La Caotica Situazione del Polipropilene in Turchia: la Tempesta Perfettadi Marco ArezioUn periodo così se lo ricorderanno a lungo, non solo il sistema industriale Turco che utilizza il polipropilene ma, a cascata, anche gli acquirenti dei prodotti finiti che le fabbriche Turche riforniscono e il sistema finanziario che è sotto pressione.Gli aumenti spropositati del polipropilene in Turchia è la conseguenza di una serie di situazioni eccezionali che si sono verificate sui mercati mondiali delle materie prime vergini, manifestandosi come una tempesta perfetta. E come tutte le tempeste improvvise, la situazione ha colto di sorpresa anche i buyers Turchi, creando una serie di difficoltà sull’approvvigionamento della materia prima, sui livelli di prezzi insostenibili e sui bilanci delle aziende. La concatenazione degli eventi si è abbattuta su analisi previsionali di disponibilità di PP regolare, pur con una previsione di un rialzo dei prezzi che sembrava sostenibile e ciclico. Le aspettative di un rialzo graduale ruotavano intorno alla considerazione di un periodo estremamente lungo di prezzi sotto la media, di una ipotesi di ripresa internazionale e dell’avvicinarsi del capodanno Cinese che avrebbe liberato maggiori disponibilità sul mercato. In realtà queste tesi si sono rilevate sbagliate in merito all’eccezionalità degli eventi che sono capitati: • I problemi metereologici negli USA con un crollo delle produzioni di PP • Lo spostamento di parti delle scorte mondiali dei produttori verso mercati più profittevoli come gli USA e l’Europa • La scarsità di circolazione dei containers che ha impennato le quotazioni • Il concatenamento di fermi produttivi agli impianti, in parte già programmati come Total, Ineos, LyondellBasell, ExxonMobil, Borealis e Unipetrol. Scorte ridotte anche nel Medio Oriente, area di normale approvvigionamento per la Turchia • La riduzione delle festività del capodanno cinese a causa del Covid con una ripresa dei consumi di di polimeri prima del previsto • Il rallentamento delle operazioni doganali causa Covid. Questi eventi concatenati hanno portato in Turchia un livello dei prezzi elevatissimi, con una scarsità di disponibilità che ha messo in crisi i produttori locali. Gli operatori dichiarano aumenti per il PPH di 350-500 $ a tonnellata, da una settimana all’altra e i buyers non sanno come trasmettere in modo costruttivo al settore commerciale gli aumenti dei costi dei prodotti. La crescita dei prezzi in percentuale ha raggiunto il 49% per il PP Raffia e il 32% il PPBC per iniezione, rispetto a Febbraio 2021, creando il caos soprattutto nelle aziende che lavorano con contratti di forniture per clienti che assemblano i semilavorati prodotti in Turchia. Non sono solo i margini di contribuzione sulle commesse a non quadrare più, ma anche l’impossibilità di produrre per la mancanza, anche a qualsiasi prezzo, della materia prima. Nemmeno l’aumento della lira turca rispetto al dollaro è stata di aiuto in questa situazione paradossale, che sta mettendo in ginocchio il comparto delle materie plastiche avendo un peso nel paese di cruciale importanza. Ci si interroga su quando questa situazione possa risolversi, ma gli analisti sono prudenti nello stabilire delle date, in quanto il fenomeno è complesso e la risoluzione delle problematiche passa dall’evolversi in modo positivo di tutti i fattori sopra descritti.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti - PP - Turchia Maggiori informazioni sulle regole di navigazione internazionali
SCOPRI DI PIU'Capire il Mondo Del Riciclo per Migliorare la VitaLa coscienza ambientale si sta finalmente diffondendo nella popolazione mondiale e, di conseguenza, la politica e le attività produttive si stanno rendendo conto che, volenti o nolenti, devono assecondare le richieste sempre più decise della gente. Dobbiamo però dire che il mondo non sta rispondendo in modo omogeneo a questo sentimento green, infatti, ci sono aree geografiche in cui la coscienza popolare è molto attiva nel perseguire uno stile di vita e di comportamenti collettivi più virtuosi, mentre in altre parti, l’ambiente è un elemento di nessun interesse e quindi con nessuna tutela. Qui entra in gioco, non solo una diversa percezione della protezione della natura, sotto forma di minor sfruttamento delle sue risorse e di minor inquinamento, attraverso per esempio la gestione dei rifiuti che produciamo, ma anche il rapporto tra gli oggetti che usiamo e il loro riciclo. E’ sicuramente un fatto culturale e di istruzione, l’affrontare o meno il problema ambientale e, di conseguenza, la gestione dei rifiuti, che possono essere visti come una risorsa, un investimento sulla tutela del nostro pianeta o vederli solo come rifiuti di cui liberarcene in modo veloce ed economico. La questione dei rifiuti è, e sarà centrale, nelle politiche di sostenibilità che molti paesi al mondo stanno sostenendo e non ci sarà progresso e sviluppo senza un’economia circolare condivisa e partecipativa. La globalizzazione di cui facciamo parte, ci fa toccare con mano come le azioni di una o più nazioni possano influenzare in modo indelebile la vita di altre nazioni da un capo all’altro del mondo. Questo lo si può vedere nell’inquinamento degli oceani dai residui plastici, per esempio, che vengono gettati nei fiumi invece che essere riciclati, creando un deficit ambientale anche in paesi lontanissimi da dove i rifiuti vengono dispersi. Questa è la globalizzazione ambientale, dove l’azione scellerata di alcuni può creare una catastrofe ecologica per tutti. La necessità di aumentare la coscienza ambientale, anche in questi paesi, è un fatto determinante se si vuole equilibrare e potenziare l’azione comune di miglioramento dell’ecosistema e della gestione dei rifiuti, incidendo sempre meno sullo sfruttamento delle risorse naturali. Questa cultura del riciclo deve crescere giorno per giorno, facendo partecipare a questo nuovo fenomeno, il numero più alto possibile di persone, non solo nei paesi più avanzati nel settore della raccolta, riciclo e reimpiego dei rifiuti, ma accompagnando anche le popolazioni meno sensibili alla circolarità dell’economia, verso una piena presa di coscienza dell’equilibrio tra vita e ambiente. In questo eBook si parlerà di molti argomenti, alcuni tecnici, alcuni divulgativi, alcuni curiosi ed alcuni istituzionali, toccando i campi più disparati del mondo variegato del riciclo dei rifiuti. Tratteremo di discariche, entrando nel dettaglio di quale ciclo di vita hanno i rifiuti che, in esse, vengono scaricati, parleremo di rifiuti elettronici, addentrandoci nella loro gestione, di riciclo illegale e delle conseguenze ambientali che questo comporta. Entreremo a capire quali normative internazionali sono state istituite per normare il riutilizzo delle materie prime che derivano dal riciclo a tutela della nostra salute. Ci occuperemo delle tecnologie, attuati e future, adatte a riciclare lo scarto raccolto, mettendo a confronto il riciclo meccanico con quello chimico, inoltre cercheremo di dare una panoramica sulla tossicologia delle materie plastiche. Nella gestione delle scelte verso il raggiungimento di una circolarità dei rifiuti, parleremo del ruolo che sta interpretando la finanza nel mondo dell’economia e della necessità che il ciclo produttivo mondiale si impegni a creare articoli più riciclabili o totalmente riciclabili. Cercheremo di illustrare come, a volte, affrontiamo delle scelte nel campo del riciclo in base a stereotipi e informazioni non corrette, specialmente quando si parla di plastica, molte volte sostenute da chiacchere di parte e non scientificamente obbiettive. Ci sarà spazio per parlare di riciclo dei tessuti, della carta, della plastica, dei componenti auto, del vetro e di tante altre famiglie di prodotti, suggerendo un corretto uso dei rifiuti per la creazione di prodotti finiti. Inoltre parleremo di tecnologie per l’individuazione e il controllo degli odori nel campo del riciclo che possono aiutare i consumatori ad un maggior impiego dei prodotti finiti riciclati.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiuti - libro eBook versione ItalianaVedi altri libri sull'argomento
SCOPRI DI PIU'Plastiche riciclate per vespai areati: quali effetti statici e dinamici si trasmettono sui vespai in plastica riciclata utilizzando miscele differenti di Marco ArezioGli antichi romani avevano già capito, nella costruzione degli edifici, l’importanza della creazione di una intercapedine areata, tra il terreno e il pavimento, al fine di evitare la risalita capillare dell’umidità e permettere un isolamento termico del piano. Il vespaio veniva costruito utilizzando muretti collegati tra loro o con anfore come base di riempimento. Con l’evoluzione delle costruzioni, il vespaio areato ha avuto molteplici usi, non solo quello di isolare dall’umidità, ma è stato possibile impiegare, nel modo migliore, lo spazio che si crea tra il terreno e il piano. Fino a pochi anni fa, prima dell’avvento della plastica nell’edilizia, la costruzione dei vespai veniva fatta attraverso i tavelloni, per le parti orizzontali, e i mattoni o blocchi in cemento per la parete verticale. Questo sistema però non garantiva totalmente l’isolamento tra un piano e l’altro. Oggi, con l’utilizzo degli elementi in plastica riciclata, si sono ampliate le possibilità d’impiego dell’intercapedine e migliorate le sue doti tecniche. Vediamo quali sono i possibili usi degli elementi di separazione in plastica riciclata: 1) La funzione classica per cui era nato è quello di creare, attraverso elementi modulari continui di plastica, una efficace separazione tra il piano abitato e il terreno di fondazione, impedendo la risalita capillare dell’umidità. Inoltre lo spazio che si viene a creare, permette agevolmente il passaggio degli impianti per le funzioni della casa. 2) L’intercapedine monolitica formata, permette l’evacuazione del gas Radon che si forma nel terreno. Questo, è un gas radioattivo, incolore e inodore, formato dal decadimento dell’uranio 238, che ha la capacità di insinuarsi nelle fessure del terreno e saturare gli scantinati o i piani a contatto con esso. Attraverso la posa degli elementi in plastica sui quali si creerà un getto di calcestruzzo continuo, si creerà una ventilazione naturale, con ingressi dell’aria a nord e uscita a sud, così da evitare i ristagni del gas. 3) La creazione di tetti ventilati, specialmente per quelli orizzontali, permette una naturale regolazione degli sbalzi termici che aiutano, insieme ad un corretto isolamento, la vivibilità degli ambienti sottostanti e il risparmio energetico. 4) Gli elementi in plastica di altezze ridotte, specialmente quelli di 5 cm., aiutano ad un corretto isolamento acustico, insieme a tappetini smorzanti, in quanto l’aria ferma all’interno delle celle, aiuta lo smorzamento delle onde sonore. 5) Un’altra funzione è quella di poter creare giardini pensili con la caratteristica di poter isolare il manto impermeabilizzante dalle radici delle piante. È noto infatti che la maggior parte dei difetti dei giardini pensili riguarda la percolazione dell’acqua meteorica, in quanto l’azione delle radici, apre varchi nei manti bituminosi impermeabili, con il possibile passaggio di acqua. Gli elementi in plastica sono estremamente resistenti all’azione di perforazione delle piante. Sicuramente ci sono molte altre funzioni che il vespaio in plastica può assolvere ma, elencando le più comuni, ho cercato di dare un’idea del suo utilizzo. Una volta deciso quale utilizzo si deve fare degli elementi separatori, è importante capire come vengono prodotti per poter scegliere gli elementi che siano idonei al nostro lavoro. Le caratteristiche principali che si chiedono ad un insieme di elementi che costituiranno la struttura portante per il nostro getto in calcestruzzo nell’estradosso sono: Flessibilità dell’elemento Resistenza a compressione verticale Resistenza alla flessione delle cupole Mantenimento dimensionale dei singoli pezzi dopo lo stampaggio per poter essere assemblati senza fatica dagli operatori e senza lasciare vuoti Assenza di fragilità durante la movimentazione Spessori corretti in funzione della materia prima utilizzata Indeformabilità sotto l’effetto del peso del calcestruzzo fresco Pedonabilità minima dell’elemento espressa nella capacità di sostenere l’addetto al getto del solaio, che non deve essere inferiore a 150 Kg. calcolata su una superficie di cm.8 x cm.8. Queste caratteristiche, fermo restando una corretta progettazione dello stampo e dell’elemento stesso, si raggiungono con una giusta scelta delle materie prime riciclate, che potranno aumentare o diminuire determinate caratteristiche. Il materiale più comunemente usato appartiene alla famiglia del polipropilene, in particolare un compound misto tra PP e PE che permette discrete performance meccaniche e un costo produttivo contenuto. In alcuni casi si produce l’elemento in HDPE, che attribuisce agli elementi migliori prestazioni tecniche a fronte di costi produttivi più alti. La ricetta di PP+PE impiegata ha delle limitazioni tecniche da tenere presente: 1) Il compound in PP+PE normalmente proviene dai componenti della raccolta differenziata, che è costituita da scarti di polipropilene rigidi e da scarti flessibili di polietilene a bassa densità. I due elementi sono di difficile manipolazione dal punto di vista termico, in fase di stampaggio, con il rischio di degradazione del materiale e la formazione di gas all’interno dell’elemento stampato. Questi micro fori possono creare un indebolimento dell’elemento. 2) Il compound ottenuto ha, in generale, delle buone caratteristiche meccaniche verticali, in particolare per quanto riguarda la resistenza a compressione, ma, di contro, ha una limitata resistenza alla flessione e alla torsione. La conoscenza dei limiti tecnici di questo compound permette normalmente la risoluzione di questi minus con un’appropriata progettazione delle fasce di rinforzo attraverso il posizionamento di setti reticolari, nei punti più soggetti alle possibili rotture. 3) La ricerca di un’economicità esasperata potrebbe indurre i produttori a ridurre il polipropilene all’interno della miscela a vantaggio dell’LDPE, creando situazioni di debolezza strutturale che dovrebbero essere compensate con l’aggiunta di HDPE e/o cariche minerali. Lo studio di ricette così complesse è sicuramente sconsigliato nella produzione di elementi sui quali si deve camminare in sicurezza, al fine di evitare incidenti, in quanto richiedono una competenza tecnica elevata e il controllo dell’input in entrata attraverso analisi di laboratorio frequenti. In alcuni casi si utilizza una miscela di HDPE che può essere composta da granulo derivante dalla lavorazione dei tappi del settore delle bevande o con compound misti con tappi e flaconi dei detersivi. Secondo i dati raccolti possiamo indicare alcune differenze: 1) La produzione dei vespai in plastica riciclata utilizzando granuli che provengono dai tappi in HDPE comporta di dover lavorare una materia prima che ha una fluidità sicuramente più bassa rispetto al compound in PP+PE, normalmente 1,5-2 a 2,16 Kg./190° contro un MFI 5-6 a 2,16 Kg./230°. Questo significa che bisogna tener presente anche la dimensione della pressa da utilizzare in quanto il polimero in HDPE è sicuramente meno fluido. Le caratteristiche meccaniche di questo compound si possono riassumere in una buona resistenza a compressione e un’eccellente resistenza a flessione e torsione degli elementi stampati. C’è però da tener presente un fattore importante che potrebbe influenzare la scelta di questo polimero. In presenza di superfici di posa molto estese e in corrispondenza di picchi di temperature molto elevate, c’è da considerare che l’elemento in HDPE, agganciato in modo continuativo con altri moduli, all’interno del reticolo delle travi, potrebbe subire una deformazione importante dato dalla reazione al calore del sole. Il problema si può risolvere, in fase di granulazione, aggiungendo una percentuale di carica minerale che sterilizza le reazioni espansive dell’HDPE. 2) Ci sono casi in cui la resistenza del modulo sia un elemento fondamentale e, in presenza di spessori sottili delle pareti del prodotto, si può optare ad un mix formato dalla granulazione di tappi e flaconi in HDPE o dei soli flaconi. La riduzione della fluidità dell’impasto porta un aumento delle performance meccaniche degli elementi a parità di caratteristiche fisiche dell’elemento, con valori di fluidità che vanno da 0,3 a 1 a 2,16 Kg./190°.Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - vespaio in plastica - PP - edilizia
SCOPRI DI PIU'Riutilizzare lo scarto del pulper per creare polimeri adatti allo stampaggiodi Marco ArezioLe cartiere utilizzano un processo meccanico per riciclare la carta da recupero che entra nei loro stabilimenti. Il processo industriale parte dalla macerazione in vasca del cartone e della carta di uso quotidiano, attraverso l’acqua e un movimento rotatorio di apparecchiature che hanno lo scopo di separare le fibre di cellulosa dai materiali non utilizzabili. Da questo processo, semplificando, si forma lo scarto del pulper. Questi materiali sono composti, prevalentemente, da alluminio e polietilene che si trovano all’interno degli imballi alimentari, come il Tetrapak o altri imballi similari, che non possono essere impiegati nel processo di produzione delle cartiere. I numeri che compongono lo scarto del pulper sono davvero impressionanti in quanto si considera che circa il 10%, in peso, della carta prodotta, generi questo tipo di rifiuto, con costi di smaltimento a carico delle cartiere molto onerosi. Oggi ci sono delle tecnologie che permettono di riutilizzare lo scarto del pulper delle cartiere recuperando il polimero in LDPE che si trova all’interno, attraverso il processo di separazione, triturazione, lavaggio e granulazione dello scarto del pulper. I problemi che si incontrano per riciclare questo composto, PE+Alluminio sono però importanti, sia a livello produttivo che di qualità finale del prodotto: 1. Lo scarto del pulper presenta una percentuale di umidità elevata, superiore al 10%, che deve essere abbattuta in modo sostanziale per evitare problemi di granulazione e di perdita di produzione. 2. L’umidità residua all’interno del granulo può creare, in fase di stampaggio, problemi di gas, con conseguenti riduzioni della resistenza del manufatto e difetti estetici sulle superfici. 3. La presenza residuale di carta all’interno del composto da lavorare, comporta un lavoro aggiuntivo nelle fasi di filtraggio della granulazione. Infatti la micro-presenze di carta nella produzione del granulo finale porterebbe alla creazione di micro-pori dannosi al granulo finale. 4. La presenza di alluminio, anche sotto forma di elemento flessibile, quindi non ostacolante in fase di stampaggio, comporta un effetto estetico che deve essere tollerato in quanto le superfici colorate non saranno omogenee. Non c’è dubbio che tutti questi problemi possono essere gestiti sia dal punto di vista tecnico che dal punto di vista dell’effetto ottico del prodotto finale, che deve essere accettato come una caratteristica peculiare del prodotto stesso. Il granulo che ne deriva è solitamente un LDPE con fluidità intorno a 1 a 2,16 Kg. /190° con una percentuale di LD oltre il 90% e residui di alluminio ed eventualmente di carta. Per quanto riguarda l’impego del granulo derivante dallo scarto del pulper, fermo restando la soluzione dei punti precedenti, è indicato per lo stampaggio di prodotti non estetici ma dove sono richieste qualità del polimero in termini di flessibilità e uniformità di composizione. Possiamo citare i bancali in plastica, vasi e mastelli, accessori per l’edilizia, grigliati non carrabili, ecc.. Il prodotto si adatta alla creazione di compound con PP, PO e HD a seconda degli impieghi che il cliente ne deve fare creando così un composto molto flessibile dal punto di vista delle ricette polimeriche. Ovviamente, visto che normalmente ha un DSC regolare, si presta facilmente all’aggiunta di cariche minerali, specialmente CACO3, che aiutano la ricetta a dare minore flessibilità, insita nell’LDPE, se il cliente ne facesse richiesta.Categoria: notizie - tecnica - carta - riciclo
SCOPRI DI PIU'Nell’era del boom economico, il 1963 segna una data importante per un’azienda lungimirante che pensava fuori dagli schemidi Marco ArezioI primi anni ’60 la plastica iniziava a compiere i primi e decisivi passi che avrebbero poi caratterizzato lo sviluppo economico e sociale del secolo scorso. Pochi anni prima Giulio Natta aveva ottenuto il Nobel per la chimica per le sue ricerche che lo portarono alla scoperta del polipropilene. I Caroselli nella TV in bianco e nero di allora magnificavano i molteplici usi del Moplen, con il quale si potevano realizzare contenitori leggeri, resistenti e colorati, perfettamente in grado si sostituire quelli fatti in lamiera verniciata, pesanti e che potevano arrugginirsi. Nella sale cinematografiche, intanto, gli italiani si appassionavano al Gattopardo. È infatti nel 1963, come abbiamo detto, in pieno boom economico, che grazie all’intuizione e ad una visione illuminata di Innocente Caldara e del cognato Mario Pontiggia, nasce la “Pontiggia & Caldara” che sessant’anni più tardi sarebbe diventata la Caldara Plast che conosciamo oggi. Il Sig. Innocente girava instancabilmente l’Italia con il suo camion, un OM Tigrotto, in un periodo di grandi innovazioni in tutti i settori. È in questo scenario, in un’Italia in grande fermento, in cui tutti gli scantinati di Milano erano occupati da qualche laboratorio dove si produceva “qualcosa”, che Innocente Caldara vide due residui plastici che molte industrie eliminavano, una risorsa da riutilizzare e riportare a nuova vita. Erano solo gli anni Sessanta ma questa è l’idea che oggi sta alla base dell’economia circolare. In quei primi faticosi ma emozionanti anni, l’azienda faceva trasporti per varie società situate nella provincia di Lecco, operanti nella distillazione del metacrilato, portando il monomero ai clienti di queste ditte. Il modus operandi era semplice ma efficace: da queste ditte che producevano lastre di metacrilato venivano ritirati gli scarti prodotti e, successivamente, gli stessi venivano venduti alle aziende che si occupavano di distillazione. Con l’evoluzione del mercato e dei materiali, (erano anni di gran fermento nell’industria dei polimeri), al metacrilato trattato inizialmente si aggiunsero presto anche gli scarti di Policarbonato, dell’ABS, della Poliammide e del Polistirolo. Così, anche l’azienda, come il mercato, stava cambiando. Negli anni Settanta venne costruito, non con pochi sacrifici, il capannone di Caslino d’Erba, paese d’origine della famiglia Caldara, necessario ormai per contenere tutti gli scarti ritirati. Qui vennero posizionati i primi mulini acquistati per macinare le diverse tipologia di materiali, e stoccare il macinato pronto da rivendere in Italia ma anche all’estero. Giungono in fretta gli anni Novanta e la ditta diventa “Innocente Caldara snc”. Accanto al Sig. Innocente inizia a lavorare a 17 anni il figlio Attilio, il secondo dei suoi figli, che si occupa della macinazione degli scarti. Anche Massimiliano, il figlio maggiore, lascia la società in cui lavorava ed entra nell’azienda di famiglia. Avendo la patente per guidare il camion si alterna al papà nella guida del nuovo Iveco 190, anche lui girando l’Italia recuperando scarti di polimeri da avviare alla macinazione. Nel 1994, il terzo figlio, Alessandro, si unisce ai fratelli e al padre occupandosi anche lui di trasporti e macinazione. A supportare tutto questo gran lavoro negli uffici arriva Ester, che si occupa di amministrazione e contabilità e che affianca la Sig.ra Angela, moglie del Sig. Innocente, che da sempre, con costanza e rigore, tiene le fila della parte amministrativa dell’azienda. Ora, che la quantità di scarti aumenta, sorge un dubbio ai Caldara “ma che ce ne facciamo di tutti questi scarti acquistati e macinati? Sono belli, colorati, perfino simpatici, gli ambientalisti non sono ancora intervenuti gridando che la plastica è uno dei mali del mondo, ma nel nostro magazzino incominciano a diventare un po' troppi.” E allora? Internet e il web ancora non esistevano... così si incominciò con il telefono e le pagine gialle a trovare potenziali clienti a cui interessassero le plastiche macinate, e altri potenziali fornitori da cui acquistare scarti di lavorazione. Massimiliano, approfittando di uno stop forzato a seguito di un incidente in moto, iniziò a stare al telefono e ad occuparsi in prima persona della ricerca di clienti e dei rapporti con i fornitori. Siamo negli anni Novanta e in Caldara è già iniziata l’era dell’economia circolare. Continua… Traduzione automatica. Ci scusiamo per eventuali inesattezze. Articolo originale in Italiano.Fonte: Caldara
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