Trasporto via Mare: Cosa ci Dobbiamo Aspettare per la Fine del 2021?di Marco ArezioLe tariffe raggiunte per il trasporto dei containers via mare continuano a macinare record su record, con nuovi picchi dei prezzi sulle rotte Asia-Europa-AmericaDopo il periodo di punta della pandemia mondiale, il forte rimbalzo della domanda dei beni di consumo ha messo in crisi il sistema, imprimendo una forte pressione sia gli spedizionieri che i produttori. Sembra pazzesco anche scrivere i dati sui costi dei container che, sulla linea Asia-Europa, sono arrivati a toccare i 18.000 USD, mentre sulla rotta Asia-Stati Uniti addirittura 22.000 USD, secondo i dati riportati da Freighttos. E’ forse bene ricordare che prima del periodo pandemico i costi per gli stessi servizi si aggiravano intorno ai 3.000 USD. Tra le cause di cui abbiamo parlato in questi mesi attraverso diversi articoli, si può evidenziare che le famiglie, tra il periodo pandemico e post pandemico, hanno cambiato i loro stili di vita, riducendo le spese per viaggi e ristoranti, ed incrementando l’acquisto di mobili, elettrodomestici ed oggetti per la casa. Questi cambiamenti hanno modificato l’approccio alla spesa, creando una fortissima domanda di beni, soprattutto dalla Cina verso l’Europa e gli Stai Uniti, con la conseguente incredibile ascesa di richiesta di containers per il trasporto di tutta questa merce. Di conseguenza, le compagnie di navigazione, prese alla sprovvista, non sono riuscite a soddisfare tutta la richiesta crescente, complice anche le problematiche metereologiche straordinarie durante l’inverno negli Stati Uniti e il blocco temporaneo del canale di Suez. Per questi motivi, se guardiamo verso l’ultima parte dell’anno, la situazione dei costi dei trasporti marittimi non fà sperare in una diminuzione a breve, in quanto gli importatori si stanno approvvigionando per il periodo Natalizio e del Ringraziamento e sono disposti a sostenere questo incredibile onere per non compromettere le vendite di fine anno. Il problema che devono affrontare le aziende che si occupano di import & export non riguarda solo la situazione dei costi finanziari enormi, per unità venduta a causa dei costi della logistica, ma anche ai numerosi ritardi continui e prolungati per la consegna degli ordini.
SCOPRI DI PIU'Sistemi di riciclo Erema per i Tubi da IrrigazioneNell’ottica della circolarità degli scarti plastici nel settore dell’irrigazione, Erema aiuta a riciclare gli scarti di produzione dei tubi in LLDPE.Gli impianti prevedono il recupero degli scarti di lavorazione dei tubi di irrigazione attraverso la macinazione e la granulazione dei tubi in PE a bassa densità. Secondo le indicazioni di Erema, il sistema è stato progettato dal suo marchio Pure Loop e può gestire materiali come tubi anti goccia e tubi di irrigazione che si accumulano come scarti durante la produzione dei o vengono scartati durante i controlli di qualità. Erema dichiara che questa tecnologia permette la riutilizzazione degli scarti, sotto forma di granuli, che provengono dalla produzione, in una miscela con il materiale in PE vergine senza subire diminuzioni di qualità. Secondo Erema, il concetto di riciclaggio creato da Pure Loop "è già stato recepito dai produttori di sistemi di irrigazione negli Stati Uniti, Israele, Italia e Messico". L'azienda aggiunge: "Gestiscono impianti di riciclaggio con portate da 100 a 500 chilogrammi l'ora e riutilizzano i pellets riciclati prodotti in proporzioni fino al 20 percento nel processo di produzione.Foto: Pure Loop
SCOPRI DI PIU'Non ci sono solo fonti conosciute di produzione del PM 2,5 come i motori termici o le caldaie, ma anche molti altri aspetti che dovremmo conoscere megliodi Marco ArezioNonostante abbiamo imboccato la strada della consapevolezza ambientale, l’enorme massa di interventi che dobbiamo fare per rendere l’aria che respiriamo, non eccelsa ma almeno meno nociva, è ancora da sbrogliare. Ad ogni passo avanti, come le normative europee per l’elettrificazione della mobilità privata e commerciale, la produzione di energia rinnovabile eolica, idraulica, solare e l’idrogeno verde, sembra si compia anche un passo indietro, a causa delle crisi internazionali che hanno minato l’indipendenza energetica di molti stati, con il ricorso alla produzione di elettricità con sistemi, come il carbone, che erano sulla via dello smantellamento. Purtroppo, nel frattempo, dobbiamo registrare il protrarsi di situazioni ambientali negative, specialmente nelle grandi città, che rendono l’aria un killer per la salute pubblica, causa di numerosi tumori per la popolazione. Questo perché lo smog contiene agenti riconosciuti come cancerogeni, come le particelle sottili di PM 2,5 e PM 10, idrocarburi policiclici aromatici, benzene, formaldeide e metalli pesanti come l'arsenico, il cadmio e il nichel. Per quanto i comuni delle grandi città europee e, soprattutto, quelli nella pianura Padana italiana, tra le zone più inquinate d’Europa, stiano facendo molti sforzi per ridurre la concentrazioni di inquinanti in atmosfera attraverso la creazione di aree pedonali, le zone a traffico limitato, la riduzione della velocità veicolare in città, il potenziamento del trasporto pubblico, l’incentivazione del bike sharing, la creazioni di piste ciclabili ove possibile, le restrizioni delle emissioni delle caldaie e la facilitazione al traffico delle auto elettriche, quello che ancora manca è la mentalità dei cittadini a fare concretamente qualche cosa che possa aiutare la collettività e la propria salute. In molti paesi e in molte città il traffico privato non perde sostenitori, muovendoci così all’unisono con le nostre auto private, creando congestione e inquinamento inutile. Cosa è il PM 2,5Dal punto di vista chimico il particolato, è composto da tre classi principali: - gli ioni inorganici: solfati (SO42-), nitrati (NO3-), ammonio (NH4+) - la frazione carboniosa (TC) formata dal carbonio organico e dal carbonio elementare - il materiale crostale che può presentarsi o associato al pulviscolo atmosferico (Si, Ca, Al, ecc.) o a elementi in traccia (Pb, Zn, ecc.); - una frazione non meglio identificata che spesso corrisponde all'acqua ma non solo. Questi componenti, che insieme costituiscono il particolato, presentano dimensioni diverse e quindi contribuiscono in maniera differente alla produzione di PM 2,5 o PM 10. Parlando del PM 2,5 possiamo dire che sono particelle atmosferiche con un diametro di 2,5 micrometri o meno, queste frazioni, infatti, sono estremamente piccole e possono essere inalate profondamente nei polmoni ed entrare perfino nel flusso sanguigno. Da dove nasce il PM 2,5 Il traffico veicolare privato e le caldaie per il riscaldamento sono una componente importante per la generazione del PM 2,5, ma dobbiamo anche considerare le zone industriali vicino alle città, il traffico pesante e commerciale che viaggia a ridosso di esse e al suo interno, e l’annoso problema del traffico aereo che incide in maniera importante in un’area urbana, in quanto ogni grande città ha solitamente un aeroporto nelle vicinanze. Vi sono poi dei comportamenti del tutto personali, come il fumo di sigaretta, che possono accumularsi ad altri fattori di rischio che abbiamo visto, rendendo più precaria la vita delle persone. La sintesi di questi problemi sulla salute dell’uomo, legati allo smog, possiamo banalmente sintetizzarlo nella presenza del particolato PM 10 e PM 2,5 che si forma nell’aria, tra cui il PM 2,5 è sicuramente il più pericoloso. Ci sono anche da considerare aspetti inquinanti meno conosciuti che incidono sulle polveri sottili dei centri urbani, infatti, quando si parla di PM 2,5 prodotte dal traffico veicolare si è portati a pensare subito alle emissioni dei motori termici, ma esistono anche altre fonti di inquinamento che dobbiamo tenere presente. Produzione di PM 2,5 dagli pneumatici Gli pneumatici delle auto o di altri mezzi di trasporto sono una somma di prodotti, di diversa natura che, attraverso il loro rotolamento permettono di far muovere un veicolo. Questo rotolamento comporta un’abrasione continua della superficie dell’pneumatico rilasciando piccole o piccolissime particelle di composti. Per capire cosa possiamo inalare dagli pneumatici, sotto forma di polveri sottili da usura come il PM 2,5, vediamo come è composto: La gomma è la componente primaria degli pneumatici, che può essere una miscela di gomma naturale e gomma sintetica. Quella naturale offre elasticità e flessibilità, mentre la gomma sintetica può migliorare la resistenza all'usura e all'invecchiamento. Il nero carbonio è una forma di carbonio particellare, aggiunto alla miscela di gomma per migliorare la resistenza all'usura e le proprietà di trazione dell’pneumatico. Serve anche come rinforzo e come agente colorante. La silice è utilizzata come rinforzo alternativo o in aggiunta al nero di carbonio, migliorando la trazione sul bagnato e la resistenza al rotolamento, portando quindi una maggiore efficienza nel consumo di carburante. Nella "carcassa" dell'pneumatico, cioè la struttura interna che dà forma e flessibilità all'pneumatico, vengono spesso utilizzati materiali tessili come il poliestere, il nylon o il rayon. Nella "cintura" dell'pneumatico, esistono una serie di strati posti tra la carcassa e il battistrada, in cui vengono spesso posizionati fili d'acciaio per fornire rinforzo e stabilità. Il solfuro è utilizzato nel processo di vulcanizzazione, aiutando a stabilizzare la struttura molecolare della gomma, rendendola quindi più resistente ed elastica. Inoltre, sono utilizzati vari additivi chimici per migliorarne le proprietà generali, tra questi possiamo citare gli antiossidanti per prevenire l'invecchiamento, i plastificanti per migliorare la flessibilità, e gli acceleratori che aiutano nel processo di vulcanizzazione. Inoltre è possibile trovare altri materiali come lo zinco, lo zolfo e altri composti organici Produzione di PM 2,5 dai freni degli autoveicoli Anche per i freni valgono le stesse considerazione degli pneumatici, in quanto la rotazione del disco del freno sulle pinze dello stesso, crea un attrito con il relativo consumo delle due parti a contatto, che causano il rilascio di polveri sottili PM 2,5. Il particolato ultra sottile che viene rilasciato da una serie di frenate potrebbe essere liberato nell’aria e respirato dall’uomo, per questo vediamo come è composto un impianto frenante per capire le scorie che produce: In primo luogo dobbiamo considerare che anche il sistema frenante, dichi e pastiglie, sono composti da molti e materiali differenti. Per quanto riguarda le pastiglie dei freni contenute nelle pinze, i componenti sono legati tra loro dalle resine termoindurenti, materiali duri e resistenti che hanno la capacità di contenere vari prodotti. Quando le pastiglie sono sottoposte a calore durante il processo di frenata, i leganti aiutano a mantenere la loro integrità strutturale. Per l’alto sforzo esercitato dall’impianto frenante tra pastiglia e disco, rende necessario l’utilizzo di prodotti di rinforzo, si tratta spesso di fibre, come la fibra di vetro, la fibra di aramide o la fibra di carbonio. Questi rinforzanti danno una maggiore resistenza meccanica alle pastiglie e aiutano a prevenire la rottura e la fessurazione. Inoltre, componenti come la grafite o vari tipi di metalli come il rame, lo zinco o il bronzo, vengono aggiunti per migliorare le prestazioni di attrito della pastiglia. Questi materiali aiutano a mantenere una superficie ruvida e pulita sul disco dei freni. Durante una frenata l’attrito genera calore, ed è per questo che si prevede l’uso in miscela di vari metalli, come il rame, lo zinco, l'alluminio o il ferro. I metalli servono per vari scopi, tra cui la conduzione del calore, il miglioramento dell'attrito e la resistenza all'usura. Per quanto riguarda la stabilizzazione e la riduzione del rumore vengono usati materiali come il molibdeno, disolfuro o la grafite. Produzione di PM 2,5 dall’usura del manto stradale Anche il manto stradale, subisce uno sforzo di attrito da parte degli pneumatici causando un logoramento e un consumo del tappetino finale, sotto forma di micro particelle di composti bituminosi che si possono liberare nell’aria, causando la possibile respirazione delle particelle di PM 2,5 da parte dell’uomo. Per capire cosa possiamo respirare nei pressi di un’arteria stradale vediamo come è fatto un manto stradale per capire quali componenti si liberano nell’aria. Tralasciano la stratificazione più profonda che difficilmente viene in contatto con gli pneumatici, concentriamoci su quello che viene definito il tappetino finale, la superficie in cui avviene l’attrito con i mezzi di trasporto. Il tappetino finale è composto prevalentemente da bitume, un materiale viscoso, nero e adesivo derivato dalla distillazione del petrolio grezzo. Il bitume agisce come legante, mantenendo insieme gli altri componenti del manto stradale e fornendo impermeabilità. Questo strato di bitume ingloba una serie di additivi chimici quali: Plastificanti: per migliorare la flessibilità del manto stradale Stabilizzatori: per migliorare la resistenza all'usura e alla deformazione Agenti anti-invecchiamento: per aumentare la durata del manto stradale Agenti rigeneranti: materiali riciclati, come l'asfalto fresato, che possono essere reintrodotti nella miscela Quali sono gli effetti del PM 2,5 sulla salute dell'uomoL'inalazione di PM 2,5 può causare irritazione alle vie respiratorie e aggravare patologie croniche come asma, bronchite e altre malattie polmonari. Infatti, a seconda della capacità di attraversare il sistema respiratorio umano, le polveri sottili si possono scomporre in: - "frazione inalabile", che può raggiungere la faringe e la laringe proprio in seguito a inalazione attraverso la bocca o il naso, e comprende praticamente tutto il particolato - "frazione toracica", che è in grado di raggiungere la trachea e i bronchi - "frazione respirabile" per indicare la classe di particelle più piccole che è in grado di raggiungere gli alveoli e attraverso questi trasmettersi nel sangue Inoltre, ci sono evidenze che collegano l'esposizione al PM 2,5 a malattie cardiovascolari, compresi infarti, ictus e altre malattie cardiache, compromettere il sistema immunitario, rendendo le persone più vulnerabili alle infezioni. Ma come descritto in precedenza, il PM 2,5 contiene agenti cancerogeni e l'esposizione a lungo termine è stata collegata a un aumento del rischio di tumori, in particolare il tumore del polmone e alla prostata. Un’incidenza sul sistema nervoso dell’inquinamento da PM 2,5 è stata notata attraverso alcune ricerche, volte a considerare il rapporto di questo inquinante con l’incremento dei casi di Alzheimer. Anche da punto della riproduzione, ci sono evidenze per cui il particolato così sottile, incamerato per lunghi periodi, possa portare ad un aumento delle nascite premature. Per quanto riguarda gli aspetti più negativi, alcuni studi epidemiologici hanno mostrato che le zone con livelli elevati di PM 2,5 tendono ad avere tassi di mortalità più alti. Possiamo comunque dire che gli effetti del PM 2,5 sulla salute dell’uomo possono variare in base all'età, alla salute generale e ad altri fattori individuali. I bambini, gli anziani e le persone con condizioni di salute critiche possono essere particolarmente vulnerabili.
SCOPRI DI PIU'Sedie, tavoli, armadi, lampade, scaffali in plastica, legno, metallo, sughero tutti riciclati di Marco ArezioIn Ufficio ha bussato da tempo l’economia circolare, sotto forma di progettazione e costruzione di collezioni di arredo per l’ufficio e la casa, che siano pienamente in linea con il rispetto dell’ambiente e il riciclo dei rifiuti che produciamo. Le collezioni di arredamento per gli uffici erano sempre partite dall’utilizzo di materiali vergini, sia in plastica, che in metallo, che in legno che in altri materiali, senza preoccuparsi dell’impatto che queste materie prime avevano sull’ambiente, in fase di produzione, né cosa succedesse al termine del loro ciclo di vita come rifiuto. Le cose negli ultimi anni sono molto cambiate e i clienti che vogliono comprare sedie, tavoli, lampade, scaffali, pareti fonoassorbenti e altri accessori, sono attenti a ricercare prodotti che siano ecologicamente sostenibili. Preso atto di queste richieste del mercato, i progettisti e l’industria del settore dei mobili hanno cambiato la loro mentalità progettuale e produttiva, mettendo le materie prime riciclate al centro dei loro progetti. L’inizio è sicuramente stato un po’ timido, in quanto i produttori hanno iniziato a sostituire, per esempio in alcune sedie, le strutture interne degli schienali e delle sedute, stando ben attenti a inglobare, quasi nascondere, le parti riciclate alla vista dei clienti. Dichiaravano che i prodotti erano fatti con l’ausilio di parti in materie plastiche riciclate, ma avevano paura che l’abbinamento del loro prodotto ad una materia prima riciclata potesse sminuirne la forza commerciale o la qualità del marchio. Successivamente la richiesta da parte del mercato di componenti riciclati si è fatta sempre più forte, spingendo così i designers a firmare collezioni con espressa evidenza contribuiva dei prodotti riciclati. Si sono adottati quindi plastiche provenienti dal post consumo per i pezzi non estetici, come il PP, l’HDPE e i mix PP/PE, mentre per le parti estetiche si è optato per le plastiche provenienti dagli scarti post industriali come l’ABS, il PA 6 e 66, il PS, il PC e il PP. Una gamma di prodotti che possono soddisfare in pieno le esigenze dei clienti in termini di robustezza, qualità estetica e rispetto per l’ambiente, in un’ottica di economia circolare. Mentre i compounds realizzati con le plastiche da post consumo non si prestano in modo spinto alla variazione delle performance tecniche, come l’MFI, il Modulo, l’Izod e le colorazioni chiare, i compounds realizzati con gli scarti post industriali possono replicare facilmente le esigenze tecniche ed estetiche ottenute con le materie prime vergini. Queste tipologie di plastiche riciclate possono provenire dalla raccolta differenziata domestica, dalla pulizia della plastica presente negli oceani o nei fiumi e dagli scarti delle lavorazioni industriali, potendole utilizzare anche nella costruzione, non solo di sedie, ma anche di scrivanie, tavoli, lampade, scaffali, archivi e pannelli divisori isolanti. Nell’ottica dell’economia circolare, non esiste solo la plastica riciclata come elemento costruttivo per l’arredo dell’ufficio, ma anche il legno, specialmente quello naturalmente caduto o frutto di una coltivazione a ciclo continuo, oppure il metallo che proviene dalla raccolta dei rifiuti ferrosi e non ferrosi rimessi in circolo e il sughero. I designers ci hanno abituato anche a sfide estreme, come il progetto realizzato dall’architetto Danese NikolajThrane Carlsen che ha progettato e fatto costruire sedie di arredo e da ufficio, attraverso l’uso delle alghe del mare. Oppure il progetto dell’architetto Islandese Solvi Kristjansson che ha progettato una sedia utilizzando sughero e alluminio rigorosamente riciclato.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiuti - arredamentoVedi il prodotto finitoVedi maggiori informazioni sul riciclo
SCOPRI DI PIU'Biodegradabile, stampabile, adatto per la realizzazione di film plastici, il PLA è un polimero sorprendente di Marco ArezioIl polimero PLA, o più tecnicamente chiamato acido polilattico, è un poliestere biodegradabile che non troviamo in natura, ma che viene realizzato sinterizzando lo zucchero attraverso procedure industriali. Infatti, facendo fermentare lo zucchero, avviene una fase di trasformazione della materia prima in acido lattico e, nella fase intermedia del processo, si esegue la polimerizzato in PLA. Il polimero così ottenuto è trasparente, cristallino, rigido e presenta un’ottima resistenza meccanica, rendendolo adatto alla produzione di molti oggetti. Inoltre, il PLA è uno dei polimeri più utilizzati per la realizzazione di prodotti attraverso l’uso di stampanti 3D, utili non solo alla produzione in serie di oggetti identici, ma anche per i processi di prototipazione rapida in molti campi ingegneristici. Come avvengono le fasi produttive del PLA Per realizzare il polimero biodegradabile PLA sono necessarie le seguenti fasi di lavoro della materia prima, composta principalmente da zucchero, melasse e siero di latte e, in alternativa, utilizzando Bacillus Coagulans: - Lavorazione dell’amido attraverso la separazione delle fibre e del glutine - Saccarificazione e liquefazione dell’amido - Fermentazione della parte proteica dell’amido - Trattamento delle soluzioni di sale dell’acido lattico - Polimerizzazione Il polimero così ottenuto ha una densità di 1,25 g./c3, con una resistenza a trazione pari a 70 Mpa e un modulo elastico pari a 3600 Mpa. Quali sono le caratteristiche principali del polimero in PLA Le caratteristiche principali del polimero si possono riassumere in reologiche, meccaniche e di biodegradabilità. Le caratteristiche reologiche si esprimono in una elasticità del fuso inferiore a quella delle olefine. Le caratteristiche meccaniche sono comprese tra quelle di un polimero amorfo e uno semicristallino e, in particolare, si avvicinano a quelle comprese tra un PET e un Polistirene. Se parliamo di temperatura di transizione vetrose del PLA possiamo dire che è maggiore della temperatura ambiente. Permettendo di ottenere composti trasparenti. Per quanto riguarda la biodegradabilità è necessario fare attenzione al significato della parola “biodegradabile”, in quanto è importante sapere che, nonostante il PLA sia definito un polimero biodegradabile, esso non lo è se non si verificano alcune fondamentali condizioni. La biodegradabilità si innesca se il PLA è sottoposto a idrolisi, in presenza di temperature superiori a 60 °C e con un tasso di umidità maggiore del 20%. I tempi di biodegradazione sono molto variabili a seconda delle condizioni ambientali in cui l’oggetto prodotto con PLA si trova, in ogni caso possiamo indicarle in un tempo tra 1 e 4 anni, che, confrontato con la plastica tradizionale che impiega, in base alle condizioni in cui si trova, da 100 anni in su, è ritenuto breve. Quali sono i vantaggi del polimero in PLA? - Se venisse bruciato non rilascia fumi dannosi come gas tossici o metalli pesanti - Se disperso in mare in modo accidentale, la combinazione del sole, dell’acqua e del vento lo riducono in microplastiche. Queste non risulteranno tossiche né per i pesci né per l’uomo attraverso la catena alimentare - Riduce la dipendenza dal petrolio Quali sono gli svantaggi del polimero in PLA? - Contrariamente a quanto esprime la parola “biodegradabile” non può essere usato per fare il compost domestico, in quanto come citato in precedenza, ha bisogno di subire un processo industriale di biodegradazione. - Se buttato in una discarica miscelato ad altri rifiuti, non accelera i processi di decomposizione rispetto alla plastica tradizionale, in quanto non è supportato dalla luce solare, impiegando nella decomposizione gli stessi tempi delle altre tipologie di plastiche. - Non può essere mischiata con altre plastiche nelle fasi di riciclo, cosa molto importante durante la separazione dei rifiuti nella raccolta differenziata. Una piccola quantità di PLA può contaminare un flusso di rifiuti composte da plastiche tradizionali, compromettendo il loro riciclo. - Dal punto di vista ambientale, per produrre la materia prima del PLA, è necessario impiegare terreni che potrebbero essere sottratti alle coltivazioni per la catena alimentare o, peggio, si potrebbe incrementare la deforestazione per carcare di avere maggiori disponibilità di terre da coltivare. Come si ricicla il PLA Come abbiamo visto, il PLA è un polimero riciclabile, ma deve essere separato alla fonte dagli altri rifiuti plastici per questioni di incompatibilità dei materiali. Una volta creato il corretto flusso di scarti in PLA, il materiale segue le stesse attività operative di un rifiuto plastico che proviene dal post consumo, quindi dalla raccolta differenziata. Infatti, dopo un’attenta selezione, in cui siamo certi di trattare solo PLA, viene macinato, lavato in vasche di decantazione a lento flusso, asciugato e successivamente insaccato, se venduto come macinato, oppure passerà alla fase di estrusione se si volesse realizzare un PLA in granuli.
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