La depolimerizzazione della plastica attraverso i nuovi enzimi sarà l'alternativa al riciclo meccanico e chimico?di Marco ArezioOggi la produzione di rifiuti plastici continua ad essere superiore alla capacità del loro riciclo meccanico, tanto è vero che si stanno studiando soluzioni integrative per ridurre questo gap. Oltre alle innumerevoli strade che potrebbe aprire il riciclo chimico, l’ingegneria biologica sta facendo passi enormi sull’individuazione di corretti enzimi che possano degradare la plastica. Attraverso uno studio da parte di un team di scienziati Americani, volto ad individuare un enzima modificato, sono state studiate combinazioni di aminoacidi che potessero degradare il PET in tempi più veloci rispetto al passato. L'organismo ha due enzimi che idrolizzano il polimero prima in mono-(2-idrossietil) tereftalato e poi in glicole etilenico e acido tereftalico da utilizzare come fonte di energia. Un enzima in particolare, la PETasi, è diventato l'obiettivo degli sforzi di ingegneria proteica per renderlo stabile a temperature più elevate e aumentare la sua attività catalitica. Un team attorno ad Hal Alper dell'Università del Texas ad Austin negli Stati Uniti, ha creato una PETasi in grado di degradare 51 diversi prodotti in PET, inclusi contenitori e bottiglie di plastica interi. Nella costruzione dello studio si sono avvalsi di un algoritmo che ha utilizzato 19.000 proteine di dimensioni simili e, per ogni aminoacido di PETase, il programma ha studiato il loro adattamento all’ambiente in cui vivevano rispetto ad altre proteine. Un amminoacido che non si adatta bene può essere fonte di instabilità e l'algoritmo suggerisce un amminoacido diverso al suo posto. Si sono poi verificate milioni di combinazioni e, alla fine del lavoro di analisi, i ricercatori hanno puntato su tre soluzioni che sembravano quelle più promettenti. Intervenendo ulteriormente con modifiche dirette, gli scienziati hanno creato un enzima molto attivo sul PET che lavorava con rapidità e a temperature più basse rispetto al passato. A 50°C, l'enzima è quasi due volte più attivo nell'idrolizzare un piccolo campione di un contenitore per alimenti in PET rispetto a un'altra PETasi ingegnerizzata a 70°C. L'enzima ha persino depolimerizzato un intero vassoio di plastica per torte in 48 ore e il team ha dimostrato che può creare un nuovo oggetto di plastica dai rifiuti degradati. E’ importante sottolineare che i tests sono stati fatti non su campioni di PET amorfo appositamente realizzati in laboratorio, ma su imballi in PET acquistati direttamente ai supermercati. Questo avvicina ancora di più le prove eseguite al contesto in cui si dovrebbe operare, cioè nell’ambito del riciclo o della depolimerizzazione delle plastiche. Resta da vedere se la depolimerizzazione enzimatica verrà infine utilizzata per il riciclaggio su larga scala. Infatti, la maggior parte del PET nel mondo viene riciclato non per depolimerizzazione, ma per fusione e rimodellamento, ma le sue proprietà si deteriorano ad ogni ciclo. Come abbiamo detto esistono alcuni metodi di depolimerizzazione chimica, ma comportano un consumo di energia molto alto e, nell’ottica della circolarità dei prodotti, l’aspetto dell’impatto ambientale che il riciclo comporta è da tenere in considerazione, specialmente quando non si dispone di energie rinnovabili. Il grande vantaggio degli enzimi è che possono essere molto più specifici dei catalizzatori chimici e, quindi, potrebbe essere più semplice, in teoria, degradare un flusso di rifiuti. Gli scienziati non nascondono però che lo studio degli enzimi che depolimerizzano il PET, per quanto complicato e lungo, potrebbe essere addirittura più semplice rispetto alla loro applicazioni su poliolefine o su plastiche miste. Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - PET - depolimerizzazione
SCOPRI DI PIU'Il Produttore di Compound Svedese Polykemi Produrra negli USAPolykemi è un’azienda specializzata nella produzione di compound plastici in TPO, ABS, ASA, PC/ABS, TPE, POM e altre tipologie di materie plastiche che esporta in molti paesi al mondo. Da sempre il mercato americano è di grande importanza per l’azienda che ha, infatti, deciso di aprire uno stabilimento produttivo nella Carolina del Nord.Stanno infatti investendo quasi 10 milioni di euro nel nuovo stabilimento negli Stati Uniti, che sta diventando il più grande investimento singolo nella storia del Gruppo. L'obiettivo è avviare la produzione di composti plastici già nel secondo trimestre del 2022. “Siamo davvero entusiasti di questo passo che aumenta la nostra presenza e ci offre molte nuove opportunità sul mercato americano ", afferma Johan Hugoson, CEO di Polykemi Inc. L'azienda americana Polykemi Inc è una consociata, interamente controllata dall'azienda familiare svedese Polykemi AB e, sin dalla sua fondazione nel 2013, ha lavorato per lanciare la propria produzione di composti plastici di alta qualità sul mercato statunitense. “Abbiamo consegnato più di 10 000 tonnellate ai clienti del mercato nordamericano tramite distributori statunitensi o tramite consegne diretta dal nostro stabilimento principale di Ystad. Tuttavia, il nostro obiettivo è sempre stato quello di avviare la nostra produzione negli Stati Uniti, ora abbiamo raggiunto quel traguardo. Il nuovo stabilimento è geograficamente vicino ai nostri clienti attuali, il che ci offre una presenza diretta e rapporti con i clienti ancora più forti ", afferma Hugoson. Stabilimenti di produzione in tre continenti L'investimento nello stabilimento di Gastonia, fuori Charlotte, nella Carolina del Nord, è il più grande investimento singolo nella storia dell'azienda e consente condizioni ottimali per l'ulteriore crescita di Polykemi Inc in Nord America. L'impianto è di circa 5.000 mq. ed è espandibile fino a 10.000 mq. e inizialmente sarà dotato di due linee di produzione con la partenza prevista della produzione per il secondo trimestre del 2022. “con il nuovo stabilimento negli Stati Uniti significa i nostri impianti di produzione sono dislocati in tre continenti, il che significa anche che abbiamo una logistica più efficiente. Possiamo garantire la stessa alta qualità sia nei compound vergini che in quelli riciclati, così come lo stesso colore su tutti i materiali spediti dai nostri stabilimenti. ", afferma Hugoson. Un investimento per il futuro Polykemi Inc produrrà negli Stati Uniti lo stesso materiale che il Gruppo fa in Europa e in Asia. Inoltre, le spedizioni ai clienti americani arriveranno direttamente dallo stabilimento in North Carolina, risparmiando tempo, costi e incidendo in modo minore sull’ ambiente. "Questo è un investimento per il futuro che getta le basi per la crescita del Gruppo Polykemi con lo scopo di diventare anche un attore importante nel mercato americano dei composti plastici", afferma Hugoson.Info Polkemi
SCOPRI DI PIU'Sbiancanti ecologici, fibre riciclate, energia rinnovabile, risparmio di acqua e riduzione dei rifiuti liquidi e solididi Marco ArezioNella nostra mente, quando immaginiamo un foglio di carta su cui scrivere, o una pagina di un libro, ci viene in mente subito la tonalità del bianco, acceso, pulito e chiaro. Oppure se immaginiamo un imballo in carta o cartone ricordiamo più spesso quelli su base bianca o chiara, con colori accesi che danno il senso del nuovo e pulito. Ma come in tutte le cose, il risvolto della medaglia può essere l’impatto ambientale che il bello e il bianco possono avere nella produzione di carta e cartone. I maggiori responsabili di un possibile impatto ambientale in fase di produzione di prodotti cartacei, si possono identificare negli sbiancanti e, in generale di altri prodotti chimici di processo, nell’uso della materia prima necessaria, come la polpa di legno, nel consumo di acqua, di energia e nella produzione di rifiuti liquidi e solidi. Vediamo nel dettaglio le principali voci che pesano sull’ambienteL’impatto ambientale degli sbiancanti della carta e soluzioni più ecocompatibili Lo sbiancamento della carta nel processo di produzione può avere un impatto ambientale significativo, a causa dell'uso di sostanze chimiche e dell'emissione di inquinanti. Impatto che raggruppa diversi fattori interconnessi fra di loro: Inquinamento delle acque: lo sbiancamento della carta spesso coinvolge l'uso di sostanze chimiche, come cloro, clorati e cloruri, che possono essere rilasciate nei corpi idrici. Queste sostanze possono causare l'inquinamento delle acque, alterando la loro qualità e danneggiando gli ecosistemi acquatici. Alcune sostanze chimiche utilizzate nello sbiancamento, come il cloro elementare, possono formare composti clororganici tossici, inclusi i clorofenoli e le diossine, che sono potenzialmente dannosi per la salute umana e per l'ambiente. Consumo di acqua: lo sbiancamento della carta richiede grandi quantità di acqua per il lavaggio e il trattamento delle fibre di cellulosa. Questo può avere un impatto significativo sull'approvvigionamento idrico locale, in particolare in aree con risorse idriche limitate o in periodi di siccità. Consumo energetico: il processo di sbiancamento della carta richiede l'uso di energia per il funzionamento degli impianti di produzione e per il riscaldamento dell'acqua utilizzata nel processo. L'uso di energia proveniente da fonti non rinnovabili contribuisce alle emissioni di gas serra e all'aggravamento del cambiamento climatico. Per mitigare gli impatti ambientali dello sbiancamento della carta, sono state sviluppate tecnologie e metodi alternativi, come l'uso di processi di sbiancamento senza cloro o l'adozione di sistemi di recupero e riutilizzo delle sostanze chimiche. Inoltre, l'utilizzo di fibre di cellulosa riciclate o di alternative sostenibili, come le fibre di canna da zucchero o di bambù, può ridurre la necessità di sbiancamento e i suoi impatti ambientali associati. L'adozione di pratiche di produzione sostenibile e l'uso responsabile delle risorse naturali sono fondamentali per mitigare l'impatto ambientale dello sbiancamento della carta.Sbiancanti EcologiciDal punto di vista dei prodotti adatti allo sbiancamento della carta in fase produttiva, che abbiano un’attitudine più green, possiamo citare gli sbiancanti ecologici in alternativa a quelli classici prettamente chimici. Questi sbiancanti ecologici riducono o eliminano l'uso di sostanze chimiche nocive, come il cloro e i composti clorati, che possono avere un impatto ambientale negativo.Ecco alcuni esempi di sbiancanti ecologici utilizzati nella produzione della cartaSbiancamento senza cloro: questa tecnica di sbiancamento elimina completamente l'uso di cloro e composti clorati. Alcuni dei metodi di sbiancamento senza cloro includono l'uso di ossigeno (sbiancamento all'ossigeno), perossido di idrogeno (sbiancamento al perossido di idrogeno) o enzimi (sbiancamento enzimatico). Questi sbiancanti alternativi riducono le emissioni di sostanze chimiche nocive e sono considerati più ecologici rispetto al tradizionale sbiancamento al cloro. Sbiancamento a base di ozono: l'ozono è un potente ossidante che può essere utilizzato come sbiancante nella produzione della carta. Il processo di sbiancamento a base di ozono riduce l'uso di cloro e può contribuire a ridurre le emissioni di sostanze chimiche tossiche nell'ambiente. Tuttavia, l'ozono stesso deve essere prodotto con attenzione, poiché può contribuire alla formazione di ozono troposferico, un inquinante dell'aria. Sbiancamento con perossido di idrogeno stabilizzato (H2O2): il perossido di idrogeno è un ossidante delicato che può essere utilizzato come alternativa al cloro nello sbiancamento della carta. Il perossido di idrogeno stabilizzato viene spesso utilizzato in combinazione con altre sostanze, come gli agenti chelanti, per migliorare l'efficacia dello sbiancamento. L'uso del perossido di idrogeno riduce l'impatto ambientale rispetto al cloro e ai composti clorati. Sbiancamento a base di luce solare: l'esposizione della pasta di cellulosa alla luce solare può contribuire a sbiancarla naturalmente. Questo processo, noto come sbiancamento al sole, sfrutta i raggi ultravioletti del sole per ossidare e sbiancare la pasta di cellulosa. Anche se può richiedere più tempo rispetto ai metodi chimici, è considerato un metodo ecologico di sbiancamento. L'adozione di sbiancanti ecologici nella produzione della carta contribuisce a ridurre l'inquinamento delle acque e l'emissione di sostanze chimiche tossiche nell'ambiente. Queste alternative sostenibili aiutano a preservare la qualità dell'acqua e a ridurre l'impatto sulla salute umana e sull'ecosistema. Utilizzo delle materie prime riciclateUtilizzo di carta e cartone da riciclo riduce l’impatto ambientale sulle foreste, vediamo i vantaggi:Riciclo della carta: promuovere e incentivare il riciclaggio della carta è uno dei modi più efficaci per ridurre l'inquinamento derivante dalla produzione di carta vergine. Il riciclaggio consente di ridurre la quantità di legname vergine necessario e riduce le emissioni di gas serra associate alla produzione di carta da fibra vergine. Utilizzo di fibre riciclate: utilizzare fibre di carta riciclate come materia prima per la produzione di carta riduce la dipendenza dalle fibre vergini e minimizza la deforestazione. L'impiego di fibre riciclate richiede anche meno energia e acqua rispetto alla produzione di carta da fibra vergine. Gestione responsabile delle foreste: la produzione di carta sostenibile richiede la gestione responsabile delle foreste. L'acquisto di fibre di legno provenienti da foreste certificate, che seguono criteri di gestione sostenibile, contribuisce alla conservazione delle risorse forestali e all'ecosistema. Come ridurre il consumo idrico nella produzione di carta e cartone Ridurre l'uso dell'acqua nella produzione di carta è un aspetto fondamentale per rendere il processo più sostenibile. Vediamo alcune strategie efficaci per ridurre l'uso dell'acqua:Riciclaggio dell'acqua: implementare sistemi di riciclo dell'acqua all'interno degli impianti di produzione di carta può ridurre notevolmente il consumo di acqua dolce. L'acqua utilizzata nei processi produttivi, come il lavaggio delle fibre di cellulosa o il raffreddamento, può essere trattata e riutilizzata in altre fasi del processo. Ciò contribuisce a ridurre la dipendenza dall'acqua fresca e a minimizzare lo sfruttamento delle risorse idriche. Utilizzo di acqua di processo pulita: ottimizzare l'utilizzo dell'acqua nelle diverse fasi del processo di produzione di carta può ridurre gli sprechi. Ad esempio, separare l'acqua di processo pulita da quella contaminata può consentire di riutilizzare l'acqua pulita in altre fasi del processo in cui non è necessaria acqua di alta qualità. Questo aiuta a ridurre il consumo complessivo di acqua. Miglioramento delle pratiche di pulizia: ridurre la quantità di acqua utilizzata per la pulizia delle attrezzature e delle superfici può contribuire a una significativa riduzione del consumo di acqua. L'implementazione di sistemi di pulizia più efficienti, come l'utilizzo di detergenti ad alta efficienza e sistemi di spruzzatura ad alta pressione, può aiutare a ridurre il volume di acqua necessario per le operazioni di pulizia. Ottimizzazione dei processi di fabbricazione: identificare e implementare modifiche nei processi di produzione per ridurre l'uso dell'acqua può portare a significativi risparmi. Ad esempio, ottimizzare le fasi di impregnazione e di lavaggio delle fibre, migliorare i sistemi di filtrazione e concentrare le operazioni di lavaggio in modo efficiente può ridurre il consumo di acqua senza compromettere la qualità del prodotto finale. Monitoraggio e controllo del consumo di acqua: implementare sistemi di monitoraggio e controllo del consumo di acqua permette di identificare e affrontare le aree di spreco o di utilizzo inefficiente. L'adozione di tecnologie avanzate come sensori, controlli automatici e analisi dei dati può fornire informazioni preziose per ottimizzare l'uso dell'acqua nel processo di produzione di carta. Sensibilizzazione dei dipendenti: coinvolgere e sensibilizzare i dipendenti sul tema dell'uso consapevole dell'acqua può contribuire a una maggiore consapevolezza e ad un comportamento più responsabile. Promuovere una cultura aziendale orientata alla sostenibilità idrica può incentivare l'adozione di pratiche di utilizzo efficiente dell'acqua da parte di tutti gli operatori coinvolti nel processo di produzione. Infine, possiamo citare due campi di intervento sui processi produttivi indiretti che possono portare ad una riduzione dell’impatto ambientale nella produzione di carta e cartone: Uso dell’energia rinnovabile: ridurre l'impatto ambientale della produzione di carta implica anche l'adozione di fonti di energia rinnovabile. L'utilizzo di energia solare, eolica o idroelettrica per alimentare gli impianti di produzione di carta contribuisce a ridurre le emissioni di gas serra e l'uso di combustibili fossili. Riduzione degli scarti e riciclo dei rifiuti: ridurre la generazione di scarti e promuovere il riciclo dei rifiuti nella produzione di carta è fondamentale per minimizzare l'impatto ambientale. L'implementazione di programmi di riduzione degli scarti, il recupero energetico dai rifiuti e l'utilizzo di processi di compostaggio possono contribuire a ridurre gli impatti ambientali negativi.
SCOPRI DI PIU'Bisfenolo A negli Imballi Alimentari: il Parere dell'EFSAdi Marco ArezioCome abbiamo già avuto modo di trattare nell'articolo "Rivestimenti polimerici per imballi alimentari in metallo" il massiccio ricorso ai prodotti alimentari preconfezionati, siano essi con imballi di metallo, di plastica o di altri materiali, pone l'interrogativo delle possibili sostanze chimiche, potenzialmente pericolose per la salute umana, che si potrebbero generare all'interno della confezione.Alcune di queste sostanze possono essere generate dall'effetto cedente dei materiali da imballo verso il cibo, altre riguardano la cessione di sostanze chimiche che si generano dagli alimenti stessi a causa dell'imballo.Infatti, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha riesaminato i rischi da Bisfenolo A (BPA) negli alimenti proponendo di abbassare considerevolmente la dose giornaliera tollerabile (DGT) rispetto a quella della sua precedente valutazione del 2015. Le nuove conclusioni dell'EFSA sul BPA vengono esposte in una bozza di parere scientifico disponibile a pubblica consultazione fino al 22 febbraio 2022. Tutte le parti interessate sono invitate a parteciparvi. La DGT è la stima della quantità di una sostanza (espressa in rapporto al peso corporeo in kg) che può essere ingerita quotidianamente nel corso dell’esistenza senza rischi degni di nota. Nella sua valutazione del rischio da BPA del 2015, l'EFSA aveva stabilito una DGT temporanea di 4 microgrammi per chilogrammo di peso corporeo al giorno. Nella sua bozza di valutazione ex novo del BPA, pubblicata oggi, il gruppo di esperti dell'EFSA sui materiali a contatto con gli alimenti, gli enzimi e i coadiuvanti tecnologici (gruppo CEP) ha stabilito una DGT di 0,04 nanogrammi per chilogrammo di peso corporeo al giorno. L'abbassamento della DGT è il risultato della valutazione di studi apparsi nella letteratura dal 2013 al 2018, in particolare quelli che evidenziano effetti avversi del BPA sul sistema immunitario: in studi su animali si è osservato un aumento del numero di cellule "T-helper", un tipo di globuli bianchi che svolge un ruolo fondamentale nei meccanismi immunitari cellulari e che, se aumenta, può portare allo sviluppo di infiammazioni polmonari allergiche. Confrontando la nuova DGT con le stime dell'esposizione dei consumatori al BPA tramite l'alimentazione, l'EFSA conclude che sia l'esposizione media che quella elevata al BPA superano la nuova DGT in tutte le fasce di età, dando così adito a preoccupazioni di termini di salute. Un approccio sistematico Il dr. Claude Lambré, presidente del gruppo CEP, ha dichiarato: "Questa bozza aggiornata è il risultato di un’accurata valutazione durata diversi anni. Abbiamo applicato un approccio sistematico per selezionare e valutare le evidenze disponibili. I nuovi studi scientifici apparsi nella letteratura ci hanno aiutato ad affrontare importanti elementi di incertezze circa la tossicità del BPA". L'EFSA ha già valutato la sicurezza del BPA destinato a materiali a contatto con gli alimenti nel 2006 e nel 2015. Allora i suoi esperti riuscirono a stabilire solo una DGT temporanea in ragione di alcuni elementi di incertezza , sottolineando la necessità di colmare le lacune riscontrate nei dati.Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - bisfenoloFonte: EFSA
SCOPRI DI PIU'Cosa è il Cartone OCC e come Viene Riciclatodi Marco ArezioSembra una strana sigla, OCC, ma gli addetti ai lavori classificano come OCC un cartone ondulato adatto alla formazione di scatole e imballi, in cui le pareti hanno il compito di proteggere la merce all’interno e assumere un comportamento resistente durante la movimentazione e il trasporto.Di solito è costituito da due fogli di carta piana che racchiude uno strato ondulato leggero che, in virtù della forma a volta, conferisce al sandwich una buona resistenza. Il cartone ondulato, o OCC, è un elemento molto diffuso nel settore del packaging ed è anche un prodotto che ha un alto grado di riciclo, infatti, secondo i dati della Corrugated Packaging Alliance, una scatola fatta da cartone ondulato, è costituita da circa il 50% ci materiale riciclato. Con l’incremento delle micro spedizioni ad opera del commercio online, la quantità di cartone ondulato nella nei rifiuti solidi domestici sta assumendo una posizione rilevante, senza dimenticarci del tradizionale mercato della distribuzione e dell’industria. I cartoni OCC possono essere riutilizzati o riciclati creando una filiera di circolarità che migliora l’ambiente e la nostra vita. Tra i vantaggi del riutilizzo del prodotto, possiamo annoverare il risparmio di acqua che usa la cartiera per creare la nuova pasta di carta, quindi dell’energia per il processo che crea CO2 e altri inquinanti come lo zolfo o le sostanze chimiche organiche volatili. Nell’ambito del riciclo del cartone OCC possiamo ricordare la riduzione dell’uso del legname vergine che serve per produrre le fibre naturali per la carta. Per fare una tonnellata di cartone vergine occorrono tre tonnellate di alberi, il che fa pensare all’importanza del riuso e del riciclo del cartone. Per quanto riguarda l’OCC che viene avviato al riciclo presso le cartiere, attraverso i centri di raccolta, è importante che chi conferisce il cartone da riciclare abbia l’accortezza asportare materiali differenti presenti sulle scatole o nelle scatole, che ne comprometterebbero il riciclo o ne inquinerebbero il processo. Il cartone ondulato dovrà essere appiattito ed imballato per costituire balle uniformi in modo da ridurne il volume per minimizzare il costo e l’impatto ambientale della movimentazione verso i centri di riciclo. Dopo la trasformazione dell’OCC all’interno delle cartiere, le fibre riciclate verranno riutilizzate, nelle percentuali più idonee, miscelate con le fibre vergini in base alla tipologie di imballo da realizzare, per creare nuovi imballi in carta e cartone.Categoria: notizie - tecnica - carta - riciclo - cartone OCC Vedi maggiori informazioni sul riciclo
SCOPRI DI PIU'