Transizione Energetica. Le Aziende e le Università si AlleanoLa necessità di nuove e sempre più alte competenze nel campo ambientale e della sostenibilità delle produzioni industriali, creano collaborazioni per migliorare le conoscenze e le competenze generali.L’Università degli Studi di Padova ed Eni hanno siglato oggi un accordo di collaborazione sui temi della transizione energetica, trasformazione digitale ed economia circolare, come comunicato da ENI, nel corso di un incontro online a cui hanno preso parte il Rettore dell’Università di Padova, Rosario Rizzuto, la Presidente di Eni, Lucia Calvosa e l’Amministratore Delegato di Eni, Claudio Descalzi.L’intesa della durata di tre anni, con la possibilità di estensione fino a cinque, consolida la collaborazione già avviata in settori cruciali per Eni, come la geologia e la geofisica, e individua nuove linee strategiche di ricerca per lo sviluppo sostenibile e la decarbonizzazione: nuove tecnologie per la Carbon Capture, Utilisation and Storage e per lo sfruttamento dell’energia solare nonché studi sulla fusione nucleare a confinamento magnetico. L’amministratore di Eni, Claudio Descalzi, ha commentato: “Abbiamo siglato un accordo di importanza strategica che ci dà grande forza per il raggiungimento dei nostri obiettivi di decarbonizzazione al 2050. Questa collaborazione nel campo dell’innovazione pone le basi per superare le sfide che aziende e società civile sono chiamate ad affrontare grazie allo sviluppo di tecnologie per il futuro dell’energia”. Il Rettore dell’Università di Padova, Rosario Rizzuto, afferma: “L’ambiente è un patrimonio inestimabile, che abbiamo ricevuto e abbiamo il dovere di preservare intatto per le future generazioni. Questa è la filosofia che muove l’Università di Padova nel perseguire, con forza, obiettivi utili ad aumentare la nostra sostenibilità ambientale. Azioni multiple che stanno portando i loro frutti: solo grazie all’acquisto di energia da fonti rinnovabili, ad esempio, abbiamo ridotto del 20% le emissioni di ateneo, evitando la produzione di 18mila tonnellate di CO2 l’anno. E l’accordo firmato con Eni va proprio nella direzione, per noi cruciale, di una sempre maggiore tutela dell’ambiente in cui viviamo”.
SCOPRI DI PIU'Alcuni imprenditori concentrano su se stessi il business senza far crescere l’azienda. Il problema degli yes-man e dei familiari all’internodi Marco Arezio Non c’è dubbio che il mercato si è fatto complicato e che le aziende per sopravvivere devono dotarsi di una struttura manageriale indipendente, qualificata e spesso slegata dalla famiglia che ne detiene la proprietà, che goda di una visione internazionale e che abbia potere decisionale per valutare le migliori prospettive per l’azienda prima che per l’imprenditore. Molte aziende familiari, che si occupano di riciclo, stanno vivendo una fase di forte trasformazione a causa dei cambiamenti del mercato, i quali sono maggiormente rappresentati dall’ingresso di società strutturate che si occupavano fino a poco tempo prima di business correlati ma differenti. Il mondo del riciclo delle materie plastiche si è sviluppato agli inizi degli anni 80 del secolo scorso, un po’ in sordina, sotto forma di piccole imprese che raccoglievano la plastica di scarto e ne seguivano la lavorazione, a volte anche con metodi un po’ artigianali. Il loro sviluppo, negli anni successivi, a seconda della collocazione geografica Europea, seguiva i sistemi imprenditoriali nazionali che si basavano, al nord, più facilmente sulla creazione di medie e grandi imprese, mentre nel Sud Europa, il più delle volte, basate sulla crescita di piccole e medie imprese che sfruttavano le opportunità che il mercato poteva offrire. Agli inizi degli anni duemila, il trend di crescita del mercato del riciclo delle materie plastiche e del suo indotto, ha avuto una grande accelerazione, con il passaggio delle aziende a dimensioni di fatturato e produttività sempre maggiori. A partire da questo periodo, il mercato del Sud Europa, contrariamente a quello che è successo nel Nord Europa, si è caratterizzato da un importante numero di piccole imprese che si sono trasformate in medie e grandi società produttrici di polimeri plastici, attrezzature per il riciclo o di servizi per il mercato. Inoltre, molte micro imprese artigianali si sono trasformate in piccole e medie aziende di produzione nell’ambito della plastica. Molti fondatori di queste società, specialmente quelle medio-grandi, hanno seguito passo dopo passo in prima persona, lo sviluppo delle proprie creature dalla loro fondazione, con un successo a volte crescente nel tempo e diventando l’unico punto di riferimento all’interno della società. L’incarnazione del successo commerciale e produttivo in un mercato nel corso degli anni in continua crescita, non ha generalmente creato situazioni in cui ci si potesse fermare per capire se il modello di business, varato dal proprietario-imprenditore, fosse corretto con l’evoluzione dei mercati. Nel frattempo, molte cose sono cambiate, in un mondo sempre più globalizzato e competitivo, non solo dal punto di vista commerciale, ma anche sulle materie prime, sulle innovazioni tecniche, sulla necessaria rapidità nel prendere decisioni e sulla qualità del management necessario per la dimensione aziendale. Alcuni imprenditori, vivendo sui successi passati, non hanno affrontato in modo lucido ed imparziale l’evoluzione del mercato, continuando con un modello di gestione che ruotava, o ruota ancora oggi, intorno a loro, creando un soldato solo sul campo di battaglia. Ci sono delle situazioni cruciali che hanno inciso o incideranno sul destino di queste aziende: Una struttura gestionale sotto dimensionata rispetto al fatturato aziendale Una piramide di valori non indirizzata verso l’attenzione al cliente Una non obbiettiva valutazione delle qualità professionali dei familiari inseriti in azienda a cui si attribuiscono responsabilità e poteri decisionali Una propensione nella creazione di collaboratori yes-man in ruoli chiave Difficoltà nel delegare ai collaboratori compiti specialistici e delicati Incapacità di creare un team manageriale che possa acquisire la gestione di aree aziendali Incapacità di mettersi in discussione Incapacità di dare fiducia Limitazione della professionalità e delle opportunità di carriera dei collaboratori Paura dell’effetto ombra, che alcuni dipendenti potrebbero creare sui parenti che lavorano in azienda Internazionalizzazione non prioritaria Mancata presa di coscienza dei raggiunti limiti di età dei fondatori-manager Mancanza di una strategia aziendale per la successione del leader Oggi, molte di queste aziende, sono frenate e in difficoltà per i motivi sopra descritti e, inoltre, per il rallentamento aziendale dovuto all’eccessiva concentrazione decisionale nelle mani dell’imprenditore che non ha più il tempo e, forse, tutte le capacità legate ai molti ambiti aziendali in evoluzione, anche sotto l’aspetto tecnologico, di seguire il vorticoso flusso del mercato attuale. Si aggiunga inoltre che, da quando la domanda di avere all’interno dei prodotti finiti quote sempre maggiori di materiale plastico riciclato, le grandi aziende, strutturate e lungimiranti, stanno acquisendo quote di mercato attraverso l’incorporazione di riciclatori, che possono garantire la filiera della materia prima seconda. Una parte di questi imprenditori ha capito quanto il mercato stia diventando competitivo, anche per la sproporzione delle disponibilità finanziarie che i nuovi concorrenti possono mettere in campo, ma soprattutto per la capacità di fare rete e di cogliere tutte le opportunità che il mercato concede, quindi decide di cedere l’azienda con l’obbiettivo di rilanciarla oppure per ritirarsi. Un’altra parte di imprenditori crede fermamente nella storia della propria società, facendo conto su se stesso e sulla tradizione che ha contraddistinto il loro cammino, in una sorta di immutabilità delle cose, con la speranza un giorno, il più lontano possibile per loro, che i propri figli indossino la loro corona e diventino i re del loro piccolo regno.
SCOPRI DI PIU'Gli acciai inossidabili, per quanto molto resistenti alla corrosione, possono essere attaccati in particolari condizionidi Marco ArezioIl trattamento chimico degli acciai ha permesso la formazione di un ampio spettro di caratteristiche qualitative che questi metalli esprimono nei prodotti finiti. Cosa sono gli acciai inossidabili Gli acciai inossidabili sono una famiglia di acciai legati che contengono un minimo del 10,5% di cromo. La presenza di cromo conferisce a questi acciai la loro caratteristica "inossidabilità" o resistenza alla corrosione. Ciò accade perché il cromo reagisce con l'ossigeno nell'aria per formare uno strato molto sottile e stabile di ossido di cromo. Questo strato protegge il materiale sottostante dalla corrosione. Oltre al cromo, gli acciai inossidabili possono contenere altri elementi leganti, come il nichel, il molibdeno, il titanio e il rame, che possono migliorare ulteriormente la resistenza alla corrosione, oltre a modificare altre proprietà dell'acciaio, come la resistenza meccanica, la resistenza al calore e la formabilità. Gli acciai inossidabili possono essere suddivisi in varie classi, tra cui: Acciai inossidabili ferritici Contengono cromo ma poco o nessun nichel. Sono magnetici e hanno una buona resistenza alla corrosione e alla formabilità, ma una resistenza meccanica inferiore rispetto ad altri acciai inossidabili. Acciai inossidabili austenitici Questi sono i più comuni acciai inossidabili e contengono alto cromo e nichel. Non sono magnetici e hanno una eccellente resistenza alla corrosione, oltre a buone proprietà meccaniche e di formabilità. Acciai inossidabili martensitici Contengono cromo e un livello moderato di carbonio. Sono magnetici e possono essere indurite mediante trattamento termico. Hanno una buona resistenza meccanica, ma una resistenza alla corrosione inferiore rispetto ai tipi ferritici e austenitici. Acciai inossidabili duplex Combinano caratteristiche sia degli acciai ferritici che degli acciai austenitici. Hanno una resistenza molto alta alla corrosione e una resistenza meccanica superiore rispetto agli acciai inossidabili austenitici. Differenza tra l'acciaio e l'acciaio inossidabile Per un neofita la differenza tra un acciaio e un acciaio inossidabile a volte potrebbe sfuggire, ma in realtà sono due prodotti essenziali, ma con caratteristiche differenti. L'acciaio e l'acciaio inossidabile sono entrambi leghe di ferro, ma differiscono per la loro composizione chimica e per le proprietà che ne derivano. L'acciaio è una lega composta principalmente da ferro e carbonio. La quantità di carbonio può variare, ma di solito si trova tra lo 0,2% e il 2,1% in peso. L'aggiunta di questo composto all'acciaio aumenta la sua durezza e resistenza, ma rende anche l'acciaio più suscettibile alla corrosione. Inoltre, altri elementi come il manganese, il silicio e il fosforo, possono essere presenti in piccole quantità. L'acciaio inossidabile, come abbiamo visto, è un tipo di acciaio che contiene almeno il 10,5% di cromo. Questo, reagisce con l'ossigeno dell'aria, formando un sottile strato di ossido di cromo sulla superficie del metallo. Lo scopo dello strato è proteggere l'acciaio sottostante dalla corrosione. Altri elementi, come il nichel, il molibdeno e il titanio, possono essere aggiunti per migliorare ulteriormente le proprietà dell'acciaio inossidabile. Corrosione degli acciai inossidabili La corrosione degli acciai inossidabili non è impossibile ed è importante, se li si usa, conoscere come e perché avviene questo fenomeno. Questa può avvenire in vari modi, ma in generale, questi materiali sono noti per la loro resistenza alla corrosione, grazie alla loro capacità, come abbiamo detto, di formare uno strato di ossido di cromo sulla superficie. Tuttavia, ci sono diverse situazioni in cui gli acciai inossidabili possono subire corrosione: Corrosione intergranulare Questo tipo di corrosione avviene lungo i confini del grano nel materiale e può essere causato da un trattamento termico o da saldature inappropriati. Corrosione da pitting Si può verificare quando piccole depressioni o "buchi" si formano sulla superficie dell'acciaio inossidabile. È particolarmente comune in ambienti con alta concentrazione di cloruri. Corrosione da sforzo E’ una particolare tipo di corrosione che può avvenire quando l'acciaio inossidabile è sottoposto a stress meccanico in presenza di un ambiente corrosivo. Corrosione galvanica Può avvenire quando due metalli diversi vengono messi a contatto in presenza di un elettrolita, causando il deterioramento del metallo meno nobile (in questo caso, l'acciaio inossidabile). La prevenzione della corrosione degli acciai inossidabili coinvolge una combinazione di scelte tra materiale corretto, design appropriato, buone pratiche di fabbricazione e, se necessario, l'uso di rivestimenti protettivi o trattamenti di superficie. Dove si impiegano gli acciai inossidabili Gli acciai inossidabili sono utilizzati in una vasta gamma di applicazioni grazie alla loro resistenza alla corrosione, resistenza meccanica, e alla possibilità di formarli in una varietà di forme. Ecco alcuni esempi di dove vengono impiegati: Cucina e utensili da cucina Posate, pentole, elettrodomestici da cucina e superfici di lavoro spesso utilizzano acciaio inossidabile a causa della sua resistenza alla corrosione, facilità di pulizia e aspetto attraente. Industria alimentare e bevande E’ usato nelle apparecchiature per la produzione alimentare e di bevande a causa della sua resistenza alla corrosione, facilità di pulizia e resistenza alla contaminazione. Industria chimica e petrolchimica Le apparecchiature e le tubazioni in queste industrie spesso utilizzano acciaio inossidabile a causa della sua resistenza alla corrosione da una vasta gamma di sostanze chimiche. Costruzione e architettura E’ utilizzato in vari elementi architettonici, inclusi rivestimenti di edifici, grondaie e balaustre. È apprezzato per la sua resistenza alla corrosione e il suo aspetto moderno. Industria medica Gli strumenti chirurgici, gli impianti ortopedici e le apparecchiature ospedaliere Come si ricicla l'acciaio inossidabile Infine, dopo aver visto le caratteristiche chimico – fisiche e l’impiego di questo prezioso elemento vediamo come si può riciclare. L'acciaio inossidabile è altamente riciclabile e il suo riciclo avviene in diversi passaggi: Raccolta Il primo passo nel riciclo dell'acciaio inossidabile è la raccolta dei materiali usati. Questi possono provenire da una varietà di fonti, inclusi elettrodomestici, automobili, costruzioni e demolizioni, e scarti industriali. Separazione Dopo la raccolta, i materiali vengono separati in base al tipo di metallo. Questo può essere fatto manualmente o utilizzando macchinari specializzati come i separatori magnetici (l'acciaio inossidabile è generalmente non magnetico o debolmente magnetico, a differenza di altri tipi di acciaio). Preparazione Una volta separato, l'acciaio inossidabile viene preparato per il riciclo. Questo può includere operazioni come la triturazione e il taglio in pezzi più piccoli, per facilitare la fusione. Fusione Viene poi fuso in un forno ad alta temperatura, durante questo processo, può essere combinato con nuovi materiali per produrre la lega desiderata. Modellazione Dopo la fusione, l'acciaio inossidabile fuso può essere colato in forme, laminato in lastre o trafilato in fili, a seconda dell'applicazione prevista. Uno dei vantaggi del riciclo dell'acciaio inossidabile è che non perde le sue proprietà fisiche o chimiche durante il processo di riciclo, il che significa che può essere riciclato all'infinito senza degradazione.
SCOPRI DI PIU'Come riconsiderare i prodotti vegetali di scarto per la bio-edilizia in un’ottica di economia circolaredi Marco ArezioE’ nato prima l’uovo o la gallina? Una battuta spiritosa che potrebbe essere applicata facilmente al binomio bio edilizia – economia circolare. Infatti possiamo dire che i due campi si alimentano vicendevolmente, mettendo il mercato dei rifiuti e degli scarti a disposizione dell’industria dei prodotti edilizi, per la creazione di manufatti sempre più green. Esiste infatti nel passato una vasta documentazione che descrive come l’uomo avesse sempre cercato di migliorare la salubrità e la vivibilità delle proprie abitazioni, sfruttando nel migliore dei modi quello che la natura gli metteva a disposizione, sia sotto l’aspetto ambientale che quello delle materie prime sulle quali poteva contare. La lenta evoluzione dei processi costruttivi e dei materiali, durante i secoli, ha visto un lento ma costante miglioramento delle performance abitative degli edifici costruiti, soprattutto quando vennero impiegati i mattoni, i vetri, gli isolamenti termici pur rudimentali, i sistemi fognari e molte altre innovazioni. Ma la svolta concreta è avvenuta durante del XIX secolo, quando la grande disponibilità di energia proveniente dalle fonti fossili, in coincidenza dei progressi tecnologici, creò una nuova forma di architettura, anche intesa come materiali, basata molto sulla futurizzazione della potenza industriale e sulla produzione in serie di elementi per l’edilizia. Questo trasformismo portò ad un allontanamento progressivo dalla centralità dell’ambiente e della natura nelle opere edili e nei suoi progetti. Intorno agli anni 70 dello scorso secolo, anche nel settore delle costruzioni iniziarono a crescere dei dubbi sulla sostenibilità dei materiali usati e sul metodo della cementificazione selvaggia che erodeva il suolo, inquinava l’ambiente e sperperava le risorse energetiche. Il processo che portò ad una nuova consapevolezza tra edilizia e ambiente si manifestò, lentamente, attraverso strade diverse: le crisi petrolifere causarono l’aumento del costo per scaldare le abitazioni, spingendo alla creazione dei primi isolanti termici, l’inquinamento urbano portò allo studio di nuove forme di sfruttamento dell’energia domestica, la crescita di una nuova coscienza ambientalista mise in discussione una serie di materiali difficilmente riciclabili. L’idea di una nuova circolarità nell’uso degli edifici e dei materiali che li compongono, rivoluzionò il sistema fin dalle fasi di progettazione, in cui vennero inseriti concetti come bioedilizia ed economia circolare dei rifiuti. Oggi, questo nuovo corso, gira intorno all’impatto ambientale dell’edificio, attraverso lo strumento dell’eco bilancio, che deve considerare tutte le fasi della vita della struttura, cioè significa analizzare l’impatto del costruito nella fase prima della sua realizzazione, durante la vita dell’edificio e dopo la sua esistenza, intesa come recupero dei materiali che lo hanno composto. Utilizzando la metodologia LCA (Life Cycle Assessment), adattata, non ai singoli prodotti, ma ad un edificio intero, si vuole fare una valutazione complessiva del progetto rispettando i seguenti parametri: Compatibilità: che consiste nella valutazione dell’opera nel contesto ambientale sotto il profilo economico, inteso come minori sprechi generali nel tempo. Benessere: inteso come integrazione dell’uomo in equilibro con la natura e le sue risorse. Riciclo e riuso: inteso come la ricerca di una costruzione, anche di tipo a secco, in cui gli elementi potrebbero essere smontati e riutilizzati facilmente a fine ciclo. Da questi concetti nascono nuove forme di ricerca che vogliono ripercorrere la circolarità dei materiali da impiegare, per realizzarne altri adatti alle costruzioni, cercando di minimizzare il prelievo delle materie prime dall’ambiente. In questo contesto si muovono i materiali, intesi come materie prime, che provengono dallo scarto della lavorazione del riso, riutilizzati come componenti eco compatibili, finalizzati alla realizzazione di nuovi elementi costruttivi. Per scarto del riso, possiamo identificare la parte che lo avvolge, denominata pula o lolla, che risulta dopo la lavorazione, tramite sbramatura (azione meccanica di pulitura del chicco di riso) del prodotto raccolto nel campo, il cui rifiuto incide dal 17 al 23% in peso. La lolla ha una consistenza molto dura e leggera, con una densità di circa 135-140 Kg./m3 ed ha ottime caratteristiche espresse nell’imputrescibilità e inattaccabilità dagli insetti. Essendo molto scarso l’apporto nutritivo del prodotto (3,3% di proteine e 1,1% di grassi) non viene generalmente impiegata come mangime per gli animali. Nel campo dell’arredamento, la lolla di riso viene utilizzata, in compound con delle resine, per creare un legno artificiale, adatto alla costruzione di darsene, pontili e arredo urbano esterno in virtù delle elevate proprietà impermeabili, di resistenza al sole, alla pioggia, alla salsedine e alla neve. Nel campo delle costruzioni abitative, la lolla di riso viene impiegata in alcuni processi produttivi: Massetti alleggeriti con spiccate doti di isolamento termo-acusticheMalte di intonaco e di finitura attraverso un mix di lolla di riso, inerti silicei ed argillaPitture da esterno composte da latte di calce e lolla di risoPannelli per pareti da interno ed esterno, per l’isolamento termo-acustico, composti da lolla di riso, ossido di magnesio e amido di soia con la funzione di legante. I prodotti composti dalla lolla di riso, dalla paglia e dalla calce sono leggeri, tenaci, con caratteristiche termiche e acustiche e traspiranti.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - bioediliziaVedi maggiori informazioni sulla bioedilizia
SCOPRI DI PIU'La valorizzazione dei polimeri riciclati passa anche attraverso la soluzione del problema degli odoridi Marco ArezioIn un’ottica di economia circolare i polimeri riciclati che provengono dal post consumo, quindi dalla raccolta differenziata domestica, devono essere valorizzati riuscendo a risolvere anche il problema degli odori. La necessità di utilizzare maggiormente i polimeri riciclati che provengono dal post consumo è ormai diventata una questione primaria per il riciclo delle materie plastiche. Come riportato nell’articolo apparso sul portale della plastica e dell’economia circolare rMIX è necessario che si verifichino due condizioni fondamentali: Rimodulazione delle aspettative estetiche dei prodotti finiti fatti in plastica riciclata Riduzione o cancellazione degli odori che i prodotti fatti con l’input da post consumo portano con se dopo la produzione.Nel primo caso è importante poter produrre più prodotti con plastiche riciclate, specialmente quelli oggi realizzati con plastiche vergini solo per questioni estetiche che si potrebbero definire trascurabili, aumentando così il consumo di rifiuti plastici. Nel secondo caso, il problema dell’odore, condiziona ancora fortemente gli acquisti di granuli riciclati, specialmente in quei paesi dove è meno sentita la problematica della difesa ambientale. Se vogliamo fare un esempio, un flacone del detersivo prodotto con un HDPE riciclato, mantiene dopo la produzione una quota di odore (profumo?) di detersivo che proviene dalla lavorazione dei flaconi della raccolta differenziata, in cui le fragranze dei liquidi contenuti precedentemente rimangono anche dopo il lavaggio. Come vedete non è un problema invalidante per chi dovrà riempire nuovamente il flacone riciclato con liquidi profumati, ma è, ed è stato sempre un tema discusso dagli acquirenti di polimero. Sebbene le cose da questo punto di vista stiano lentamente cambiando, dove si trovano maggiori complicazioni sono quei prodotti fatti con PP o PP/PE o LDPE la cui materia prima ha contenuto residui alimentari, detergenti, cosmetici o dove il processo di rigenerazione presenza delle criticità. I fattori che contribuiscono maggiormente alla creazione degli odori sono rappresentati da: Residui alimentari, che creano processi microbiologici Residui di cosmetici che presentano difficoltà di pulizia durante il lavaggio Tensioattivi che vengono inglobati nelle plastiche Contaminazioni nelle acque di lavaggio del rifiuto plastico Contaminazioni causate dalla degradazione dei polimeri in fase di produzione dei granuli. Ad oggi una soluzione piena e definitiva del problema, da applicare nella produzione su larga scala dei polimeri riciclati, sembra non esserci ancora, infatti, si stanno percorrendo varie strade per cercare di mitigare e, in un futuro risolvere la presenza di questi odori. Copertura degli odori Esistono sul mercato numerosi prodotti, sotto forma di masterbach, che si utilizzano in fase di estrusione o iniezione dei prodotti, contenenti varie fragranze che aiutano a mitigare un odore pungente come può essere quello di alcune produzioni di polimeri. Le fragranze sono numerose: vaniglia, pino, fragola, arancia, limone, lavanda e tante altre. Processi Meccanici Esistono impianti di produzione dei granuli riciclati che, durante la lavorazione degli scarti plastici e della produzione del granulo stesso, riducono in modo sostanziale le fonti che generano gli odori sgradevoli. Questi impianti si basano su una tripla combinazione tra filtrazione, degasaggio e aspirazione delle parti volatili in modo da migliorare il problema. Ricerca scientifica Nello stesso tempo la ricerca sta facendo passi avanti per cercare di individuare, in modo scientifico ed inequivocabile la fonte degli odori dei composti provenienti dalla raccolta differenziata. L’istituto tedesco Fraunhofer Institute for Process and Engineering and Packaging (IVV) sta studiando come migliorare i processi di riciclo dei rifiuti da post consumo. Il lavoro si concentra, con un approccio olfattometrico e analitico, allo studio e la catalogazione degli odori presenti nelle plastiche post consumo, valutandone l’intensità e la provenienza, identificando i materiali che li producono attraverso un’analisi chimica. I dati raccolti da queste catalogazioni scientifiche aiuteranno i ricercatori a trovare processi adatti alla soluzione dei problemi causati dal decadimento microbiologico, dall’invecchiamento della plastica, dai risultati chimici dei processi termici e dai residui delle lavorazioni meccaniche della plastica che causano odori sgradevoli.Controllo analitico degli odori in laboratorioOggi abbiamo comunque la possibilità, attraverso una strumentazione di laboratorio, che unisce l'attività di un gascromatografo (GC) e uno spettrometro a mobilità ionica (IMS) di avere un quadro preciso sull'intensità e sulla natura degli odori che provengono dal rifiuto da riciclare o dalla scaglia o granulo prodotti dalle plastiche post consumo. Questo strumento ci aiuta ad individuare i componenti molesti dal punto di vista odoroso nei rifiuti in ingresso, ma anche sulla materia prima prodotta o sui prodotti finali realizzati con la plastica riciclata, così da stabilire azioni correttive o, con il cliente, un range analitico e non opinabile, del livello odori nei prodotti ed accettato dalle parti.Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - odori - post consumo
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