Per anni le lobbies del petrolio, carbone e gas hanno fatto di tutto per poter estendere il loro potere, anche quando gli scienziati davano chiare e nette indicazioni sulla necessità di ridurre in tempi brevi le emissioni in atmosfera. Etichettati come catastrofisti e messi in secondo piano, in modo che l'opinione pubblica non desse troppo risalto ai loro allarmi, hanno continuato l'estrazione e la raffinazione delle risorse naturali fossili cercando di crearsi un'immagine più green possibile. Oggi che il movimento ambientalista mondiale è fatto anche dalla gente comune e non solo dagli attivisti, la spinta verso le energie rinnovabili ha trovato un valido alleato nella finanza, mettendo in crisi il castello dei produttori di petrolio, gas e carbone. Troviamo interessante l'articolo scritto da Bill McKibben, giornalista e ambientalista, è leader della campagna per la decarbonizzazione 350.org. La minaccia del supervisore di disinvestire miliardi dai combustibili fossili è una grande vittoria per gli ambientalisti. L’intero portafoglio sarà decarbonizzato nel corso dei prossimi due decenni. La mossa rappresenta una serie di capitolazioni che, nel complesso, stanno ad indicare che l’industria dei combustibili fossili, un tempo dominante, ha raggiunto il minimo del suo potere finanziario e politico. Il supervisore dei conti dello stato di New York, Thomas DiNapoli, ha annunciato che lo stato inizierà a disinvestire parte dei 226 miliardi di dollari del fondo pensione dei suoi dipendenti dalle aziende produttrici di gas e petrolio se entro quattro anni queste non produrranno un business plan in linea con gli obiettivi dell’accordo di Parigi. Storicamente, tali investimenti ammontano a circa 12 miliardi di dollari. L’intero portafoglio sarà decarbonizzato nel corso dei prossimi due decenni. “Portare a zero le emissioni di CO2 entro il 2040 metterà il fondo in una posizione di forza rispetto al futuro delineato dall’accordo di Parigi,” ha dichiarato DiNapoli. Si tratta ovviamente di una vittoria importante per gli attivisti che per otto anni hanno cercato di convincere Albany a disinvestire dai combustibili fossili e per la campagna globale per i disinvestimenti nel suo complesso. Fondi e portafogli per un valore complessivo di oltre 14 mila miliardi di dollari hanno già aderito. Questa nuova mossa è la più sostanziosa da parte di un fondo pensioni americano e segue quella del fondo pensioni della città di New York, gestito da Scott Stringer, che nel 2018 ha annunciato di voler disinvestire dai combustibili fossili cinque dei suoi quasi duecento miliardi di dollari nell’arco di cinque anni. Ha però anche un altro significato: quello di una serie di capitolazioni che, nel complesso, stanno ad indicare che l’industria dei combustibili fossili, un tempo dominante, ha raggiunto il minimo del suo potere finanziario e politico. La prima capitolazione è quella degli investitori, che si sono resi conto che la maggior parte delle Big Oil semplicemente non rappresenta un partner credibile per il cambiamento. DiNapoli ha sostenuto a lungo la necessità di dialogare con le aziende produttrici di combustibili fossili, convinto che, se i grandi azionisti avessero iniziato a esprimere preoccupazione, le aziende avrebbero cambiato rotta. Ed è così che dovrebbero andare le cose: DiNapoli stava avvisando le aziende che la loro strategia non metteva a rischio solo il pianeta ma anche i loro affari. Avrebbero dovuto dargli retta. Invece l’hanno ignorato più e più volte. Nel dicembre del 2017, per esempio, su sollecitazione di DiNapoli, Exxon Mobil aveva accettato di “analizzare il modo in cui gli sforzi a livello mondiale per implementare gli obiettivi dell’accordo di Parigi e ridurre il riscaldamento globale avrebbero impattato sul suo business”, come riferì all’epoca lo stesso supervisore. Avrebbe potuto essere un punto di svolta. Due mesi dopo però Exxon pubblicò gli assurdi risultati di quell’analisi: l’accordo di Parigi non avrebbe avuto nessun effetto sul suo business e quindi Exxon avrebbe potuto continuare a estrarre petrolio e gas dalle sue riserve. (Documenti trapelati in seguito mostrano chiaramente che Exxon progettava invece di aumentare in maniera significativa le proprie emissioni, accelerando la produzione.) Nella sua dichiarazione DiNapoli aveva detto che il disinvestimento restava “l’ultima spiaggia”. Ma aveva anche precisato che si trattava di “uno strumento che si può usare nei confronti di quelle aziende che mettono sistematicamente a rischio il valore a lungo termine dei nostri investimenti”. Per molto tempo le aziende petrolifere hanno cercato di accreditarsi come un partner responsabile nel contrasto al cambiamento climatico, in opposizione agli attivisti pro-disinvestimento, giudicati “poco realisti”. La Independent Petroleum Association of America ha persino creato un sito web contro i disinvestimenti per fare pressione sui decisori come DiNapoli affinché non sottraggano alle Big Oil il denaro sottoposto al loro controllo. A DiNapoli va il merito di aver affrontato, anche se tardi, un’industria ancora molto potente. Oggi si posiziona accanto a Stringer come uno dei principali sostenitori dell’attivismo climatico nel settore finanziario. E ha la credibilità indiscutibile di chi prima ha cercato di agire in modo collaborativo. Oggi altri investitori sono pronti a seguirlo, non solo per via del rischio climatico, ma anche perché l’industria dei combustibili fossili è ormai da molti anni il settore dell’economia americana con le performance peggiori. Il settore affronta due tipi di problemi: da una parte un vasto movimento di resistenza, motivato dal fatto innegabile che i suoi prodotti stanno danneggiando il clima del pianeta. Dall’altra, sul versante dell’eolico e del solare, concorrenti tecnologicamente formidabili in grado di offrire un servizio analogo ma più ecologico e più economico. Queste due realtà finiranno per distruggere i baroni del carbone, del gas e del petrolio, resta solo da capire quando. A questo punto le Big Oil possono solo prendere tempo, ma diventa sempre più difficile farlo, specialmente ora che, con la fine dell’amministrazione Trump, sta per cadere lo scudo protettivo di cui hanno goduto. Ci sono i primi segni che questa seconda capitolazione, la resa delle aziende petrolifere alla realtà dei fatti, sia iniziata. Una delle cosiddette supermajor, la BP PLC, ha annunciato quest’estate l’intenzione di tagliare del 40% la produzione di petrolio e gas nell’arco di un decennio e di aumentare in maniera significativa gli investimenti in energie rinnovabili. Gli attivisti per il disinvestimento hanno tutte le ragioni per essere scettici: già nel 2000 BP, coniando lo slogan “Beyond Petroleum”, aveva annunciato di voler andare “oltre il petrolio”, intenzione presto abbandonata. Questa volta però almeno i contenuti sono buoni. “Il prossimo decennio,” si legge in una dichiarazione dell’ad di BP, “sarà critico per la lotta mondiale al cambiamento climatico. Per ottenere i cambiamenti necessari nel sistema globale dell’energia ci sarà bisogno dello sforzo di tutti.” Persino dalle parti di Exxon sembra che stia iniziando una specie di capitolazione silenziosa. Se nel 2013 Exxon era la più grande azienda del mondo, quest’autunno non è più nemmeno la più grande del settore energetico: NextEra Energy, un fornitore di energie rinnovabili con sede in Florida, ha brevemente superato il suo valore di mercato. La settimana scorsa Exxon ha messo le carte in tavola, rivelando l’intenzione di tagliare il budget assegnato alle esplorazioni e alle spese in conto capitale dai previsti 30 miliardi per quest’anno e 35 per il successivo a circa la metà e di voler cancellare circa 20 miliardi di riserve di gas naturale che, oggi lo riconosce, non estrarrà mai. Il declino delle aziende produttrici di gas e petrolio è finalmente iniziato e ricorda il crollo dell’industria del carbone nello scorso decennio, crollo che DiNapoli ha contribuito a rendere più rapido l’estate scorsa, con il disinvestimento dal carbone del fondo pensioni dello stato di New York. Il declino di Big Oil non significa solo meno emissioni a lungo termine, significa anche meno influenza politica a breve termine e quindi meno forza per rallentare i passi necessari per la transizione all’energia pulita. L’influenza di Big Oil sul partito repubblicano rimane forte, ma il presidente eletto Joe Biden non dovrà affrontare lo stesso colosso con cui hanno avuto a che fare i suoi predecessori. Il fatto che DiNapoli riesca a opporsi a queste forze è un buon indicatore di quello che la nuova amministrazione potrà ottenere. Il mese scorso è stato il novembre più caldo della storia a livello globale e sembra sempre più certo che, nonostante il crescente raffreddamento provocato da La Niña nel Pacifico, il 2020 raggiungerà o supererà il record dell’anno più caldo. Il pianeta si sta scaldando rapidamente ma, come le notizie da Albany ci fanno capire, altrettanto vale per il movimento che vuole contrastarne il riscaldamento.
SCOPRI DI PIU'Pratiche di marketing per costruire informazioni ingannevoli od omissive sui prodotti Il Greenwashing è il marketing mirato alla costruzione di un’immagine vicino alle aspettative del cliente, in fatto di ambiente, sostenibilità e riciclabilità, che attribuisce al prodotto o al servizio, valori che in realtà non ha. La storia di questa parola, Greenwashing, nasce negli Stati negli anni 60 del secolo scorso quando iniziò il dibattito pubblico in merito all’ecologia e ad una vita più in sintonia con la natura. In quel periodo alcune aziende, cavalcando l’onda ecologista, si diedero in modo artefatto, un’immagine green senza comunque modificare processi e prodotti. L’espero pubblicitario Jerry Mander definì questa pratica come “ecopornografia” in quanto riteneva esserci una similitudine di comportamenti, nei confronti delle persone, tra ciò che si proponeva rispetto a ciò che in realtà veniva offerto. Ma fu a partire dagli anni novanta che, all’interno delle politiche e delle strategie di marketing, si affermò l’uso di una comunicazione che, talvolta, era meno veritiera ed esaustiva sul al prodotto o servizio stesso, ma più mirata a far apparire ciò che si voleva offrire vicino a ciò che la gente si sarebbe aspettata di ricevere. Il greenwashing non è stato applicato solo all’industria o al commercio, ma se ne è impossessato anche la politica, attraverso slogan e marchi che, per esempio, raffigurassero la tutela dell’ambiente, del lavoro, della sicurezza o di altri messaggi. A partire dal 2012 la FederalTrade Commission ha emanato negli Stati Uniti precise norme a tutela dei consumatori, nel tentativo di prevenire queste pratiche di marketing scorrette. In Italia, per esempio, l’antitrust ha sanzionato l’Eni con una multa di 5 milioni per la promozione pubblicitaria, ritenuta ingannevole ed omissiva, sulle qualità bio, presunte, del proprio carburante EniDiesel+. Le pratiche di greenwashing sono numerose e rivolte a canali differenti, acquisendo appellativi differenti: Greenwashing: indica una strategia di alcune imprese, organizzazioni o istituzioni politiche che mirano a costruire un’immagine diversa da quella che è in realtà, incline alla tutela per l’ambiente, seguendo le esigenze della gente a cui si rivolge. Pinkwashing: indica una comunicazione che tende ad ammaliare un pubblico femminile lanciando un messaggio quale l’emancipazione femminile, distogliendo l’attenzione del consumatore sulle qualità dei prodotti stressi. Genderwashing: indica una comunicazione che tende a coinvolgere il pubblico maschile con chiari riferimenti all’abbattimento di differenze di genere, allontanando il consumatore sul giudizio del prodotto stesso. Raibowwashing: indica una comunicazione che tende a proporre prodotti sostanzialmente simili alla concorrenza sui quali vengono esercitati messaggi forti che mettono in secondo piano il prodotto stesso. Nel campo del packaging un esempio lo possiamo vedere sul marketing dei flaconi del detersivo, molti ancora fatti con HDPE vergine, negli ultimi tempi abbiamo visto comparire sulle etichette parole come “riciclabile” o “green” quando il flacone è sempre fatto con materie prime da fonti fossili e non usando materiali riciclati. Ovviamente il flacone è riciclabile, ma lo era anche prima, quindi il messaggio è un greenwashing. Tuttavia, queste pratiche, in generale, non sono applicabili solo a ai prodotti o ai messaggi politici, ma trova largo impiego anche nelle comunicazioni societarie, in cui i numeri, i valori e l’immagine dell’azienda, per esempio, di carattere ambientale, potrebbe incidere sul valore della società stessa. Crearsi un’immagine “green” in modo artificioso, vicino a ciò che il cliente richiede, ha grandi impatti sui consumatori, sugli azionisti e sul mercato.Vedi maggiori informazioni sul greenwashing
SCOPRI DI PIU'Le auto con cui ci spostiamo durante le nostre giornate lavorative o come mezzo di trasporto per le nostre vacanze o per i nostri hobbies, sono un insieme di prodotti chimici che, come tali, sono sottoposti a differenti reazioni in base alle sollecitazioni esterne che li interessano.Le temperature, specialmente quelle calde, sono un fattore scatenante che possono causare un incremento di volatili all’interno degli abitacoli delle auto, volatili che possono essere percepiti sotto forma di odori, o del tutto neutri alla percezione nasale, ma che possono portare con sé elementi volatili che potrebbero essere dannosi per la salute, causando problemi fisici a lungo termine. Ma quali sono i volatili che si disperdono all’interno degli abitacoli delle auto? I composti nocivi per la salute presenti nelle auto: • Acetaldeide • Acroleina • Benzene • Toluene • Etilbenzene • Stirene • O-m-p-xilene Queste sostanze che provengono dalla composizione delle strutture plastiche, o dai suoi rivestimenti, che compongono tutta la macchina, come cruscotti, sedili, accessori, pannellature, parti di aerazione, parti del motore che, sotto l’effetto del cambio di temperature, possono rilasciare sostanze volatili nocive.Ma come si può controllare la concentrazione di questi elementi per capire, in modo analitico, se possono danneggiare la salute?Questa analisi della qualità dell’aria può essere fatta impiegando un piccolo strumento come il gascromatografo a mobilità ionica che, attraverso l’aspirazione dei volatili all’interno dell’abitacolo, permette in modo semplice e rapido, la valutazione chimica dei volatili dispesi nell’aria. Questa piccola macchina impiega circa 15 minuti per identificare i concentrati chimici ad un livello pari a 5 ppb e ci restituisce una fotografia della qualità dell’aria che respiriamo in macchina. Qual’ è in sintesi l’obbiettivo: • Quantificazione simultanea delle emissioni gassose sopra riportate • Impiego di un apparecchio semplice e veloce per il campionamento dell’aria nelle auto • Vision tridimensionale dei componenti chimici rilevati • Automatizzazione del sistema di aspirazione e controllo • Breve tempo di ciclo • Valori analitici certi Considerando che nello spettro delle sostanze volatili che possono essere presenti in un’auto, una parte di esse non vengono percepite come odori dall’uomo e, quindi, non ci accorgiamo della loro presenza. La qualificazione dei composti chimici ci può aiutare a capire se, viaggiando all’interno dell’abitacolo esposti all’inalazione di questi elementi, per un determinato tempo, questi possano causare un danno alla nostra salute. Vedi filtri per areazione auto
SCOPRI DI PIU'Killer della plastica: La difesa punta sulla prova della riciclabilità della plastica. Sarà assolto? Il giudice del processo all'operaio del settore plastico, in aula, di fronte alla giuria popolare che lo guardava con disprezzo, ipotizzando già la soluzione del caso attraverso un verdetto di condanna esemplare, gli chiese di raccontare come erano andati i fatti. “Signor Giudice”- disse l’operaio – “ho 54 anni e ho iniziato 34 anni fà lavorare in una fabbrica vicino a casa che stampava vaschette alimentari in polipropilene”, alla parola polipropilene si levarono dal banco della giuria popolare voci concitate di disappunto e di orrore. “Continui” lo esortò il giudice. “Dopo la scuola volevo trovare un lavoro, sà, avevo una fidanzata che si chiamava Elisabetta, che già lavorava in questa fabbrica e sapeva che stavano cercano un operaio per la produzione. Mi sono presentato pieno di buone speranze e di voglia di lavorare. Io non sapevo niente della plastica e del polipropilene, delle macchine e della fatica nelle notti di lavoro, ma volevo sposare Elisabetta e prenderci una casetta in affitto, quindi avevo bisogno di lavorare” Il giudice intervenì torvo: “Imputato! venga al dunque”. “Certo Signor Giudice, le stavo dicendo che mi assunsero e iniziai a lavorare in questa fabbrica che produceva le confezioni rigide per i formaggi, i dolci e per altri alimenti per le nostre tavole. Sono stati anni bellissimi, ci siamo sposati, abbiamo avuto una figlia meravigliosa, Paola, e ci siamo comprati anche una piccola macchina, per poter andare a fare qualche gita la domenica, ma quando non ero di turno”. “Mia moglie nel frattempo è stata a casa dal lavoro perché nostra figlia, avendo un problema di salute, doveva essere seguita”. L’avvocato del popolo si alzò dicendo: “Signor Giudice, mi oppongo, non siamo qui a parlare delle mielose situazioni familiari, ma siamo qui per decidere se l’imputato ha operato in questi anni come inquinare seriale”. Il giudice guardando attraverso gli occhiali borbottò: “Obbiezione Accolta”. “Imputato” -disse il giudice- “Si attenga ai fatti”. “Scusi Signor Giudice. Il mio lavoro continuò in questa fabbrica con molti sacrifici perché, sà, con uno stipendio da operaio, negli ultimi anni, non era facile riuscire a fare una vita dignitosa. Ma almeno io, Signor Giudice, avevo un lavoro.” “Due anni fa in fabbrica si cominciò a parlare di crisi, le confezioni in polipropilene degli alimenti erano messe in discussione sul mercato, la plastica è diventata il nemico numero 1 per la gente, i vicini di casa mi vedevano passare, quando finivo il turno di lavoro e bisbigliavano: è lui! E’ lui quello che inquina con la plastica.”“io non ci facevo caso, Signor Giudice, perché il mio posto di lavoro era importante per la mia famiglia e quindi sopportavo di essere additato con uno spacciatore, un assassino o uno stupratore dell’ambiente”. L’avvocato del popolo intervenne solerte: “ma quindi lei, imputato, non ha fatto niente, in tutti questi anni, per correggere il suo comportamento scellerato?” Il povero operaio non capì bene la domanda e si chiedeva come rispondere all'avvocato, che nel frattempo si stava accalorando perché tentennava e prendeva tempo. “Su, imputato, risponda!” sentenziò il Giudice”. “Veda, Signor Giudice, io mi sono preoccupato tutta la vita di fare bene il mio lavoro, così come il proprietario della fabbrica mi chiedeva, di non arrivare in ritardo, e di non uscire dalla fabbrica subito dopo la fine del mio turno, perché, sa, mi fermavo a dare una mano agli altri operai che entravano al lavoro. Ho sempre pensato allo stipendio che guadagnavo, perchè serviva alla nostra famiglia. Solo un giorno, Signor Giudice, ho iniziato a non capire bene cosa stesse succedendo in quanto mia figlia, a tavola, mi chiese: “Papà, a scuola mi dicono che tu sei un inquinatore seriale, un criminale, lavori la plastica. Io ho pianto in classe, non sapevo cosa dire”. “Doveva pensarci prima” gridò un signore di mezza età dal banco della giuria popolare. “Silenzio!” intervenne il Giudice. “Quindi, imputato”- disse il giudice -“lei conferma di aver prodotto milioni, se non miliardi di vaschette in.. ehm.. già eccolo..polipropilene, che sono finite poi nei nostri mari? Conferma che i prodotti che lei ha stampato si sono trasformati con il tempo in microplastiche e che sono stati poi ingerite dai pesci? Conferma che con il suo comportamento irresponsabile e criminale ha compromesso la catena alimentare? Conferma che i casi di malattie e dei decessi, tra la popolazione, avvenute negli ultimi anni a causa dell’ingerimento delle microplastiche presenti nell’acqua e nel cibo, provenienti dalle sue vaschette in polipropilene, sono causa della sua condotta? Conferma che il dolo è proseguito anche negli ultimi anni quando chiare evidenze scientifiche hanno dimostrato il nesso di causa tra la plastica presente nei mari e nei fiumi e il di danno per la salute? Conferma di aver perpetrato un attacco alla salute pubblica? Conferma di aver creato un danno incalcolabile alla fauna ittica?” L’operaio sudava copiosamente e non capiva bene tutto quel lungo discorso del giudice, quindi, si voltò verso il suo avvocato per chiedere cosa dovesse rispondere. L’avvocato si alzò in piedi e con fare insicuro, ma determinato, disse: “Signor Giudice, Signori della Corte, il qui presente imputato, operaio plastico, non può avere le responsabilità che gli attribuite, non può avere commesso delle azioni così delittuose, non può essersi macchiato di reati così gravi, non può essere considerato un inquinatore seriale, un killer dell’umanità, non può aver intrapreso una condotta criminale con la plastica” Dopo una pausa teatrale, in cui controllò che tutta la giuria popolare lo stesse guardando attenta, sentenziò: “tutto questo non costituisce reato in quanto la plastica è riciclabile e quindi non è da considerarsi un pericolo per la popolazione e la fauna”. A quel punto si alzarono grida di protesta dal pubblico e dalla giuria popolare che a stento il Giudice riusciva a controllare. L’avvocato, a quel punto, puntò il dito verso la giuria popolare, gridando sopra le urla della folla e disse: “siete voi gli imputati che dovreste sedere su questa sedia, siete voi che disperdete la plastica dopo verla usata, nell’ambiente, siete voi che non vi preoccupate di raccoglierla e riciclarla, siete voi che disprezzate il riciclo perché è sinonimo di sporco, siete voi che andate al mare e vi lamentare dei rifiuti sulla spiaggia e poi spegnete i mozziconi di sigaretta nella sabbia e li lasciate li, siete voi che comprate le bottiglie in plastica invece di bere l’acqua del rubinetto…siete…” A questo punto il Giudice intervenne e, battendo in modo frenetico il martello sullo scranno, come fosse un fabbro che stesse piegando un ferro rovente e gridò: “polizia, arrestate l’avvocato per oltraggio alla corte e alla giuria popolare”. Il povero operaio plastico guardava senza capire, le manette ai polsi iniziavano a fargli male e dopo aver cercato più volte, tra la folla, uno sguardo amico o solo compassionevole, si rassegnò al suo destino come killer ambientale. Sarà assolto? Racconto di Orizio Luca
SCOPRI DI PIU'Un prodotto largamente usato nei prodotti più comuni che comporta un riciclo non banaleLe fibre di vetro sono diventate un supporto molto utile nella produzione di vari prodotti, nei campi più disparati, come il settore dei tessuti, della nautica e dell’edilizia. Dal punto di vista della circolarità dei prodotti, sia il cascame tessile che gli scarti edili che contengono le fibre, non sono elementi che possono essere riciclati con semplicità come molti altri prodotti. Come si produce la fibra di vetro riciclata La produzione della fibra di vetro riciclata ha la sua origine, principalmente, dai rottami delle bottiglie che provengono dalla raccolta differenziata e dal riciclo dei cascami tessili composti da filature con fibre di vetro. Infatti, la fibra di vetro riciclata può provenire da vari prodotti in fibra di vetro che sono giunti a fine vita utile, come i tessuti, le reti o altri rottami di vetro. Questi rifiuti vengono raccolti e separati da altri materiali non desiderati. I rifiuti di vetro vengono quindi triturati per ridurli in frammenti più piccoli. Questo passaggio aiuta a preparare gli scarti al successivo processo di fusione. I rottami e i cascami di vetro vengono fusi a temperature elevate. Durante la fusione, i frammenti si uniscono e formano un materiale fuso liquido o semiliquido chiamato vetro fuso. Il vetro fuso viene quindi filato per formare filamenti o fibre di vetro riciclata. Questo può essere fatto utilizzando metodi come l'estrazione del filo o la centrifuga. Durante la filatura, i filamenti di fibra di vetro si raffreddano e solidificano, formando fili continui di fibra di vetro riciclata. I filamenti di fibra di vetro riciclata vengono raffreddati e modellati secondo le esigenze specifiche dell'applicazione. Possono essere tagliati in lunghezze desiderate o lavorati in forme specifiche, come mattonelle, pannelli o altri prodotti. Infine, i filamenti di fibra di vetro riciclata possono essere utilizzati per produrre una varietà di prodotti, come isolanti termici, pannelli compositi, materiali da costruzione o altri materiali che richiedono le proprietà della fibra di vetro. Come vengono classificate le fibre di vetro Le fibre di vetro possono avere caratteristiche fisiche e chimiche differenti in base all’impiego per cui sono state progettate, vediamone alcune: Fibre di vetro E Le fibre di vetro E, abbreviazione di "E-Glass" (vetro E), sono le più comuni e ampiamente utilizzate. Sono realizzate principalmente a partire da rottami di bottiglie di vetro e presentano un'elevata resistenza meccanica, un buon isolamento elettrico e termico. Queste fibre sono utilizzate in applicazioni come isolanti termici, rinforzo di materiali compositi, isolamento acustico e nell'industria automobilistica. Fibre di vetro S Le fibre di vetro S, abbreviazione di "S-Glass" (vetro S), sono una variante rinforzata delle fibre di vetro E. Presentano una maggiore resistenza alla trazione, rigidità e resistenza alla corrosione rispetto alle fibre di vetro E. Sono spesso utilizzate in applicazioni che richiedono prestazioni eccezionali in termini di resistenza, come nel settore aerospaziale e nella produzione di attrezzature sportive ad alte prestazioni. Fibre di vetro C Le fibre di vetro C, abbreviazione di "C-Glass" (vetro C), sono ottenute utilizzando rottami di bottiglie di vetro mescolati con carbonato di calcio e altri additivi. Queste fibre presentano un'elevata resistenza chimica e termica, rendendole adatte per applicazioni che richiedono resistenza agli agenti chimici aggressivi e alte temperature, come nel settore chimico e nella produzione di filtri. Fibre di vetro AR Le fibre di vetro AR (Alkali Resistant, resistenti agli alcali) sono utilizzate in applicazioni che richiedono resistenza all'ambiente alcalino, ad esempio in calcestruzzo rinforzato. Le specifiche delle fibre di vetro possono variare a seconda delle necessità dell'applicazione finale, e possono essere personalizzate per fornire proprietà specifiche come la resistenza, la conducibilità termica, la resistenza all'abrasione, ecc. Come si ricicla il tessuto in fibra di vetro Il riciclaggio del tessuto in fibra di vetro può essere un processo complesso e dipende dalla struttura del tessuto stesso e dal suo utilizzo finale. Tuttavia, in generale, il processo di riciclaggio della fibra di vetro può includere i seguenti passaggi: Raccolta Raccogliere i rifiuti di tessuto in fibra di vetro e separarli da altri materiali. È importante assicurarsi che il tessuto in fibra di vetro sia privo di contaminanti come vernici, collanti o altri materiali che potrebbero compromettere il processo di riciclaggio. Triturazione Il tessuto in fibra di vetro viene quindi triturato in frammenti più piccoli, solitamente tramite un mulino o una macchina apposita. Questo passaggio aiuta a rompere il tessuto in fibra di vetro in pezzi più gestibili per il successivo processo di riciclaggio. Separazione Dopo la triturazione, i frammenti di fibra di vetro vengono sottoposti a un processo di separazione. Questo può essere fatto utilizzando metodi meccanici o fisici, come la separazione per densità o tramite l'utilizzo di separatori magnetici. Lo scopo di questo passaggio è separare la fibra di vetro dagli altri materiali presenti nel tessuto, come resine o leganti o materiali metallici. Fusione La fibra di vetro separata viene quindi fusa a temperature elevate. Questo processo di fusione trasforma la fibra di vetro in uno stato liquido o semiliquido. Filatura Dopo la fusione, la fibra di vetro fusa può essere filata in filamenti o fibre sottili. Come si ricicla la rete in fibra di vetro La rete in fibra di vetro è un materiale comune utilizzato in applicazioni come rinforzo strutturale, isolamento, filtri e materiali compositi. Il riciclo della rete in fibra di vetro può essere un processo più complesso rispetto al tessuto in fibra di vetro, ma esistono alcune possibilità di riciclaggio. Di seguito sono riportati alcuni dei passaggi generali coinvolti nel riciclaggio della rete in fibra di vetro: Raccolta Raccogliere le reti in fibra di vetro, assicurandosi che siano prive di contaminanti o di altri materiali che potrebbero compromettere il processo di riciclaggio. Triturazione Le reti in fibra di vetro vengono triturate per ridurle in frammenti più piccoli. Questo processo può essere eseguito utilizzando macchinari specializzati che frammentano la rete in fibra di vetro in pezzi piccoli. Separazione I frammenti di fibra di vetro ottenuti vengono quindi sottoposti a un processo di separazione per rimuovere eventuali contaminanti o materiali non desiderati. Questo può comportare l'utilizzo di metodi fisici o chimici per separare la fibra di vetro da altri materiali presenti nella rete. Fusione Dopo la separazione, la fibra di vetro può essere fusa a temperature elevate. La fusione rende la fibra di vetro liquida o semiliquida, consentendo di trasformarla in nuovi prodotti. Filatura o formatura La fibra di vetro fusa può essere filata in filamenti sottili o utilizzata per la formatura di nuovi prodotti. Quali applicazioni hanno le fibre di vetro riciclate Le fibre di vetro riciclate possono essere utilizzate in una varietà di applicazioni in diversi settori. Alcune delle applicazioni comuni delle fibre di vetro riciclate includono: Le fibre di vetro riciclate possono essere utilizzate come rinforzo in materiali compositi, come plastica rinforzata con fibra di vetro (FRP) o cemento rinforzato con fibra di vetro (GRC). Questi materiali compositi offrono una maggiore resistenza meccanica, leggerezza e durata. Trovano applicazioni nell'industria automobilistica, nel settore edile, nella produzione di attrezzature sportive e in molti altri settori. Le fibre di vetro riciclate possono essere utilizzate per la produzione di materiali isolanti termici ed acustici. Sono impiegate nella fabbricazione di pannelli isolanti per pareti, soffitti e pavimenti, offrendo un'elevata resistenza al calore e al suono. Questi materiali trovano applicazione in edifici residenziali, commerciali e industriali per migliorare l'efficienza energetica e ridurre la trasmissione del suono. Inoltre possono essere filate per produrre tessuti tecnici. Questi tessuti possono avere diverse caratteristiche, come resistenza al calore, isolamento elettrico, resistenza chimica o proprietà ignifughe. Trovano impiego in applicazioni come abbigliamento protettivo, rivestimenti termoisolanti, tende da teatro, filtri industriali e molto altro. Le fibre di vetro riciclate sono utilizzate nella produzione di filtri per l'industria, l'automotive, il trattamento dell'aria e l'industria del gas. Le loro proprietà di resistenza chimica, resistenza termica e capacità di trattenere particelle fini le rendono ideali per la fabbricazione di filtri ad alte prestazioni. Trovano inoltre notevole impiego anche nel campo dei materiali da costruzione, come malte, intonaci, piastrelle e prodotti prefabbricati. Questi materiali migliorano la resistenza, la durata e le proprietà termiche dei prodotti finali. Infine, sono utilizzate in una serie di prodotti industriali come cavi, tubi, condotti, contenitori elettrici e prodotti chimici resistenti. La loro resistenza elettrica, resistenza chimica e resistenza meccanica li rendono adatti a queste applicazioni. L'utilizzo delle fibre di vetro riciclate consente di ridurre la dipendenza dalle materie prime vergini e contribuisce alla riduzione dei rifiuti e all'economia circolare.
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