Cemento Armato: Quali i Vantaggi delle Armature Polimeriche anziché in Acciaiodi Marco ArezioDa che conosciamo la storia del cemento armato, le cui origini, verso la fine del XIX° secolo, non sono facilmente attribuibili, possiamo dire che il matrimonio tra calcestruzzo e acciaio sia stato inossidabile.La nascita di questa unione si può far risalire ad una serie di personaggi che sperimentarono la combinazione tra la malta cementizia e il ferro in diverse occasioni. Possiamo citare William Wilkinson, Inglese, che nel 1854 depositò un brevetto per la costruzione di tetti e pareti antifuoco realizzate in cemento armato, mentre nel 1855, durante l’esposizione universale di Parigi l’avvocato Francese J.L. Lambot presentò un modello di imbarcazione in metallo ricoperta da uno strato di cemento. Per citare poi l’Italiano C. Gabellini che nel 1890 iniziò la costruzione di scafi navali in cemento armato ma, se guardiamo al mondo delle costruzioni al quale si associa normalmente il cemento armato, risulta che la prima soletta per un edificio sia stata progettata e costruita nel 1879 ad opera dell’Ingegnere Francese Francois Hennebique. Molti altri ne sono seguiti, portando al centro dei lavori e delle applicazioni il connubio tra cemento (calcestruzzo) e armature in acciaio, fino ad una larghissima diffusione in tutte le opere strutturali dei giorni nostri. Con l’avanzare della ricerca e delle conoscenze su materiali strutturali alternativi, si è scoperto che l’utilizzo di alcuni polimeri compositi potessero migliorare le prestazioni e la durabilità delle strutture portanti in cemento armato, proprio alla luce dei fatti recenti in cui si sono viste strutture collassare per l’usura dei materiali che le compongono. In questa esplorazione ci accompagna l’Ing. Casadei Paolo, che ci illustra le recenti scoperte circa l’impiego di armature in materiali compositi rinforzati (GFRP) in sostituzione delle comuni barre d’armatura in acciaio.Sono drammaticamente sotto gli occhi di tutti i problemi delle infrastrutture Italiane, figlie di una progettazione e realizzazione che risale al primo dopoguerra e di una scarsa conoscenza circa i fenomeni di degrado e di durabilità. Oggi, grazie all’innovazione tecnologica e alla ricerca, possono finalmente aprirsi scenari alternativi. Sireg Geotech sta lavorando da tempo e con lungimiranza, a un’importante novità che avrà impatto strategico sul settore dell’edilizia e delle infrastrutture garantendo la durabilità necessaria alle infrastrutture italiane e permettendo finalmente al calcestruzzo di essere applicato con successo anche in ambienti particolarmente aggressivi e soggetti a costante degrado. Lo stato dell’arte delle infrastrutture italiane Il crollo di diverse infrastrutture, fra cui quello del ponte in Lunigiana fino all’eclatante e catastrofico collasso del ponte Morandi a Genova, hanno dimostrato come non si possa più trascurare un’analisi attenta delle nostre infrastrutture datate sia dal punto di vista del degrado dei materiali con i quali sono state realizzate, sia anche dal semplice punto di vista dei carichi iniziali per i quali erano state progettate, per finire con il tema delle pessime condizioni di manutenzione. Il piano di ispezioni massiccio attualmente in corso è sicuramente un primo passo che ci permetterà di valutare attentamente la sicurezza del nostro patrimonio infrastrutturale, intervenendo poi sulle strutture esistenti in modo preciso e mirato, ma lascia ancora aperto un punto di domanda circa il nostro futuro: Continueremo a costruire come abbiamo sempre fatto oppure, nell’ottica della sostenibilità, durabilità e riduzione dei costi associati alla manutenzione, valuteremo nuovi materiali più durevoli e con minore impatto ambientale? Rispondere a questa domanda diventa oggi cruciale per un investimento efficace nelle nostre infrastrutture, siano esse grandi opere o opere di minore entità, ma comunque strategiche per lo sviluppo economico del nostro Paese. Scenari futuri di rinnovamento infrastrutturale sostenibile con barre in GFRP In questa direzione si colloca l’impiego di barre in materiale composito fibrorinforzato FRP (Fiber Reinforced Polymer) in sostituzione del tondino in acciaio per la realizzazione di elementi strutturali in calcestruzzo armato. Questa tipologia di barre è realizzata con fibre di varia natura, fra le quali il vetro e il carbonio sono sicuramente i materiali più impiegati, con il vetro che svolge senza ombra di dubbio il ruolo dominante grazie a una serie di caratteristiche chimico-meccaniche che, in relazione ai costi, lo rendono ad oggi la soluzione più adottata per questo tipo di applicazioni. La diffusione delle barre in GFRP è favorita in primis dalla proprietà fondamentale di questi materiali, ovvero la loro indiscussa maggiore durabilità dovuta al fatto di non essere in alcun modo suscettibili ai fenomeni di corrosione. Questo fa sì che risultino particolarmente indicati in tutte le applicazioni dove l’opera o l’elemento strutturale risulta particolarmente soggetto a fenomeni di corrosione. Basti pensare ad esempio agli impalcati da ponte che durante il periodo invernale sono particolarmente esposti ai cloruri adottati per prevenire il formarsi di gelo sul manto stradale, ai canali per lo scolo delle acque oppure alle banchine e ai pontili in riva al mare o, ancora, a qualsiasi manufatto in cemento armato in ambito industriale esposto ad ambienti particolarmente aggressivi. Recenti studi hanno evidenziato che la vita utile di una struttura armata con questa nuova tecnologia può arrivare fino a 100 anni senza alcun accorgimento particolare rispetto alla natura del calcestruzzo o di altri particolari costruttivi, necessari invece nel caso delle strutture in cemento armato tradizionalmente rinforzate con tondini in acciaio. Esistono però diverse altre proprietà di questi materiali che vanno certamente menzionate nel raffronto con l’acciaio per poter realizzare opportune scelte progettuali. I tondini in GFRP sono amagnetici e non sono conduttori di calore, pertanto trovano una congeniale applicazione in tutti i manufatti esposti a correnti vaganti, risolvendo il problema della corrosione tipica delle armature in acciaio di fatto incompatibili con questo tipo di applicazioni. Basti pensare, ad esempio, a tutte le infrastrutture legate al settore ferroviario o dei varchi autostradali con sistemi di riconoscimento elettronico. Un altro non trascurabile vantaggio nell’impiego di armature in GFRP è la facilità e rapidità nella posa in opera grazie al loro peso ridotto, circa un quarto rispetto a quello dell’acciaio. Tale indiscussa leggerezza rende il prodotto particolarmente agevole nella sua movimentazione a terra, tanto che diversi studi hanno dimostrato risparmi di tempo fino al 40-50% rispetto alla posa di un’equivalente armatura in acciaio. Quali parametri da tenere sott’occhio nella progettazione e cantierizzazione di questi materiali A fianco di tutti questi aspetti che hanno reso la tecnologia particolarmente attraente a seconda dei diversi impieghi, vanno sicuramente messi in evidenza una serie di altri aspetti che richiedono attenzione per coloro che si vogliono affacciare alla progettazione. Innanzitutto è bene sottolineare che le barre in GFRP per impieghi strutturali sono prodotte secondo la tecnica della pultrusione impiegando fibra di vetro E-CR - nota per le sue caratteristiche meccaniche e di durabilità migliorate rispetto al tradizionale E-glass - e una matrice resinosa di natura vinilestere ovvero termoindurente. Questo significa che una volta indurita non può più essere modellata ossia che il processo con il quale le barre vengono lavorate per realizzare staffe e/o parti piegate deve essere eseguito in fase di produzione della barra stessa e non in tempi successivi, come invece accade abitualmente con l’acciaio da costruzione. Ancora, i raggi di curvatura delle barre non sono gli stessi comunemente noti per i tondini in acciaio, ma hanno dimensioni leggermente più grandi per cercare di ridurre al massimo l’impatto negativo della piegatura sulle caratteristiche meccaniche della parte piegata rispetto alla parte rettilinea della barra stessa, nonché per motivi produttivi industriali che vedono in tale processo uno dei principali ostacoli. Nella tabella sotto sono indicate le caratteristiche meccaniche delle barre Glasspree® di Sireg Geotech in fibra di vetro e resina vinilestere. Osservando la tabella si può notare come le caratteristiche meccaniche delle barre varino al variare del diametro, con i diametri più piccoli aventi caratteristiche meccaniche superiori rispetto ai diametri più grandi e, in generale, con prestazioni meccaniche a trazione decisamente superiori a quelle di un tradizionale tondino ad aderenza migliorata in acciaio. Se da un lato la resistenza a trazione può indurre in prestazioni meccaniche superiori, dall’altro il modulo elastico risulta circa un quarto rispetto a quello dell’acciaio, pari a 46Gpa in questo specifico caso. Questo significa quindi che se, da un lato, in una verifica allo stato limite ultimo ci si potrebbe aspettare di poter realizzare una sezione equivalente con diametri inferiori o minor quantità di materiale, dall’altro nelle verifiche agli stati limite di esercizio ci si ritroverà spesso a dover adottare più materiale a seguito del minore modulo elastico. Nel merito poi delle verifiche a taglio, per le ragioni sopra esposte, la parte piegata di una barra non resiste come la parte rettilinea, al punto che in tabella si evince come una barra piegata di 90° perda circa il 60% della resistenza dichiarata della parte rettilinea. Quest’ultimo aspetto è assolutamente fondamentale e da tenere presente quando si affronta la progettazione di armature a taglio o che richiedono la presenza di ferri piegati. Risulta quindi fondamentale, nel momento in cui si approccia una progettazione con questi materiali, fare riferimento a schede tecniche nelle quali tali parametri siano messi chiaramente in evidenza, insieme allo standard rispetto al quale tali valori sono stati ottenuti. In ambito europeo, lo standard di riferimento è la norma ISO 10406-1 e altri standard internazionali comunemente riconosciuti. In USA e Canada impiego e normative un passo avanti Negli Stati Uniti e in Canada l’impiego di questi materiali vede oggi un incremento sempre crescente sicuramente grazie al grande impulso favorito da uno sviluppo del quadro normativo e degli standard di qualifica che ne ha permesso una rapida implementazione. Fino a vent’anni fa, nei laboratori universitari si studiava l’impiego di questi materiali solo per applicazioni pilota, mentre oggi siamo spettatori di un graduale, ma sempre più diffuso impiego, prevalentemente in ambito infrastrutturale con opere permanenti come ponti, canali e altre in diversi settori. Il successo di questa tecnologia sui mercati americano e canadese è sicuramente stato favorito dal rapido ma pur sempre attento e graduale sviluppo dei documenti quali l’ACI 440.1R-15 “Guide for the Design and Construction of Structural Concrete Reinforced with Fiber-Reinforced Polymer (FRP) Bars” dell’American Concrete Institute e l’”AASHTO LRFD Bridge Design Guide Specifications for GFRP-Reinforced Concrete” dell’American Association of State Highway and Transportation Officials che rappresentano oggi gli standard più aggiornati per la progettazione di elementi in cemento armato rinforzati con barre in fibra di vetro. Situazione normativa in Italia e in Europa Nel vecchio continente e in particolar modo in Italia il quadro normativo presenta una situazione che richiede un rapido ammodernamento e allineamento agli standard progettuali vigenti ovvero le Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC) 2018. Il documento di riferimento è il CNR-DT 203-2006 pubblicato oramai più di 15 anni fa e quindi figlio del Decreto Ministeriale 9 gennaio 1996 e di studi oramai estremamente conservativi e datati. Tuttavia uno degli aspetti che ha maggiormente frenato e tutt’ora frena lo sviluppo di questa tecnologia tanto promettente è certamente l’assenza di un quadro normativo per rispondere ai requisiti del capitolo 11 delle NTC 2018, per il quale tutti i materiali da costruzione per uso strutturale devono essere marcati CE o dotati di certificazione nazionale che ne permetta di definirne le caratteristiche essenziali e possa garantirne nel tempo la costanza delle prestazioni.Categoria: notizie - tecnica - plastica - armature polimeriche - calcestruzzo - edilizia
SCOPRI DI PIU'Innovazione e Sostenibilità: La Rivoluzione dell'Idrogeno Verde attraverso la Fotoelettrolisidi Marco ArezioL'idrogeno verde rappresenta una delle fonti energetiche più promettenti e sostenibili del nostro futuro energetico. La sua produzione attraverso il fotoelettrolisi dell'acqua utilizza fonti di energia rinnovabile, riducendo significativamente l'impatto ambientale rispetto ai metodi convenzionali basati sui combustibili fossili. Un componente chiave in questo processo è il fotoelettrolizzatore, una tecnologia innovativa che svolge un ruolo cruciale nella conversione dell'energia solare in idrogeno verde. Cos'è un Fotoelettrolizzatore? Un fotoelettrolizzatore è un dispositivo che scompone molecole d'acqua (H2O) in ossigeno (O2) e idrogeno (H2) utilizzando la luce solare come fonte di energia. Questa tecnologia combina i principi della fotoelettrochimica con quelli dell'elettrolisi, permettendo di ottenere idrogeno in modo efficiente e sostenibile. Come Funziona Il processo di fotoelettrolisi si basa sull'utilizzo di semiconduttori sensibili alla luce, noti come fotoelettrodi, che assorbono l'energia solare e la convertono in energia elettrica. Questa energia elettrica viene poi utilizzata per scomporre le molecole d'acqua in idrogeno e ossigeno attraverso una reazione elettrochimica. Il processo può essere riassunto in tre fasi principali: Assorbimento della luce solare: I fotoelettrodi assorbono la luce solare e generano coppie di elettrone-lacuna. Generazione di corrente: Le coppie di elettrone-lacuna generano una corrente elettrica quando si muovono verso gli elettrodi. Elettrolisi dell'acqua: La corrente elettrica stimola la scomposizione dell'acqua negli elettrodi, producendo idrogeno all'anodo e ossigeno al catodo. Costi dell'Idrogeno Verde La produzione di idrogeno verde è storicamente stata considerata costosa a causa dell'alto costo dei fotoelettrolizzatori e dell'energia rinnovabile necessaria per alimentarli. Tuttavia, con il miglioramento delle tecnologie e l'aumento dell'efficienza, i costi stanno diminuendo. Attualmente, il costo dell'idrogeno verde è influenzato da vari fattori, tra cui il costo dell'energia solare, l'efficienza del fotoelettrolizzatore, e i costi operativi e di manutenzione. Perché non si è ancora Sviluppato Completamente l'Idrogeno VerdeNonostante il suo potenziale, lo sviluppo dell'idrogeno verde tramite fotoelettrolisi è limitato da sfide tecniche, economiche e infrastrutturali. Le principali barriere includono l'alto investimento iniziale per la produzione e lo stoccaggio, la necessità di ulteriori ricerche per aumentare l'efficienza dei fotoelettrolizzatori, e la mancanza di infrastrutture dedicate al trasporto e all'utilizzo dell'idrogeno. Vantaggi sull'Ambiente Riduzione delle emissioni di CO2: L'utilizzo dell'energia solare per produrre idrogeno verde elimina le emissioni di gas serra associate alla produzione di idrogeno da combustibili fossili. Sostenibilità: L'idrogeno verde è prodotto utilizzando risorse rinnovabili e abbondanti, come l'acqua e la luce solare. Versatilità: L'idrogeno può essere utilizzato in una varietà di applicazioni, inclusa la generazione di energia, il riscaldamento e come carburante per i veicoli. Svantaggi sull'Ambiente Costi iniziali elevati: Lo sviluppo delle infrastrutture necessarie per la produzione e distribuzione dell'idrogeno verde richiede investimenti significativi. Efficienza: Le attuali tecnologie di fotoelettrolisi hanno efficienze inferiori rispetto ad altri metodi di produzione dell'idrogeno, sebbene vi sia un potenziale di miglioramento. Conclusioni Il fotoelettrolizzatore gioca un ruolo fondamentale nella produzione sostenibile di idrogeno verde, offrendo una soluzione promettente per un futuro energetico pulito. Nonostante le difficoltà esistenti, gli investimenti nella ricerca e nello sviluppo, insieme ai miglioramenti tecnologici, stanno rendendo la produzione di idrogeno verde sempre più fattibile e conveniente. Con un impegno continuo verso l'innovazione, l'idrogeno verde ha il potenziale per diventare una componente chiave del nostro mix energetico sostenibile.
SCOPRI DI PIU'Abbiamo già avuto modo di parlare degli atteggiamenti consumistici dei giorni nostri in molti settori merceologici, ma la moda, forse, incarna a pieno questi comportamenti discutibilidi Marco ArezioLa moda sta passando da un consumo veloce ad uno ultra veloce, con la conseguenza di comprare, vestire e buttare tutto in un lasso di tempo esiguo. Questo atteggiamento è facilitato dalla riduzione di costi dei vestiti che si è compiuto attraverso la globalizzazione delle produzioni, incentrate prevalentemente in paesi poveri o poverissimi e dall’uso di fibre sintetiche sempre più a buon mercato. Inoltre, le catene distributive internazionali, hanno creato un business basato meno sul profitto del singolo capo e più sulla quantità di vendite elevate in alta rotazione. La corsa a comprimere i prezzi finali dei capi si è riverberato su tutta la filiera, creando marginalità sempre più piccole per la logistica e naturalmente la produzione. Se le vendite diminuiscono si perde la sostenibilità finanziaria di un indotto enorme, che metterebbe in crisi il sistema. Per questo, si produce sempre di più, si consumano sempre più materie prime e si creano sempre più rifiuti. Questa spirale sembra un vantaggio per l’acquirente finale che trova un capo di abbigliamento a buon mercato, ma è assolutamente deleterio per l’ambiente e per chi ci lavora. Se guardiamo il problema dal punto di vista ambientale, possiamo dire che una rotazione così alta dei capi di abbigliamento, la cui maggior parte giacciono inusati nei nostri armadi, comporta: • un utilizzo elevatissimo di materie prime sintetiche, plastica principalmente, che hanno un impatto ambientale molto negativo sia nella produzione che nello smaltimento. • una dispersione di nanoplastiche nell’ambiente durante i lavaggi, materiali che finiscono attraverso gli scarichi, nei fiumi e nei mari ed entrano nella catena alimentare. Questo vuol dire che ci rimangiamo, a piccole dosi i vestiti che continuiamo a comprare. • una quantità sempre maggiore di rifiuti tessili, che possono essere anche pericolosi per l’ambiente per via delle tinte di cui sono impregnati e per la bassa o nulla biocompatibilità. • una problematica crescente per lo smaltimento dei di rifiuti tessili nel mondo a causa della scarsa propensione alla circolarità della filiera, quindi al riciclo. Se poi guardiamo il problema dal punto di vista sociale, la lotta all’economia di scala imperante nel settore ha imposto marginalità sempre più piccole per i lavoratori della filiera. Di questi problemi ci ricordiamo solo quando succedono delle tragedie, come gli incendi nelle ditte di confezionamento dei capi, o nelle aziende di tintura, o nelle fabbriche di scarpe, tutti posizionate in paesi del terzo mondo. Un atteggiamento oppressivo e di sfruttamento dei lavoratori si manifesta in vari modi: • distribuzione del lavoro di rifinitura dei capi in paesi dove la manodopera costa pochissimo e la produzione oraria è elevata • sfruttamento del lavoro minorile per ridurre ulteriormente i costi a disprezzo delle norme internazionali del lavoro e dell’abbandono scolastico • potere contrattuale tra fornitore e cliente assolutamente sbilanciato verso quest’ultimo attraverso il quale non esiste dignità lavorativa • disprezzo per le problematiche ambientali che si possono manifestare nei paesi di produzione dei capi. Come abbiamo sempre detto il potere reale per cambiare le cose lo ha sempre in mano il consumatore finale, che può modificare il corso delle cose facendo acquisti più sostenibili e cambiano le sue abitudini nel campo dell’abbigliamento. Ognuno di noi può responsabilizzarsi nei confronti delle problematiche urgenti che assillano il nostro pianeta e verso chi sta lavorando nel settore della produzione della moda, cercando di fare qualche cosa per contribuire al suo miglioramento e forse, un giorno alla sua risoluzione. Che cosa possiamo fare? • uscire dalla logica della moda ultra veloce, facendo durare di più i capi che abbiamo già, limitando nuovi acquisti, che per la maggior parte potrebbero essere superflui e acquistare solo le cose necessarie. • Non diventare succubi del marketing delle aziende della moda (ma in generale di qualsiasi altro settore) che spinge a sempre nuovi acquisti, manipolando la nostra mente, creando necessità che probabilmente non ci sono, facendo leva sulle debolezze psicologiche della popolazione, come la crescita dell’autostima facendo shopping. • contribuire a far crescere la moda lenta, fatta di capi che non invecchiano ai nostri occhi, porre attenzione alla loro conservazione, imparare nuovamente a fare piccole riparazioni di sartoria per non perdere quella manualità che c’era un tempo nelle famiglie. • partecipare ai nuovi movimenti che permettono lo scambio di vestiti ed accessori o facendo acquisti di capi usati con lo scopo di risparmiare soldi, risorse ambientali e partecipando alla riduzione die rifiuti. • Rifiutare la globalizzazione degli stili e promuovere lo scambio di culture produttive diverse, in modo da ricostruire le filiere multilateralmente a discapito della produzione di pochi marchi internazionali. Ricordati che ogni acquisto che fai incide più o meno sull’inquinamento del pianeta.Categoria: notizie - tessuti - economia circolare - riciclo - rifiuti - moda Foto: WP.F
SCOPRI DI PIU'Siamo tutti Greta Thunberg quando parliamo con gli amici di ambiente, di sostenibilità, di riciclo, di futuro per i giovani e i nostri figlidi Marco ArezioCi dilunghiamo in discussioni sulla mobilità sostenibile, sulla necessità impellente di una riconversione energetica, di protestare contro i produttori di combustibili fossili che inquinano l’ambiente, di elogiare l’uso dei monopattini e di ridurre l’impronta carbonica. Siamo accaniti odiatori sui social e durante gli aperitivi serali, quando si parla di inquinamento dei mari dalla plastica, dei pesci che muoiono e delle barriere coralline che soffrono per l’aumento della temperatura delle acque. Ci scagliamo contro la deforestazione in Brasile e nel sud est asiatico, prendendocela apertamente contro l’industria del legno, la proliferazione degli allevamenti di animali da macello e dell’agricoltura intensiva per produrre il foraggio necessario a sostenere il business internazionale della carne. Ci indigniamo quando sentiamo che i bambini sono impiegati nell’estrazione di minerali pregiati in Congo, necessari per l’industria moderna e addossiamo la colpa a questa o quella nazione che detiene la proprietà delle miniere. Esibiamo con orgoglio ai tavoli degli spritz serali l’ultima borraccia, rigorosamente di alluminio, per stigmatizzare, al di là di qualsiasi dubbio, che noi abbiamo fatto già molto per l’ambiente e che tutti devono sapere da che parte si sta. Esibiamo il rifiuto del sacchetto in cui riporre lo spazzolino da denti acquistato in negozio, come messaggio forte al negoziante dell’attenzione che abbiamo sul problema dei rifiuti, uscendo con il tubetto in tasca, tanto poi il dentifricio lo compriamo su internet, con consegna immediata, che arriverà a casa prima di noi. Ma finiti gli aperitivi con gli amici, spenti i computers, i momenti di socialità quotidiana in cui confrontarsi con la necessità di appartenere a qualche schieramento, capita che si debbano fare delle scelte, in autonomia, che possano toccare il proprio portafoglio e che possano avere dei risvolti sulla sostenibilità della collettività. Ed è proprio in queste occasioni che ci si accorge di come siamo a volte falsi, di come abbiamo un anima come quella di Pinocchio, di come parliamo attraverso le parole degli altri e di come siamo incoerenti. Quando queste scelte toccano direttamente, profondamente e singolarmente noi stessi, il risultato tra ciò che si dice e ciò che si fa è spesso molto diverso. Gli esempi da fare sono così tanti che non saprei veramente da che parte iniziare, così ne prendo uno solo, che può rappresentare il mondo variegato di questo problema, ed è l’emblema del fare il contrario di quello che sempre si sostiene. Un cliente chiede informazioni su un pavimento in plastica riciclata per l’esterno, decantandone poi la funzione sociale del prodotto in quanto riutilizza i rifiuti che diversamente finirebbero nell’ambiente, ne elogia la funzionalità tecnica, vedendo che il prodotto raggiunge standard qualitativi e meccanici superiori, in certi casi, ad un pavimento in cemento tradizionale che ha un impatto ambientate molto più alto. Intuisce che è un prodotto innovativo, ecocompatibile, fortemente adatto a ridurre l’impronta carbonica, leggero così da risparmiare in trasporti ed inquinamento. Ha perfettamente presente che la produzione del massello in cemento divora risorse naturali, come la sabbia, l’acqua, i composti e l’enorme quantità di energia termica e meccanica per produrre il cemento. Si è informato sulla difficoltà attuale del riciclo dei prodotti cementizi e che la maggior parte di essi, a fine vita, finiscono in discarica, con un impatto ambientale molto alto, mentre il massello in plastica, può essere riciclato in ogni caso, sempre. A questo punto, la bilancia pende totalmente a favore del prodotto riciclato quindi, come ultimo tassello si parla di prezzo, già quindi convinto che davanti a casa si poseranno i masselli ecocompatibili in plastica riciclata, convinto dai buoni risultai tecnici del prodotto, dalle certificazioni ufficiali di cui gode e dall’indubbio basso impatto ambientale.Già ci immaginiamo con quale enfasi possa raccontare agli amici della sua scelta personale di posare un pavimento carrabile fatto con materiali riciclati, che sia del tutto rispettoso dei principi dell’economia circolare. Chiudendo la trattativa per l’acquisto, il prezzo del pavimento in materiale riciclato si rilevò allineato con quello in cemento e, a questo punto, come fosse un colpo di teatro, un effetto speciale dei film di Hollywood, il cliente dichiara: “ma se un prodotto fatto di rifiuti plastici costa come uno fatto in cemento, compro quello in cemento”.L’oblio…Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiuti Vedi ulteriori informazioni sul riciclo
SCOPRI DI PIU'Tra Sostenibilità e Estetica, Come le Polveri di Marmo Stanno Ridefinendo il Futuro del Settore Tessile di Marco ArezioL'integrazione delle polveri di marmo nei tessuti rappresenta un'innovazione significativa nel campo dei materiali compositi, offrendo un connubio unico tra la robustezza e l'eleganza del marmo e la flessibilità e praticità dei tessuti. Questa innovazione trova le sue radici in una lunga storia di esplorazione e sperimentazione all'intersezione tra diversi campi di studio e pratiche artigianali. Antiche Civiltà e Medioevo La storia dell'utilizzo delle polveri di marmo nel tessile può essere tracciata fin dalle antiche civiltà, come quella romana e greca, dove il marmo era ampiamente utilizzato in scultura, architettura e arti decorative. Sebbene non esistano prove dirette che le polveri di marmo fossero utilizzate nei tessuti in questo periodo, la cultura dell'adattamento e dell'integrazione di materiali naturali per nuove applicazioni suggerisce che esperimenti simili potrebbero essere stati condotti. Nel Medioevo, con l'avvento di innovazioni tecnologiche e l'esplorazione di nuovi materiali, si registrano tentativi di incorporare additivi naturali nei tessuti per migliorarne le proprietà o l'aspetto. Sebbene la documentazione sia scarsa, gli artigiani di quest'epoca erano noti per la loro abilità di sperimentazione con materiali diversi, inclusi quelli minerali, per creare prodotti unici.Rinascimento e Oltre Il Rinascimento, con il suo rinnovato interesse per l'arte e la scienza greco-romana, vide una rinascita nelle tecniche di lavorazione dei materiali, compreso il marmo. Artigiani e scienziati di quest'epoca potrebbero aver esplorato l'uso di polveri di marmo come pigmenti o additivi per tessuti, benché le evidenze siano aneddotiche. La vera svolta nell'utilizzo delle polveri di marmo nel tessile, tuttavia, è un fenomeno piuttosto moderno, che si colloca nell'ambito della ricerca di materiali sostenibili e della fusione tra tecnologia e design. L'idea di utilizzare scarti di marmo, provenienti dalle cave e dalle lavorazioni artigianali e industriali, per crearne polveri fini da integrare nei tessuti, rispecchia una visione contemporanea della sostenibilità e dell'innovazione.Il Moderno Incrocio di Cammini Negli ultimi decenni, l'avvento di tecnologie avanzate di produzione e di trattamento dei materiali, ha permesso di affinare le tecniche di additivazione dei tessuti con polveri di marmo. L'interesse per materiali ecocompatibili, unito al fascino senza tempo del marmo, ha spinto ricercatori e designer a esplorare questa sinergia. Oggi, la pratica di integrare polveri di marmo in tessuti si inserisce in un contesto più ampio di ricerca e sviluppo sostenibile, mirando a combinare estetica, funzionalità e responsabilità ambientale. La storia dell'utilizzo delle polveri di marmo nel tessile, quindi, è una narrazione di esplorazione continua e di convergenza tra tradizione e innovazione, che testimonia la creatività umana nel rielaborare materiali naturali per scopi sempre nuovi. Processi Produttivi e Vantaggi dell'Utilizzo della Polvere di Marmo nel Tessile Preparazione delle Polveri di Marmo La polvere di marmo utilizzata nei tessuti deriva prevalentemente da processi di recupero e riciclaggio dei rifiuti di lavorazione del marmo. Questi residui vengono sottoposti a un processo di macinazione fino a ottenere una polvere finissima. La scelta della granulometria è cruciale: polveri più fini si distribuiscono meglio tra le fibre del tessuto, migliorandone le proprietà senza comprometterne la maneggevolezza o il comfort.Tecnologie di Additivazione dei Tessuti L'integrazione della polvere di marmo nei tessuti avviene tramite diverse tecniche, come l'impregnazione diretta, in cui i tessuti vengono immersi in una soluzione contenente la polvere e un agente legante, o attraverso metodi di coating, dove la polvere viene applicata sulla superficie del tessuto. Gli additivi giocano un ruolo fondamentale in questo processo, agendo come mediatori che facilitano l'adesione della polvere al tessuto.Additivi Comunemente Utilizzati Agenti Leganti: Polimeri sintetici o naturali che aiutano a fissare le particelle di marmo alle fibre tessili, garantendo durabilità e resistenza al lavaggio. Agenti di Accoppiamento Silanici: Utilizzati per migliorare l'interfaccia tra le particelle di marmo e la matrice tessile, aumentando la resistenza meccanica del tessuto. Softeners: Aggiunti per mantenere o migliorare la morbidezza del tessuto, compensando l'eventuale aumento di rigidità dovuto all'aggiunta di polveri minerali.Vantaggi dell'Utilizzo della Polvere di Marmo nel Tessile L'integrazione della polvere di marmo nei tessuti apporta una serie di vantaggi unici, sia funzionali che estetici: Miglioramento delle Proprietà Meccaniche: L'aggiunta di polvere di marmo può aumentare la resistenza dei tessuti all'abrasione e alla trazione, rendendoli più duraturi e adatti a usi intensivi. Proprietà Termiche: I tessuti trattati con polvere di marmo mostrano una migliore resistenza al calore e un'inerzia termica aumentata, beneficiando di una maggiore stabilità dimensionale alle variazioni di temperatura. Estetica Unica: Il marmo conferisce ai tessuti un aspetto distintivo, con potenziali effetti visivi e tattili che vanno dalla sottile venatura marmorea alla sensazione di maggiore corpo e struttura. Sostenibilità: Utilizzando polvere di marmo ricavata da scarti di lavorazione, questa pratica promuove il riciclo di materiali altrimenti destinati allo smaltimento, riducendo l'impatto ambientale del settore tessile e quello estrattivo del marmo. L'additivazione di tessuti con polvere di marmo rappresenta, quindi, un'esplorazione affascinante all'incrocio tra innovazione tecnologica, estetica materica e sostenibilità, aprendo nuove frontiere per il design tessile e per l'industria dei materiali compositi. Tipi di Polveri di Marmo e loro Impatto sui Tessuti L'utilizzo delle polveri di marmo nel tessile non è un processo uniforme; varia ampiamente in base alle caratteristiche specifiche della polvere di marmo selezionata. Queste caratteristiche includono la granulometria, il colore, la purezza e la provenienza del marmo, ognuna delle quali gioca un ruolo fondamentale nel determinare non solo l'aspetto estetico del tessuto finale ma anche le sue proprietà meccaniche e termiche.Granulometria La dimensione delle particelle di marmo, o granulometria, è forse l'aspetto più critico nella scelta della polvere di marmo per l'additivazione tessile. Le polveri possono variare da micro a nano dimensioni, con effetti significativi sul prodotto finale: Microgranulometria: Particelle di dimensioni comprese tra 1 a 100 micrometri tendono a conferire ai tessuti una maggiore resistenza meccanica e una migliorata protezione UV, mantenendo una buona flessibilità. Nanogranulometria: Particelle inferiori a 1 micrometro si distribuiscono più uniformemente tra le fibre del tessuto, migliorando le proprietà isolanti e di resistenza al fuoco, e offrendo un aspetto più omogeneo e meno influenzato dalla texture della polvere.Colore Il colore della polvere di marmo varia in base alla tipologia specifica di marmo utilizzata e può spaziare dal bianco puro (tipico del marmo di Carrara) a tonalità più scure o variamente venate. Questa caratteristica permette di realizzare tessuti con effetti cromatici unici e personalizzati, adatti a diversi contesti d'uso, dalla moda all'arredamento.Purezza e Composizione La purezza della polvere di marmo influisce sulla sua reattività chimica e sulla capacità di interazione con gli agenti leganti e con le fibre del tessuto. Polveri di alta purezza sono preferite per applicazioni che richiedono una grande uniformità e stabilità del colore, mentre polveri con minori gradi di purezza possono essere utilizzate per effetti estetici più vari e meno uniformi.Provenienza La provenienza del marmo può influenzare non solo le caratteristiche fisiche della polvere ma anche il valore percettivo del tessuto finale. Marmi provenienti da cave storiche o geograficamente note possono aggiungere un valore aggiunto al tessuto, trasformandolo in un prodotto di nicchia o di lusso.Implicazioni sulle Proprietà dei Tessuti L'interazione tra le polveri di marmo e i tessuti porta a una modifica sostanziale delle proprietà materiali dei tessuti stessi. La resistenza all'abrasione, la durabilità, l'isolamento termico e acustico, e la resistenza al fuoco possono essere notevolmente migliorati attraverso l'additivazione con polveri di marmo. Inoltre, l'aspetto estetico dei tessuti può essere arricchito, offrendo nuove possibilità nel design tessile per soddisfare richieste sempre più specifiche e personalizzate. L'utilizzo di polveri di marmo nel tessile rappresenta quindi un esempio eccellente di come la tecnologia e l'innovazione possano reinterpretare materiali tradizionali per nuove applicazioni, unendo estetica, funzionalità e sostenibilità.Mercati e Applicazioni dei Tessuti Additivati con Polveri di Marmo L'introduzione delle polveri di marmo nei tessuti apre una vasta gamma di applicazioni in diversi settori, dalla moda all'architettura, dall'industria automobilistica agli articoli per la casa, trasformando la percezione e l'uso dei tessuti tradizionali.Moda e Lusso Nel settore della moda, i tessuti additivati con polvere di marmo si distinguono per la loro unicità e pregio. Designer e marchi di alta moda sperimentano con questi tessuti per creare collezioni esclusive che spiccano per eleganza e innovazione. Gli effetti visivi e tattili unici offerti dalla polvere di marmo possono trasformare capi di abbigliamento, accessori e calzature in veri e propri pezzi d'arte, esprimendo un connubio tra natura e tecnologia che risuona con le tendenze attuali verso la sostenibilità e l'autenticità.Arredamento e Design d'Interni L'industria dell'arredamento e del design d'interni trae grande vantaggio dai tessuti additivati con polveri di marmo per la creazione di mobili, tendaggi, rivestimenti murali e altri elementi decorativi che combinano durabilità e estetica. Questi tessuti possono conferire una sensazione di lusso e unicità agli spazi interni, offrendo al contempo prestazioni migliorate in termini di resistenza e manutenzione. La versatilità estetica permette l'abbinamento con vari stili di design, da quelli contemporanei a quelli più classici o minimalisti.Industria Automobilistica Nell'automotive, i tessuti additivati con polvere di marmo trovano applicazione in interni di veicoli, sedili, pannelli delle portiere e cieli auto, dove la combinazione di estetica, comfort e prestazioni è fondamentale. Questi tessuti offrono un'alternativa innovativa ai materiali tradizionali, con vantaggi in termini di durabilità, resistenza al fuoco e proprietà isolanti, contribuendo alla creazione di ambienti interni più sicuri e confortevoli. Settore Alberghiero e Spazi Pubblici L'utilizzo di tessuti additivati con polvere di marmo in hotel di lusso, ristoranti, teatri e altri spazi pubblici rappresenta un'eccellente strategia per elevare l'estetica degli interni e migliorare la funzionalità degli arredi. La resistenza alle macchie, la facilità di pulizia e la durata estesa sono caratteristiche particolarmente apprezzate in ambienti ad alto traffico, dove l'aspetto e la manutenzione dei tessuti sono di primaria importanza.Innovazioni Tecnologiche e Ricerca La ricerca continua e lo sviluppo di nuove applicazioni per i tessuti additivati con polveri di marmo dimostrano il potenziale di questi materiali in campi innovativi, come la bioedilizia, l'isolamento termico e acustico avanzato, e persino in applicazioni mediche, dove le proprietà antibatteriche naturali del marmo possono offrire vantaggi aggiuntivi. Circolarità e Sostenibilità del Processo Tessile con l'Utilizzo delle Polveri di Marmo Nell'era contemporanea, l'attenzione verso pratiche sostenibili e la circolarità nei processi produttivi è diventata cruciale in tutti i settori industriali, compreso quello tessile. L'integrazione delle polveri di marmo nei tessuti rappresenta non solo un'avanzata innovazione tecnologica ma anche un passo significativo verso la sostenibilità e l'economia circolare nel settore tessile.Riduzione degli Sprechi e Valorizzazione dei Materiali di Scarto La produzione di polvere di marmo per l'additivazione tessile proviene spesso da scarti di lavorazione delle cave e degli scarti produttivi nel settore del marmo, che altrimenti verrebbero destinati allo smaltimento. Questo recupero di materiale contribuisce significativamente alla riduzione degli sprechi, inserendosi in un'ottica di economia circolare dove ogni scarto può trovare una nuova vita come risorsa per altri processi produttivi.Minimizzazione dell'Impatto Ambientale L'uso delle polveri di marmo in alternativa o come complemento ad altri trattamenti tessili può ridurre l'impiego di sostanze chimiche potenzialmente dannose per l'ambiente. A differenza dei processi tradizionali di finitura e trattamento dei tessuti, che possono richiedere l'utilizzo di sostanze nocive per ottenere determinate proprietà, l'additivazione con polveri di marmo si avvale di un materiale naturale e non tossico, minimizzando l'impronta chimica del processo produttivo.Promozione dell'Economia Circolare L'integrazione delle polveri di marmo nei tessuti si allinea perfettamente con i principi dell'economia circolare, che mira a mantenere il valore dei prodotti, dei materiali e delle risorse il più a lungo possibile, riducendo al minimo la generazione di rifiuti. Attraverso il riciclo dei materiali di scarto del marmo e il loro riutilizzo nel settore tessile, si crea un ciclo chiuso che valorizza materiali altrimenti inutilizzati, stimolando l'innovazione e riducendo la dipendenza da risorse vergini.Sostenibilità a Lungo Termine I tessuti additivati con polveri di marmo offrono vantaggi in termini di durabilità e resistenza, prolungando la vita utile dei prodotti e riducendo la necessità di sostituzioni frequenti. Questa maggiore longevità dei tessuti contribuisce alla sostenibilità complessiva del processo produttivo, in quanto meno risorse sono necessarie nel tempo per la produzione di nuovi tessuti.Contributo alla Responsabilità Sociale d'Impresa Adottare processi produttivi che incorporano polveri di marmo in un'ottica di sostenibilità e circolarità migliora l'immagine delle aziende, dimostrando un impegno concreto verso pratiche ecocompatibili. Questo non solo risponde alla crescente domanda dei consumatori per prodotti sostenibili ma contribuisce anche al raggiungimento degli obiettivi globali di sostenibilità. Conclusioni I tessuti additivati con polveri di marmo stanno emergendo come una frontiera importante nell'evoluzione dei materiali compositi, offrendo soluzioni innovative che abbracciano estetica, funzionalità e sostenibilità. L'ampia gamma di applicazioni in diversi settori testimonia la versatilità e il potenziale trasformativo di questa tecnologia, promettendo di ridefinire l'uso dei tessuti in modi prima inimmaginabili.
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