La comunicazione a firma del CEO del gruppo Snetor. Emmanuel Aubourg, che rende noto al mercato la doppia acquisizione di società operanti nel campo dei polimeri in EuropaSiamo lieti di confermare, in qualità di partner privilegiato, l'acquisizione da parte del Gruppo Snetor di Gazechim Plastics il 27 luglio 2020. Questa operazione arriva ad appena una settimana dall'acquisizione del 70% di Tecnopol Spa in Italia e Spagna da parte del Gruppo Snetor. Valori condivisi e una visione comune Il Gruppo Snetor e Gazechim Plastics sono due aziende a conduzione familiare con la stessa cultura aziendale e valori condivisi in cui la dimensione umana e le relazioni basate sulla fiducia sono al centro delle decisioni e delle organizzazioni. Fortemente legati agli stretti legami con i nostri partner, condividiamo anche le stesse ambizioni: creare valore per i nostri clienti e fornitori e diventare un attore chiave nella distribuzione di materie plastiche in Europa. Da questa operazione nasce un gruppo che rappresenterà oggi un perimetro di aziende che impiegano quasi 300 dipendenti per un fatturato consolidato di 1,2 miliardi di euro, presenti in Europa, Africa, Stati Uniti e America Latina. Ad oggi, Gazechim Plastics opera nel continente europeo attraverso 7 filiali che coprono le seguenti zone: Francia, Italia, Regno Unito, Benelux, Iberica, Romania e Norden. Un attore chiave in Europa Con queste 2 operazioni, Snetor diventa un player paneuropeo in grado di offrire una soluzione globale a tutti i suoi partner attraverso diversi canali di distribuzione a seconda del Paese e di perseguire la sua strategia di prossimità e impegno nei confronti dei propri clienti e fornitori ovunque si trovino. Orgogliosi e attenti ai rapporti duraturi che intratteniamo con voi, i nostri team continueranno a collaborare con voi sui progetti dei nostri clienti, con la stessa professionalità e livello di rigore e qualità del servizio.
SCOPRI DI PIU'Dopo decenni di sofferenze, depistaggi, omertà, malattie e morti, Chernobyl compie una svolta verde, dal Nucleare al Solare.Il 26 Aprile 1986 ci fu un incidente spaventoso nella centrale atomica Ucraina, ancora sotto il dominio sovietico, che provocò morte e distruzione tra la popolazione vicino all'impianto. Le radiazioni nucleari accompagnarono la vita dei superstiti e dei loro discendenti portando malattie e menomazioni per lunghi anni. L'incidente nucleare alla centrale di Chernobyl fu classificato dall'IAEA a livello 7 della scala INES, il massimo valore possibile dell'indice, che indica l'evento come catastrofico. La storia ci dice che: le cause furono inputate alle gravi mancanze da parte del personale, sia tecnico sia dirigenziale, in problemi relativi alla struttura e alla progettazione dell'impianto stesso e della sua errata gestione economica e amministrativa. Il personale si rese responsabile della violazione di svariate norme di sicurezza e di buon senso, portando a un brusco e incontrollato aumento della potenza (e quindi della temperatura) del nocciolo del reattore n. 4 della centrale: si determinò così la scissione dell'acqua di refrigerazione in idrogeno e ossigeno a così elevate pressioni da provocare la rottura delle tubazioni del sistema di raffreddamento del reattore. Il contatto dell'idrogeno e della grafite incandescente delle barre di controllo con l'aria, a sua volta, innescò una fortissima esplosione, che provocò lo scoperchiamento del reattore e di conseguenza causò un vasto incendio. Una nuvola di materiale radioattivo fuoriuscì dal reattore e ricadde su vaste aree intorno alla centrale, contaminandole pesantemente e rendendo necessaria l'evacuazione e il riposizionamento in altre zone di circa 336 000 persone. Nubi radioattive raggiunsero anche l'Europa orientale, la Finlandia e la Scandinavia con livelli di contaminazione decrescenti, toccando anche l'Italia, la Francia, la Germania, la Svizzera, l'Austria e i Balcani, fino a porzioni della costa orientale del Nord America. Quest'anno cade il 35° anniversario dell'incidente e le aree limitrofe alla centrale stanno cercando di voltare pagina attraverso nuovi progetti energetici. Nella cittadina di Slavutych, costruita nel 1986 a seguito della catastrofe nucleare, attraverso il progetto Solar Town, la popolazione ha costituito una cooperativa che si occupa di energia solare, un modo per far fronte alle esigenze economiche del paese e alle pressanti necessità di occupazione. Il sistema di gestione della rete distributiva e produttiva di energia elettrica in Ucraina appartiene normalmente ad aziende private, gestite da oligarchi, che hanno accentrato il controllo dell'energia in poche mani. All'inizio degli anni 2000, queste società private incorporarono le linee elettriche delle città, paesi e villaggi per cifre simboliche, creando, di fatto una sorta di monopolio. Le linee elettriche di Kiev, per esempio, appartengono alla società DTEK, il maggior gruppo energetico Ucraino, con a capo l'oligarca Rinat Akhmetov. Il progetto sviluppato a Slavutych è una vera eccezione nel paese in quanto permette l'indipendenza energetica della popolazione attraverso una forma di gestione democratica in una cooperativa. Il parco solare è stato realizzato con un finanziamento acquisito in rete, tramite un intervento di crowfunding, che ha permesso di raccogliere circa 150.000 euro in soli 4 mesi permettendo la costruzione di 3 centrali solari sui tetti piatti dei palazzi. Attraverso la gestione di queste piccole centrali solari, la popolazione del paese rivende l'energia non consumata e destina circa il 5% del ricavato alla comunità per migliorie sociali. Considerando anche il tasso di mortalità della popolazione, a causa dell'inquinamento causato dalle centrali a carbone, che è pari a 43 morti per milione di GJ di carbone utilizzato, contro per esempio la Germania, che conta il doppio della popolazione ma un tasso di mortalità di 1,6 per milione di GJ di carbone utilizzato, si può sperare che progetti come questi possano portare all'aumento della produzione di energie rinnovabili nel paese.Vedi maggiori informazioni sulle energie rinnovabili
SCOPRI DI PIU'E-waste: quando il lavoro pericoloso viene fatto dai poveridi Marco ArezioComputer, frigoriferi, televisori, telefonini, batterie, cavi, forni a microonde, condizionatori e schermi, sono questi i rifiuti elettronici da cui si ricavano i metalli preziosi per essere rivenduti. Ma per disfare i rifiuti elettronici (RAEE) in modo economico e senza vincoli ambientali si è creata un’economia clandestina fatta di persone alla soglia della sopravvivenza che per pochi soldi passano dalla disperazione ad una pericolosa quotidianità. Di siti sparsi nel mondo ce ne sono tanti, dai più vicini all’Europa come la Palestina ai più lontani come le periferie delle grandi città Africane o del sud est Asiatico. Il filo conduttore di questi traffici hanno motivi comuni, si creano piccole, ma numerose discariche abusive, che sfuggono al blando controllo delle autorità locali (in alcuni casi i controlli non esistono proprio), nelle quali vengono riversati questi oggetti provenienti dal consumismo moderno venendo smontati per recuperare ciò che di valore c’è all’interno. I metodi di riciclo dei rifiuti elettronici sono arcaici e creano un tasso di inquinamento altissimo a causa della dispersione nel terreno degli acidi delle batterie, dei liquami che derivano dall’incenerimento dei cavi in plastica che avvolgono i trefoli di rame, dall’inquinamento dell’aria a causa di questi fumi che, giorno dopo giorno, oscurano i cieli in cui abitano le stesse famiglie dei lavoratori. Ma cosa si trova all’interno di un telefonino? – ABS 30% – Rame 15% – Resine epossidiche 8% – Ferro 3% – Silicone 10% – Ceramica 16% – Altro 18% Le popolazioni povere che vivono di questa economia sommersa subiscono l’incremento dei tumori, l’elevato tasso di piombo nel sangue, l’avvelenamento dei raccolti a causa di terreni ormai compromessi dagli agenti chimici sversati quotidianamente. I controlli da parte delle autorità in molti casi sono inesistenti in quanto la povertà di alcune zone del nostro pianeta sembra giustifichi un’economia corrotta e ammorbante, dove viene preposta la sopravvivenza immediata rispetto agli effetti di medio periodo dell’inquinamento sulle persone e sull’ambiente in cui abitano. La teoria del poter “mangiare oggi” sembrerebbe un placebo a tutti i mali, senza considerare che le tecniche e gli impianti per un riciclo corretto dell’e-waste evidentemente ci sono ma il mercato preferisce lucrare un prezzo di riciclo più basso sulle spalle della gente povera, senza ulteriori prospettive e soprattutto silenziosa.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - e-waste - RAEE - rifiuti elettroniciVedi maggiori informazioni sull'eWaste
SCOPRI DI PIU'Le università si stanno attrezzando per offrire i master in linea con il marcato che cerca esperti nelle nuove professioni emergenti nel campo dell’economia sostenibile e circolaredi Marco ArezioIl mondo si sta evolvendo verso un’attenzione sempre più marcata all’ambiente, al riciclo, al riuso, al risparmio delle materie prime, ad una produzione con il minor impatto ambientale possibile e ad una nuova riconsiderazione della natura. Questo genererà nuove professioni. Non sono solo appelli lanciati dalla Comunità Europea, che sta spingendo sull’accelleratore verso il cambiamento del modello produttivo, distributivo, energetico e logistico, prontamente derisa dai negazionisti dell’ambiente come gli Stati Uniti o gli indifferenti (apparentemente) come la Cina o l’India e i vari paesi satelliti. E’ sempre il mercato che coglie per primo le istanze del cambiamento che vengono dalla base, ed è sempre il mercato che si organizza per sostenere i cambiamenti epocali che stiamo vivendo, trascinando con sè anche la classe politica che deve legiferare in materia. Gli industriali hanno capito che devono assecondare la volontà della gente che sente in modo viscerale il problema dei cambiamenti climatici e che cerca di assumere comportamenti virtuosi con azioni che si riflettono sui consumi. Meno plastica, meno auto con motori termici, meno uso di corrente e di acqua, meno uso degli aerei, meno acquisto di prodotti che provengono da lontano e meno prodotti realizzati con materie prime vergini. Questo cambio di esigenze da parte della popolazione mondiale impatterà in modo sostanziale sui consumi e, quindi, anche sui processi produttivi, motivo per cui gli industriali non possono pensare di aspettare l’inerzia della politica. Lo dimostra il fatto che anche negli Stati Uniti, il tessuto industriale non si fa troppo impressionare dalla politica liberista e poco attenta all’ambiente che l’amministrazione Tramp si ostenta a difendere, contro ogni logica scientifica, muovendosi con iniziative che vanno incontro alle esigenze della popolazione in termini di rispetto per l’ambiente. Per questi motivi, nel prossimo decennio, si creeranno nuove figure professionali che dovranno governare, all’interno delle aziende, le produzioni di beni e servizi secondo un’ottica di economia circolare e sostenibilità. Per formare gli esperti dei settori che saranno tra i più richiesti dal mercato, le università stanno organizzando Master, attraverso i quali si possano certificare i nuovi tecnici delle discipline che riguardano il sistemi dei rifiuti, il controllo e gestione delle sostanze pericolose e dei rischi aziendali in funzione delle nuove normative ed infine, l’ambito della formazione tecnica sulle plastiche riciclate. L’esperto del sistema rifiuti avrà competenze specifiche nell’ambito della raccolta, trasporto, stoccaggio e smaltimento in relazione alle normative ambientali e produttive.L’esperto della sicurezza in ambito ambientale avrà competenze specifiche nelle sostanze pericolose, nella salute dei lavoratori in relazione al loro uso e al rispetto delle normative ambientali.L’esperto delle materie plastiche riciclate avrà competenze specifiche nel ciclo di lavorazione e riutilizzo dei rifiuti plastici, sotto forma di nuova materia prima, dando alle reti di vendita specifiche istruzioni sul loro uso nel campo dello stampaggio, estrusione, soffiaggio e termoformatura.Vedi le nuove professioni Il Sole 24 Ore
SCOPRI DI PIU'In azienda, in famiglia e nella vita sociale la figura della donna è vista con sfaccettature diverse, ad uso di chi le guardaIn un mondo maschilista, ancora oggi, per quanto si facciano pubbliche negazioni sulla condizione di disparità tra l'uomo e la donna, si tende a considerarla un figura fragile, se non debole, pavida e sottomessa.Considerata necessaria per la vita dell'uomo ma senza ruoli ufficialmente di prestigio, tenuta in considerazione quanto basta per delimitarne il cammino, imprimere l'influenza su di essa attraverso il bisogno, il denaro e i figli.La si fa parlare e partecipare alla vita sociale, nelle nazioni occidentali, ma quanto basta, non troppo e si lavora per caricarla di impegni, che generano sensi di colpa se non può eseguirli, un'arma psicologica silenziosa che non lascia segni.Ma la donna è altro, anche gli uomini non riescono a comprenderne la sua natura, se non quella che fa comodo a loro, nonostante la dominino, non capiscono che potrebbero essere loro, in futuro, i domati.Vorrei ricordare le parole di Gandhi sulle donne:Se soltanto le donne si dimenticassero di appartenere al sesso debole,non ho dubbio che potrebbero opporsi alla guerrainfinitamente meglio degli uomini.Dite voi cosa farebbero i vostri grandi generali e soldati, se le loro mogli, figlie,e madri si rifiutassero di approvare la loro partecipazione o tipo di militarismo.Se per forza si intende la forza morale, allora la donna è infinitamente superiore all'uomo.Non ha maggiore intuizione, maggiore abnegazione, maggiore forza di sopportazione, maggiore coraggio?Senza di lei l'uomo non potrebbe essere.Se la non violenza è la legge della nostra esistenza, il futuro è con la donna.Chi può fare appello al cuore più efficacemente di una donna?
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