1953: La Storia della Nascita del Policarbonatodi Marco ArezioIl policarbonato è un prodotto termoplastco appartenente alla famiglia dei tecnopolimeri che è stato scoperto attraverso le reazioni di sintesi realizzate da Hermann Schnell nel 1953.Ma chi è Hermann Schnell?Nasce a Gaienhofen, in Germania, nel settembre 1916 e, dopo aver completato il sevizio militare, inizia lo studio della fisica e della chimica all'Università Albert-Ludwigs di Friburgo, in Germania, dove ha studiato con il Premio Nobel Professor Hermann Staudinger (Premio Nobel per la Chimica nel 1953).Terminati gli studi entra nella società Bayer AG nel dipartimento di ricerca e sviluppo che era situato a Leverkusen in Germania. Hermann Schnell, in collaborazione con il suo team di ricercatori, scopre una nuova plastica attraverso una particolare reazione di sintesi dal bisfenolo A e fosgene, che viene nominato successivamente policarbonato, le cui doti primarie sono la trasparenza, l'infrangibilità e la leggerezza. il 16 Ottobre del 1953 viene attribuito il brevetto sul policarbonato, dando vita ad un futuro successo commerciale del prodotto in tutto il mondo. A soli 36 anni, Hermann Schnell, passa a dirigere il dipartimento di ricerca e sviluppo e viene incaricato quale responsabile della fondazione di un secondo laboratorio per la Bayer Central Research a Krefeld-Uerdingen sempre in Germania. Bayern produrrà e commercializzerà il policarbonato di Hermann Schnell sotto il nome di Makrolon® attivando la produzione nello stabilimento di a Uerdingen, in Germania. La sua lunga carriera all'interno di Bayer, nel campo della ricerca e sviluppo, si concluderà nel 1975, anno in cui andò in pensione. Nel 1995 ha istituito la Fondazione Hermann-Schnell con 500.000 euro del suo denaro personale per sostenere i giovani scienziati nel campo della ricerca chimica macromolecolare.Categoria: notizie - tecnica - plastica - policarbonato
SCOPRI DI PIU'Il Caso della Formula del Polipropilene Perduta a Milano. Capitolo 6: Il Puzzle Incompletodi Marco ArezioAll’interno dei laboratori di MilanTech, il commissario Lucia Marini osservava con attenzione mentre Enrico Sartori e il professor Ferrari lavoravano fianco a fianco, immersi nella complessa procedura di decifrare la formula del polipropilene. L'atmosfera era carica di un'attesa quasi tangibile, ogni movimento preciso, ogni sguardo concentrato sullo schermo del computer davanti a loro. Il silenzio era rotto solo dal ticchettio delle tastiere e dal mormorio occasionale delle macchine. Enrico Sartori e il professor Ferrari erano seduti uno accanto all'altro, davanti a una grande lavagna con scritte molte formule chimiche. Ferrari: "Enrico, da dove iniziamo? Questa sequenza di dati è monumentale." Sartori: "Concentriamoci prima sulle sezioni che riconosciamo. La formula è criptata, ma alcune parti dovrebbero seguirci come un filo d'Arianna." Mentre scorrevano i dati, la concentrazione era palpabile. Ogni tanto, Ferrari si fermava, indicando la lavagna. Ferrari: "Ecco, questa parte qui. Questi composti non ti sembrano familiari?" Sartori: "Sì, assolutamente. Questa è una sequenza che ho sviluppato durante i miei primi esperimenti. Se seguiamo questa via, potremmo..." La loro conversazione tecnica continuava, saltando da una scoperta all'altra, mentre iniziavano a decifrare pezzi della formula. Ma, dopo ore di lavoro, Sartori si arrestò bruscamente, un'espressione di confusione sul volto. Sartori: "Aspetta, questo non ha senso. Questa parte della sequenza... manca. È come se fosse stata estratta deliberatamente." Ferrari, inclinando la testa per vedere meglio la pergamena, annuì lentamente. "Vedo cosa intendi. Ma perché qualcuno dovrebbe togliere solo una parte? Se volessero impedirci di ricostruirla, perché non distruggere tutto?" Sartori: "Questo è esattamente ciò che mi preoccupa. È come se... come se qualcuno volesse essere l'unico a detenere la formula completa." Il professor Ferrari, con la fronte corrugata in una smorfia di preoccupazione, si chinò per esaminare meglio il problema. "Come è possibile? Pensavo avessi detto che solo tu sapevi della pergamena, Enrico." Sartori, pallido, si passò una mano tra i capelli in segno di frustrazione. "Era quello che credevo... ma ora," la sua voce tremava leggermente, "inizio a chiedermi se sono stato pedinato o spiato. Perché qualcuno dovrebbe togliere solo una parte della formula invece di rubare direttamente la pergamena?" Marini, che aveva seguito silenziosamente il loro lavoro, intervenne: "Potrebbe significare che il ladro ha voluto assicurarsi di essere l'unico a possedere la formula completa. Forse 'Il Custode' sapeva già dove si trovava la sequenza mancante e ha agito per mantenere il controllo esclusivo su di essa." Il pensiero che 'I Custodi dell'Ombra' potessero essere un passo avanti rispetto a loro gettava un'ombra ancora più cupa sulla situazione. "Dobbiamo scoprire dove si trova la parte mancante della formula," disse Marini, il suo tono deciso. Sartori, ancora scosso dalla rivelazione, annuì lentamente. "C'è solo un posto dove 'Il Custode' avrebbe potuto nascondere la sequenza senza destare sospetti... un luogo che conosce solo la cerchia interna dei Custodi." Marini si avvicinò, l'interesse era palpabile. "E dove sarebbe, Enrico?" "Al castello di Corenno Plinio," rispose Sartori. "Un luogo che per noi era più un santuario della scienza che un rifugio. Se c'è una speranza di trovare la formula completa, è lì." Sartori era a conoscenza del castello di Corenno Plinio e del suo ruolo come luogo di riunione per 'I Custodi dell'Ombra' grazie al suo coinvolgimento, seppur riluttante, con l'organizzazione. Durante i primi giorni della sua collaborazione, era stato invitato a partecipare a una riunione al castello, presentata come un'opportunità per discutere il futuro della scienza e della tecnologia con menti affini. Questa esperienza gli aveva rivelato l'esistenza e le intenzioni più oscure dei Custodi, ma anche l'importanza che essi attribuivano a Corenno Plinio come loro santuario segreto. Decisa a non perdere tempo, Marini organizzò immediatamente una spedizione verso il castello, armata di questa nuova informazione. Prima di partire, però, notò un piccolo foglietto caduto a terra vicino alla postazione di lavoro di Sartori. Lo raccolse, scoprendo che era un appunto scritto a mano con una serie di coordinate e la parola "Corenno", si convinse che poteva essere la pista giusta. Il fogliettino con le coordinate di Corenno Plinio, ritrovato dal commissario Marini, era un indizio lasciato involontariamente da uno dei membri dei Custodi. Nei giorni precedenti la rivelazione di Sartori, 'I Custodi dell'Ombra' avevano incrementato le loro precauzioni, temendo che la collaborazione di Sartori con la polizia potesse esporre il loro segreto meglio custodito. Durante una delle loro comunicazioni criptate, avevano deciso di rivedere i protocolli di sicurezza intorno al castello, e uno dei membri, operando in fretta, aveva annotato le coordinate su un foglietto come promemoria personale. Questo membro, in seguito identificato come un intermediario tra Sartori e il resto dell'organizzazione, aveva visitato il laboratorio per assicurarsi che Sartori stesse seguendo le direttive dei Custodi e, in quella circostanza, aveva perso il foglietto. "Potrebbe essere questo l'indizio che ci serve," mormorò Marini, mostrandolo a Conti. Il castello di Corenno Plinio, nascosto tra le nebbie del tempo sulla sponda orientale del Lago di Como, si ergeva come un monolite silenzioso, testimone di secoli di storia. Nei racconti degli abitanti locali, il castello era avvolto in un'aura di mistero e leggenda, un luogo che pochi osavano avvicinare, ancor meno esplorare. Costruito in epoca medievale, con le sue torri che si stagliavano contro il cielo e le mura che sembravano sorgere direttamente dalla roccia, il castello aveva visto passare signori e contadini, guerre e pace, ma ora, negli anni '50, aveva trovato una nuova e più oscura vocazione: quella di essere il cuore pulsante dell'organizzazione segreta nota come 'I Custodi dell'Ombra'. Il paese di Corenno Plinio, adagiato ai piedi del castello, era un insieme pittoresco di case in pietra e viuzze acciottolate, dove la vita scorreva lenta, immutabile al passare del tempo. In quel periodo, il paese viveva principalmente di pesca e di un timido turismo, attratto dalle incantevoli vedute del lago e dalla semplice ospitalità dei suoi abitanti. Le famiglie di Corenno Plinio, unite da generazioni di conoscenza reciproca e da legami di parentela, condividevano le gioie e le fatiche quotidiane, creando una comunità stretta e resiliente. Tuttavia, nonostante la serenità apparente, l'ombra del castello aleggiava sul paese. Molti erano i racconti sussurrati di notte, vicino al fuoco, su strane luci che a volte brillavano tra le antiche mura o su figure incappucciate che si muovevano in silenzio lungo i sentieri boscosi che portavano al castello. Per la maggior parte degli abitanti, queste storie erano solo vecchie leggende, ma per alcuni, erano un monito a mantenere le distanze dal castello e dai suoi segreti. Nessuno a Corenno Plinio sapeva della vera natura del castello come sede dei 'Custodi dell'Ombra', né delle loro riunioni segrete in cui si decideva il destino della scienza lontano dagli occhi del mondo. L'organizzazione aveva scelto il castello proprio per la sua isolata bellezza e per la tranquillità che il paese offriva, un luogo dove poter operare indisturbati, celati dalla nebbia e dal silenzio. Quando il commissario Lucia Marini e il suo team arrivarono a Corenno Plinio, seguendo le tracce lasciate da Sartori e dal misterioso foglietto, si trovarono di fronte a questo contrasto tra la quiete del paese e l'inquietante presenza del castello. Mentre iniziavano le loro indagini, cercando di tessere insieme i fili di un intrigo che si estendeva ben oltre i confini del paese, si resero conto che il castello di Corenno Plinio era molto più di un semplice luogo di incontro per scienziati dall'etica discutibile; era un enigma da risolvere, il cuore di un mistero che avrebbe potuto cambiare per sempre la vita del paese e il corso della scienza stessa. Per raccogliere informazioni cruciali riguardo al castello di Corenno Plinio e agli insoliti movimenti di persone che potrebbero essere collegati a 'I Custodi dell'Ombra', il commissario Lucia Marini decise di parlare con tre figure chiave della comunità. Il suo piano includeva un incontro con il dottor Francesco Branchini, medico condotto volontario, il maresciallo Marco Valenti, comandante della caserma dei carabinieri di Dervio, il piccolo paese confinante con Corenno Plinio e sotto la cui competenza giurisdizionale cadeva il comune del castello, e infine il sindaco di Corenno Plinio, il signor Giorgio Albertini. Marini iniziò la sua indagine dal dottor Branchini, trovandolo nella sua abitazione, un'incantevole casa vista lago situata in fondo alla scala che dalla piazza della chiesa scendeva verso il lago. Il dottor Branchini, un medico pavese ritiratosi in pensione sul lago, dedicava il suo tempo alla comunità offrendo servizi medici gratuitamente. Era conosciuto e amato da tutti per la sua generosità e per la sua passione per la pesca e la vita sul lago. Marini: "Buongiorno, dottor Branchini. Sono il commissario Lucia Marini. Spero di non disturbarla." Branchini: "Commissario Marini, benvenuta a Corenno Plinio. È raro vedere la polizia qui, soprattutto per una visita di cortesia. Come posso esserle utile?" Marini: "Sto indagando su alcuni eventi recenti legati al castello qui vicino. Abbiamo motivo di credere che possa esserci stata un'attività insolita. Lei ha notato qualcosa di strano, magari persone non del posto o comportamenti sospetti?" Branchini: "Ah, il castello. Un luogo affascinante, ma sempre stato avvolto da un'aura di mistero. Devo dire che, nella mia tranquilla routine di pensionato, passo la maggior parte del mio tempo tra la pesca, la mia piccola barca a remi e la cura della mia casa. Tuttavia, è vero che ultimamente ho visto alcune facce nuove, persone che non sembravano turisti né interessati alla bellezza del nostro lago." Marini: "Potrebbe dirmi di più su queste persone? Ogni dettaglio potrebbe essere importante." Branchini: "Certamente, commissario. Alcuni di questi individui avevano l'aria di chi cerca di passare inosservato, ma senza riuscirci realmente. Spesso li vedevo all'alba, quando prendo la mia barca per qualche ora di pesca. Si dirigevano verso il castello, ma non sembravano apprezzare la natura o il silenzio del mattino, come fanno la maggior parte delle persone che vengono qui." Marini: "Interessante, dottor Branchini. La sua testimonianza potrebbe rivelarsi molto utile. La ringrazio per la sua collaborazione." Branchini: "È il minimo che posso fare per il nostro tranquillo paese. Se ci sono altre domande o se posso aiutarla in qualche altro modo, non esiti a chiedere, commissario." Dopo aver ringraziato il dottor Branchini per le preziose informazioni e per l'ospitalità, Marini si apprestò a continuare la sua indagine parlando con il maresciallo Marco Valenti della caserma dei carabinieri di Dervio e il sindaco Giorgio Albertini, sperando di mettere insieme i pezzi del puzzle e di scoprire cosa stesse realmente accadendo nel misterioso castello di Corenno Plinio. Maresciallo Marco Valenti era il caposaldo della stazione dei carabinieri di Dervio, una piccola località a ridosso del Lago di Como. Con una carriera lunga e onorata alle spalle, Valenti era noto per il suo approccio equilibrato alla legge, una miscela di fermezza e umanità che gli aveva guadagnato il rispetto sia dei colleghi che della comunità locale. Oltre alla sua dedizione al dovere, Valenti era un uomo di grande cuore, profondamente radicato nella vita del paese, partecipando attivamente alla vita sociale e offrendo spesso una mano amica a chi ne aveva bisogno. Il commissario Lucia Marini, insieme al suo assistente, arrivò alla stazione dei carabinieri di Dervio nel tardo pomeriggio. Ad accoglierli fu proprio il maresciallo Valenti, un uomo di statura media, con i capelli iniziando a ingrigire e uno sguardo che trasmetteva sia autorità che gentilezza. Marini: "Buonasera, maresciallo Valenti. Sono il commissario Lucia Marini, e questo è il mio assistente. Veniamo dalla questura di Milano per discutere di una questione di particolare importanza." Valenti: "Commissario Marini, benvenuti a Dervio. È un piacere fare la vostra conoscenza. Come posso assistervi?" Marini: "Siamo qui per un'indagine legata al castello di Corenno Plinio. Abbiamo motivo di credere che possa essere in corso un'attività sospetta, forse legata a un gruppo conosciuto come 'I Custodi dell'Ombra'. Siamo interessati a monitorare gli spostamenti nella zona nei prossimi giorni e ci chiedevamo se poteste collaborare con noi inviando delle pattuglie." Valenti annuì, ascoltando attentamente le parole del commissario. Valenti: "Il castello di Corenno Plinio, eh? Sì, è una struttura che ha sempre destato curiosità, anche tra noi del posto. Riguardo alla vostra richiesta, saremo più che felici di assistervi. La sicurezza dei nostri cittadini e la tutela del nostro patrimonio sono priorità assolute." Marini: "Apprezziamo molto la vostra disponibilità, maresciallo. Oltre alle pattuglie, ci sarebbe utile sapere se avete notato recentemente movimenti insoliti o persone sconosciute nei dintorni del castello." Valenti: "Ultimamente la zona è stata tranquilla, ma teniamo sempre gli occhi aperti. Ora che mi avete informato, aumenteremo la nostra vigilanza e vi terremo aggiornati su qualsiasi sviluppo." Nel proseguire la loro conversazione, il commissario Lucia Marini rivolse al maresciallo Marco Valenti un'altra domanda, mirando a scavare più a fondo nelle possibili attività sospette legate al castello di Corenno Plinio. Marini: "Maresciallo, nei vostri anni di servizio qui a Dervio, avete mai notato qualcosa di sospetto riguardante il castello? E, per caso, esiste un'area all'interno o nei pressi del castello che sembra abitata o utilizzata di recente?" Valenti rimase in silenzio per un momento, riflettendo sulle sue esperienze passate e su quanto avesse osservato nel corso degli anni. Valenti: "Commissario, il castello ha sempre avuto un'aura di mistero, come sa. Nel corso degli anni, ci sono stati diversi rapporti di attività sospette, ma nulla che abbiamo potuto confermare concretamente. La maggior parte delle volte, si sono rivelati falsi allarmi o semplici curiosi attratti dalle leggende del castello." Fece una pausa, pensando alla seconda parte della domanda. Valenti: "Per quanto riguarda un'area abitata, il castello è ampio e pieno di vecchi anfratti. Alcune parti sono crollate o sono inaccessibili. Tuttavia, ci sono state occasioni in cui abbiamo trovato tracce che suggerivano una presenza umana recente. Niente di definitivo, intendiamoci, ma accampamenti temporanei o fuochi spenti da poco. Sempre niente che potesse indicare una presenza stabile o permanente." Marini: "Interessante, maresciallo. Queste tracce di presenza umana, avete mai potuto collegarle a qualcuno o a qualcosa in particolare?" Valenti: "Purtroppo no, commissario. La natura isolata del castello e la facilità con cui si può rimanere nascosti tra le sue mura hanno sempre reso difficile tracciare chiunque decida di utilizzarlo per... beh, per qualsiasi scopo. Tuttavia, ora che mi avete informato della vostra indagine, presteremo particolare attenzione a questi dettagli." Marini: "Vi ringrazio, maresciallo. Ogni pezzo di informazione potrebbe essere il tassello che ci manca. La vostra collaborazione è preziosa." Valenti: "Siamo qui per questo, commissario. E se ci fossero sviluppi o se dovessimo trovare qualcosa di concreto, sarete i primi a saperlo." Concludendo il loro colloquio, Marini si sentì un passo più vicina a svelare i misteri del castello di Corenno Plinio. La menzione di segni di presenza umana recente all'interno del castello aggiungeva un ulteriore livello di urgenza alla sua indagine, alimentando la sua determinazione a scoprire la verità nascosta tra le antiche mura. Sciolsero la riunione con una stretta di mano, Marini e Valenti confermarono la loro collaborazione, segnando l'inizio di un'operazione congiunta volta a svelare i segreti che si celavano dietro le antiche mura del castello di Corenno Plinio. Per Marini, l'incontro con Valenti non solo aveva rafforzato le sue speranze di risolvere il caso, ma aveva anche evidenziato la forza della comunità e il valore dell'unione di sforzi per un obiettivo comune. Il municipio di Corenno Plinio si trovava nel centro del piccolo paese, un'antica costruzione in pietra che si ergeva maestosa sulla piazza principale, testimone silenzioso delle generazioni che si erano succedute nel corso degli anni. L'edificio, risalente al XVII secolo, conservava ancora l'eleganza della sua architettura originaria, con i suoi archi in pietra accuratamente lavorati e le finestre ad arco che si affacciavano sulle strette vie acciottolate del paese e sulle acque scintillanti del lago di Como. La facciata era ricoperta di edera, che si arrampicava fino al tetto di tegole rosse, donando all'edificio un aspetto quasi incantato, come se fosse uscito direttamente da una fiaba. Un piccolo orologio, posizionato al centro della facciata sopra l'ingresso principale, scandiva inesorabile il tempo che fluiva lentamente a Corenno Plinio, ricordando agli abitanti l'importanza della storia e delle tradizioni. L'ufficio del sindaco, situato al primo piano, era accessibile attraverso una scala in pietra, anch'essa antica, che cigolava sotto il peso dei passi. Questo spazio, pur essendo funzionale come qualsiasi ufficio moderno, conservava il fascino dell'antico, con mobili in legno scuro che parevano essere stati lì da sempre, librerie colme di volumi polverosi che raccontavano la storia del paese e dei suoi dintorni, e un grande camino in pietra che occupava una parete intera, testimone silenzioso di innumerevoli inverni. La scrivania del sindaco, un massiccio pezzo di falegnameria artigianale, dominava la stanza, collocata davanti a una delle grandi finestre che offrivano una vista mozzafiato sul lago. Sopra la scrivania, tra documenti e cartelle, troneggiava un antico calamaio di ottone, accanto a una penna d'oca che sembrava aspettare solo di essere usata per scrivere il prossimo capitolo della storia di Corenno Plinio. Nonostante l'ufficio fosse dotato di tutti gli strumenti necessari per l'amministrazione moderna, come macchine da scrivere e schedari di metallo, era palpabile una sensazione di rispetto per il passato, come se il sindaco Giorgio Albertini avesse voluto creare un ponte tra le epoche, unendo la saggezza degli antichi alla visione del futuro. Questo spazio non era solo un luogo di lavoro, ma un simbolo dell'identità di Corenno Plinio, un rifugio dove ponderare le decisioni che avrebbero plasmato il destino del paese e dei suoi abitanti. Il sindaco Giorgio Albertini, uomo di mezza età con un viso accorto e occhi scrutatori, era noto per la sua capacità di navigare le complesse dinamiche politiche e sociali di Corenno Plinio. Tuttavia, la sua abilità nel mantenere un certo livello di ambiguità nelle sue risposte lo rendeva una figura enigmatica agli occhi di molti. Quando il sindaco fece il suo ingresso nell'ufficio, il commissario Lucia Marini si alzò in piedi, estendendo la mano in segno di saluto. Albertini, un uomo dall'aspetto curato con un leggero accenno di canizie ai lati della testa, ricambiò il gesto con un sorriso cordiale ma misurato. Marini: "Buongiorno, signor sindaco. Sono il commissario Lucia Marini, della questura di Milano. La ringrazio per avermi concesso questo incontro." Albertini: "Il piacere è mio, commissario. Come posso esserle utile?" Marini: "Vengo direttamente al punto, signor sindaco. Sono qui a Corenno Plinio per una questione che riguarda la sicurezza del paese e, potenzialmente, del territorio circostante. Senza entrare nei dettagli delle nostre indagini, posso dirle che ci sono state segnalazioni di attività sospette che potrebbero avere implicazioni significative." Albertini, ascoltando attentamente, annuì lentamente, mantenendo comunque un'espressione neutra. Albertini: "Capisco. E in che modo pensa che io possa assistervi, commissario?" Marini: "Data la sua posizione e la conoscenza che ha del paese e dei suoi abitanti, qualsiasi informazione su movimenti insoliti o persone sconosciute che avete notato negli ultimi tempi potrebbe essere di grande aiuto. Inoltre, saremmo interessati a sapere se il castello di Corenno Plinio è stato utilizzato per riunioni o eventi recentemente." Il sindaco prese un momento per riflettere prima di rispondere, pesando evidentemente le sue parole. Albertini: "Corenno Plinio è, come sa, un luogo tranquillo, e ci teniamo a preservare questa pace. Tuttavia, comprendo la gravità delle sue parole e la ringrazio per non aver divulgato dettagli che potrebbero allarmare la popolazione senza necessità. Riguardo al castello, non mi risulta che sia stato utilizzato per eventi recenti. È, per la maggior parte, un sito di interesse storico visitato saltuariamente da turisti e studiosi." Marini, ascoltando la risposta del sindaco, non poté fare a meno di percepire un velo di reticenza nelle sue parole. La sua esperienza le suggeriva che, in casi come questo, le omissioni potevano essere tanto significative quanto le informazioni condivise. Con una determinazione rinnovata, il commissario Lucia Marini decise di premere ulteriormente il sindaco Giorgio Albertini, cercando di ottenere informazioni più concrete. Marini: "Signor sindaco, mi permetta di essere più diretta. Ho appreso che lei risiede in una zona del paese da cui si ha una visuale privilegiata del castello. Mi sorprende che, nonostante questa posizione vantaggiosa, non abbia notato nulla di insolito, specialmente considerando che alcuni dei suoi concittadini hanno segnalato movimenti sospetti all'alba." Il sindaco Albertini sembrò per un momento colto di sorpresa dalla diretta osservazione di Marini, e un'ombra di esitazione attraversò il suo volto prima di rispondere. Albertini: "Commissario, la mia abitazione, sebbene abbia effettivamente una vista sul castello, non mi rende onnisciente. Le giornate del sindaco, come può immaginare, iniziano spesso molto presto e terminano tardi, e il mio focus è, naturalmente, rivolto verso il benessere del paese e dei suoi abitanti." Marini: "Capisco le responsabilità che ricadono su di lei, signor sindaco, ma stiamo parlando di segnalazioni di attività sospette in un luogo così carico di storia e mistero come il castello di Corenno Plinio. Attività che potrebbero avere implicazioni ben più ampie per la sicurezza pubblica. È davvero possibile che queste siano passate completamente inosservate da parte sua?" Albertini sembrò riflettere per un momento prima di rispondere, misurando attentamente le sue parole. Albertini: "Commissario Marini, la mia priorità è, e sarà sempre, la sicurezza e il benessere di Corenno Plinio e dei suoi abitanti. Tuttavia, devo ammettere che le sue parole hanno suscitato in me una certa preoccupazione. Rifletterò su quanto mi ha detto e, se dovessero emergere informazioni rilevanti che potrebbero assistere nelle sue indagini, le assicuro che non esiterò a contattarla." Marini: "La ringrazio per la sua collaborazione, signor sindaco. Spero che possiamo contare sul suo supporto continuo mentre procediamo con le nostre indagini." Albertini: "Naturalmente, commissario. La sicurezza dei miei concittadini è la mia priorità. Non esiti a contattarmi se ci fosse altro in cui posso essere d'aiuto." Concludendo il loro colloquio, Marini non poté fare a meno di sentirsi ancora in qualche modo insoddisfatta. Sebbene Albertini avesse infine mostrato una certa apertura, la sua risposta rimaneva avvolta in un velo di ambiguità che lasciava il commissario con più domande che risposte. Determinata a scoprire la verità nascosta dietro le mura del castello di Corenno Plinio, Marini sapeva che il suo lavoro era tutt'altro che finito. La strada per la verità si annunciava lunga e tortuosa, ma era decisa a percorrerla fino in fondo.
SCOPRI DI PIU'Con la CO2 recuperata dall'incenerimento dei rifiuti si favorisce il processo di fotosintesidi Marco ArezioA Madrid è andato in scena l'ennesimo raduno oceanico di giovani e meno giovani, capeggiati da Greta, in concomitanza con la riunione Cop25, dal quale è emersa una sonora bocciatura delle aspirazioni ambientaliste, promosse dalla piazza, da parte di un gruppo dei paesi che hanno partecipato alla riunione. Con una serie di rinvii delle decisioni da prendere, in merito al taglio e ai crediti della CO2, al Fondo per i danni causati dai cambiamenti climatici e la ratificazione degli impegni presi in merito all'accordo di Parigi, si sono delineati alcuni blocchi composti da stati con visioni ambientali completamente diverse: Chi non vuole cambiare le cose, anzi, come gli Stati Uniti, vogliono uscire dall'accordo di Parigi per avere mano libera nella gestione del processo di inquinamento. In questo blocco possiamo includere anche l'Arabia Saudita, l'Australia, Brasile e la Russia che non vogliono ulteriori tagli sulle emissioni di CO2. Chi sta lavorando per il rispetto dei limiti imposti a Parigi, in primis l'Unione Europea, che sembra l'unica che si stia impegnando a prendere sul serio il problema del cambiamento climatico. All'interno del suo gruppo però, ci sono dei paesi del blocco dell'Est, capeggiati dalla Polonia, le cui economie sono ancora profondamente legate all'uso del carbone e che, quindi, sono ostili ad ulteriori revisioni al ribasso dei limiti sulle emissioni. Chi sta alla finestra senza prendere sostanziali decisioni, come la Cina e l'india, il cui mercato economico è fortemente legato alla gestione lassista delle normative ambientali (emissioni, rifiuti, riciclo, riuso, scarichi industriali e urbani). Nel frattempo l'Europa, chiaccherando forse meno, sotto la spinta delle direttive del parlamento in fatto ambientale, ha liberato una serie di energie propositive, sia imprenditoriali che accademiche, che vogliono studiate e sfruttare nuove idee nel campo della gestione dei rifiuti e del risparmio energetico. Una di queste prevede il recupero della CO2 che viene generata dall'incenerimento di quei rifiuti non riciclabili, per usi civili. Questa operazione ha degli indubbi vantaggi diretti ed indiretti: - L'operazione di incenerimento di rifiuti, che andrebbero in discarica, non crea emissioni di CO2 in ambiente in quanto viene completamente recuperata e riutilizzata. - Con l'attività di incenerimento si può fornire energia elettrica e riscaldamento alle città limitrofe all'impianto, risolvendo il problema dei rifiuti locali. - La CO2 recuperata viene utilizzata, tra l'altro, per attività agricole, in certi periodi, dell'anno e per ridurre i costi della gestione dell'impianto. Ma come avviene questa applicazione nel campo agricolo? I fumi prodotti dalla combustione dei rifiuti urbani hanno un contenuto di anidride carbonica che oscilla tra il 5 e il 20%, oltre ad altre tipologie di gas come l'ossigeno, gli ossidi di zolfo, gli ossidi di azoto e varie frazioni di polvere. Questi fumi vengono convogliati in un impianto specifico che ha lo scopo di separare la CO2 dagli altri elementi, così da poter avviare il processo di sterilizzazione dell'anidride carbonica, che si otterrà alla fine del ciclo di trattamento, così da renderla utilizzabile per usi industriali e alimentari. Questa separazione avviene facendo passare i fumi in un solvente che ha lo scopo di assorbire la CO2 e respingere gli altri componenti. La soluzione, solvente+CO2, viene avviata in un altro impianto che ha lo scopo di far bollire la soluzione in modo da separare nuovamente il solvente, che rientrerà nel ciclo di produzione, dalla CO2 sotto forma di gas. L'anidride carbonica gassosa passerà in un altro impianto di purificazione e, attraverso una serie di filtri, terminerà il processo di purificazione del gas, passando poi alla fase di compressione della CO2 per portarla ad una consistenza liquida. Questo nuovo elemento liquido verrà poi stoccato e avviato nelle serre per facilitare il processo di crescita dei fiori, delle piante e dei frutti. Infatti questo processo è influenzato dalla temperatura, dalla luce, dall'acqua e dalla CO2 assorbita dalle piante. Ma tra tutti gli elementi sopra citati, è proprio l'aumento della concentrazione di CO2 che influenza in maniera drastica il processo di fotosintesi, infatti un incremento di anidride carbonica doppia rispetto alle concentrazioni naturali, porterà ad uno sviluppo maggiore della pianta di circa il 15-20%, a parità degli altri parametri nutrizionali. La concimazione carbonica, così chiamata, ingenera un incremento della crescita di molte specie vegetali, ma i risultai più evidenti si notano nell'aumento della qualità del prodotto e la riduzione dei cicli produttivi.Categoria: notizie - rifiuti - economia circolareVedi maggiori informazioni sul riciclo
SCOPRI DI PIU'Due società francesi hanno sviluppato un accordo per la gestione degli scarti dei film plastici attraverso un canale dedicatoSelezionare il rifiuto post consumo, in modo che non venga contaminato da altre plastiche o da altri agenti inquinanti, è sempre stato l’obbiettivo più alto nel campo del riciclo delle materie plastiche derivanti dalla raccolta differenziata. Si sono fatti molti passi avanti nel settore del PET, dove gli sforzi che si sono compiuti e si stanno ancora compiendo per creare una raccolta monoprodotto, quindi delle sole bottiglie separate dagli altri rifiuti, sta portando a buoni risultati. Risultati che si possono toccare con mano, in termini di qualità del rifiuto in PET che si può riciclare, in quanto la raccolta delle sole bottiglie di PET riduce di molto gli inquinanti tipici presenti nella raccolta differenziata. Ora, in Francia, si è esteso questo principio di raccolta, monocanale, anche per gli imballi flessibili del packaging, creando una circolazione del prodotto-rifiuto a circuito chiuso, raccogliendo e lavorando solo lo scarto del film, creando un processo di riciclo dedicato che non comporti la contaminazione dello stesso con altre plastiche. Infatti, TotalEnergies e Paprec, leader nel riciclaggio della plastica in Francia, hanno firmato un accordo commerciale a lungo termine per sviluppare una catena del valore francese per il riciclaggio avanzato dei rifiuti di film plastici. L'accordo assicurerà la fornitura del futuro impianto avanzato di riciclaggio della plastica di TotalEnergies a Grandpuits. In base ai termini di questo accordo, Citeo, la principale organizzazione francese responsabile degli imballaggi domestici a fine vita, fornirà un flusso di rifiuti di plastica flessibile selezionati dagli imballaggi post-consumo. Questo flusso sarà consegnato allo stabilimento Paprec Plastiques 80 di Amiens (Francia), dove verrà costruita una linea di selezione e preparazione unica nel suo genere. TotalEnergies utilizzerà questi rifiuti di origine francese nel suo impianto di riciclaggio avanzato, presso la piattaforma zero-greggio di Grandpuits, e produrrà plastica riciclata con le stesse proprietà della plastica vergine per uso alimentare. L'impianto di riciclaggio avanzato, realizzato da TotalEnergies (60%) e Plastic Energy (40%), sarà in grado di trattare 15.000 tonnellate di rifiuti all'anno e dovrebbe essere operativo nel 2024. "Questo accordo a lungo termine è un'importante pietra miliare per il nostro impianto di riciclaggio avanzato a Grandpuits, in quanto garantisce una fornitura di rifiuti di origine francese", ha dichiarato Valérie Goff, vicepresidente senior per i combustibili rinnovabili e i prodotti chimici di TotalEnergies. "È un esempio tangibile dell'impegno di TotalEnergies nello sviluppo di un'economia circolare per la plastica e contribuisce pienamente alla nostra ambizione di produrre il 30% di polimeri circolari entro il 2030". "Il nostro compito è fornire ai nostri clienti e partner imballaggi circolari che consentano di riportare il materiale al suo utilizzo originale e ottenere risparmi di carbonio. Stiamo adottando un approccio aggressivo e innovativo alle resine monostrato come PET, HDPE e PVC. Questa innovazione con TotalEnergies integra il riciclaggio meccanico o "a basse emissioni di carbonio", che non può offrire la stessa circolarità per la plastica che non è così eco-progettata o che è troppo sporca. Sostenere e sviluppare l'eccellenza industriale francese è una delle nostre missioni ", ha affermato Sébastien Petithuguenin, Presidente e Amministratore Delegato di Paprec Plastiques. Informazioni su TotalEnergies e Polimeri TotalEnergies sviluppa, produce e commercializza polimeri - polietilene, polipropilene, polistirene, loro equivalenti riciclati e biopolimeri - che possono essere incorporati nel processo di produzione della plastica. Più leggeri di molti materiali alternativi, aiutano a ridurre l'impronta di carbonio delle applicazioni finali attraverso una maggiore efficienza energetica. Gli esperti di polimeri di TotalEnergies in Europa, Asia e Stati Uniti d'America stanno lavorando a fianco di tutti i professionisti, compresi i produttori di plastica, i centri di ricerca, le società di raccolta e selezione dei rifiuti e i loro clienti per accelerare nell'economia circolare. L'azienda sta sviluppando diversi processi di riciclaggio della plastica e utilizzando materie prime rinnovabili, con l'ambizione di commercializzare il 30% di polimeri circolari entro il 2030. A proposito di Paprec Il gruppo è stato fondato dalla famiglia Petithuguenin nel 1994 ed è stato gestito dalla famiglia sin dalla sua creazione. Paprec è il leader francese nel riciclaggio e uno dei principali attori europei del trattamento dei rifiuti e dell'energia dal recupero dei rifiuti. Il gruppo è passato da 45 dipendenti a 13.000, distribuiti su più di 300 siti nei paesi din. Nel 2022 il gruppo ha gestito 16 milioni di tonnellate di rifiuti e il fatturato ha superato i 2,5 miliardi di euro. Traduzione automatica. Ci scusiamo per eventuali inesattezze. Articolo originale in Italiano.Fonte TotalEnergy
SCOPRI DI PIU'Dopo la pandemia, ed ora, nel pieno di una crisi internazionale, i lavoratori sono profondamente cambiatiStiamo attraversando un periodo di profondo stress sociale, cominciato dall’isolamento creato dalla pandemia all’interno delle nostre case, dall’utilizzo a tappeto dello smart working, dalla perdita della socialità lavorativa e da nuove regole e paure nella vita privata. Siamo stati per decenni convinti che la massima forma di realizzazione personale e sociale fosse una buona posizione lavorativa, il raggiungimento di un centro di potere, piccolo o grande che sia, una visibilità sociale positiva, frutto della propria posizione conquistata a fatica negli anni e, infine, un benessere finanziario che sottoscrivesse il nostro successo. Per questi motivi e, probabilmente, per altri del tutto personali, ci si è immolati ad una intensa attività lavorativa, dedicando tutte le proprie forze disponibili per i propri obbiettivi, ben oltre quello che poteva essere racchiuso in un contratto di lavoro. Un’idea di abnegazione al lavoro socialmente accettata e valutata in modo normale e positivo da tutti, retaggio di un concetto di laboriosità e responsabilità dell’individuo all’interno della società. Ma poi arrivò il Covid, le aziende si svuotarono, molti lavoratori furono parcheggiati a casa, in attesa che l’epidemia passasse, altri venivano organizzati per il lavoro da remoto, cambiando completamento il rapporto tra l’azienda, il lavoratore e l’ambito lavorativo. I dipendenti che hanno continuato a lavorare da casa si sono spogliati delle vesti e delle maschere che spesso si portavano con loro, la mancanza di socialità ha concentrato lo sforzo esclusivamente sul lavoro e non anche sul contesto lavorativo, creando un abbassamento delle tensioni personali. I lavoratori hanno avuto modo, attraverso l’esperienza della produttività remota, di ripensare al modello aziendale in cui vivevano, alle contraddizioni, agli sforzi profusi negli anni, alle soddisfazioni e alle brucianti amarezze subite, ai dispetti e alla marginalizzazione a volte provate, alle motivazioni passate e a quelle attuali, al risvolto economico ed al tempo che si spende dentro un’azienda rispetto a quello all’esterno di essa. Molti hanno fatto dei bilanci, hanno sperimentato nuove priorità, creato un nuovo rapporto con il denaro guadagnato, con i desideri, le ambizioni e i progetti futuri. Al rientro in presenza nelle aziende i lavoratori non erano più gli stessi di due anni prima, ognuno segnato dalle proprie trasformazioni, alcuni più profondamente per la perdita di parenti od amici, con diverse centralità rispetto al passato e nuove aspettative. Un contesto del tutto nuovo anche per i managers, che dovevano continuare a gestire la forza lavoro ed elaborare strategie per ricominciare un percorso lavorativo insieme. In questa particolare occasione il comparto dirigenziale si è distinto in due categorie: la prima che ha preso coscienza che non era possibile non considerare quello che il mondo, e i lavoratori avevano vissuto, cercando di avere un approccio empatico e comunicativo con la forza lavoro, in modo da considerare nuove strategie di gestione che tenessero conto del carico di stress accumulato, per capire come evitare dei pericolosi punti di rottura. Managers che si sono improvvisati un po’ psicologi, il cui intento era capire come fosse cambiato il singolo lavoratore, quali nuove aspettative potesse avere e quali problemi si portava con sé, quali fossero le sue ambizioni e come si potesse farle coincidere con la crescita aziendale, insomma creare soddisfazione e appartenenza al gruppo. La seconda categoria di managers ha continuato a rapportarsi e a gestire i dipendenti come se nulla fosse successo, contando sulla dedizione al lavoro della squadra, sui loro sacrifici in termini intellettivi e di tempo e spronandoli a correre come prima, anzi più di prima, visto il tempo perso durante il Covid, facendogli capire ogni giorno che dovevano ringraziare l’azienda per la conservazione del loro posto di lavoro. Questa seconda categoria non si è accorta che il suo esercito è composto di persone che non vedono più nella loro divisa l’unica soddisfazione della propria vita, cerando, giorno per giorno, una frattura sempre più ampia. La presa di coscienza di una minore motivazione che le persone trovavano in un’azienda gestita da managers distanti, senza la capacità di una concreta comunicazione, con la mancanza di ascoltare il proprio gruppo, può creare al fenomeno chiamato Quiet Quitting. Il Quiet Quitting è un atteggiamento da parte dei lavoratori che, sintetizzato, significa fare il minimo sforzo possibile entro i termini corretti del contratto di lavoro, senza più farsi trascinare nel consumo delle proprie energie mentali e di tempo per l’azienda. Un modello di approccio al lavoro che è fortemente destabilizzante per le aziende, se non lo si capisce in tempo e se non si trovano gli strumenti corretti per arginarlo ed evitarlo. Non ci sono, richiami, minacce, allusioni ad aumenti di stipendio o altri bonus che possono risolvere il problema, in quanto il lavoratore non sta violando nessuna regola e la carota dei soldi non fa più presa come un tempo. Se il manager non capisce che nella propria squadra è nata un’insoddisfazione profonda, dove i lavoratori non hanno la possibilità di esprimersi, di realizzarsi, di trarre piacere da quello che fanno, all’interno dell’azienda, i dipendenti hanno due strade: cambiare lavoro o restare applicando il Quiet Quitting. Per i quadri direttivi è importante capire che il mondo è cambiato, che l’inquietudine e le difficoltà fuori dall’azienda hanno trasformato soprattutto i giovani, la forza più propositiva e dinamica di un’impresa, e che i rapporti e gli ambiti lavorativi devono essere diversi e gestiti in modo più collegiale ed empatico.
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