Partendo dall’epoca romana si arriva fino ai giorni d’oggi per capire come è cambiato l’approccio alla parità di genere di Marco ArezioUn lungo excursus di più di duemila anni, cercando di interpretare come la condizione della donna nella società, in famiglia e nel mondo del lavoro, sia cambiata, influenzata dal tempo che è passato, dalle conoscenze tecniche, dalle rivoluzioni culturali, religiose, economiche e sociali. Quello che interessa è cercare di capire se, trascorsi 2000 anni, la posizione della donna sia evoluta in meglio e quanto lo sia realmente. Può diventare comunque difficile fare una comparazione precisa, sull’importanza e sulla considerazione della donna nel contesto sociale, specialmente in determinate epoche e in determinati paesi, dove l’intervento di alcuni fattori importanti ne hanno condizionato il corso. In generale, la comparazione storica su un periodo così lungo ha un senso se teniamo in considerazione le popolazioni che hanno abitato il continente Europeo, di cui abbiamo maggiori tracce storiche e termini comparativi. La condizione delle donne nell'impero romano La condizione delle donne nell'Impero Romano, per quanto si possa pensare, poteva essere di libertà e considerazione per l’epoca, tenendo però presente alcuni fattori, come la classe sociale, l'età, la cittadinanza e il periodo storico. Status giuridico Nella legge romana, le donne erano viste come cittadine, ma non avevano gli stessi diritti politici degli uomini. Non potevano votare o detenere cariche pubbliche. Tuttavia, potevano possedere beni e ereditare proprietà. Pater familias La società era patriarcale, con il capo della famiglia che aveva potere assoluto sui membri della stessa, questo significava che le donne erano sotto la tutela legale dei loro parenti maschi per gran parte della loro vita. Matrimonio Il matrimonio era una parte fondamentale della vita delle donne romane. Queste, spesso, si sposavano in giovane età, e il matrimonio era visto principalmente come un mezzo per produrre eredi. Tuttavia, esistevano varie forme di matrimonio, alcune delle quali conferivano alle donne un grado maggiore di indipendenza e autonomia. Educazione Le donne di famiglie più agiate avevano accesso all'istruzione e potevano imparare a leggere, scrivere e studiare letteratura, anche se l'educazione superiore era riservata agli uomini. Vita quotidiana La qualità della vita quotidiana delle donne romane dipendeva dalla loro classe sociale. Coloro che appartenevano alle classi superiori avevano spesso schiavi o servitori che svolgevano i lavori domestici, mentre quelle delle classi inferiori lavoravano spesso nei campi, nei negozi o nelle case. Influenza culturale e religiosa Anche se le donne non avevano un ruolo ufficiale nella politica romana, avevano un'influenza significativa in altri aspetti della società. Ad esempio, c'erano sacerdotesse ed associate a vari culti che svolgevano libere pratiche religiose. La figura della "matrona", o nobile donna romana, era altamente rispettata e spesso idealizzata per la sua virtù e integrità. Evoluzione nel tempo La condizione delle donne variò nel corso del tempo durante l'impero romano. Si può infatti notare, in questo lungo periodo, un aumento dell'influenza e dell'autonomia delle donne, in particolare nelle classi superiori. Ad esempio, alcune imperatrici come Livia, Agrippina la Giovane e Faustina avevano un notevole potere e influenza. Possiamo quindi dire che, per le donne romane agiate, la condizione sociale e le libertà erano notevoli considerando che vivevano in una società patriarcale e militare. La condizione delle donne nel medioevo Caratterizzare la condizione delle donne nel Medioevo è un argomento vasto e complesso, poiché il periodo storico si estende per quasi mille anni e copre diverse regioni geografiche. Inoltre, la loro condizione variava notevolmente a seconda della classe sociale, della regione, dell'età e di molti altri fattori. Tuttavia abbiamo alcuni interessanti spunti comparativi tra l’approccio dell’epoca romana verso quello medioevale nella considerazione della donna. Ruoli tradizionali Nel Medioevo, le donne erano spesso associate a ruoli domestici e familiari. Si aspettava che si prendessero cura della casa e dei figli, senza grande distinzione tra contadini e nobili. Matrimonio Il matrimonio era una parte fondamentale della vita delle donne medievali, che era spesso organizzato per ragioni economiche o politiche, piuttosto che per amore, con l’importanza della della dote, un elemento essenziale per le unioni. Lavoro Mentre le donne erano principalmente legate al focolare domestico, molte lavoravano anche al di fuori della casa, spesso per necessità, ma difficilmente in posizioni di potere. Potevano essere coinvolte in mestieri come la tessitura, la birrificazione o la vendita al mercato. Educazione L'accesso all'istruzione era limitato, anche se esistevano eccezioni. Nei conventi, ad esempio, le donne potevano ricevere un'istruzione, ma la loro cultura era destinata a rimanere delle mura in cui vivevano, senza che potessero esercitare le loro conoscenze nella società. Religione In una società piuttosto ostile alle donne, i conventi offrivano una delle poche opportunità di ritirarsi dalla società tradizionale e ottenere un certo grado di indipendenza. Molte trovavano nei conventi un rifugio e un luogo di istruzione e devozione. Durante il Medioevo, ci furono anche molte donne sante e mistiche, come Santa Chiara d'Assisi o Ildegarda di Bingen, che ebbero un'influenza significativa. Legge Le donne medievali avevano anche molti diritti legali limitati. Erano spesso sottoposte all'autorità del loro padre o marito. Tuttavia, in alcune regioni e in speciali circostanze, potevano possedere beni, gestire attività o agire in tribunale. Variazioni regionali È importante sottolineare che la condizione delle donne variava notevolmente a seconda dell’area geografica in cui vivevano. Ad esempio, le donne nelle società scandinave medievali avevano diritti e opportunità significativamente diversi rispetto alle loro controparti nel sud dell'Europa. La condizione delle donne a cavallo delle due guerre mondiali Il periodo compreso tra la fine della Prima Guerra Mondiale e la conclusione della Seconda Guerra Mondiale fu cruciale per i diritti delle donne e per il cambiamento del loro ruolo nella società in molte parti del mondo. Questo periodo fu caratterizzato da significative evoluzioni politiche, sociali ed economiche, che hanno posto le basi per i futuri movimenti femministi. Ruolo nelle guerre Durante entrambe le guerre mondiali, molte donne entrarono nel mondo del lavoro per sostenere l'industria bellica e compensare la mancanza di mano d'opera maschile, che era al fronte. Questa situazione permise alle donne di dimostrare le proprie capacità in ruoli tradizionalmente maschili. Suffragio Dopo la Prima Guerra Mondiale, molte ottennero il diritto di voto in diversi paesi come riconoscimento del loro contributo nello sforzo bellico. Nel 1918, ad esempio, il Regno Unito concesse loro il diritto di voto a coloro che avevano un'età superiore ai 30 anni (e nel 1928 a tutte le donne adulte), e gli Stati Uniti ratificarono l'Emendamento 19 nel 1920, che garantiva alle donne il diritto di voto. Emancipazione economica La necessità di lavoratrici durante le guerre e la crescente urbanizzazione e industrializzazione, portarono molte donne a cercare lavoro fuori casa. Tuttavia, molte furono spinte fuori dal mercato del lavoro con il ritorno dei soldati al termine dei conflitti. Cambiamenti culturali Gli anni '20 del secolo scorso, in particolare, furono segnati da una notevole emancipazione culturale. Il simbolo della "flapper" negli Stati Uniti e in Europa rappresentava una nuova generazione di donne che sfidavano le convenzioni tradizionali, portando capelli corti, indossando abiti più corti, fumando e bevendo in pubblico, comportandosi in modo più liberale anche dal punto di vista sessuale. Legislazione sui diritti delle donne Molte nazioni introdussero legislazioni per proteggere e ampliare i diritti delle donne, compresi i diritti sul lavoro, i diritti riproduttivi e la protezione contro la discriminazione. Effetti della Seconda Guerra Mondiale La Seconda Guerra Mondiale portò nuovamente molte donne nel mondo del lavoro. Tuttavia, il dopoguerra vide anche un forte ritorno ai valori tradizionali, e molte donne furono incoraggiate a tornare ai ruoli domestici. La condizione delle donne ai giorni d'oggi La condizione delle donne ai giorni d'oggi varia notevolmente in base alla geografia, alla cultura, alla religione, all'economia e ad altri fattori. Tuttavia, rispetto al passato, ci sono state molte evoluzioni positive nel campo dei diritti delle donne e della parità di genere. Educazione La partecipazione delle ragazze all'istruzione è aumentata in molti paesi, e in alcune regioni le donne ora superano gli uomini in termini di successo educativo. Lavoro Anche se le donne sono più presenti nel mercato del lavoro rispetto al passato, la parità salariale rimane un problema in molte regioni. Queste sono anche sottorappresentate in posizioni di leadership e in certi settori, come la tecnologia e l'ingegneria. Violenza contro le donne La violenza domestica, l'aggressione sessuale e altre forme di violenza basate sul genere, rimangono problemi significativi a livello globale. Campagne come #MeToo hanno attirato l'attenzione su questi problemi, ma c'è ancora molto da fare per prevenirli e affrontarli. Diritti legali Mentre molte nazioni hanno fatto progressi nel riconoscere i diritti legali delle donne, esistono ancora leggi e pratiche discriminatorie in vari paesi che limitano l'autonomia, i diritti di proprietà e l'uguaglianza delle donne davanti alla legge. Influenza culturale e mediatica Le donne sono diventate figure più prominenti nei media, nell'arte, nello sport e in altri settori della società, anche se spesso devono affrontare stereotipi di genere e rappresentazioni sessualizzate. In conclusione, sebbene ci siano state molte evoluzioni positive nei diritti e nelle opportunità delle donne nel corso degli anni, esistono ancora numerose disuguaglianze e sfide che le donne devono affrontare in tutto il mondo. La lotta per la parità di genere e i diritti delle donne continua ad essere una questione centrale nel XXI secolo. Traduzione automatica. Ci scusiamo per eventuali inesattezze. Articolo originale in Italiano.
SCOPRI DI PIU'REACH, RoHS, TSCA, SDWTA: la Legislazione sui Prodotti Chimicidi Marco ArezioOgni oggetto che compriamo, utilizziamo e poi, a fine vita gettiamo, è un composto di sostanze chimiche che, legate tra loro, offrono le caratteristiche estetiche, fisiche e di utilizzo che gli richiediamo.Il contenuto chimico del prodotto è la somma di una lunga catena di attività, che arriva a monte attraverso la catena di produzione. La fabbricazione di un oggetto può coinvolgere molti elementi, da poche sostanze chimiche comuni, fino a centinaia di sostanze chimiche sintetiche. Prendiamo per esempio un tipico prodotto per la pulizia della casa che può contenere una dozzina di sostanze chimiche diverse, oppure un gadget elettronico che potrebbe essere il risultato di diverse centinaia di sostanze utilizzate durante la sua fabbricazione. Alcuni composti chimici finiscono nel prodotto finale mentre altri servono come intermedi nella catena di produzione. Molto probabilmente alcune sostanze chimiche tossiche potrebbero far parte della miscela che serve per la sua produzione, infatti, le sostanze chimiche con attributi speciali vengono utilizzate per ottenere alcune proprietà del prodotto come durata, consistenza, colore o fragranze, ecc. Non è un caso che le sostanze chimiche con proprietà tossiche possano essere abbondanti tra queste sostanze chimiche speciali, ad esempio, lo sforzo di creare proprietà "durevoli" (come i tessuti idrorepellenti) tende a favorire le sostanze chimiche che sono più difficili da riconoscere e da abbattere per i sistemi biologici e viventi, infatti, possono resistere alla dissoluzione e possono raggiungere alti livelli nocivi in natura. Quindi si può presumere che anche le sostanze tossiche possano far parte di alcuni prodotti che potremmo utilizzare. Vediamo alcune famiglie di prodotti chimici: Plastica Le materie plastiche sono un ampio gruppo di materiali a base di polimeri. I polimeri comunemente usati sono polietilene (PE), polipropilene (PP), polivinilcloruro (PVC), polistirene (PS) e poliuretano (PU o PUR). Tuttavia, l'elenco dei polimeri è molto più lungo e vengono associate costantemente nuove ricette ed additivi.Anche la miscelazione di polimeri diversi (come i materiali multistrato) è un processo normale che serve per migliorare il funzionamento delle materie plastiche. La scelta del polimero da utilizzare nella produzione dipende dalla funzione desiderata. Quasi tutti i polimeri sono prodotti dalla materia prima fossile di derivazione petrolifera. I polimeri a base biologica, come il PLA ottenuto da materie prime agricole, vengono sempre più utilizzati sebbene abbiano ancora una quota di mercato molto marginale. Alcune limitazione del loro sviluppo dipendono da un non trascurabile impatto ecologico nella loro produzione. La maggior parte dei materiali plastici contiene numerosi additivi (sostanze chimiche funzionali) per migliorare le prestazioni. La quantità di additivi applicati può variare dallo 0 al 95% a seconda del polimero e del tipo di prodotto. Molte delle proprietà negative delle plastiche derivano spesso dagli additivi piuttosto che dai polimeri stessi. Plastificanti Questi sono usati normalmente per ammorbidire la plastica, Infatti, mentre alcuni polimeri sono intrinsecamente "morbidi", altri polimeri richiedono notevoli quantità di plastificanti per diventare flessibili. Il PVC è il tipico polimero dove si fa un uso importante dei plastificanti. Gli ftalati sono un gruppo comune di plastificanti che vengono utilizzati in grandi quantità, spesso circa il 30-60% della composizione totale della plastica. Diversi ftalati hanno proprietà pericolose, come abbiamo visto in un articolo recente. Poiché gli ftalati non sono legati chimicamente al materiale plastico e possono fuoriuscire dal prodotto, è probabile che gli utilizzatori finali ne siano esposti durante il suo uso o addirittura attraverso la catena alimentare, in quanto gli ftalati possono essere assorbiti nell’ambiente. Ritardanti di fiamma I ritardanti di fiamma vengono utilizzati per rendere un prodotto meno infiammabile e, in base alle caratteristiche tecniche del prodotto da realizzare, può essere richiesto l’impegno di questi additivi. Esempi di tali utilizzi li possiamo trovare, per esempio, negli indumenti protettivi, nelle tende e nei tessuti utilizzati nei mobili, per citarne solo alcuni. Alcuni ritardanti di fiamma attualmente utilizzati, in particolare i composti alogenati, hanno dimostrato di avere proprietà pericolose, e, alcuni, sono soggetti a normative internazionali e / o nazionali. Storicamente, i ritardanti di fiamma bromurati (BFR) sono stati ampiamente utilizzati, dimostrandosi tossici in quanto avviene un bio accumulo e persistono nell'ambiente. La regolamentazione delle sostanze chimiche nei prodotti è una conquista relativamente recente, infatti non è stato sempre così. Per decenni, le sostanze chimiche sono state poco o per nulla normate, con alcune esenzioni specifiche, mentre la stragrande maggioranza delle sostanze chimiche poteva essere utilizzata senza la necessità di fornire prove della loro sicurezza. Se una sostanza era stata identificata come un inquinante tossico grave, lo si era scoperto più in seguito ad una coincidenza piuttosto che sulla base di un esame sistematico. Non era stato richiesto normalmente alcun test generale delle sostanze chimiche per le proprietà nocive. Questo è leggermente cambiato negli ultimi anni. L'UE ha applicato il REACH (registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche), un quadro giuridico completo che si occupa di tutte le sostanze chimiche in uso, richiedendo alle aziende che commercializzano sostanze chimiche di presentare una serie di dati di prova. L'equivalente statunitense, TSCA (Toxic Substances Control Act), stabilisce alcuni requisiti di base ma ha una portata molto più limitata. Cosa è il REACH Nel 2007 l'Unione Europea ha introdotto una legislazione quadro completa per le sostanze chimiche, chiamata Reach. Questo richiede che le aziende, che producono o importano sostanze chimiche, le registrino presso un'agenzia centrale (ECHA , con sede in Finlandia). Con la registrazione, le aziende devono anche riportare le proprietà di base della sostanza chimica e, se prodotta / importata in volumi maggiori, anche le informazioni che indicano se la sostanza è pericolosa. Lo scopo è rendere i produttori e gli importatori responsabili dei prodotti che mettono sul mercato e migliorare la conoscenza delle sostanze chimiche utilizzate. Il regolamento Reach contiene anche un sistema per il "solo uso autorizzato" di sostanze chimiche altamente pericolose per la salute e l'ambiente. Cosa è il TSCA Il Toxic Substances Control Act (TSCA) è un regolamento statunitense che riguarda la produzione, la lavorazione, la distribuzione, l'uso e lo smaltimento di prodotti chimici commerciali e industriali. Introdotto nel 1976, si concentra principalmente sulle nuove sostanze introdotte dopo il riconoscimento del TSCA. Cosa è il RoHS RoHS è una direttiva dell'Unione europea introdotta nel 2006 per limitare l'uso di alcune sostanze chimiche pericolose nella produzione di apparecchiature elettroniche ed elettriche. Attualmente vieta o limita dieci sostanze / gruppi di sostanze; 4 metalli pesanti, 4 ftalati e 2 gruppi di ritardanti di fiamma bromurati. Cosa è il California “Proposition 65”. Nel 1986, lo Stato della California ha introdotto il "Safe Drinking Water and Toxic Enforcement Act", ma più spesso indicato come "Proposition 65". Richiede allo Stato di pubblicare un elenco di sostanze chimiche note che possono causare il cancro o difetti alla nascita o altri danni riproduttivi. L'elenco viene aggiornato frequentemente e attualmente comprende circa 800 sostanze chimiche. La legge impone alle aziende di notificare ai californiani, quantità significative di sostanze chimiche nei prodotti che acquistano, nelle loro case o nei luoghi di lavoro o che vengono rilasciate nell'ambiente. La Proposition 65 vieta inoltre alle aziende californiane di scaricare consapevolmente quantità significative di sostanze chimiche elencate in presenza di falde d’acqua potabile.Categoria: notizie - tecnica - REACH - ROHS - SDWTA Vedi maggiori informazioni sulla chimica applicataFonti chemsec
SCOPRI DI PIU'Pratiche di marketing per costruire informazioni ingannevoli od omissive sui prodotti di Marco ArezioIl Greenwashing è il marketing mirato alla costruzione di un’immagine vicino alle aspettative del cliente, in fatto di ambiente, sostenibilità e riciclabilità, che attribuisce al prodotto o al servizio, valori che in realtà non ha. La storia di questa parola, Greenwashing, nasce negli Stati negli anni 60 del secolo scorso quando iniziò il dibattito pubblico in merito all’ecologia e ad una vita più in sintonia con la natura. In quel periodo alcune aziende, cavalcando l’onda ecologista, si diedero in modo artefatto, un’immagine green senza comunque modificare processi e prodotti. L’espero pubblicitario Jerry Mander definì questa pratica come “ecopornografia” in quanto riteneva esserci una similitudine di comportamenti, nei confronti delle persone, tra ciò che si proponeva rispetto a ciò che in realtà veniva offerto. Ma fu a partire dagli anni novanta che, all’interno delle politiche e delle strategie di marketing, si affermò l’uso di una comunicazione che, talvolta, era meno veritiera ed esaustiva sul al prodotto o servizio stesso, ma più mirata a far apparire ciò che si voleva offrire vicino a ciò che la gente si sarebbe aspettata di ricevere. Il greenwashing non è stato applicato solo all’industria o al commercio, ma se ne è impossessato anche la politica, attraverso slogan e marchi che, per esempio, raffigurassero la tutela dell’ambiente, del lavoro, della sicurezza o di altri messaggi. A partire dal 2012 la FederalTrade Commission ha emanato negli Stati Uniti precise norme a tutela dei consumatori, nel tentativo di prevenire queste pratiche di marketing scorrette. In Italia, per esempio, l’antitrust ha sanzionato l’Eni con una multa di 5 milioni per la promozione pubblicitaria, ritenuta ingannevole ed omissiva, sulle qualità bio, presunte, del proprio carburante EniDiesel+. Le pratiche di greenwashing sono numerose e rivolte a canali differenti, acquisendo appellativi differenti: Greenwashing: indica una strategia di alcune imprese, organizzazioni o istituzioni politiche che mirano a costruire un’immagine diversa da quella che è in realtà, incline alla tutela per l’ambiente, seguendo le esigenze della gente a cui si rivolge. Pinkwashing: indica una comunicazione che tende ad ammaliare un pubblico femminile lanciando un messaggio quale l’emancipazione femminile, distogliendo l’attenzione del consumatore sulle qualità dei prodotti stressi. Genderwashing: indica una comunicazione che tende a coinvolgere il pubblico maschile con chiari riferimenti all’abbattimento di differenze di genere, allontanando il consumatore sul giudizio del prodotto stesso. Raibowwashing: indica una comunicazione che tende a proporre prodotti sostanzialmente simili alla concorrenza sui quali vengono esercitati messaggi forti che mettono in secondo piano il prodotto stesso. Nel campo del packaging un esempio lo possiamo vedere sul marketing dei flaconi del detersivo, molti ancora fatti con HDPE vergine, negli ultimi tempi abbiamo visto comparire sulle etichette parole come “riciclabile” o “green” quando il flacone è sempre fatto con materie prime da fonti fossili e non usando materiali riciclati. Ovviamente il flacone è riciclabile, ma lo era anche prima, quindi il messaggio è un greenwashing. Tuttavia, queste pratiche, in generale, non sono applicabili solo a ai prodotti o ai messaggi politici, ma trova largo impiego anche nelle comunicazioni societarie, in cui i numeri, i valori e l’immagine dell’azienda, per esempio, di carattere ambientale, potrebbe incidere sul valore della società stessa. Crearsi un’immagine “green” in modo artificioso, vicino a ciò che il cliente richiede, ha grandi impatti sui consumatori, sugli azionisti e sul mercato.Vedi maggiori informazioni sul greenwashing
SCOPRI DI PIU'Una sana rivalità all’interno dell’azienda è auspicabile ma gli eccessi sono da capire in tempodi Marco ArezioChe venga spinta dai managers o che si alimenti in modo autonomo, la competizione tra gli addetti dei vari reparti aziendali ha una sua efficacia, finché rimane una spinta costruttiva nel raggiungere gli obbiettivi comuni. Se gli impulsi competitivi diventano eccessivi possono essere destabilizzanti. La famosa frase “Divide et Impera” che il passato ci ha tramandato e che bene si plasma in ogni situazione di conflittualità, sembra sia da attribuire a Filippo II di Macedonia, padre di Alessandro Magno, che riuscì militarmente a riunire la Grecia a discapito delle innumerevoli tribù e fazioni militari presenti sul territorio. Nel mondo moderno la strategia vuole esprimere un sistema di potere tenuto volutamente frammentato, in una condizione di eterno equilibrio tra conflitti interni e spinte per prevalere, al fine di mettersi in luce verso il gradino gerarchico superiore. Dal punto di vista manageriale, avere un team composto da elementi competitivi che detengono piccole aree di potere, frazionate tra loro, può essere, se ben gestito, una forza importante nel raggiungimento degli obbiettivi comuni. Ma i problemi possono nascere quando la competizione, tra i componenti del team, travalica in uno stato strisciante di lotte intestine, celate dalla ragione di raggiungere l’obbiettivo del team, che potrebbe essere un budget o la finalizzazione di altri traguardi. Il team nato per essere un ariete nel mercato, che dovrebbe essere composto da intelligenza, costanza, cuore, affidabilità, lealtà e spirito di squadra, potrebbe iniziare la sua lenta trasformazione con la creazione di fazioni interne che hanno come scopo primario quello di correre da sole e di screditare gli altri membri del team. La prima cosa che può capitare è la creazione di una nuova squadra all’interno del gruppo, arruolando i “fedeli” da una parte e dall’altra, interrompendo subito le linee di comunicazione. Le fazioni non si parlano più di cose professionalmente rilevanti, cercando di mantenere un comportamento sociale normale, creando un clima da moti carbonari dove apparentemente il clima di lavoro all’interno del team appare tranquillo. Ogni componente delle fazioni infonde molte più energie psico-fisiche nel lavoro, ma non sempre riesce a trasformarle in efficiente operatività in quanto la catena informativa può essere frammentaria o volutamente non completa o corretta. I motivi che spingono i lavoratori ad assumere comportamenti iper-competitivi tra loro possono essere molteplici: Una precisa strategia da parte del manager responsabile che, non sicuro delle proprie qualità professionali, spinge i sottoposti ad evitare forme di coalizione che potrebbero metterlo in difficoltà. Un’abitudine del responsabile del team che, incarnando la sua voglia di emergere, accetta la competizione diretta e la crescente tensione tra le fazioni, nella speranza che generino maggior profitto in termini di risultati rispetto ad un team coeso ma meno competitivo. Una mancanza di coinvolgimento da parte del manager nella vita quotidiana del team potrebbe portare ad una sottile forma di anarchia, in cui ogni capo fazione si sente manager del progetto. La mancanza di carisma del responsabile del team potrebbe indurre i componenti a cercare, attraverso azioni e comportamenti a volte spregiudicati, nuovi spazi per la lotta alla successione. Una marcata disomogeneità delle qualità e competenze dei componenti del team potrebbero portare ad una selezione naturale, con la creazione di squadre di serie A e di serie B, creando sentimenti di astio e forme di ostacolo nei lavori. E’ indiscusso che un buon livello di competizione interna alle squadre di lavoro sono una cosa del tutto positiva per raggiungere gli obbiettivi aziendali, ma la gestione di una squadra di lavoro comporta il coinvolgimento diretto del responsabile, non tanto come elemento superiore della scala gerarchica, ma come alleato in cui l’autorevolezza del leader possa galvanizzare in modo positivo la squadra. La circolazione delle informazioni deve essere obbiettiva e completa ed equamente distribuite a tutti in modo che ognuno possa elaborarle e dare il proprio contributo nell’interpretarle per generare una migliore strategie d’intervento.Vedi maggiori informazioni su come comunicare in azienda
SCOPRI DI PIU'Perché alcuni Polimeri Riciclati sono Preferiti a quelli VerginiNon è più un tabù ormai che alcuni polimeri riciclati di alta qualità possano essere più ricercati di quelli vergini, che possano costare uguale o di più degli stessi e che hanno qualità generali del tutto simili ai polimeri di derivazione petrolifera.Inoltre, la cosa più importante è che sono l’evoluzione tecnologica di uno scarto di lavorazione, o addirittura da post consumo nel caso dell’rPET, nel pieno rispetto dei principi dell’economia circolare. I consumatori, le aziende che gestiscono marchi importanti e la politica, hanno ora ben presente quale sia la strada sulla quale dobbiamo camminare, una strada costruita faticosamente (e non finita) di materiali sostenibili, di riciclo, di energia rinnovabile e di impatto ambientale ridotto su fumi, rifiuti e scarti di processo liquidi o solidi. In questa ottica il mondo dei polimeri riciclati si sta costruendo una reputazione importante, acquisendo la fiducia dei produttori e dei consumatori che vogliono, fortemente, prodotti con il minor impatto possibile sull’ambiente. Ci sono cinque famiglie, tra i prodotti più usati nel mondo delle materie plastiche, che sono l’HDPE, il PP, l’LDPE, il PET e il PVC che, da sole, coprono una percentuale di articoli sul mercato così importante da lasciare alle altre tipologie, in termini di quantità prodotte ed utilizzate, ben poco spazio. Vediamole da vicino: L’HDPE riciclato, per competere con i materiali vergini nei settori non food, deve avere una serie di caratteristiche peculiari come l’assenza di odore pungente, la neutralità del colore di base, un DSC che attesti la composizione al 100% di HDPE e caratteristiche tecniche in macchina comparabili. Queste caratteristiche portano a produrre articoli con superfici senza difetti, neutrali all’odore del riciclo, dai colori omogenei e brillanti e dalle caratteristiche meccaniche idonee per l’uso a cui il prodotto è destinato. Il PP riciclato ha un’infinità di usi e la sua limitazione ad un impiego massiccio era legato, anche in questo caso, alla presenza di odori e alla difficoltà di avere una ricetta che contemplasse solo PP all’interno. Infatti le frazioni di PE inglobate potevano creare problemi estetici sui prodotti in fase di stampaggio. Oggi esistono ricette che hanno risolto queste problematiche e, partendo da una base neutra, quindi senza residui di coloranti pregressi, si riescono ad ottenere ottime superfici colorate del prodotto. Dal punto di vista meccanico è possibile ottenere buoni risultati e, la similitudine con la materia prima vergine ne permette la loro miscelazione. L’LDPE riciclato è un prodotto ampiamente usato in fase di estrusione, stampaggio e filmatura ma è sempre stato relegato alla creazione di articoli non estetici o di qualità grossolana. Con l’LDPE neutro da scarti post industriali è possibile realizzare film da 20 micron, trasparenti o colorati, realizzare tubi di spessori sottili, in quanto il materiale non presenta contaminazioni o residui solidi al suo interno che potrebbero provocare buchi. Inoltre è possibile utilizzarlo nel settore dello stampaggio dove sono richieste finiture estetiche importanti. Tra i cinque prodotti esposti il granulo riciclato in LDPE è quello in cui il rischio dell’odore sgradevole è più elevato, problema che non si presenta in queste ricette post industriali. La polvere in PVC riciclata ha una base di colore bianca, micronizzata per aumentarne la qualità, presenta caratteristiche del tutto comparabili con un K67 vergine dal punto di vista tecnico ed estetico. Una miscela di scarti post industriali del settore dei profili finestra garantisce una qualità produttiva nel campo dei profili estetici e nell’estrusione di tubi. Il PET riciclato, certificato per il food, è l’unico dei prodotti presentati che ha una provenienza da post consumo e non post industriale. Il particolare riciclo meccanico, certificato da enti preposti ad autorizzare l’uso del polimero riciclato nel settore alimentare, permette l’impiego in un campo in cui la domanda del polimero riciclato è molto alta, come quello del settore delle bibite e dell’acqua minerale. Sintesi perfetta dell’economia circolare l’rPET per il food è il polimero che più incarna lo spirito di una plastica amica in cui tutto ciò che diventa rifiuto viene riutilizzato per un nuovo prodotto.Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - polimeri
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