Le server farm sono imprese energivore con un impatto ambientale importantedi Marco ArezioSiamo abituati a scattare foto, cerare e condividere video, utilizzare le criptovalute, mandarci messaggi, interagire con le persone tramite i social, utilizzare la contabilità elettronica archiviata sul cloud. Tutto comodo, tutto semplice, tutto smart, peccato che non ci rendiamo conto dell’impatto ambientale che queste aziende possono provocare, utilizzando in modo continuo grandi quantità di corrente elettrica e di acqua per raffreddare i server. Per non far si che si possa pensare che ciò che non si vede, o non si sente in termini di odori o rumori, non possa costituire un problema, possiamo cominciare a dire che ogni Gigabyte che ci scambiamo o produciamo ha un costo energetico. Se moltiplichiamo i nostri Gigabytes per il numero di operazioni che facciamo quotidianamente con il telefonino o con il computer e, questi, con il numero di persone che contemporaneamente, durante il giorno fanno le medesime operazioni, ci troviamo di fronte ad una massa di dati che vengono scambiati ed archiviati dalle proporzioni colossali. Le multinazionali che si occupano di garantire i nostri archivi virtuali, cloud appunto, hanno fatto di questa necessità una fiorente attività, avendo costruito aziende fisiche in cui vengono istallati dei servers che creano lo spazio a noi necessario, affittandocelo per sempre. Per far funzionare questi data centers, in modo efficiente e continuativo, 24 ore su 24, viene impiegata una quantità enorme di energia elettrica, e di acqua per il raffreddamento degli impianti, che hanno un impatto negativo sull’ambiente. Facciamo un esempio, un data center può arrivare a consumare energia elettrica più di una cittadina media, indipendentemente dal traffico dati della zona, in quanto gli impianti vengono utilizzare al massimo, per soddisfare, in ogni singolo momento del giorno e della notte, le nostre esigenze virtuali o per far fronte alle anche ipotetiche, cioè gestire eventuali picchi di dati. Come risolvere il problema? Il progresso non è da fermare con soluzioni reazionarie, ma anzi è da incrementare e migliorare, ma attraverso un approccio più sostenibile ai nostri bisogni quotidiani. Possiamo portare l’esempio di Aruba, che ha costruito due nuovi data center sostenibili, studiando la possibilità di minimizzare l’impatto energetico e la creazione di CO2. I nuovi data center, che custodiranno i dati di milioni tra cittadini e d imprese, sono alimentati completamente da fonti rinnovabili, attraverso gli impianti fotovoltaici posizionati nella struttura, inoltre sistemi geotermici interni e una centrale idroelettrica di proprietà. L’unione di queste tre fonti rinnovabili di energia consente un approccio al lavoro più sostenibile, inoltre ha installato impianti geotermici, che beneficiano della presenza di acqua di falda, permettendo il raffreddamento delle macchine in modo ecologico.
SCOPRI DI PIU'I rottami metallici sono una parte fondamentale delle materie prime delle acciaieriedi Marco ArezioProbabilmente abbiamo capito che l’importanza del riciclo non si debba sentire solo nelle parole e nei proclami politici o commerciali, ma nei fatti di tutti i giorni, cercando di scegliere i prodotti che perseguono, veramente, la filosofia dell’economia circolare, intercettando il greenwashing, quell’ingannevole forma si informazione che ti fa credere che un prodotto sia circolare ma che in realtà non lo è, o lo è solo parzialmente. Non parliamo solo della plastica, che oggi è sulla bocca di tutti, ma anche dei metalli che, insieme al vetro e alla carta, formano la famiglia dei rifiuti di maggiore quantità, di cui ci dobbiamo occuparci ogni giorno. Come avviene la separazione dei metalli? I vari metalli ferrosi e non ferrosi che vengono raccolti sono inviati ai centri di selezione e riciclo, che provvedono, come prima operazione, a separarli per tipologie e dimensioni. La prima macro separazione avviene, infatti, eseguita dividendo quelli appartenenti alla famiglia dei metalli ferrosi e quella dei non ferrosi. Per capire meglio queste due famiglie possiamo dire che: I metalli ferrosi sono metalli e leghe metalliche che contengono il ferro, tra cui, le più conosciute sono l’acciaio e la ghisa. La ghisa si ottiene dall’altoforno e può essere successivamente affinata per ottenere acciaio oppure utilizzata in fonderia. La ghisa è molto dura e fragile, ha una resilienza molto bassa, un allungamento % a rottura praticamente nullo, quindi non può essere lavorata plasticamente, né a caldo né a freddo, ma può essere lavorata solo per fusione. L’acciaio viene ricavato dall’affinazione della ghisa, un’operazione che consiste nel diminuire il tenore di carbonio per ridurre gli elementi dannosi, come zolfo, fosforo, ossigeno, ecc., che possono derivare dai materiali di carica del forno o dai prodotti delle fasi precedenti di lavorazione. Infatti all’aumentare della quantità di carbonio aumentano: - resistenza meccanica, - durezza, - temprabilità, - colabilità/fusibilità, - resistenza all’usura Diminuisce invece: - allungamento A% - resistenza meccanica - lavorabilità e plasticità a freddo - saldabilità Inoltre gli acciai si dividono in duri, semiduri e dolci, infatti, gli acciai dolci presentano una resistenza a trazione molto più bassa di quella degli acciai duri, però sono più malleabili, più duttili e più resistenti agli urti. Sono facilmente saldabili e lavorabili dalle macchine utensili, ma sono meno resistenti all’usura e alla corrosione rispetto agli acciai duri. Durante la preparazione, in fase di fusione, è possibile aggiungere dei leganti ferrosi o non ferrosi per aumentarne le prestazioni, chiamando quindi questi acciai legati o non legati. Vediamo quale influenza hanno i leganti nella preparazione dell'acciaio: Cromo (Cr) Si trova spesso negli acciai, migliorando la durezza, la resistenza meccanica e la resistenza all’usura. In quantità maggiori del 12% rende l’acciaio inossidabile.Nichel (Ni) Si trova spesso insieme al cromo, migliorando tutte le proprietà meccaniche dell’acciaio, come la resistenza alla corrosione, mentre diminuisce la dilatazione termica e la saldabilità. Il nichel si trova anche negli acciai inox in quantità che dipende dal tenore di cromo. Molibdeno (Mo) Migliora la temprabilità e attenua il fenomeno della “fragilità di rinvenimento”. Insieme al cromo e al nichel realizza gli acciai con le migliori proprietà meccaniche (Rm fino a 1200 N/mm2).Silicio (Si) È contenuto naturalmente nell’acciaio in piccole quantità (circa 0,3%), se invece è aggiunto intenzionalmente fino al 2% circa, aumenta la resistenza meccanica, all’ossidazione e soprattutto aumenta notevolmente l’elasticità. Infatti gli acciai al silicio vengono usati per realizzare molle. Manganese (Mn) Aumenta la durezza, la resistenza meccanica e la resistenza a usura, Inoltre migliora notevolmente la temprabilità ma causa il fenomeno della “fragilità di rinvenimento”. Tungsteno (W) – Cobalto (Co) – Vanadio (V) – Titanio (Ti) Sono tutti elementi molto duri che, aggiunti nell’acciaio, gli conferiscono elevatissima durezza che si mantiene anche alle alte temperature. Queste caratteristiche meccaniche si trovano negli acciai per utensili. Piombo (Pb) – Zolfo (S) Sono elementi nocivi per l’acciaio perché gli conferiscono elevata fragilità. Si possono, però, trovare in piccole quantità perché la fragilità indotta dalla loro presenza facilita il distacco del truciolo e favorisce la lavorabilità alle macchine utensili. Tali acciai sono detti automatici. Zolfo (S) – Fosforo (P) – Idrogeno (H) – Azoto (N) – Ossigeno (O) Sono tutti elementi nocivi perché si legano chimicamente con il ferro o con il carbonio formando composti che rendono molto fragile l’acciaio. La loro presenza, quindi, deve essere ridotta al minimo. Per quanto riguarda i materiali non ferrosi si possono definire tali tutte quelle leghe che al loro interno non contengano ferro, o ne contengono una frazione trascurabile. Possiamo elencare tra i metalli non ferrosi il magnesio, il rame, lo zinco, il bronzo, piombo, il nichel, l’ottone e l’alluminio. I metalli non ferrosi uniti ad altri metalli possono generare una grande quantità di leghe, con lo scopo di apportare migliorie alle prestazioni meccaniche, alla lavorabilità, alla resistenza alla corrosione e alle alte temperature del metallo di base. Inoltre, vengono divisi anche in categorie di densità: Pesanti con un peso superiore a 5000 Kg. per Mc Leggeri con un peso tra i 2000 e i 5000 Kg. per Mc L'impiego dei metalli non ferrosi può essere fatto allo stato puro, o in leghe con altri elementi. Le loro maggiori peculiarità sono caratterizzate dalla leggerezza, dall’inossidabilità, dall’alta conduzione elettrica e termica, dalla durezza, da un alto punto di fusione e dalla malleabilità.Come vengono riciclati i metalli? Abbiamo visto che la prima operazione è quella di individuare le famiglie di appartenenza e di separarle tra loro per avviare i metalli al riciclo. Questo comincia con la riduzione volumetrica dei rottami, attraverso impianti meccanici che hanno lo scopo, non solo di ridurne la dimensione, ma anche di separare eventuali elementi inquinanti presenti nel rottame stesso. Questi impianti di primo trattamento hanno incorporati nella linea sistemi gravitazionali, a corrente parassita, vagli e separatori magnetici, che hanno lo scopo di nobilitare il rottame metallico trattato. Questo, una volta selezionato, viene inviato alle acciaierie per il loro utilizzo insieme ad altri materiali, che permette la creazione di nuovi elementi costituiti da rottame di riciclo. Il riciclo delle scorie delle acciaierie Nell’ambito dell’economia circolare il riutilizzo delle scorie degli altoforni è diventato un tema molto sensibile, non solo dal punto di vista economico, a causa dei costi sempre più alti dello smaltimento in discarica, ma anche per una questione di carattere ambientale. Infatti, lo smaltimento in discarica di queste scorie che contengono metalli pesanti, è un fattore di forte preoccupazione ambientale, per cui, attraverso il loro riciclo, è possibile estrarre i metalli preziosi dalle ceneri di scarto. Una volta riciclate, risultano un materiale inerte che viene utilizzato nei forni delle cementerie, oppure per la realizzazione di materiali ceramici, fibre vetrose, inerte di riempimento o nelle pavimentazioni stradali.Categoria: notizie - metalli - economia circolare - riciclo - rifiuti - rottamerNEWS
SCOPRI DI PIU'La costruzione del reattore Tokamak in Francia lascia grandi speranze per l'energia prodotta attraverso la fusione nuclearedi Marco ArezioTokamak è un mega reattore nucleare in fase di costruzione nel sud della Francia e precisamente a Saint Paul Lez Durance, in base all’accordo siglato nel 2005 tra Unione Europea, Stati Uniti, Svizzera, Russia, Giappone, India e Corea del Sud. E’ già stato definito il progetto energetico del secolo in quanto ha l’obbiettivo di produrre energia nucleare pulita.Come funziona la fusione nucleare? A differenza del processo produttivo fino ad oggi utilizzato nelle centrali atomiche per la produzione di energia, che si basa sulla fissione nucleare, cioè la creazione energetica attraverso la separazione degli atomi, il nuovo concetto espresso da Tokamak sarà basato sul processo di fusione degli stessi, creando almeno 10 volte l’energia che si produceva attraverso la fissione nucleare. Il processo avviene attraverso il riscaldamento del gas idrogeno a 100 milioni di gradi, trasformandolo allo stato di plasma, controllato da enormi magneti che ne seguono l’evoluzione finchè gli atomi di questo plasma si fondono tra loro liberando energia. Il plasma può essere considerato come il quarto stato della materia, accostabile a quello liquido, gassoso e solido. Perché si parla di energia pulita? Il processo della fusione nucleare da degli indubbi vantaggi per la gestione delle scorie radioattive in quanto, se prendiamo in considerazione le scorie provenienti dalla fissione nucleare, sappiamo che per circa 3000 anni restano radioattive, mentre quelle derivanti dalla fusione nucleare già al 12° anno avranno dimezzato i loro effetti radioattivi. Non c’è dubbio che gli studi sul riutilizzo delle scorie prodotte dalle future centrali a fusione nucleare devono essere ancora completati, per cercare la via di inertizzare la radioattività al loro interno e, soprattutto, per riutilizzare il materiale di scarto nei nuovi processi produttivi. Solo allora si potrà parlare di energia rinnovabile da fusione nucleare. C’è comunque un cauto ottimismo sulla possibilità di giungere, alla fine di questo iter scientifico, ad una risposta positiva in termini di economia circolare delle scorie. Quando potrà entrare in funzione Tokamak? Lo stato costruttivo della centrale ha visto quest’anno la fine dei lavori edili primari necessari ad accogliere il mega reattore, il quale è in fase di costruzione ed è giunto a circa il 60% del suo cammino costruttivo. Se il processo di realizzazione di Tokamak non troverà impedimenti, l’accensione all’interno della centrale dovrebbe avvenire nel 2025. Ci vorranno ancora alcuni decenni prima che l’energia atomica prodotta con la fusione nucleare sia adottata su larga scala nel mondo, considerando che l’investimento, fatto in Francia dal team di paesi, raggiungerà i 20 miliardi di euro al termine del lavoro. Come si è giunti a questo accordo esteso a diversi paesi? E’ da molto tempo che si parla di poter costruire la prima centrale nucleare a fusione di atomi ed ufficialmente ne avevano già parlato Ronald Regan e Mikhail Gorbaciof nel 1985 durante un vertice USA-URSS a Ginevra. Entrambi i paesi stavano studiando il processo di fusione nucleare ma era necessario, sia per il completamento degli studi scientifici che per l’enorme investimento, la partecipazione altri paesi. Si è arrivati così all’accordo del 2005 che ha creato un team internazionale di paesi interessati, necessario per poter portare avanti questo ambizioso programma energetico.Vedi maggiori informazioni
SCOPRI DI PIU'Il Caso della Formula del Polipropilene Perduta a Milano. Capitolo 6: Il Puzzle Incompletodi Marco ArezioAll’interno dei laboratori di MilanTech, il commissario Lucia Marini osservava con attenzione mentre Enrico Sartori e il professor Ferrari lavoravano fianco a fianco, immersi nella complessa procedura di decifrare la formula del polipropilene. L'atmosfera era carica di un'attesa quasi tangibile, ogni movimento preciso, ogni sguardo concentrato sullo schermo del computer davanti a loro. Il silenzio era rotto solo dal ticchettio delle tastiere e dal mormorio occasionale delle macchine. Enrico Sartori e il professor Ferrari erano seduti uno accanto all'altro, davanti a una grande lavagna con scritte molte formule chimiche. Ferrari: "Enrico, da dove iniziamo? Questa sequenza di dati è monumentale." Sartori: "Concentriamoci prima sulle sezioni che riconosciamo. La formula è criptata, ma alcune parti dovrebbero seguirci come un filo d'Arianna." Mentre scorrevano i dati, la concentrazione era palpabile. Ogni tanto, Ferrari si fermava, indicando la lavagna. Ferrari: "Ecco, questa parte qui. Questi composti non ti sembrano familiari?" Sartori: "Sì, assolutamente. Questa è una sequenza che ho sviluppato durante i miei primi esperimenti. Se seguiamo questa via, potremmo..." La loro conversazione tecnica continuava, saltando da una scoperta all'altra, mentre iniziavano a decifrare pezzi della formula. Ma, dopo ore di lavoro, Sartori si arrestò bruscamente, un'espressione di confusione sul volto. Sartori: "Aspetta, questo non ha senso. Questa parte della sequenza... manca. È come se fosse stata estratta deliberatamente." Ferrari, inclinando la testa per vedere meglio la pergamena, annuì lentamente. "Vedo cosa intendi. Ma perché qualcuno dovrebbe togliere solo una parte? Se volessero impedirci di ricostruirla, perché non distruggere tutto?" Sartori: "Questo è esattamente ciò che mi preoccupa. È come se... come se qualcuno volesse essere l'unico a detenere la formula completa." Il professor Ferrari, con la fronte corrugata in una smorfia di preoccupazione, si chinò per esaminare meglio il problema. "Come è possibile? Pensavo avessi detto che solo tu sapevi della pergamena, Enrico." Sartori, pallido, si passò una mano tra i capelli in segno di frustrazione. "Era quello che credevo... ma ora," la sua voce tremava leggermente, "inizio a chiedermi se sono stato pedinato o spiato. Perché qualcuno dovrebbe togliere solo una parte della formula invece di rubare direttamente la pergamena?" Marini, che aveva seguito silenziosamente il loro lavoro, intervenne: "Potrebbe significare che il ladro ha voluto assicurarsi di essere l'unico a possedere la formula completa. Forse 'Il Custode' sapeva già dove si trovava la sequenza mancante e ha agito per mantenere il controllo esclusivo su di essa." Il pensiero che 'I Custodi dell'Ombra' potessero essere un passo avanti rispetto a loro gettava un'ombra ancora più cupa sulla situazione. "Dobbiamo scoprire dove si trova la parte mancante della formula," disse Marini, il suo tono deciso. Sartori, ancora scosso dalla rivelazione, annuì lentamente. "C'è solo un posto dove 'Il Custode' avrebbe potuto nascondere la sequenza senza destare sospetti... un luogo che conosce solo la cerchia interna dei Custodi." Marini si avvicinò, l'interesse era palpabile. "E dove sarebbe, Enrico?" "Al castello di Corenno Plinio," rispose Sartori. "Un luogo che per noi era più un santuario della scienza che un rifugio. Se c'è una speranza di trovare la formula completa, è lì." Sartori era a conoscenza del castello di Corenno Plinio e del suo ruolo come luogo di riunione per 'I Custodi dell'Ombra' grazie al suo coinvolgimento, seppur riluttante, con l'organizzazione. Durante i primi giorni della sua collaborazione, era stato invitato a partecipare a una riunione al castello, presentata come un'opportunità per discutere il futuro della scienza e della tecnologia con menti affini. Questa esperienza gli aveva rivelato l'esistenza e le intenzioni più oscure dei Custodi, ma anche l'importanza che essi attribuivano a Corenno Plinio come loro santuario segreto. Decisa a non perdere tempo, Marini organizzò immediatamente una spedizione verso il castello, armata di questa nuova informazione. Prima di partire, però, notò un piccolo foglietto caduto a terra vicino alla postazione di lavoro di Sartori. Lo raccolse, scoprendo che era un appunto scritto a mano con una serie di coordinate e la parola "Corenno", si convinse che poteva essere la pista giusta. Il fogliettino con le coordinate di Corenno Plinio, ritrovato dal commissario Marini, era un indizio lasciato involontariamente da uno dei membri dei Custodi. Nei giorni precedenti la rivelazione di Sartori, 'I Custodi dell'Ombra' avevano incrementato le loro precauzioni, temendo che la collaborazione di Sartori con la polizia potesse esporre il loro segreto meglio custodito. Durante una delle loro comunicazioni criptate, avevano deciso di rivedere i protocolli di sicurezza intorno al castello, e uno dei membri, operando in fretta, aveva annotato le coordinate su un foglietto come promemoria personale. Questo membro, in seguito identificato come un intermediario tra Sartori e il resto dell'organizzazione, aveva visitato il laboratorio per assicurarsi che Sartori stesse seguendo le direttive dei Custodi e, in quella circostanza, aveva perso il foglietto. "Potrebbe essere questo l'indizio che ci serve," mormorò Marini, mostrandolo a Conti. Il castello di Corenno Plinio, nascosto tra le nebbie del tempo sulla sponda orientale del Lago di Como, si ergeva come un monolite silenzioso, testimone di secoli di storia. Nei racconti degli abitanti locali, il castello era avvolto in un'aura di mistero e leggenda, un luogo che pochi osavano avvicinare, ancor meno esplorare. Costruito in epoca medievale, con le sue torri che si stagliavano contro il cielo e le mura che sembravano sorgere direttamente dalla roccia, il castello aveva visto passare signori e contadini, guerre e pace, ma ora, negli anni '50, aveva trovato una nuova e più oscura vocazione: quella di essere il cuore pulsante dell'organizzazione segreta nota come 'I Custodi dell'Ombra'. Il paese di Corenno Plinio, adagiato ai piedi del castello, era un insieme pittoresco di case in pietra e viuzze acciottolate, dove la vita scorreva lenta, immutabile al passare del tempo. In quel periodo, il paese viveva principalmente di pesca e di un timido turismo, attratto dalle incantevoli vedute del lago e dalla semplice ospitalità dei suoi abitanti. Le famiglie di Corenno Plinio, unite da generazioni di conoscenza reciproca e da legami di parentela, condividevano le gioie e le fatiche quotidiane, creando una comunità stretta e resiliente. Tuttavia, nonostante la serenità apparente, l'ombra del castello aleggiava sul paese. Molti erano i racconti sussurrati di notte, vicino al fuoco, su strane luci che a volte brillavano tra le antiche mura o su figure incappucciate che si muovevano in silenzio lungo i sentieri boscosi che portavano al castello. Per la maggior parte degli abitanti, queste storie erano solo vecchie leggende, ma per alcuni, erano un monito a mantenere le distanze dal castello e dai suoi segreti. Nessuno a Corenno Plinio sapeva della vera natura del castello come sede dei 'Custodi dell'Ombra', né delle loro riunioni segrete in cui si decideva il destino della scienza lontano dagli occhi del mondo. L'organizzazione aveva scelto il castello proprio per la sua isolata bellezza e per la tranquillità che il paese offriva, un luogo dove poter operare indisturbati, celati dalla nebbia e dal silenzio. Quando il commissario Lucia Marini e il suo team arrivarono a Corenno Plinio, seguendo le tracce lasciate da Sartori e dal misterioso foglietto, si trovarono di fronte a questo contrasto tra la quiete del paese e l'inquietante presenza del castello. Mentre iniziavano le loro indagini, cercando di tessere insieme i fili di un intrigo che si estendeva ben oltre i confini del paese, si resero conto che il castello di Corenno Plinio era molto più di un semplice luogo di incontro per scienziati dall'etica discutibile; era un enigma da risolvere, il cuore di un mistero che avrebbe potuto cambiare per sempre la vita del paese e il corso della scienza stessa. Per raccogliere informazioni cruciali riguardo al castello di Corenno Plinio e agli insoliti movimenti di persone che potrebbero essere collegati a 'I Custodi dell'Ombra', il commissario Lucia Marini decise di parlare con tre figure chiave della comunità. Il suo piano includeva un incontro con il dottor Francesco Branchini, medico condotto volontario, il maresciallo Marco Valenti, comandante della caserma dei carabinieri di Dervio, il piccolo paese confinante con Corenno Plinio e sotto la cui competenza giurisdizionale cadeva il comune del castello, e infine il sindaco di Corenno Plinio, il signor Giorgio Albertini. Marini iniziò la sua indagine dal dottor Branchini, trovandolo nella sua abitazione, un'incantevole casa vista lago situata in fondo alla scala che dalla piazza della chiesa scendeva verso il lago. Il dottor Branchini, un medico pavese ritiratosi in pensione sul lago, dedicava il suo tempo alla comunità offrendo servizi medici gratuitamente. Era conosciuto e amato da tutti per la sua generosità e per la sua passione per la pesca e la vita sul lago. Marini: "Buongiorno, dottor Branchini. Sono il commissario Lucia Marini. Spero di non disturbarla." Branchini: "Commissario Marini, benvenuta a Corenno Plinio. È raro vedere la polizia qui, soprattutto per una visita di cortesia. Come posso esserle utile?" Marini: "Sto indagando su alcuni eventi recenti legati al castello qui vicino. Abbiamo motivo di credere che possa esserci stata un'attività insolita. Lei ha notato qualcosa di strano, magari persone non del posto o comportamenti sospetti?" Branchini: "Ah, il castello. Un luogo affascinante, ma sempre stato avvolto da un'aura di mistero. Devo dire che, nella mia tranquilla routine di pensionato, passo la maggior parte del mio tempo tra la pesca, la mia piccola barca a remi e la cura della mia casa. Tuttavia, è vero che ultimamente ho visto alcune facce nuove, persone che non sembravano turisti né interessati alla bellezza del nostro lago." Marini: "Potrebbe dirmi di più su queste persone? Ogni dettaglio potrebbe essere importante." Branchini: "Certamente, commissario. Alcuni di questi individui avevano l'aria di chi cerca di passare inosservato, ma senza riuscirci realmente. Spesso li vedevo all'alba, quando prendo la mia barca per qualche ora di pesca. Si dirigevano verso il castello, ma non sembravano apprezzare la natura o il silenzio del mattino, come fanno la maggior parte delle persone che vengono qui." Marini: "Interessante, dottor Branchini. La sua testimonianza potrebbe rivelarsi molto utile. La ringrazio per la sua collaborazione." Branchini: "È il minimo che posso fare per il nostro tranquillo paese. Se ci sono altre domande o se posso aiutarla in qualche altro modo, non esiti a chiedere, commissario." Dopo aver ringraziato il dottor Branchini per le preziose informazioni e per l'ospitalità, Marini si apprestò a continuare la sua indagine parlando con il maresciallo Marco Valenti della caserma dei carabinieri di Dervio e il sindaco Giorgio Albertini, sperando di mettere insieme i pezzi del puzzle e di scoprire cosa stesse realmente accadendo nel misterioso castello di Corenno Plinio. Maresciallo Marco Valenti era il caposaldo della stazione dei carabinieri di Dervio, una piccola località a ridosso del Lago di Como. Con una carriera lunga e onorata alle spalle, Valenti era noto per il suo approccio equilibrato alla legge, una miscela di fermezza e umanità che gli aveva guadagnato il rispetto sia dei colleghi che della comunità locale. Oltre alla sua dedizione al dovere, Valenti era un uomo di grande cuore, profondamente radicato nella vita del paese, partecipando attivamente alla vita sociale e offrendo spesso una mano amica a chi ne aveva bisogno. Il commissario Lucia Marini, insieme al suo assistente, arrivò alla stazione dei carabinieri di Dervio nel tardo pomeriggio. Ad accoglierli fu proprio il maresciallo Valenti, un uomo di statura media, con i capelli iniziando a ingrigire e uno sguardo che trasmetteva sia autorità che gentilezza. Marini: "Buonasera, maresciallo Valenti. Sono il commissario Lucia Marini, e questo è il mio assistente. Veniamo dalla questura di Milano per discutere di una questione di particolare importanza." Valenti: "Commissario Marini, benvenuti a Dervio. È un piacere fare la vostra conoscenza. Come posso assistervi?" Marini: "Siamo qui per un'indagine legata al castello di Corenno Plinio. Abbiamo motivo di credere che possa essere in corso un'attività sospetta, forse legata a un gruppo conosciuto come 'I Custodi dell'Ombra'. Siamo interessati a monitorare gli spostamenti nella zona nei prossimi giorni e ci chiedevamo se poteste collaborare con noi inviando delle pattuglie." Valenti annuì, ascoltando attentamente le parole del commissario. Valenti: "Il castello di Corenno Plinio, eh? Sì, è una struttura che ha sempre destato curiosità, anche tra noi del posto. Riguardo alla vostra richiesta, saremo più che felici di assistervi. La sicurezza dei nostri cittadini e la tutela del nostro patrimonio sono priorità assolute." Marini: "Apprezziamo molto la vostra disponibilità, maresciallo. Oltre alle pattuglie, ci sarebbe utile sapere se avete notato recentemente movimenti insoliti o persone sconosciute nei dintorni del castello." Valenti: "Ultimamente la zona è stata tranquilla, ma teniamo sempre gli occhi aperti. Ora che mi avete informato, aumenteremo la nostra vigilanza e vi terremo aggiornati su qualsiasi sviluppo." Nel proseguire la loro conversazione, il commissario Lucia Marini rivolse al maresciallo Marco Valenti un'altra domanda, mirando a scavare più a fondo nelle possibili attività sospette legate al castello di Corenno Plinio. Marini: "Maresciallo, nei vostri anni di servizio qui a Dervio, avete mai notato qualcosa di sospetto riguardante il castello? E, per caso, esiste un'area all'interno o nei pressi del castello che sembra abitata o utilizzata di recente?" Valenti rimase in silenzio per un momento, riflettendo sulle sue esperienze passate e su quanto avesse osservato nel corso degli anni. Valenti: "Commissario, il castello ha sempre avuto un'aura di mistero, come sa. Nel corso degli anni, ci sono stati diversi rapporti di attività sospette, ma nulla che abbiamo potuto confermare concretamente. La maggior parte delle volte, si sono rivelati falsi allarmi o semplici curiosi attratti dalle leggende del castello." Fece una pausa, pensando alla seconda parte della domanda. Valenti: "Per quanto riguarda un'area abitata, il castello è ampio e pieno di vecchi anfratti. Alcune parti sono crollate o sono inaccessibili. Tuttavia, ci sono state occasioni in cui abbiamo trovato tracce che suggerivano una presenza umana recente. Niente di definitivo, intendiamoci, ma accampamenti temporanei o fuochi spenti da poco. Sempre niente che potesse indicare una presenza stabile o permanente." Marini: "Interessante, maresciallo. Queste tracce di presenza umana, avete mai potuto collegarle a qualcuno o a qualcosa in particolare?" Valenti: "Purtroppo no, commissario. La natura isolata del castello e la facilità con cui si può rimanere nascosti tra le sue mura hanno sempre reso difficile tracciare chiunque decida di utilizzarlo per... beh, per qualsiasi scopo. Tuttavia, ora che mi avete informato della vostra indagine, presteremo particolare attenzione a questi dettagli." Marini: "Vi ringrazio, maresciallo. Ogni pezzo di informazione potrebbe essere il tassello che ci manca. La vostra collaborazione è preziosa." Valenti: "Siamo qui per questo, commissario. E se ci fossero sviluppi o se dovessimo trovare qualcosa di concreto, sarete i primi a saperlo." Concludendo il loro colloquio, Marini si sentì un passo più vicina a svelare i misteri del castello di Corenno Plinio. La menzione di segni di presenza umana recente all'interno del castello aggiungeva un ulteriore livello di urgenza alla sua indagine, alimentando la sua determinazione a scoprire la verità nascosta tra le antiche mura. Sciolsero la riunione con una stretta di mano, Marini e Valenti confermarono la loro collaborazione, segnando l'inizio di un'operazione congiunta volta a svelare i segreti che si celavano dietro le antiche mura del castello di Corenno Plinio. Per Marini, l'incontro con Valenti non solo aveva rafforzato le sue speranze di risolvere il caso, ma aveva anche evidenziato la forza della comunità e il valore dell'unione di sforzi per un obiettivo comune. Il municipio di Corenno Plinio si trovava nel centro del piccolo paese, un'antica costruzione in pietra che si ergeva maestosa sulla piazza principale, testimone silenzioso delle generazioni che si erano succedute nel corso degli anni. L'edificio, risalente al XVII secolo, conservava ancora l'eleganza della sua architettura originaria, con i suoi archi in pietra accuratamente lavorati e le finestre ad arco che si affacciavano sulle strette vie acciottolate del paese e sulle acque scintillanti del lago di Como. La facciata era ricoperta di edera, che si arrampicava fino al tetto di tegole rosse, donando all'edificio un aspetto quasi incantato, come se fosse uscito direttamente da una fiaba. Un piccolo orologio, posizionato al centro della facciata sopra l'ingresso principale, scandiva inesorabile il tempo che fluiva lentamente a Corenno Plinio, ricordando agli abitanti l'importanza della storia e delle tradizioni. L'ufficio del sindaco, situato al primo piano, era accessibile attraverso una scala in pietra, anch'essa antica, che cigolava sotto il peso dei passi. Questo spazio, pur essendo funzionale come qualsiasi ufficio moderno, conservava il fascino dell'antico, con mobili in legno scuro che parevano essere stati lì da sempre, librerie colme di volumi polverosi che raccontavano la storia del paese e dei suoi dintorni, e un grande camino in pietra che occupava una parete intera, testimone silenzioso di innumerevoli inverni. La scrivania del sindaco, un massiccio pezzo di falegnameria artigianale, dominava la stanza, collocata davanti a una delle grandi finestre che offrivano una vista mozzafiato sul lago. Sopra la scrivania, tra documenti e cartelle, troneggiava un antico calamaio di ottone, accanto a una penna d'oca che sembrava aspettare solo di essere usata per scrivere il prossimo capitolo della storia di Corenno Plinio. Nonostante l'ufficio fosse dotato di tutti gli strumenti necessari per l'amministrazione moderna, come macchine da scrivere e schedari di metallo, era palpabile una sensazione di rispetto per il passato, come se il sindaco Giorgio Albertini avesse voluto creare un ponte tra le epoche, unendo la saggezza degli antichi alla visione del futuro. Questo spazio non era solo un luogo di lavoro, ma un simbolo dell'identità di Corenno Plinio, un rifugio dove ponderare le decisioni che avrebbero plasmato il destino del paese e dei suoi abitanti. Il sindaco Giorgio Albertini, uomo di mezza età con un viso accorto e occhi scrutatori, era noto per la sua capacità di navigare le complesse dinamiche politiche e sociali di Corenno Plinio. Tuttavia, la sua abilità nel mantenere un certo livello di ambiguità nelle sue risposte lo rendeva una figura enigmatica agli occhi di molti. Quando il sindaco fece il suo ingresso nell'ufficio, il commissario Lucia Marini si alzò in piedi, estendendo la mano in segno di saluto. Albertini, un uomo dall'aspetto curato con un leggero accenno di canizie ai lati della testa, ricambiò il gesto con un sorriso cordiale ma misurato. Marini: "Buongiorno, signor sindaco. Sono il commissario Lucia Marini, della questura di Milano. La ringrazio per avermi concesso questo incontro." Albertini: "Il piacere è mio, commissario. Come posso esserle utile?" Marini: "Vengo direttamente al punto, signor sindaco. Sono qui a Corenno Plinio per una questione che riguarda la sicurezza del paese e, potenzialmente, del territorio circostante. Senza entrare nei dettagli delle nostre indagini, posso dirle che ci sono state segnalazioni di attività sospette che potrebbero avere implicazioni significative." Albertini, ascoltando attentamente, annuì lentamente, mantenendo comunque un'espressione neutra. Albertini: "Capisco. E in che modo pensa che io possa assistervi, commissario?" Marini: "Data la sua posizione e la conoscenza che ha del paese e dei suoi abitanti, qualsiasi informazione su movimenti insoliti o persone sconosciute che avete notato negli ultimi tempi potrebbe essere di grande aiuto. Inoltre, saremmo interessati a sapere se il castello di Corenno Plinio è stato utilizzato per riunioni o eventi recentemente." Il sindaco prese un momento per riflettere prima di rispondere, pesando evidentemente le sue parole. Albertini: "Corenno Plinio è, come sa, un luogo tranquillo, e ci teniamo a preservare questa pace. Tuttavia, comprendo la gravità delle sue parole e la ringrazio per non aver divulgato dettagli che potrebbero allarmare la popolazione senza necessità. Riguardo al castello, non mi risulta che sia stato utilizzato per eventi recenti. È, per la maggior parte, un sito di interesse storico visitato saltuariamente da turisti e studiosi." Marini, ascoltando la risposta del sindaco, non poté fare a meno di percepire un velo di reticenza nelle sue parole. La sua esperienza le suggeriva che, in casi come questo, le omissioni potevano essere tanto significative quanto le informazioni condivise. Con una determinazione rinnovata, il commissario Lucia Marini decise di premere ulteriormente il sindaco Giorgio Albertini, cercando di ottenere informazioni più concrete. Marini: "Signor sindaco, mi permetta di essere più diretta. Ho appreso che lei risiede in una zona del paese da cui si ha una visuale privilegiata del castello. Mi sorprende che, nonostante questa posizione vantaggiosa, non abbia notato nulla di insolito, specialmente considerando che alcuni dei suoi concittadini hanno segnalato movimenti sospetti all'alba." Il sindaco Albertini sembrò per un momento colto di sorpresa dalla diretta osservazione di Marini, e un'ombra di esitazione attraversò il suo volto prima di rispondere. Albertini: "Commissario, la mia abitazione, sebbene abbia effettivamente una vista sul castello, non mi rende onnisciente. Le giornate del sindaco, come può immaginare, iniziano spesso molto presto e terminano tardi, e il mio focus è, naturalmente, rivolto verso il benessere del paese e dei suoi abitanti." Marini: "Capisco le responsabilità che ricadono su di lei, signor sindaco, ma stiamo parlando di segnalazioni di attività sospette in un luogo così carico di storia e mistero come il castello di Corenno Plinio. Attività che potrebbero avere implicazioni ben più ampie per la sicurezza pubblica. È davvero possibile che queste siano passate completamente inosservate da parte sua?" Albertini sembrò riflettere per un momento prima di rispondere, misurando attentamente le sue parole. Albertini: "Commissario Marini, la mia priorità è, e sarà sempre, la sicurezza e il benessere di Corenno Plinio e dei suoi abitanti. Tuttavia, devo ammettere che le sue parole hanno suscitato in me una certa preoccupazione. Rifletterò su quanto mi ha detto e, se dovessero emergere informazioni rilevanti che potrebbero assistere nelle sue indagini, le assicuro che non esiterò a contattarla." Marini: "La ringrazio per la sua collaborazione, signor sindaco. Spero che possiamo contare sul suo supporto continuo mentre procediamo con le nostre indagini." Albertini: "Naturalmente, commissario. La sicurezza dei miei concittadini è la mia priorità. Non esiti a contattarmi se ci fosse altro in cui posso essere d'aiuto." Concludendo il loro colloquio, Marini non poté fare a meno di sentirsi ancora in qualche modo insoddisfatta. Sebbene Albertini avesse infine mostrato una certa apertura, la sua risposta rimaneva avvolta in un velo di ambiguità che lasciava il commissario con più domande che risposte. Determinata a scoprire la verità nascosta dietro le mura del castello di Corenno Plinio, Marini sapeva che il suo lavoro era tutt'altro che finito. La strada per la verità si annunciava lunga e tortuosa, ma era decisa a percorrerla fino in fondo.
SCOPRI DI PIU'Il riciclo dell'alluminio è un'attività fondamentale nel campo dell'economia circolare, permettendo di rimettere in produzione, in modo continuativo, i prodotti a fine vita. Anche la società francese Constellium, come ci racconta A. Jadoul, ha deciso di incrementare il riciclo dell'alluminio nei suoi siti produttivi.Il gruppo che si occupa di alluminio vuole aumentare le proprie capacità di almeno 60.000 tonnellate all'anno per servire i mercati del packaging e dell'automotive. Constellium vuole aumentare i suoi volumi di riciclaggio dell'alluminio in Europa. Il gruppo francese ha annunciato l'intenzione di aggiungere almeno 60.000 tonnellate all'anno alle sue attuali capacità, che raggiungono circa 560.000 tonnellate in tutto il mondo. Questa produzione sarà destinata ai suoi clienti del settore automobilistico e del packaging. “L'alluminio è l'epicentro di diversi mega trend di sostenibilità nei nostri mercati finali del packaging, automobilistico e dei trasporti. Di conseguenza, i nostri clienti richiedono sempre più prodotti che siano prodotti in modo sostenibile e responsabile. Riteniamo che questo investimento consentirà a Constellium di espandere la sua offerta di prodotti a basse emissioni di carbonio per soddisfare le esigenze dei suoi clienti ", afferma Jean-Marc Germain, CEO del gruppo. Constellium prevede di finalizzare l'ambito e l'ubicazione del progetto entro la fine del 2021, in base agli progetti di ingegneria e dell'ottenimento delle autorizzazioni richieste. La produzione dovrebbe iniziare entro due anni dall'inizio della costruzione. Per ora, la principale unità di riciclaggio delle lattine del gruppo si trova a Neuf-Brisach (Haut-Rhin), in Francia. Un circuito chiuso per lattine Gli esperti ricordano che le lattine di alluminio dei contenitori per le bevande più riciclate, “rinascono all'infinito in un processo 'a circuito chiuso' che le rimette sugli scaffali in 60 giorni” . "Nell'industria automobilistica e dei trasporti, l'alluminio aiuta a far progredire la mobilità verde migliorando il risparmio di carburante, riducendo le emissioni di CO2, aumentando la gamma dei veicoli elettrici e migliorando la sicurezza", aggiungono. E per specificare che l'alluminio è infinitamente e facilmente riciclabile, il 75% di tutto l'alluminio mai prodotto viene utilizzato ancora oggi. Gruppo di lavorazione dell'alluminio presente principalmente nei settori aeronautico, automobilistico e del packaging, Constellium ha realizzato nel 2019 un fatturato di 5,9 miliardi di euro, con una forza lavoro di 13.000 persone e 25 stabilimenti.Categoria: notizie - alluminio - economia circolare - rifiuti - metalli
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