraverso il recupero del poliuretano e delle schiume. Quindi, tecnicamente, il riciclo quasi completo dei prodotti è possibile, ma quello che manca oggi, in maniera diffusa, è il conferimento del materasso in una filiera dedicata e le attività industriali della separazione dei componenti. Inoltre, l’industria deve progettare e costruire materassi i cui componenti possano, in un futuro, prevedere un riciclo semplice, completo e al minor costo possibile. Nell’ottica del riciclo di questa tipologia di prodotto è da sottolineare l’interessante accordo tra Basf e Neveon che puntano al riciclo chimico del materasso a fine vita. Questo accordo ha lo scopo di migliorare la circolarità dei prodotti, studiando come incrementare la riciclabilità dei singoli componenti. Le schiume che sono all’interno dei materassi diventati ormai rifiuti, sono l’oggetto dello studio per il riciclo chimico del poliuretano che, secondo le intenzioni di Basf, tornerebbero a rigenerare una nuova materia prima per produrre nuove schiume poliuretaniche. Attraverso il processo di riciclo chimico, la materia prima che ne scaturisce è perfettamente equiparabile, dal punto di vista qualitativo, ad una vergine di provenienza petrolchimica, con un enorme vantaggio di riduzione dei rifiuti e di impatto ambientale. Categoria: notizie - pmaterassi - economia circolare - riciclo - rifiuti

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https://www.rmix.it/ - Un nuovo nemico potrebbe sconfiggere la potenza cinese
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Un nuovo nemico potrebbe sconfiggere la potenza cinese
Ambiente

di Marco ArezioLa Cina della grande muraglia, della rivoluzione industriale, della potenza militare, dello sviluppo iper-tecnologico, dell’espansionismo nei paesi del terzo mondo specialmente in Africa e Sud America, delle guerre commerciali, delle pressioni sull’area indocinese, non aveva fatto i conti con il suo iper liberismo che è partito ai tempi di Deng, catapultando il paese dal socialismo maoista, che assicurava una ciotola di riso per tutti, alla rincorsa frenata a condizioni di vita più agiate rispetto alla dignitosa povertà in cui il popolo cinese aveva vissuto fino agli anni della pre industrializzazione diffusa. Le emergenze nazionali sono rappresentate principalmente dall’inquinamento dell’aria e da quello delle acque che ha fatto risvegliare in modo violento la Cina da un beato sonno in cui si vedevano solo le cose positive create dallo sviluppo, mettendo sotto il tappeto le conseguenze negative.  Per quanto riguarda l’inquinamento dell’aria, secondo uno studio pubblicato della Berkeley Earth, in Cina muoiono circa 4000 persone al giorno per fenomeni legati a patologie che dipendono dall’inquinamento dell’aria. Gli scienziati attribuiscono la responsabilità dei decessi soprattutto alle emissioni delle centrali a carbone e in particolare alle minuscole particelle note come PM 2,5 che possono scatenare attacchi di cuore, ictus, cancro ai polmoni e asma e che , sempre secondo lo studio di Berkeley Earth, uccidono silenziosamente 1,5 milioni di persone all’anno, il 17% del livello di mortalità della Cina. Il governo cinese ha preso atto della situazione ambientale catastrofica assumendosi decisioni che stanno andando nella giusta direzione per cercare di risolvere la pericolosità dell’aria che viene respirata. Il prezzo da pagare non è stato basso, anzi i sistemi utilizzati dal governo sono stati piuttosto drastici. Oltre alla chiusura di tutte le fabbriche obsolete a carbone, è stato limitato l’uso di carbone e legna per il riscaldamento domestico nelle città. Inoltre il governo cinese ha puntato ingenti risorse sull’eolico e sul solare, iniziando la produzione di energia verde che contribuirà ad abbassare il livello degli inquinanti nell’aria nei prossimi anni. Per quanto riguarda il settore dei trasporti il governo prevede entro il 2020 la presenza sulle proprie strade di 200.000 veicoli elettrici e la messa al bando di 500 modelli di auto in circolazione considerati inquinanti. L’azione riformatrice del governo cinese non si esaurisce qui infatti sta cercando soluzioni anche contro la desertificazione e la de- ossigenazione dell’aria prevedendo la realizzazione di un piano di piantumazione ambizioso, infatti saranno messi a dimora circa 26 miliardi di piante nei prossimi 10 anni. Per quanto riguarda invece la situazione delle acque, attualmente, un terzo delle risorse idriche nel paese non è potabile e il 15% non è utilizzabile nemmeno per l’irrigazione o la produzione, in quanto è inquinata da pesticidi, scarichi industriali e fertilizzanti. Di conseguenza l’attività ittica è globalmente compromessa visto che il pescato presenta un grado di inquinamento altamente pericoloso per la salute. Alla luce di questo problema il governo ha costituito la figura del responsabile delle acque, che non è in ogni caso del tutto nuova, infatti questa posizione è nata già dal 2007, nell’area di Shanghai, quando accadde un grave incidente ambientale nel lago di Taihu, uno dei più grandi del paese, dove ci fu un’ invasione di alghe velenose. Circa 5 milioni di abitanti della città di Wuxi non avevano la possibilità di usufruire delle risorse idriche per la vita quotidiana e fu per questo che venne costituita la figura del responsabile delle acque che aveva il potere di sovraintendere le molte autorità sciogliendo finalmente l’ingorgo dei poteri e lo stallo decisionale.

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https://www.rmix.it/ - TotalEnergy Condanna l'Aggressione Militare Russa contro l'Ucraina
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare TotalEnergy Condanna l'Aggressione Militare Russa contro l'Ucraina

La multinazionale TotalEnergy ha emesso un comunicato di condanna sull'aggressione da parte della Russia al popolo Ucraino, definendo inoltre le successive mosse dal punto di vista strategico-industriale nei confronti della Russia e l'assistenza all'Ucraina.TotalEnergies condanna l'aggressione militare russa contro l'Ucraina, che ha tragiche conseguenze per la popolazione e minaccia l'Europa.TotalEnergies esprime la sua solidarietà al popolo ucraino che ne sta subendo le conseguenze e al popolo russo che ne subirà anche le conseguenze. TotalEnergies si mobilita per fornire carburante alle autorità ucraine e aiutare i rifugiati ucraini in Europa. TotalEnergies sostiene la portata e la forza delle sanzioni messe in atto dall'Europa e le attuerà indipendentemente dalle conseguenze (attualmente in fase di valutazione) sulle sue attività in Russia. TotalEnergies non fornirà più capitale per nuovi progetti in Russia.

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https://www.rmix.it/ - Marketing di prodotto: ripensare i canoni estetici per i prodotti fatti in plastica riciclata da post consumo
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Marketing di prodotto: ripensare i canoni estetici per i prodotti fatti in plastica riciclata da post consumo
Management

Marketing di prodotto. Aspettative elevate sui prodotti fatti in plastica riciclata minano l’economia circolaredi Marco ArezioNon ci siamo mai chiesti come mai molti prodotti, specialmente nel campo dell’imballaggio, continuano a essere prodotti con materia prima vergine? Esistono delle esigenze estetiche, apparentemente non derogabili, stabilite dai protocolli di marketing che vogliono un prodotto dall’aspetto perfetto, nei colori, nella trama e nella finitura, figli di una produzione fatta con materie prime vergini, che hanno lo scopo di soddisfare l’occhio del cliente. Ma è proprio questo che il cliente chiede ad un prodotto per il packaging o altri prodotti addirittura che hanno una funzione tecnica e non estetica, come per esempio i tubi da interro o dei bancali in plastica, o altri prodotti simili? Non credo. Vediamo alcuni esempi in cui sui potrebbe usare il granulo riciclato da post consumo al 100% e invece si continua con la materia prima vergine o in alcuni casi più virtuosi si usa un compound misto. – Tubi per irrigazione in HDPE e LDPE: spesso accade che un prodotto destinato al campo, che verrà, nel corso del tempo, aggredito dal sole con conseguente peggioramento della struttura esterna, riduzione di colore e ricopertura di ampie porzioni da parte della terra o del fango, possa diventare oggetto di una contestazione perché il granulo da post consumo, che potrebbe avere all’interno un po’ di gas o umidità residua, porta a creare piccole bollicine sulla superficie del tubo.  Questo non comporta difetti qualitativi del manufatto, ma solo estetici, ma sufficienti a spingere il produttore a fare compounds con il vergine o con granuli post indutriali. – Cassette industriali in HDPE e PP: le casette vengono usate per la logistica di movimento o all’interno di magazzini di attività produttive, quindi non hanno lo scopo di essere messe sul mercato della vendita, ma rimangono un mezzo di lavoro all’interno delle aziende. Sono fatte normalmente in HDPE o PP in vari colori. I più diffusi sono il rosso, il blu e il grigio.  L’uso del granulo da post consumo, colorato, potrebbe portare con sé, piccole imperfezioni estetiche che si manifestano in leggere sfiammature sul colore, possibili saltuari puntini neri sulla superficie o piccole zone opacizzate. Facile incorrere nel rifiuto da parte del produttore di cassette, del granulo post consumo come se l’estetica perfetta sia importante per la funzione della cassetta che rimane in un magazzino.  Normalmente si preferisce usare una materia prima proveniente da scarti post industriali o un compound misto con materie prime vergini. – Flaconi per il detersivo o liquidi industriali e agricoli: la materia prima normalmente utilizzata è l’HDPE, il PP o il PET. Sul mercato del soffiaggio possiamo dire che una timida apertura al riciclato da post consumo sta avvenendo negli ultimi anni, sulla spinta dei movimenti per l’ambiente, che vedono tutti i giorni i flaconi del detersivo in negozio. L’impressione è che questa attenzione per il riciclato da parte dei produttori di flaconi sia dettata da precise scelte compiacere i propri clienti piuttosto che un’attenzione all’ambiente. Sono comunque scelte un po’ zoppe, in quanto l’industria della produzione del granulo da post consumo ha raggiunto una qualità tale da poter offrire una materia prima che consente di produrre flaconi da 0,5 a 5 litri al 100%, ma ancora oggi si punta a compounds contenenti solo il 30% -50% di materiale riciclato. Questo vale solo su alcuni flaconi e con alcuni colori, perché la maggior parte vengono ancora fatti con il materiale vergine. La produzione dei flaconi con il granulo riciclato da post consumo, specialmente in HDPE, potrebbe a volte lasciare, sul flacone, piccole zone di opacità nel colore, l’assenza di brillantezza tipica dell’uso della materia prima vergine e una presenza di profumo di detersivo tipica del granulo da post consumo proveniente dalla raccolta differenziata. I produttori di flaconi, considerando i numeri generali di consumo delle materie prime, continuano a preferire il granulo vergine, specialmente in questo periodo in cui il costo di questo è inferiore al costo del granulo rigenerato, ma sono spinti dal mercato ad impegnarne una percentuale per questioni di immagine aziendale “green”.  Potremmo andare avanti con molti altri esempi sulle opportunità perse di utilizzo della materia prima proveniente dai rifiuti domestici al posto del granulo vergine, ma i canoni estetici che gli esperti di marketing esigono per i loro prodotti a volte sono incompatibili con l’esigenza di utilizzo dei rifiuti plastici e di protezione dell’ambiente.

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https://www.rmix.it/ - Treni a Vapore Turistici Messi in Crisi dalla Mancanza del Carbone
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Treni a Vapore Turistici Messi in Crisi dalla Mancanza del Carbone
Slow Life

di Marco ArezioChe fine faranno i treni a vapore tenuti in funzione da appassionati, su linee secondarie che attirano ogni anno milioni di turisti?E’ una domanda alla quale facciamo fatica a dare una risposta, in quanto la crisi energetica innescata dalla guerra tra l’Ucraina e la Russia e il successivo embargo da parte dell’Unione Europea al carbone Russo, ha messo in seria difficoltà la circolazione dei treni a vapore. La progressiva chiusura negli anni delle miniere Europee di carbone, dettata dalla necessità di ridurre l’impatto climatico di questa fonte fossile, ha creato una dipendenza verso quei paesi che continuano a produrlo come la Russia. Oggi le ferrovie storiche hanno delle scorte di carbone molto basse e la difficoltà di reperire la nuova materia prima, in altri paesi, è dettata sia dalla carente disponibilità sul mercato, a causa sia  della forte domanda internazionale di energia, sia perché la qualità del carbone che serve per far circolare i treni deve essere tale da poter sviluppare un potere calorifico specifico. Non pensiamo che le linee ferroviarie storiche siano poca cosa nell’economia del turismo, in quanto solo in Gran Bretagna esistono circa 150 compagnie storiche che fanno viaggiare i loro treni per circa 900 Km., contribuendo all’industria del turismo e al mantenimento di molti posti di lavoro. Per venire incontro alla carenza di carbone e per salvare le ferrovie storiche si stanno provando combustibili alternativi che hanno un impatto ambientale ridotto. Questi nuovi combustibili sono stati sviluppati da miscele di antracite, polvere di carbone e melassa, quest'ultima funge da legante, creando così i presupposti per eseguire dei tests di combustione e di trazione. I risultati iniziali sono stati incoraggianti, sebbene siano ancora necessari tests per valutare l'impatto di tali combustibili sulle parti vulnerabili delle locomotive, come i focolari e i tubi delle caldaie. Foto: WP.F.

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https://www.rmix.it/ - Comunicazione: come uscire dall’anonimato con poche risorse
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Comunicazione: come uscire dall’anonimato con poche risorse
Management

Comunicazione: come uscire dall’anonimato con poche risorse. Le possibilità per artigiani, commercianti, piccoli imprenditori e consulenti di Marco ArezioIn un mondo iper-competitivo, dove la comunicazione è diventata un’arma dirompente, chi ha le capacità e le risorse finanziarie per imporsi sul mercato, può fare la differenza. E le piccole aziende? Le attività di comunicazione, nel mondo interconnesso di oggi, possono fare la differenza tra chi le utilizza e chi no. Le piccole aziende, strettamente impegnate nel business quotidiano, non hanno a volte il tempo per promuovere la propria attività, far conoscere le capacità di creare valore aggiunto al proprio lavoro. Le dimensioni stesse dell’impresa non contemplano, spesso, la presenza di una figura che si occupi di mettere in luce le prerogative aziendali, attraverso le quali attirare nuovi potenziali clienti ed avere una programmazione del lavoro su un più lungo orizzonte. Inoltre, il flusso finanziario, tipico delle micro o piccole aziende, spesso non permette di assumere una risorsa umana interna che si occupi della promozione dell’attività. Ma per l’artigiano, il parrucchiere, l’estetista, il bar, il piccolo produttore, il consulente, l’impresa di pulizie e, potremmo andare avanti a citare mille altre figure professionali, emergere dall’anonimato o vincere la concorrenza, diventa sempre più un’esigenza di sopravvivenza e di rilancio. Ma come si raggiunge l’obbiettivo? La comunicazione è un’attività che punta a creare empatia con i potenziali clienti e un mezzo per fidelizzare quelli già acquisiti dall’impresa. L’empatia è quello stato d’animo, da parte del potenziale acquirente, che sceglie te invece che un tuo concorrente vicino o viene a conoscenza della tua attività e decide che potrebbe essere interessante provare a servirsi da te invece che dal suo solito fornitore. Nell’empatia sono racchiuse molte sensazioni che non dipendono direttamente dal prodotto che vendi o dal servizio che offri, ma è un insieme di valori trasmessi al potenziale cliente che fanno pendere la scelta verso la tua attività. La comunicazione non deve mai essere considerata un mezzo di vendita diretta, finalizzata nel breve periodo ad aumentare il fatturato, ma un’attività che favorisce la fidelizzazione del cliente sul lungo periodo, la cui conseguenza potrà essere l’aumento del fatturato. Perché ordinate una coca cola e non un’altra bibita con il caramello del tutto simile? Il prezzo? La qualità? Non credo proprio. La suggestione del prodotto che crea la giusta empatia in ognuno di noi. Perché una persona deve venire a comprare il pane al tuo negozio o andare a riparare il telefonino da te e non dalla grande catena distributiva o fare realizzare le tende per il la tua casa nel tuo negozio invece che da un altro o affidarsi ad un consulente finanziario invece che al suo concorrente? E’ una questione di empatia che, attraverso la comunicazione locale o su ampia scala, porta a compiere delle scelte che esulano dal prodotto, dando per scontato che si abbia una qualità attesa e non inferiore a quella del tuo concorrente, ma non per forza migliore. Questo vale anche nelle forniture all’ingrosso, dove un piccolo imprenditore può produrre ombrelloni o vasi o appendini o pattumiere o reti ortopediche, per fare alcuni esempi, a parità di qualità di prodotto e servizio, deve poter creare una chiave per farsi preferire e per farsi conoscere da una platea più vasta. Ma creare l’empatia non è come comprare o vendere un prodotto di uso comune, non raggiunge lo scopo in un lasso di tempo breve, è un percorso che necessita tempo ma soprattutto costanza. Chi sposa la comunicazione per far crescere la propria azienda deve essere soprattutto costante nel tempo, sia che le cose, nel breve periodo, vadano male o meglio. Con quali risorse e come fare? La costruzione di un percorso comunicativo oggi non necessita di investimenti onerosi, in quanto si può affittare il lavoro e calibrare le ore settimanali del consulente in base alle esigenze e le disponibilità finanziarie dell’azienda. Ogni attività ha una sua storia, un suo ambito, una sua situazione finanziaria e un suo obbiettivo. Partendo dall’analisi di queste informazioni si costruisce, con l’imprenditore, un piano di lavoro che permetta a lui di dedicarsi al proprio lavoro e al consulente di far emergere l’azienda e creare quell’empatia necessaria per far preferire un’azienda ad un’altra. Se desideri ulteriori informazioni scrivi a: info@arezio.it o visita il sito internet www.arezio.it

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https://www.rmix.it/ - Gli USA Inondano di Rifiuti Plastici i Paesi più Poveri e Vulnerabili
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Gli USA Inondano di Rifiuti Plastici i Paesi più Poveri e Vulnerabili
Ambiente

di Marco ArezioDa quando il mercato cinese ha detto stop alle importazioni di rifiuti, ci saremmo aspettati che il paese più tecnologicamente ed economicamente avanzato, trovasse una soluzione corretta e “democratica” al riciclo dei propri materiali di scarto.Ci saremmo aspettati, come succede in Europa, che le migliori menti dell’industria e della ricerca privata e pubblica, trovassero delle soluzioni valide sul riciclo dei vari rifiuti domestici ed industriali, migliorando il business e l’ambiente. E’ stato fatto? Per nienteConsiderando che gli USA producono circa 34,5 milioni di tonnellate di rifiuti plastici ogni anno e che il loro tasso di riciclo, stabilito nel 2015 dall’ l'Environmental Protection Agency era del 9%, la Cina e Hong Kong ne gestivano circa 1,6 milioni di tonnellate all’anno per conto degli Stati Uniti. Si parla di rifiuti domestici inquinati dai residui alimentari o da altri materiali, di plastiche multistrato, di polimeri industriali non riciclabili con i sistemi meccanici tradizionali che, alla fine, finivano in discariche per il resto dei loro giorni. Nonostante l’accordo di Basilea del 2019, sancisce, di fatto, il divieto di esportare i rifiuti nei paesi in via di sviluppo in quanto non dotati strutture industriali, controlli serrati e risorse per gestirli legalmente, gli Stati Uniti non hanno ratificato l’accordo, sentendosi quindi liberi di esportare i rifiuti la dove le condizioni sociali, economiche, corruttive e legali permettano più facilmente questo commercio. Dopo il divieto della Cina, i rifiuti di plastica americani sono diventati un problema globale, facendo ping-pong da un paese all'altro. L'analisi del Guardian sui documenti di spedizione e sui dati delle esportazioni dell'US Census Bureau, ha rilevato che l'America spedisce ancora oggi oltre 1 milione di tonnellate all'anno dei suoi rifiuti di plastica all'estero, gran parte dei quali in luoghi dove le condizioni di vita, a causa delle masse di rifiuti ricevute, sono insostenibili. Ma quali sono questi paesi dopo la chiusura Cinese? Il Vietnam, nonostante ufficialmente viga un divieto di importazione, il Laos, la Cambogia, il Ghana, l’ Etiopia, il Kenya, la Turchia, il Senegal, le Filippine e molti paesi del Sud America, che in precedenza non avevano mai gestito i rifiuti americani. In Turchia, per esempio, le importazioni di plastica statunitensi potrebbero mettere a rischio l’intera catena del riciclo nazionale, aggravando la problematica del riciclo interno dei rifiuti prodotti dagli stessi abitanti Turchi. Da quando la Cina ha chiuso i battenti, la quantità di scarti di plastica che la Turchia riceve dall'estero è aumentata vertiginosamente, da 159.000 a 439.000 tonnellate in due anni. Ogni mese, circa 10 navi fanno scalo nei porti di Istanbul e Adana, trasportando circa 2.000 tonnellate di rifiuti plastici statunitensi che non trovano altre collocazioni. La maggior parte proviene dai porti della Georgia, Charleston, Baltimora e New York. Nelle Filippine, invece, arrivano circa 120 container al mese a Manila e in una zona industriale dell'ex base militare statunitense di Subic Bay. I registri di navigazione indicavano che i containers erano pieni di rifiuti di plastica spediti da luoghi come Los Angeles, Georgia e il porto di New York-Newark.Molte volte sono gli stessi imprenditori che in passato ricevevano i rifiuti dagli Stati Uniti, i quali, dopo il blocco imposto dai loro governi, si sono riorganizzati in paesi dove non esistono divieti stringenti, creando società definite di riciclo, in ambienti contadini dove le attività della gestione dei rifiuti, che vadano in discarica o che vengano separati e parzialmente riciclati, mette la popolazione a grave rischio di salute e sottopone l’ambiente ad un inquinamento senza ritorno. Questo è permesso in quanto gli uffici di frontiera non controllano se i rifiuti importati siano riciclabili o meno, inoltre non esiste un reale tracciamento dei rifiuti dal momento dell’ingresso nel paese, non esistono efficaci controlli una volta che queste sedicenti imprese del riciclo ricevono il materiale ed esiste un certo lassismo normativo-giuridico che impedisce un contrasto efficace al problema. Per questo, possiamo trovare in varie parti del mondo paesi interi trasformati in pattumiere a cielo aperto, dove la necessità di acqua per l’attività, ha creato la contaminazione di fiumi e mari, le sostanze chimiche nocive e potenzialmente mortali sono largamente disciolte nelle falde, nei terreni, e l’aria che respirano lavoratori ed abitanti si impregna di sostanze velenose. Un disastro ecologico senza precedenti, lontano dalla casa di chi produce i rifiuti e nel silenzio del mondo più avanzato al gioco del denaro, che impone la distruzione delle vite delle popolazioni e degli habitat naturali, a dispetto di tutti i principi democratici che hanno, apparentemente, fatto grandi i paesi occidentali. Foto: The Guardian

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https://www.rmix.it/ - Accordo tra TotalEnergies e Honeywell per Riciclare la Plastica
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Accordo tra TotalEnergies e Honeywell per Riciclare la Plastica
Notizie Brevi

Accordo tra TotalEnergies e Honeywell per Riciclare la PlasticaIl riciclo degli scarti plastici attraverso un processo di nobilitazione delle prestazioni dei polimeri futuri, con l'intento di avvicinare la nuova materia prima a quella vergine, è l'obbiettivo dei nuovi progetti industriali sul riciclo della plastica.Tra questi nuovi progetti, TotalEnergies e Honeywell hanno annunciato un accordo strategico per promuovere lo sviluppo del riciclaggio avanzato della plastica. In base a questo accordo, Honeywell accetterà di fornire a TotalEnergies il Recycled Polymer Feedstock (RPF), utilizzando la tecnologia di processo UpCycle di Honeywell nel nuovo impianto di riciclaggio Honeywell e Sacyr che sarà costruito in Andalusia, Spagna. TotalEnergies acquisterà e convertirà questa materia prima in polimeri di alta qualità, che potrebbero essere utilizzati per imballaggi alimentari e altre applicazioni altamente impegnative.L'impianto UpCycle, che sarà di proprietà di una joint venture tra Honeywell e Sacyr, dovrebbe trattare e convertire ogni anno 30.000 tonnellate di rifiuti di plastica misti in RFP, che potrebbero altrimenti essere destinati a discarica o incenerimento. L'avvio previsto dell'impianto UpCycle è previsto nel 2023, con RPF da utilizzare per la produzione di polimeri di alta qualità nelle unità di produzione europee di TotalEnergies. Come dichiarato nel comunicato stampa di Total, la nuova materia prima avrà proprietà identiche ai polimeri vergini e adatti per un'ampia gamma di applicazioni, comprese le applicazioni per uso alimentare, come contenitori flessibili e rigidi. Questo primo progetto rappresenta l'inizio della collaborazione tra TotalEnergies e Honeywell nel campo del riciclo avanzato. Entrambe le parti sono impegnate ad affrontare la questione dei rifiuti di plastica e ad aiutare a costruire un'economia più circolare e sostenibile in Europa e nel resto del mondo. "Siamo lieti di collaborare con Honeywell per affrontare il problema dei rifiuti di plastica attraverso lo sviluppo di un riciclaggio avanzato e, quindi, creare un'economia circolare, uno dei pilastri dello sviluppo sostenibile. Questo progetto, con una startup mirata al 2023, contribuirà a soddisfare la nostra ambizione di produrre il 30% di polimeri riciclati e rinnovabili entro il 2030", ha affermato Valérie Goff, Senior Vice President, Polymers di TotalEnergies. "La domanda di plastica continuerà a crescere, quindi è fondamentale creare un collegamento tra la gestione dei rifiuti e la produzione di plastica per rafforzare un flusso circolare di materie plastiche", ha affermato Ben Owens, vicepresidente e direttore generale di Honeywell Sustainable Technology Solutions. "L'accordo con TotalEnergies fornirà un forte sodalizio per il prelievo di materie prime polimeriche riciclate e, insieme al nostro impianto di riciclaggio avanzato recentemente comunicato con Sacyr, Honeywell sta guidando la spinta verso un'economia della plastica più circolare". Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiuti

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https://www.rmix.it/ - Il Miraggio del riciclo dei Rifiuti nella Macedonia del Nord
rMIX: Il Portale del Riciclo nell'Economia Circolare Il Miraggio del riciclo dei Rifiuti nella Macedonia del Nord
Economia circolare

Il Miraggio del riciclo dei Rifiuti nella Macedonia del Norddi Marco ArezioA due passi dal cuore produttivo dell'Europa, non lontano dal parlamento Europeo dove domina una corsa virtuosa alla tutela dell'ambiente e all'incremento del riciclo dei rifiuti, al centro di un'area in cui la popolazione ha sdoganato l'economia circolare, la Macedonia del nord, secondo quanto riportato da Aleksandar Samardjiev, resta lontano anni luce dal resto d'Europa sul tema della gestione dei rifiuti. Vediamo perchèNonostante alcuni esempi positivi, in Macedonia del Nord il riciclo resta a livelli estremamente bassi. Secondo esperti e osservatori, il paese deve elaborare in fretta una strategia a lungo termine nella gestione dei rifiuti Le famiglie raccolgono i rifiuti in un unico bidone e poi lo svuotano nei contenitori in strada: poi la spazzatura viene portata dai camion comunali in una discarica, dove viene accumulata sul terreno. Questa è, in buona sostanza, l'immagine che sintetizza la gestione dei rifiuti in Macedonia del Nord, con livelli estremamente bassi di selezione e riciclo. Più rifiuti, meno riciclo Le statistiche confermano la disastrosa situazione: mentre la quantità totale di rifiuti raccolti nel paese è in costante aumento, la capacità di riciclo procede nella direzione opposta. Nel 2017 la Macedonia del Nord ha generato 787mila tonnellate di rifiuti, di cui solo lo 0,6% è stato riciclato. Nel 2018 i rifiuti sono aumentati a 855mila tonnellate, con un tasso di riciclo dello 0,5%. Nel 2019 i rifiuti hanno raggiunto le 916mila tonnellate, mentre la capacità di riciclo è scesa ad un mero 0,3%. Secondo i funzionari del Ministero dell'Ambiente e della Pianificazione territoriale, l'attuale quadro giuridico è corretto e coerente con gli standard dell'Unione europea, ma le leggi, le strategie e i piani per la gestione dei rifiuti e la protezione ambientale sono male applicati a livello municipale. I comuni dovrebbero iniziare a lavorare sulla selezione dei rifiuti: non c'è quasi nessuno smistamento dei rifiuti e bidoni separati, cioè dovrebbe essercene uno (giallo) per gli imballaggi in plastica, vetro, carta ecc. e uno per i rifiuti misti non riciclabili. “In questo modo, i rifiuti del bidone giallo non andrebbero in discarica, ma sarebbero separati in carta, vetro, plastica, ecc. e riciclati. Al momento, i cittadini non sono pronti a selezionare, né hanno l'infrastruttura per farlo. Servono anche maggiore controllo e supervisione da parte degli ispettori municipali”, spiega a OBCT Ana Karanfilovska Mazneva, capo del dipartimento ministeriale di Gestione dei rifiuti. Nella sua relazione 2020 sull'andamento del trattamento dei rifiuti, l'Ufficio statale di revisione conclude che la selezione e la raccolta differenziata dei rifiuti urbani vengono eseguite solo in alcuni comuni e in misura limitata. Anche il tasso di riciclo è basso. Pertanto, è necessaria un'azione più intensa da parte dello stato, delle autorità locali e del settore imprenditoriale per migliorare in questo settore. Prilep, un esempio positivo I media locali portano spesso ad esempio la città di Prilep, saldamente al primo posto per la selezione dei rifiuti nel paese, che contribuisce tanto quanto tutte le altre città macedoni messe insieme, compresa la capitale Skopje. Con una popolazione di 75mila abitanti, la città genera ogni anno da 28mila a 31mila tonnellate di rifiuti, di cui la società di servizi pubblici Komunalec riesce a selezionare e vendere fino a 13mila tonnellate di rifiuti selezionati, quasi la metà delle quantità raccolte. Solo nel 2020, questa società di servizi pubblici è riuscita a selezionare e vendere 822 tonnellate di rifiuti di carta e cartone, 87 tonnellate di vari tipi di rifiuti di plastica e imballaggi in PET, 56 tonnellate di nylon e 78 tonnellate di imballaggi in vetro dalla città. Inoltre, sono state raccolte circa tremila tonnellate di detriti edilizi con i propri contenitori per detriti edilizi, che ricoprono la discarica comunale con rifiuti urbani. L'azienda seleziona anche da duemila a tremila tonnellate di materiali di scarto aggiuntivi (tessuti, mobili, legno, ecc.), che però attualmente non vengono venduti nel paese o all'estero. Il comune chiede, ma non ha ancora ricevuto, assistenza dallo stato per un ulteriore trattamento dei rifiuti attraverso la realizzazione di un Centro Secondario di Selezione. Alla ricerca di una strategia efficace di gestione dei rifiuti A livello giuridico, il territorio della Macedonia del Nord è diviso in otto regioni che hanno le proprie discariche. Nonostante le buone intenzioni, tuttavia, la spazzatura viene semplicemente gettata a terra e non trattata. “L'idea è di trasformare le discariche in verie e propri centri per la gestione complessiva dei rifiuti. Quando vengono distribuiti i bidoni dei rifiuti domestici, la selezione secondaria dovrebbe essere effettuata nelle discariche regionali e quindi la carta, il cartone, il vetro e la plastica raccolti dovrebbero essere venduti al settore privato del riciclo, riducendo quindi finalmente i rifiuti abbandonati in tutto il paese", spiega Ana Karanfilovska Mazneva. Igor Makaloski, rappresentante di una delle aziende che raccolgono rifiuti selezionati in collaborazione con i comuni, ritiene che sia necessario che le persone diventino più consapevoli dei vantaggi della selezione dei rifiuti. Afferma che la sua azienda, pur collaborando con oltre 40 amministrazioni locali in Macedonia del Nord, dove vivono oltre il 70% dei 2 milioni di abitanti, raccoglie solo 1.800 tonnellate di rifiuti di imballaggio. “Purtroppo in Macedonia del Nord molto spesso abbiamo solo dichiarazioni di principio quando si parla di ecologia.Insieme, dobbiamo impegnarci di più su questo problema. Ci sono carenze nel processo di raccolta e parte dell'attrezzatura installata è costantemente vandalizzata da cittadini senza scrupoli. Ma questo non ci solleva dalla responsabilità di trovare modi per raccogliere i rifiuti di imballaggio e smaltirli in luoghi appropriati”, spiega Makaloski.L'attivista Branko Prlja (fondatore dei gruppi "Dare, non bittare" e "Non buttare, non inquinare" per sensibilizzare al riciclo, il riutilizzo e l'uso ridotto al fine di preservare l'ambiente) afferma che lo stato dovrebbe essere coinvolto più attivamente nel processo di riciclo. “Vietare, limitare o tassare i materiali non riciclabili. In questo modo non verranno utilizzati e non finiranno nelle discariche. D'altra parte, può aiutare le aziende sovvenzionate a riciclarli o facilitarne il trasporto verso paesi che possono riciclarli”, ha scritto Prlja nel suo blog. Molte scadenze per gli obiettivi di selezione e riciclo in vari piani nazionali sono già state mancate: il riutilizzo e il riciclo del 50% dei rifiuti domestici era previsto per il 2020, ma rimane ad oggi un obiettivo non raggiunto. La ricerca ambientale mostra anche che i rifiuti lasciati a terra emettono sostanze e gas nocivi, diventando così una delle cause dell'inquinamento atmosferico, un altro grave problema sanitario nella Macedonia del Nord. Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiuti - macedonia

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Il Lavaggio dei Rifiuti Plastici da Post Consumo si Fa in Tredi Marco ArezioI rifiuti plastici da post consumo sono, in termini quantitativi, tra le maggiori voci che compongono il paniere degli scarti che la nostra società produce.Se fino a pochi anni fa non veniva applicato un riciclo meccanico intensivo ma si cercava di separare ed estrarre solo plastiche nobili, oggi la consapevolezza ambientale e la necessità di ridurre il conferimento di rifiuti nelle discariche, ha imposto un uso sempre più massiccio dei polimeri da post consumo riciclati per la creazione di nuovi prodotti finiti, realizzando il più possibile la circolarità della filiera. Non è stata una svolta improvvisa, c’è voluto tempo per sovvertire il preconcetto culturale che un prodotto fatto con i polimeri riciclati fosse di seconda categoria rispetto ad uno fatto con materia prima vergine. Quando l’opinione pubblica ha sdoganato l’uso delle materie prime riciclate come elemento necessario e insostituibile della nostra vita, la domanda è cresciuta in modo esponenziale. Non c’è dubbio che, dal punto di vista industriale, il trattamento dei rifiuti plastici da post consumo per la creazione di una materia prima, che assume una nuova nobiltà estetica e strutturale nei prodotti, ha bisogno, oggi, di un approccio al riciclo decisamente più professionale e qualitativo rispetto al passato. Infatti, nel ciclo di lavoro dello scarto plastico da post consumo, che contempla la raccolta, la selezione, la macinazione, la separazione, il lavaggio e la granulazione, è interessante soffermarci sulla fase del lavaggio per capire meglio alcuni aspetti. Il concetto di lavaggio deve prevedere tre passaggi fondamentali a cui non ci si può sottrarre, se si vuole realizzare una materia prima adatta ad una produzione di un buon granulo plastico. I tre passaggi dell’attività di lavaggio sono qui riassumibili: • Lavaggio degli scarti attraverso una macchina con lavaggio forzato, che permette, attraverso l’azione dell’acqua e della rotazione centrifuga del cestello di contenimento della plastica, un distaccamento di parti inquinanti, come residui organici alimentari, sabbia, terra o altro, che altrimenti non avverrebbe in una vasca tradizionale con acqua. • Utilizzo di una vasca di decantazione in cui i materiali, che sono usciti dalla fase di lavaggio forzato, fanno un percorso studiato, in termini di velocità di movimento e di lunghezza, nella quale avviene una separazione degli scarti plastici per peso specifico. Infatti, i materiali con peso specifico più leggero come l’HDPE, LDPE, il PS e il PP, che costituiscono le famiglie di maggiore presenza nei rifiuti da post consumo, rimangono a galla, mentre quelli con il peso specifico maggiore come i materiali caricati, il PVC e altri elementi affondano. • Ultimo impianto indispensabile per concludere un buon ciclo di lavaggio delle materie plastiche da post consumo è la centrifuga. Infatti una volta lavato con energia gli scarti, averli separati da plastiche con peso specifico diverso, è assolutamente necessario, prima della produzione della materia prima finale, ridurne la concentrazione dell’umidità. Attraverso il passaggio degli scarti stessi nella centrifuga è possibile abbattere percentuali di umidità elevate che causano molti problemi, quali il degrado del polimero, la creazione di difetti estetici sul prodotto finito ed una sostanziale riduzione delle prestazioni meccaniche. La fase di lavaggio, nelle attività di riciclo dei materiali da post consumo, ha visto spesso affermarsi una sbagliata teoria definibile della “sciacquatura”, dove il processo prevedeva l’immersione del macinato plastico in vasche con una bassa qualità dell’acqua, una elevata velocità di flottazione degli scarti e una lunghezza della vasca non adeguata. Tutto questo si rifletteva in un deciso risparmio economico, un aumento della produzione oraria del reparto ma con una bassa o bassissima qualità del futuro polimero. Se, a parziale difesa di questo approccio, possiamo ricordare che nel passato i polimeri che derivavano dagli scarti da post consumo erano impiegati solo per prodotti di bassa qualità, dobbiamo però ricordare che oggi, ci si aspetta una qualità più alta da questa famiglia di polimeri in quanto è aumentata la platea di utilizzo. Un basso livello qualitativo di processo in fase di lavaggio, separazione ed asciugatura, porta inevitabilmente con sé anche il problema degli odori delle plastiche da post consumo. Se abbiamo parlato in precedenza di aspetti negativi legati alla meccanica e all’estetica dei prodotti, risparmiare tempo e tecnologia nelle 3 fasi che costituiscono il lavaggio, incrementa in modo considerevole l’odore sgradevole nei prodotti finiti realizzati con polimeri che hanno subito un processo di lavaggio scadente. La presenza di odori pungenti e persistenti nei prodotti finiti, comporta non solo la riduzione delle vendite in termini quantitativi, ma porta anche al deprezzamento dell’articolo stesso, con una riduzione dei margini di contribuzione dell’azienda.Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - post consumo - lavaggio

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