Un accordo di collaborazione tra Plenitude e Volvo porterà all'installazione di impianti solari Plenitude (Eni) e Volvo Trucks Italia hanno firmato un accordo per l’installazione di 5 nuovi impianti fotovoltaici che contribuiranno ad alimentare con energia rinnovabile, già a partire da quest’anno, altrettanti concessionari Volvo Truck Center nel Nord Italia. Il progetto avrà una capacità produttiva di 550.000 kWh annui e permetterà a Volvo Trucks Italia di migliorare l’efficienza energetica delle proprie sedi nell’ottica di una maggiore sostenibilità.La produzione di energia rinnovabile consentirà di evitare emissioni di CO2 per circa 220 tonnellate annue. L’accordo prevede, oltre all’installazione, anche la gestione, la manutenzione degli impianti per i primi 5 anni e lo sviluppo di un sistema di monitoraggio continuo delle performance. Gli impianti saranno installati presso i Volvo Truck Center delle città di Bergamo (Headquarter), Venezia, Brescia, Torino e Padova. Pasquale Cuzzola, Direttore Retail Italian Market di Plenitude, ha dichiarato: “Questa partnership è in linea con la strategia di Plenitude di creare valore attraverso la transizione energetica e di azzerare, entro il 2040, le emissioni nette di CO2 attraverso l’intera catena del valore, incluse quelle dei nostri clienti. Siamo quindi lieti di mettere a disposizione delle sedi di Volvo Trucks Italia le nostre soluzioni in ambito rinnovabile e impianti tecnologicamente avanzati che consentiranno un uso più efficiente e sostenibile dell’energia e di ridurre anche i relativi costi”. Giovanni Dattoli, Managing Director di Volvo Trucks Italia, ha commentato: “Volvo Trucks sta investendo a 360° nella sostenibilità e questo progetto in Italia si inserisce a pieno nella nostra strategia di decarbonizzazione, che riguarda non solo i veicoli che commercializziamo ma anche le sedi in cui operiamo. Siamo lieti dell’accordo con Plenitude, partner d’eccellenza che ci accompagnerà in un percorso virtuoso permettendoci di dare un contributo concreto e sostenibile all'ambiente”. Info Eni
SCOPRI DI PIU'Come nasce nel 990 d.C. lo Slow Trekking Moderno ad Opera di Sigericodi Marco ArezioA cavallo dell’anno mille lo spostamento della popolazione era limitato alle aree in cui viveva e lavorava, non c’era l’abitudine, né probabilmente le possibilità economiche, per visitare città o luoghi distanti dalla propria residenza. Inoltre le strade erano insicure per via del brigantaggio e delle lunghe distanze tra un paese e l’altro, lasciando i viaggatori a lungo senza la possibilità di chiedere aiuto. La vita scorreva imperniata sulle lunghe ore di lavoro nei campi o presso qualche bottega artigianale o mercato rionale e, alla fine della giornata, il popolo non aveva altri svaghi che visitare qualche taverna per bere del vino e la domenica partecipare alla messa. Quando una persona doveva mettersi in viaggio era per estrema necessità, sapendo i pericoli a cui andava incontro e il lungo periodo di assenza che ne conseguiva. La componente religiosa era uno dei motivi per cui le persone che potevano si decidevano a muoversi dai propri paesi, con lo scopo di fare un pellegrinaggio verso i luoghi sacri che erano identificati in Roma, la terra Santa e Santiago di Compostela. Il viaggio era vissuto, dal punto di vista spirituale, come una purificazione dei peccati commessi precedentemente, al quale si partecipava dopo aver effettuato un percorso di pentimento, come riappacificarsi con il nemico, pagare i debiti contratti e fare delle offerte alla chiesa. Il pellegrinaggio era sentito come un viaggio non solo fisico e geografico, ma soprattutto interiore, in cui la fatica era parte del percorso di redenzione e dove il tempo non aveva alcun valore. In base alle disponibilità economiche il pellegrino decideva la propria meta e le strade per raggiungere le tre destinazioni culto della fede cristiana. A partire da X° secolo d.C. l’Italia fu percorsa, per centinaia di anni, da pellegrini di tutta Europa che si spostavano verso Roma a visitare la tomba si S. Pietro, inoltre maggiore importanza la città l’acquisì quando Papa Bonifacio VIII dichiarò il primo giubileo, con la Bolla Antiquorum habet fida relatio, emanata il 22 febbraio del 1300. In quell’occasione il Papa istituì l’Indulgenza Plenaria a tutti i pellegrini che avrebbero visitato, un certo numero di volte nell’anno, le Basiliche di San Pietro e San Paolo fuori le mura. Altri pellegrini proseguivano, sempre a piedi, verso i porti Pugliesi per imbarcarsi in direzione della Terra Santa, con lo scopo di visitare i luoghi legati alla vita di Gesù, ovvero Betlemme, Nazareth e Gerusalemme. In quel periodo gli Arabi detenevano il controllo delle aree di interesse per il Cristianesimo, ma essendo tolleranti i pellegrini non ebbero grandi problemi. Quando si insediarono i Turchi, considerati rozzi e battaglieri, si decisero scorte armate per proteggere i pellegrini. Infatti, nel 1095 il Papa Urbano II organizzò la prima crociata per liberare Gerusalemme dagli invasori Turchi. Questa prima crociata fu semplicemente un pellegrinaggio armato e, coloro che partivano, non chiamavano se stessi crociati, ma pellegrini. Il precursore di quello che oggi chiamiamo “slow trekking”, di cui si condividono ancora oggi molte delle ragioni per cui i pellegrini si mettevano in cammino, fu l’arcivescovo di Canterbury Sigerico, che nel 990 d.C. partì a piedi da Canterbury, in Inghilterra, attraversando la Francia e l’Italia, arrivando a Roma per ricevere dalle mani del Papa il Pallium, il paramento liturgico simbolo del compito pastorale riservato ad alcuni delle alte figure ecclesiastiche. L’arcivescovo, durante il percorso di ritorno verso Canterbury, scrisse un diario minuzioso, tappa per tappa, in cui annotava le sue impressioni, le locande in cui riposava e il percorso che faceva. Nacque un documento storico di eccezionale importanza che ancora ora oggi è una pietra miliare per i pellegrini odierni. Oggi la componente religiosa dello slow trekking non è più la sola ragione, ma l’essenza, laica o spirituale per cui ci si mette in cammino, ha una valenza comune. Partire vuol dire soprattutto essere in viaggio, non arrivare velocemente e a tutti i costi, ma godere del tempo che si investe in questa esperienza per stare con se stessi. L’importanza di un viaggio introspettivo, nella natura, senza distrazioni della vita moderna, riporta ad una dimensione che non si vive normalmente, in cerca di pace e senza nessuna necessità. Le motivazioni che spingono a vivere questo viaggio sono le più disparte, ma hanno un comune denominatore che è la ricerca della parte migliore di se stessi, che non può essere cercata con l’assillo del tempo, perché nessuno è in competizione e tutti sono alla ricerca del proprio equilibrio, come i pellegrini del medioevo.
SCOPRI DI PIU'Pavimentazioni Stradali Sostenibili con Masselli in PVC Riciclatodi Marco ArezioLe pavimentazioni stradali sono un sistema costruttivo flessibile formato da diversi elementi, portanti, drenanti e di finitura, che costituiscono il sistema veicolare e di stazionamento dei mezzi circolanti.A seconda della posizione geografica delle strade, della meteorologia prevalente e dell’abitudine costruttiva, vengono utilizzati principalmente tre sistemi costruttivi che possono assolvere al compito di ospitare il traffico di mezzi pesanti e leggeri: • Pavimentazioni in asfalto • Pavimentazioni in cemento • Pavimentazioni in masselli Dei tre elementi costitutivi quello con l’asfalto, dal punto di vista dei chilometri di strade realizzate, è sicuramente quello più utilizzato a livello mondiale, probabilmente per la facilità di posa, anche se la manutenzione di un manto con il bitume presenta molte criticità a causa delle temperature, del sale per sciogliere il ghiaccio e dell’abrasione del tappetino finale. La pavimentazione in cemento, anch’essa semplice nella posa, comporta la creazione di giunti di dilatazione regolari, la manutenzione degli stessi, una maggiore rumorosità nel rotolamento della ruota rispetto all’asfalto, le problematiche di durabilità nei cicli di gelo e disgelo imposti dal clima e dalla posa del sale per evitare la formazione del ghiaccio. Inoltre la rigidità del manto di copertura stradale è in antitesi con l’elasticità della struttura portante sottostante. Il massello autobloccante in cemento è un sistema costruttivo che può avere numerosi vantaggi rispetto ai due precedenti, in particolare si può realizzare una pavimentazione elastica, durevole all’abrasione diretta del traffico veicolare, drenante in quanto tra le fughe è possibile la percolazione dell’acqua, di facile manutenzione. Nonostante abbia un certo numero di vantaggi, ci sono poi da considerare alcune caratteristiche negative, quali la maggior rumorosità rispetto alla copertura in asfalto, un costo di posa maggiore e una scarsa resistenza al sale nei periodi invernali. Dal punto di vista della sostenibilità, i due sistemi costruttivi in cui si usa il cemento sono sicuramente non tra le migliori soluzioni di pavimentazione, nell’ottica di un’economia circolare, mentre quella caratterizzata con l’asfalto potrebbe rientrare in quelle strutture sostenibili, se venissero utilizzati compound in cui includano lo scarto dei pneumatici riciclato e lo scarto di manti stradali precedentemente fresati. Esiste anche un’altra soluzione sostenibile di pavimentazione, composta da masselli autobloccanti in PVC riciclato, costituito dallo scarto delle guaine dei cavi elettrici, che permette di rispondere a molte problematiche espresse dalle tre pavimentazioni precedentemente citate. Vediamo i vantaggi: • Mantenimento di una sede stradale o di parcheggio elastico • Permette il drenaggio delle acque • Facile posa in quanto ha una forma ad incastro • Non presenta problemi di durabilità dell’elemento dati dal sale stradale • Durante la manutenzione si interviene solo sui singoli pezzi • Maggiore portata dinamica rispetto ad un autobloccante in cemento e maggiore durata • Ecologico in quanto è fatto al 100% con scarti proveniente dal riciclo dei cavi • Crea una superficie isolata elettricamente in quanto il PVC è un materiale isolante • Resistente a oli e acidi • Si lava e si sgrassa facilmente con getti di acqua e detersivo • Antiscivolo e colorabile con vernici acriliche per materie plastiche• Adatto al traffico pesanteCome abbiamo visto, il massello autobloccante in PVC riciclato è adatto sia ad aree di parcheggio, anche in presenza di mezzi pesanti, che sulle strade dove si può notare come l’elemento costituito in PVC risolve, specialmente in aree con climi freddi, l’annoso problema della durabilità dei manti stradali quanto si deve spargere il sale.Inoltre essendo fatto con materiale riciclato e, potendo essere riciclabile quando si dovesse decidere la sostituzione della struttura, si può considerare l’intervento di edilizia stradale come sostenibile nell’ambito dell’economia circolare. Il massello in PVC riciclato gode di una serie di certificazioni sul prodotto qui elencate:• Resistenza all'abrasione • Resistenza alla flessione • Resistenza alla compressione con riduzione degli spessori • Valore di penetrazione del manufatto in tempi differenti • Scivolosità con metodo BCRA • Stabilità dimensionale • Impronta residua • Conduttività termica apparente • Resistenza elettrica: isolamento superficiale • Resistenza elettrica: isolamento attraverso lo spessore del materiale • Resistenza alla bruciatura di sigaretta • Reazione al fuoco • Analisi eluato Posa dei masselli autobloccanti in PVC riciclatoIl funzionamento delle pavimentazioni ad elementi si basa sul concetto di “ingranamento” che possiamo definirlo come l' impossibilità di movimento di un elemento rispetto a quelli adiacenti, l'obbiettivo da raggiungere con la progettazione del blocco stesso e della posa in opera é quindi l'impedimento del massello posato di effettuare tre movimenti: verticale, orizzontale e rotazionale. L'ingranamento verticale viene raggiunto mediante il trasferimento del carico di taglio ai masselli circostanti attraverso la sabbia nei giunti di collegamento. Il bloccaggio rotazionale é demandato allo spessore mentre il bloccaggio rispetto le forze orizzontali avviene attraverso l'uso corretto dei schemi di montaggio, che disperdono le forze dovute alla frenatura e all’ accelerazione dei veicoli e dagli sforzi tangenziali degli pneumatici in curva. Pe quanto riguarda la posa si comincia con la compattazione del terreno di sottofondo attraverso mezzi adeguati, particolare attenzione dovrà essere posta nelle zone limitrofe ai bordi, pozzetti, caditoie nelle zone di riempimento degli scavi di tubature e impianti. Nel caso non si rispettino i minimi garantiti in fase progettuale si dovrà procedere alla sostituzione del terreno con materiali più idonei. La pendenza del piano di posa va verificata, poiché é da considerare che non é possibile ricavare le pendenze dagli strati di base o da quello di allettamento. Per favorire il deflusso delle acque ed evitare il precoce cedimento della pavimentazione non devono mai essere realizzate con pendenza minore dell' 1,5%. E' opportuno utilizzare opportuni geosintetici durante la posa della pavimentazione, questi svolgono la funzione di separazione fra gli strati e di distribuzione dei carichi. Lo strato di allettamento dovrà mantenere uno spessore costante considerando in fase di assestamento per effetto anche della compattazione una riduzione di spessore tra il 20% e il 30% in funzione della granulometria utilizzata. La staggiatura può essere realizzata in due modi: • Pre-compattazione • Metodo classico La prima si effettua in diversi passaggi: dopo aver steso la sabbia con un idoneo spessore si vibro-compatta con piastra vibrante, si sparge un nuovo spessore di circa 1,5cm e si staggia. Con questo metodo é possibile garantire minori cedimenti in pavimentazioni che devono sopportare carichi elevati, inoltre é possibile in questo modo controllare maggiormente il cedimento finale della pavimentazione. Nel metodo classico La sabbia viene stesa e staggiata, la compattazione avviene nella fase successiva dopo aver installato i massetti attraverso idonee attrezzature. E’ importante non disturbare il piano di posa dopo la staggiatura, nel caso questa venga rovinata anche in piccole porzioni é necessario provvedere alla sua sistemazione prima della finitura con i masselli, é inoltre importante non eseguire mai queste operazioni in caso di temperature minori di 1°C onde evitare la formazione di giaccio. A questo punto si possono posare i masselli in PVC riciclati, facendo collimare il bordo di un elemento con un altro, senza lasciare spazio per le fughe di sabbia. Al termine di questa operazione si effettuerà una rullatura vibrata di putto il pavimento posato e si può predisporre una verniciatura del colore preferito attraverso l'uso di vernici acriliche specifiche per la plastica.Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - PVC - edilizia - masselli autobloccanti
SCOPRI DI PIU'Non è sufficiente rendere il packaging ecocompatibile se poi non ci occupiamo della conservazione e gestione sostenibile del cibodi Marco ArezioLo sviluppo incredibile dal dopoguerra del settore del packaging e dell’accesso agli alimenti su larga scala da parte della popolazione mondiale, è dovuto anche alla creazione della cosiddetta catena del freddo, che ha permesso la conservazione dei cibi in tempi più lunghi e in aree più estese.Si è quindi sviluppata l’industria dei prodotti pronti all’uso, aumentando gli acquisti pro capite, in quanto è cresciuta la possibilità del consumo del cibo su più giorni e si è creata la conservazione di lungo periodo attraverso i freezers. Con l’avvento di questa catena si sono create aziende che costruiscono macchine automatiche per il confezionamento, per la conservazione dei cibi, per il trasporto, per gli imballi e per lo stoccaggio. Non c’è dubbio che i prodotti alimentari, attraverso la catena del freddo, possono raggiungere molte più famiglie, soprattutto nei paesi sviluppati, dove l’industrializzazione e la globalizzazione delle vendite dei cibi impone la gestione di temperature certe per la conservazione. Ci sono due aspetti importanti però da considerare: L’impatto ambientale della catena del freddo Gli anelli di questa catena partono direttamente dopo la raccolta nel campo o la macellazione del capo o la pesca del pesce, questo per consentire di rendere inerte il processo naturale di invecchiamento e decomposizione del cibo. Quindi il cibo deve essere lavorato, imballato, trasportato e stoccato sempre ad una temperatura costante di pochi gradi, operazione che comporta il consumo di molta energia. Questa energia, per ora, dipende principalmente dalle fonti fossili e questo crea la dispersione di CO2 nell’ambiente, che ha un impatto catastrofico sui cambiamenti climatici. E’ necessario che le linee del freddo siano ripensate, certificate e dichiarate ecocompatibili, se possono dimostrare che l’energia usata, dal campo allo scaffale, provenga da fonti rinnovabili. Questo vale per tutti settori, anche quelli industriali, infatti, non possiamo spingere i cittadini a comprare l’auto elettrica se poi devono ricaricarla con energie che provengono dalle fonti fossili, rischiando si scivolare nel greenwashing. Anche la catena del freddo deve essere in linea con le richieste della popolazione in termini ambientali, creando una filiera ad emissioni zero. Lo Spreco alimentare La stima delle derrate alimentari che vengono perse ogni anno nel mondo ammonta, secondo i dati dell’International Institute of Refrigeration a 1,6 milioni di tonnellate, che potrebbero essere risparmiate se si diffondessero, nei paesi in via di sviluppo, forme di refrigerazione sostenibili e diffuse. In molti paesi, non è la mancanza del prodotto fresco a creare situazioni di mal nutrizione, ma il suo deterioramento a causa del caldo, delle infrastrutture stradali carenti, dai mezzi di trasporto non attrezzati e dell’insufficiente rete elettrica. Con il quantitativo di cibo sprecato si potrebbero sfamare circa novecentocinquanta milioni di persone ogni anno, quindi un’efficiente catena di refrigerazione nei paesi in via di sviluppo fa la differenza, tra la vita e la morte. Tuttavia, sia l’Unione Europea che il Governo Britannico avevano avviato programmi di inserimento di celle frigorifero nelle fattorie, per esempio del Ruanda, ma la mancanza di creazione di un sistema sinergico che contemplasse il deposito refrigerato dopo la raccolta della frutta o della verdura, il trasporto coibentato a bassa temperatura dalla campagna ai mercati cittadini, il posizionamento di impianti energeticamente autonomi e l’istruzione dei contadini per produrre alimenti con maggiore valore aggiunto, ha fatto naufragare i progetti. Tra il trenta e il cinquanta per cento di tutto il cibo prodotto nei paesi in via di sviluppo viene perso, scartato, invenduto e non consumato, grazie a catene del freddo deboli o inesistenti. Per gli agricoltori che sopravvivono con meno di un paio di dollari al giorno, l'effetto di queste perdite è sostanziale; per l'Africa subsahariana nel suo insieme, si stima che ammontino a centinaia di miliardi di dollari ogni anno.
SCOPRI DI PIU'Vantaggi e svantaggi nel soffiaggio dei flaconi con il granulo riciclato in HDPE caricato Talco o Carbonato di Calcio di Marco ArezioLa produzione di flaconi, monostrato in HDPE, è sempre stata di competenza del polimero vergine fino a qualche anno fa, con il quale si realizzavano colori, spessori, finiture, profumazioni e forme senza preoccuparsi troppo del rapporto polimero-soffiatrice. L’avvento dell’HDPE riciclato nel mondo del soffiaggio è stato graduale e abbastanza complicato, in quanto vigeva una certa diffidenza sull’impiego dell’rHDPE, motivata da ipotetici dubbi sulle resistenze meccaniche, sulla qualità delle superfici, sulla tenuta del manico, sull’odore dell’imballo soffiato, sulla realizzazione dei colori e della trasparenza per vedere i liquidi all’interno, sulla tenuta delle saldature, sulle micro forature delle superfici, sulla reperibilità del materiale e sulla differenza esigua del prezzo rispetto alla materia prima vergine. Tutte obbiezioni lecite per chi era abituato ad usare il polimero vergine, ma molte di esse erano preconcetti generali sul materiale riciclato, che era ancora visto come sinonimo di minor qualità generale. Non c’è dubbio che i primi anni in cui è arrivato sul mercato l’HDPE riciclato in granuli per soffiaggio, la qualità degli impianti di riciclo e selezione attribuivano alla materia prima alcuni limiti oggettivi. Le maggiori criticità erano legate ad alcuni fattori tecnici: • Impurità contenute nel granulo • Presenza eccessiva di PP • Presenza di umidità residua • Odore persistente • Colore difficilmente gestibile Non ci addentriamo su come il settore del riciclo ha tecnicamente, negli anni, risolto le problematiche esposte, riuscendo a creare un granulo in HDPE riciclato che è paragonabile, dal punto delle prestazioni generali, molte volte a quello vergine. Forse, in alcuni casi e con alcune macchine, la questione dello spessore del flacone, è ancora un argomento aperto, in quanto, a volte, può essere necessario un incremento dello spessore utilizzando l’rHDPE rispetto a quello di prima scelta. Il motivo per cui a volte può essere necessario, dipende da molti fattori, come la conformazione e la dimensione del flacone, la macchina per il soffiaggio che si usa, la qualità del granulo riciclato, elementi tutti necessari per raggiungere un corretto rapporto, tra la resistenza a compressione del flacone e il peso che grava su di esso una volta inserito in un bancale verticale. E’ possibile ovviare a questo inconveniente, dopo aver verificato e risolto le problematiche precedenti, attraverso l’uso di cariche minerali come il talco o il carbonato di calcio. La funzione delle cariche minerali è quella di aumentare la resistenza a compressione verticale del flacone, senza dover aumentare il suo spessore, attraverso l’uso di percentuali che non superano solitamente il 10-15%, in funzione della dimensione del prodotto da realizzare. Si noti, impegnando granuli caricati, che il flacone gode di vantaggi relativi alla resistenza al carico e alla torsione, migliorando quindi la trasportabilità e l’economicità in fase produttiva. Esistono però, a dire il vero, alcune informazioni da tenere ben presente quando si decide di operare attraverso il soffiaggio con un granulo in rHDPE caricato con talco o caco3: • Le viti della soffiatrice devono essere pulite spesso, in quanto le prime fasi dell’utilizzo di una miscela abrasiva, come l’HDPE caricato, facilita il trasporto di contaminazioni presenti nella macchina di soffiaggio con la possibilità di creare buchi nel flacone. • La presenza di cariche minerali può influire sulla trasparenza, o semi trasparenza, del prodotto. • La creazione di colori deve tenere conto di un possibile risultato cromatico differente rispetto ad un rHDPE senza cariche. • La presenza di PP, anche in percentuale basse, in un granulo caricato, riduce ulteriormente la capacità di saldatura e di tenuta del flacone, specialmente nei manici o in punti con angoli particolari. Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - cariche minerali - flaconi - soffiaggio - HDPE
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