La mobilità attenta all’ambiente potrà puntare su nuovi carburanti dai rifiuti come il gasolio rinnovabile.
Niente si butta, tutto si trasforma. Potremmo sintetizzare così i principi per cui si è arrivati a progettare un biocarburante che fosse più ecologico e più performante del biodiesel di derivazione vegetale, creando un prodotto che utilizzasse anche i grassi e gli oli di scarto.
C’è un detto che recita: è nata prima la gallina o l’uovo? Nel caso del Diesel potremmo chiederci se è nato prima il biodiesel o il Diesel dagli Idrocarburi.
La risposta non è così scontata come sembra, perché la storia ci dice che è nato prima il biodiesel, attraverso gli studi degli scienziati E. Duffy e J. Patrick che compirono, nel 1853 la prima transesterificazione dell’olio vegetale per far funzionare il primo motore diesel.
Il 10 Agosto del 1893 Rudolf Diesel accese per la prima volta un motore alimentato a biodiesel e, successivamente, lo presentò all’esposizione internazionale di Parigi nel 1893, prevedendo un’alimentazione con biocombustibile prodotto dall’olio di arachidi.
Nel corso degli anni 20 del secolo scorso, i produttori dei motori per autotrazione modificarono i loro prodotti per poter utilizzare il nuovo diesel di derivazione petrolifera, con lo scopo di sfruttare la minore viscosità del diesel petrolifero a discapito di quello vegetale.
Inoltre, le industrie petrolifere puntarono sul mercato dell’autotrazione riuscendo a produrre un carburante più economico di quello vegetale, decretando la fine del biocarburante.
Da qualche anno, le preoccupazioni di carattere ambientale e la riduzione della differenza di prezzo tra il prodotto vegetale e quello fossile, hanno riportato all’attenzione del mercato i prodotti di origine non fossile.
Oggi si è fatto un ulteriore passo avanti progettando un carburante, che non solo non proveniente da fonti fossili, ma contempla nella sua ricetta anche derivanti dagli scarti dei grassi e degli oli.
Ma quali sono le differenze tra il biodiesel e il diesel rinnovabile?
Il biodiesel viene ottenuto attraverso la lavorazione dell’olio di girasole, di colza o di altre tipologie di piante, e presenta una viscosità comparabile con il gasolio di origine fossile. Il suo utilizzo, normalmente non prevede un uso al 100% nel motore, ma viene impiegato attraverso una miscela con il gasolio tradizionale, questo a causa del maggior potere solvente che metterebbe a rischio alcune guarnizioni all’interno dei motori più vecchi.
Nelle zone in cui il clima è particolarmente rigido, l’uso del biodiesel, a causa degli esteri contenuti, che aumentano il punto di fusione della miscela, necessita il riscaldamento dei serbatoi.
Dal punto di vista ambientale vi sono luci ed ombre sul prodotto, rispetto al gasolio di derivazione fossile, che potremmo riassumere in questi punti:
Il passo avanti fatto con la creazione del gasolio rinnovabile sta, non solo sull’utilizzo di materiali considerati rifiuti, ma anche nel suo processo produttivo.
Il gasolio rinnovabile, a differenza del biodiesel tradizionale che viene prodotto per esterificazione, utilizza il processo di produzione chiamato idrogenazione.
Questo processo consiste nella raffinazione dei grassi ed oli di scarto attraverso l’uso dell’idrogeno, dopo aver rimosso l’acqua, i sali e altre impurità presenti negli scarti. Successivamente il prodotto viene sottoposto a isomerizzazione dei legami chimici creando un mix composto da gas e liquidi.
I gas, a questo punto, vengono estratti recuperando l’idrogeno, che verrà riutilizzato nel processo successivo, mentre le parti liquide vengono distillate per creare il gasolio rinnovabile.
Vediamo i vantaggi di questo prodotto rispetto al biodiesel: