Il combustibile plastico "End of Wast" è la soluzione al carbone? di Marco ArezioIl fumo che esce dalle ciminiere delle centrali elettriche alimentate a carbone, in Europa, ucciderebbe più di due persona l'ora secondo il rapporto "Silent Killers" Uno studio realizzato dall'università si Stoccarda, sulla base di una ricerca fatta, evidenzia gli impatti sanitari dell'inquinamento prodotto dall'utilizzo del carbone quale combustibile per produrre energia elettrica in Europa, evidenziando un numero pari a 22.300 morti premature, su base annua, che corrispondono alla perdita di 240.000 anni di vita. Inoltre le malattie legate all'inquinamento dell'aria prodotto dalle centrali a carbone, determinano una perdita di giornate lavorative pari a 5 milioni. Secondo questo studio, che ha analizzato anche i progetti per la realizzazione di 52 nuove centrali a carbone, progetti che sono in fase di realizzazione o di autorizzazione, l'impatto sulla salute se entrassero in funzione queste nuove centrali, corrisponderebbe alla perdita di ulteriori 32.000 anni di vita ogni anno. Tenendo in considerazione che la vita media di una centrale a carbone è normalmente di 40 anni, in prospettiva questi nuovi progetti porterebbero alla perdita di 1,3 milioni di anni di vita. L'università si Stoccarda, attraverso questo studio, ha riaffermato che il carbone pulito non esiste, e che questo tipo di combustibile è una delle principali cause di avvelenamento dell'aria. In Europa esistono circa 300 centrali a carbone funzionanti, le quali producono un quarto dell'energia elettrica consumata nell'unione, ma, nello stesso tempo, producono il 70% degli ossidi di zolfo e più del 40% degli ossidi di azoto provenienti dal settore elettrico. Queste centrali Europee sono la fonte di circa la metà di tutte le emissioni industriali di mercurio e un terzo di quelle di arsenico, ed emettono, infine, quasi un quarto del totale delle emissioni di CO2 di tutta l'Europa. In termini sanitari, i paesi maggiormente colpiti dalle emissioni inquinanti del carbone sono la Polonia (più di 5000 morti all'anno), la Germania, la Romania e la Bulgaria. Ma come potrebbe essere attenuato questo fenomeno doppiamente negativo, sia sotto l'aspetto dell'impatto sulla salute sia sotto l'aspetto della distruzione delle risorse ambientali? Un'alternativa che è presa in considerazione, ma forse non con le dovute attenzioni, è il combustibile che deriva dallo scarto di lavorazione dei rifiuti plastici e urbani, detto "End of wast". Questo deriva appunto dalla lavorazione dei rifiuti civili non pericolosi e dei rifiuti speciali non pericolosi e si presenta sotto forma di macinato sfuso o in balle pressate. Il processo di lavorazione comprende: Triturazione del materialeAsportazioni delle parti metalliche attraverso separatori elettromagnetici e anche delle parti metalliche non ferroseDeumidificazioneAsportazioni delle frazioni inertiPalletizzazione in base alle esigenze degli impianti L'alto contenuto della componente plastica all'interno della ricetta permette il raggiungimento di un potere calorifico, molto importante. Il combustibile "end of waste" viene normalmente impiegato: CementificiInceneritoriCentrali termoeletticheImpianti di gassificazioneCentrali termiche per teleriscaldamento Questo combustibile può essere usato in impianti dedicati oppure in impianti che utilizzano normalmente altri tipi di combustibili, ma, in entrambi i casi, la struttura industriale deve dotarsi di tecnologie di combustione e depurazione dei fumi in grado di abbattere gli inquinanti emessi. Un caso particolare, che vedremo successivamente, riguarda l'utilizzo del combustibile "End of West" nelle cementerie in quanto c'è una corrente di pensiero che sostiene che i tradizionali forni per la produzione del clinker non siano in grado di evitare emissioni in atmosfera dannose.Vedi maggiori informazioni
SCOPRI DI PIU'Le condizioni di acquisto e vendita della plastica riciclata sono cambiate dopo lo stop della Cina per questo sono così importanti i tests sui polimeri riciclatidi Marco ArezioIl mondo dei controlli sulla qualità sui polimeri riciclati ha vissuto due epoche storiche: il prima e il dopo rispetto al blocco delle importazioni dei rifiuti da parte della Cina. Vediamo perché. Fino al 2017 i materiali plastici di scarto, specialmente quelli più difficili da trattare o quelli non riciclabili con gli impianti di trattamento dei rifiuti di tipo meccanico, trovavano un semplice sbocco sul mercato cinese, senza quindi doversi preoccupare di investire in ricerca e sviluppo sul riciclo di questa tipologia di prodotti. La conseguenza dell’afflusso nel mercato cinese di questi materiali, era la minor presenza sui mercati mondiali di materia prima di bassa o bassissima qualità, in quanto i riciclatori occidentali trattenevano presso le proprie fabbriche i materiali riciclati nobili o nobilissimi, per creare un commercio diretto. Questi scarti plastici qualitativi venivano rivenduti sotto forma di balle, macinati o granuli per poter produrre prodotti riciclati di buona qualità. Nel momento in cui la Cina ha iniziato a rifiutare la “spazzatura” plastica che arrivava ai loro porti, i riciclatori mondiali si sono trovati di fronte ad un grave problema circa il loro smaltimento su mercati alternativi. In un primo momento hanno trovato strade alternative verso i paesi vicino alla Cina, come la Thailandia, il Vietnam, le Filippine, il Laos, la Cambogia e altri, ma nel giro di breve tempo i governi locali, sommersi dai rifiuti, hanno adottato un sistema di respingimento cinese. Anche l’Africa è stata interessata in questo fenomeno di smaltimento internazionale dei rifiuti, ma anche in questo continente stanno aumentando le opposizioni a questo traffico. Con l’aumento della presenza dei rifiuti plastici scadenti nei paesi di produzione, è iniziata a peggiorare la qualità media dei prodotti di base che contemplavano il paniere delle plastiche di derivazione della raccolta differenziata. Si sono verificati fenomeni di mix di materiali tecnicamente non lavorabili, che peggioravano in modo evidente le qualità delle materie prime riciclate, creando un fenomeno di maggior attenzione e di necessari controlli tecnici sulle partite in acquisto o in vendita. L’esplosione poi delle transazioni on line sui polimeri riciclati e sugli scarti da parte dei portali specializzati, ha reso necessario un nuovo approccio all’acquisto e alla vendita dei prodotti plastici. Si è reso indispensabile, prima dell’acquisto, alcune analisi minimali per la definizione della qualità del prodotto proposto per evitare acquisti incauti. I tre tests basilari sono il Melt Index, il DSC e la Densità, che si possono chiedere sia per il campione in arrivo, che sul carico consegnato, per controllare la corrispondenza della qualità tra i due tests e legare il pagamento all’esito delle prove fatte da un laboratorio indipendente. La società Arezio Marco si occupa di questi servizi on-line, attraverso un laboratorio indipendente, per facilitare le transazioni tra i soggetti interessati. Tra i tre tests di base, necessari per identificare un polimero riciclato, troviamo la prova della fluidità del materiale che viene fatta su un campione che può essere rappresentato da un granulo, ma può essere anche realizzato su un prodotto macinato. Il valore del Melt Flow Index (MFI) è un valore necessario per indentificare la fluidità del materiale all’interno di un cilindro, sotto l’effetto di un peso, ad una determinata temperatura e per un preciso intervallo di tempo. Siccome esiste un chiaro rapporto tra la fluidità e la viscosità dei polimeri immessi nella macchina, si può genericamente affermare che più un polimero è fluido e meno è viscoso, e viceversa. Il valore dell’MFI è importante per capire il comportamento fluidodinamico del materiale nelle fasi estrusione, soffiaggio o stampaggio e, anche, per poter combinare altre tipologie di materiali nell’ambito dei compounds polimerici. La prova dell’MFI può anche dare alcune altre indicazioni collaterali osservando gli spaghetti che escono dalla macchina, infatti se gli spaghetti in uscita diventano progressivamente più pesanti, si può dedurre che il materiale sia in fase di degradazione sotto l’effetto della temperatura. Se invece lo spaghetto diventasse più leggero e ruvido, questo può indicare che il materiale sia in fase di reticolazione che ne riduce lo scorrimento. Il calcolo dell’MFI può essere fatto secondo il metodo gravimetrico o volumetrico. Nel caso della prova secondo il principio gravimetrico, il polimero viene caricato in un cilindro riscaldato ad una temperatura stabilità, esercitando poi una forza costante che spinge il polimero fuso attraverso un ugello calibrato. La massa che attraversa questo ugello, per un tempo stabilito, determina il valore dell’MFI. La temperatura di riscaldamento del cilindro e il peso da esercitare sul polimero dipendono dalla tipologia di plastica da provare. Nel caso della prova secondo il principio volumetrico, l’impianto è anche dotato di un accessorio che può stabilire quanti cm3 di materiale passeranno dall’ugello calibrato in un determinato intervallo di tempo. Il valore dell’MFI ci indicherà anche il volume di materia che sarà transitata dall’ugello, in base al peso e al tempo stabilito in prova, indicandoci una stima del peso molecolare medio.Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - polimeri - test
SCOPRI DI PIU'I Grigliati Erbosi in Plastica Riciclata. Consigli per una scelta correttadi Marco ArezioFino agli inizi degli anni ‘90 del secolo scorso i parcheggi “verdi” venivano realizzati utilizzando dei blocchi in cemento con aperture che permettevano il passaggio del traffico veicolare e nello stesso tempo la formazione di un rado prato erboso in superficie tra un setto di cemento e l’altro.In quel periodo era già stata fatta una piccola rivoluzione in quanto si era passati dai parcheggi in asfalto a quelli con un aspetto più “green”. I grigliati in cemento avevano però vantaggi e svantaggi: Nei vantaggi possiamo annoverare: - Alta resistenza al traffico veicolare - Durabilità del manufatto - Resistenza agli agenti atmosferici - Forme superficiali differenti - Alta stabilità dimensionale sotto l’effetto del sole Negli svantaggi possiamo annoverare: - Alto peso del pezzo singolo - Alti costi di posa - Alti costi di trasporto - Ridotta superficie erbosa - Alta probabilità di seccatura dell’erba in estate - Ridotta superficie drenante A cavallo del secolo si sono imposti sul mercato i grigliati erbosi carrabili in plastica riciclata (salvaprato) che hanno preso un grosso spazio nella realizzazione dei parcheggi verdi, sia per alcuni vantaggi tecnici di cui godono rispetto al prodotto in cemento, sia per le nuove normative che impongono un rapporto tra le superfici costruite rispetto al verde e sia sulla necessità di rendere il più possibile drenanti le aree orizzontali. I materiali che si usano normalmente sono di tre tipi: - L’LDPE per superfici non carrabili - L’HDPE e il PP/PE per superfici carrabili Parlando di parcheggi carrabili, l’HDPE è un materiale che permette una buona elasticità del prodotto ma nello stesso tempo una buona resistenza a compressione, a flessione e a torsione. Quest’ultimo elemento è da considerare con cura in quanto il grigliato deve sopportare la forza che una macchina ferma imprime sul manufatto girando le ruote. Inoltre ha un’ottima resistenza alle basse temperature ma, allo stesso tempo, una minore stabilità sotto l’effetto dell’irraggiamento solare se non debitamente controbilanciato con cariche minerali. Il compound PP/PE ha una buona resistenza a compressione e alle alte temperature solari, ma ha una scarsa resistenza alla torsione e alla flessione. Anche la resistenza alla flessione, oltre a quella a torsione che abbiamo visto prima, è un elemento da considerare quando il sottofondo non assolve a dovere il suo compito di portata statica e di complanarità rispetto al piano in plastica. Inoltre ha una scarsa resistenza alle basse temperature con la possibilità di sbriciolamento delle parti in plastica fuori terra. La scelta dei due materiali che hanno vantaggi e svantaggi è da farsi considerando la stagionalità, la latitudine del cantiere, la perizia nella posa e il tipo di traffico veicolare. Esistono comunque ricette correttive da utilizzare, una volta che si hanno tutti gli elementi progettuali, che tengono anche in considerazione il costo della materia prima differente tra le due famiglie, la tipologia di stampo, la macchina per la stampa del prodotto, i colori e gli additivi protettivi richiesti. Naturalmente la corretta scelta delle materie prime rigenerate non esaurisce le decisioni che si devono fare per progettare e realizzare un buon parcheggio “verde”. Possiamo qui di seguito elencare alcuni particolari da tenere presente: - La forma dell’alveolo è consigliabile sia a nido d’ape o circolare in modo che le tensioni si distribuiscano in modo omogeneo - L’aggancio tra una piastrella e l’altra deve tenere in considerazione la dilatazione termica che il prodotto subisce sotto il sole. In assenza di spazio tra gli elementi bisogna considerare di lasciare dei giunti di dilatazione in entrambi le direzioni. - I piedini nell’intradosso del grigliato dovrebbero essere di una lunghezza non inferiore ai 3,5 cm. per permettere un idoneo aggrappo al terreno sottostante - La stratificazione su cui appoggia il grigliato erboso deve prevedere due materiali inerti con granulometria diversa divisi da un tessuto non tessuto drenante, meglio se in polipropilene a filo continuo e uno di finitura adatto alla semina dell’erba. - Il livellamento meccanico attraverso pressatura è molto importante per prevenire cedimenti della pavimentazione - Dotare l’area di una irrigazione automatica e prevedere concimazioni e ripristino della terra da coltura mancante dopo l’apertura dell’area sarebbe consigliato.Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - grigliato erboso - HDPE - PP - PP/PE - edilizia Vedi il prodotto finito
SCOPRI DI PIU'Dove il riciclo meccanico non arriva, le nuove tecnologie di riciclo molecolare danno nuove speranze per riciclare la moquettedi Marco ArezioI tappeti e le moquette non sono ben visti perfino nelle discariche per la loro difficoltà di smaltimento, quindi costituiscono un problema sulla circolarità dei prodotti. Il riciclo molecolare dei rifiuti plastici apre a nuove speranze. La plastica non è mai nata con l’intento o l’accortezza dovuta, per chi la produce, di tener in considerazione anche il suo riciclo che, contrariamente alla sua grande dote di longevità, viene principalmente usata come plastica usa e getta. Questa “disattenzione” comporta, nel ciclo di produzione, l’assunzione di additivi di vario tipo, che legandosi ai monomeri del prodotto rimangono saldamente uniti nel tempo, inoltre può avvenire, nella realizzazione di un nuovo prodotto, l’abbinamento con plastiche di diversa composizione chimica, unite termicamente o attraverso collanti. Durante le fasi del riciclo meccanico questi legami rimangono ben consolidati, rendendo difficile il riutilizzo della plastica riciclata come nuova materia prima. Infatti gli impianti meccanici di lavorazione dei rifiuti plastici separano, triturano, lavano ed estrudono il prodotto senza apportare correzioni sostanziali nelle catene polimeriche, ma cercando di creare macro famiglie di polimeri da riutilizzare. Esistono prodotti composti, come alcuni tappeti e le moquette, che sono prodotti con un mix, meccanicamente indissolubile di polimeri e additivi, che rendono il loro riciclo molto complicato. Per questo motivo la tecnologia di riciclo molecolare viene incontro a queste esigenze sfruttando, attraverso la chimica, la separazione delle molecole degli elementi che costituiscono i prodotti plastici. Questo significa che i legami che sarebbero irreversibili, se trattati con ricicli meccanici, diventano reversibili con la chimica, consentendo di riciclare la plastica come fossero nuove molecole, con le quali riprodurre nuovi elementi. Il processo va anche incontro al gravoso problema delle discariche in cui vengono parcheggiati prodotti non riciclabili e che rimangono inalterati per decine, forse centinaia di anni, senza una soluzione, essendo anche incompatibili con l’ambiente.Categoria: notizie - tecnica - moquette - ricicloVedi il prodotto finito
SCOPRI DI PIU'Nuove applicazioni e sperimentazioni per riutilizzare i rifiuti edili nelle linee di produzione dei nuovi prodottidi Marco ArezioIl settore edile è uno tra quelli che produce il maggior quantitativo, in tonnellate, di rifiuti, non solo del mercato Italiano, che ne conta circa 40 milioni all’anno, ma anche d’Europa, che produce circa 870 milioni di tonnellate stando ai valori del 2017. Una quantità incredibile che fino a poco anni fa finiva, senza troppi pensieri, in discarica e lasciati li, dormienti, a inquinare i terreni e a sprecare risorse importanti. Oggi, nell’ambito delle nuove normative sull’economia circolare, molta strada si è compiuta nel riciclo di una parte di questi rifiuti, ma soprattutto nel divieto di gettare in discarica prodotti recuperabili. In particolare, gli inerti prodotti in Italia ogni anno sono circa 68 milioni di tonnellate, delle quali si riesce a riciclarne circa il 78%, impiegandoli come sottofondi stradali o nella creazione di piazze, nella produzione di calcestruzzi a bassa resistenza o nella produzione di asfalti, manufatti in cemento o massicciate ferroviarie. La percentuale di riciclo degli inerti potrebbe facilmente arrivare al 90% se si estendessero ancora gli impieghi nei prodotti finiti o come aggregato nelle miscele, in cui è necessaria una parte fine o finissima come granulometria d’impasto. La sperimentazione di nuovi utilizzi degli aggregati riciclati continua, coinvolgendo anche alcuni produttori di cemento, che stanno provando a sostituire gli aggregati naturali con quelli riciclati per la produzione di farina cruda negli impianti di fabbricazione del cemento. Nonostante questo interesse favorevole, ci sono delle nubi che si addensano all’orizzonte, infatti il nuovo decreto End o Waste del Ministero dell’Ambiente, ha classificato come riciclabili solo 18 su 50 codici di prodotti, rischiando di avviare alla discarica circa 32 milioni di tonnellate all’anno di rifiuti edili, in quanto non rientranti nei codici approvati. L'Anpar, l'Associazione italiana dei produttori di aggregati riciclati, ha chiesto al ministero un confronto per risolvere il problema. Categoria: notizie - rifiuti edili - economia circolare - riciclo - rifiuti
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