Nuovi compounds con carbonio elettricamente conduttivi per batterie flessibilidi Marco ArezioIl mondo della ricerca industriale è freneticamente al lavoro per poter costruire nuove batterie con capacità prestazionali sempre maggiori, studiando nuovi polimeri e nuovi elementi flessibili. I campi di applicazione sono i più svariati: dalla mobilità sostenibile, agli impianti di generazione di energia pulita fino ad arrivare ai piccoli apparecchi che utilizziamo tutti i giorni. L’imperativo è riuscire a concentrare in una batteria la massima durata, il più basso tenore possibile di composti inquinanti, la massima potenza possibile, in funzione delle dimensioni, e infine la praticità d’uso. I ricercatori, in questo caso, si sono spinti molto in là, studiando e progettando una batteria totalmente flessibile che si possa adattare a nuovi usi, forse ancora impensabili. Come riporta la rivista Advance Material, i ricercatori del politecnico di Zurigo hanno messo a punto una batteria molto sottile che può essere piegata, arrotolata, schiacciata senza mai perdere il potere di trasmissione della corrente. Questa novità può essere utilizzata in apparecchiature piccole, di uso comune, ma anche in oggetti decisamente sottili come gli abiti da lavoro e per lo svago. Il cuore di questo prodotto è costituito da un polimero composito flessibile, contenente anche carbonio e quindi elettricamente conduttivo, che compone i due collettori per il catodo e l’anodo e la struttura esterna della batteria. L’interno è costituito da scaglie d’argento sovrapposte in modo tale che si possano adattare alla flessibilità dei movimenti dell’elastomero con cui la batteria è stata progettata, garantendo così il passaggio di corrente anche in condizioni elastiche. Inoltre, su catodo e anodo, si sono posizionati delle polveri di litio-ossido di manganese e ossido di vanadio. Per quanto riguarda l’elettrolita, quell’elemento che permette il passaggio degli ioni di litio, sia durante la fase di utilizzo dell’energia sia in fase di ricarica, è stato costituito con un gel a base di acqua contenente sale di litio che è risultato meno inquinante di altri elementi presenti nelle batterie attuali.Categoria: notizie - tecnica - batterie - polimeri
SCOPRI DI PIU'Riciclo Chimico della Plastica Contro Riciclo Meccanico?di Marco ArezioLa storia del riciclo della plastica nasce e si sviluppa, fino ad oggi, per merito del sistema meccanico, fatto di selezione, macinatura, lavaggio ed estrusione dei polimeri che costituiscono nuova materia prima. Questo tipo di riciclo lascia dietro di sé una quantità considerevole di scarti plastici non riciclabili che vanno all'incenerimento o in discarica. I motivi di una quantità di scarti plastici non riciclabili li abbiamo più volte affrontati negli articoli del blog del portale rMIX, ma oggi, come presentato da Sreeparna Das parlando del processo di riciclo chimico ENI-VERSALIS, possiamo vedere una concreta possibilità di trovare una giusta collocazione a quei rifiuti plastici non riciclabili attraverso il riciclo chimico.Competizione con riciclo meccanico? Direi proprio di no, anzi vedo un completamento del processo circolare dei rifiuti.La resistenza della plastica, considerata in passato un beneficio, oggi assume una connotazione fortemente negativa. Adesso, quando sentiamo la parola plastica, una delle prime immagini che ci vengono in mente è quella di un sacchetto che galleggia nell’oceano. Ciò è dovuto soprattutto all'aumento senza precedenti dei prodotti monouso e alla mentalità usa e getta dei consumatori. Quali sono i vantaggi e gli svantaggi della plastica? È importante non perdere di vista il valore della plastica e delle varie industrie che dipendono da questo materiale. La plastica ha dimostrato i propri vantaggi in termini di proprietà meccaniche, prestazioni, versatilità, costo, ecc. É, per esempio, un materiale fondamentale nella lotta contro la pandemia di COVID-19 in tutto il mondo. Il rischio per la salute, soprattutto per i professionisti del settore medico e per i lavoratori in prima linea, sarebbe maggiore senza la plastica presente nei kit di DPI (dispositivi di protezione individuale), nelle mascherine e nei guanti. Il modo in cui le plastiche vengono attualmente prodotte, consumate e gestite a fine vita, tuttavia, non è completamente sostenibile. Il dibattito sulla sostituzione della plastica con altri materiali riciclabili, come la carta, soprattutto negli imballaggi, ha preso piede a causa dell’impatto negativo sull’ambiente della produzione di plastica lineare, dell'elevato volume di applicazioni monouso e della cattiva gestione dei rifiuti nel corso degli anni. La circolarità della plastica e la valorizzazione dei rifiuti sono all’ordine del giorno e le tecnologie di riciclo chimico possono svolgere un ruolo fondamentale per ottenere lo stesso obiettivo. Il riciclo della plastica Chiaramente è necessario un cambio di rotta. Chi lavora all’interno della catena di valore delle materie plastiche deve adottare principi circolari. Una parte della soluzione per garantire la circolarità della plastica è il suo riciclo, ma gli attuali tassi sono ben lontani dai livelli ideali. La Commissione europea riconosce la necessità di tassi di riciclo più elevati nel suo piano d'azione per l'economia circolare recentemente adottato nell'ambito dell'European Green Deal. Gli Stati membri devono raggiungere i seguenti obiettivi: • Riciclo del 55% dei rifiuti di imballaggio in plastica entro il 2030 • Riduzione del consumo a 40 sacchi a persona entro il 2026 • Migliorare la progettazione del prodotto per rispondere ai requisiti di durata, riparabilità e riciclabilità • Monitoraggio e riduzione dei rifiuti marini Molti stakeholder stanno seguendo il modello circolare della Fondazione Ellen MacArthur e in questa direzione la strategia circolare di Eni si concentra su: • L'uso di materie prime sostenibili • Riuso, riciclo e recupero • Prolungare la vita utile Per sostenere ulteriormente la circolarità della plastica e aumentare le percentuali di riciclo, Versalis ha avviato il Progetto Hoop® nel febbraio 2020. Il progetto si concentra sullo sviluppo di nuove tecnologie per il riciclo chimico dei rifiuti di plastica. Insieme a Servizi di Ricerche e Sviluppo (S.R.S.), l’azienda chimica di Eni sta sviluppando un processo di valorizzazione dei rifiuti di plastica mista che non possono essere riciclati meccanicamente. Cos’è il riciclo chimico della plastica?Il riciclo chimico, un termine ombrello per diverse tecnologie avanzate, può trasformare i rifiuti di plastica in materie prime che rientrano nella catena del valore per produrre nuovi polimeri. Il CEFIC, Consiglio Europeo dell'Industria Chimica, ha ampiamente classificato queste tecnologie in tre tipi. Riciclo chimico e la classificazione delle tecnologie.Dissoluzione: da rifiuto in plastica a polimero Il processo consiste nell'estrarre il polimero sciogliendo i rifiuti plastici selezionati con un solvente e/o calore. In questo modo è possibile separare anche gli additivi dai polimeri. Inoltre, il polimero estratto può essere lavorato con nuovi additivi per produrre nuove materie plastiche. Depolimerizzazione: da rifiuto in plastica a monomero Questo metodo prevede che i rifiuti di plastica selezionati vengano scomposti nei loro monomeri costitutivi sfruttando varie reazioni chimiche. I monomeri purificati possono poi essere utilizzati per produrre nuovi polimeri. I polimeri più adatti a questa tecnica sono il polietilenetereftalato (PET), il polistirolo (PS), il polimetilmetacrilato (PMMA), ecc. Conversione: da rifiuto in plastica a materia prima Grazie a queste tecniche, i rifiuti di plastica mista possono essere convertiti in una miscela di idrocarburi che può essere utilizzata come materia prima per nuove plastiche. Questa materia prima simile al petrolio o al gas può sostituire la materia prima fossile appena estratta negli impianti chimici. I due principali tipi di processo sono: pirolisi e gassificazione. La pirolisi è uno dei processi principali esplorati oggi per raggiungere gli impegnativi obiettivi di riciclo e rispondere alla necessità di circolarità della plastica. Il processo avviene ad alte temperature (in assenza di ossigeno) e trasforma i rifiuti di plastica in materie prime che vengono ulteriormente utilizzate nella produzione di nuovi prodotti chimici. Versalis sta portando avanti lo sviluppo della tecnologia della pirolisi attraverso il progetto Hoop®. Per meglio comprendere la missione e la visione del progetto, ho parlato con Fabio Assandri, Direttore Ricerca e Innovazione Tecnologica di Versalis. D: Può spiegarci Hoop® e perché Eni sta investendo in questo progetto?Assandri: Oggi, i rifiuti in plastica sono una sfida per tutti noi. L'Europa raccoglie quasi 30 milioni di tonnellate di rifiuti in plastica post-consumo e ne ricicla solo un terzo. Il riciclo meccanico è il metodo principale utilizzato e gestisce in modo efficiente i flussi di rifiuti pre-assortiti (ad es. monomateriale, meno contaminati, ecc.). Un buon esempio sono le bottiglie d'acqua in PET. Tuttavia, il riciclo meccanico ha alcuni limiti. Le fasi di ritrattamento portano al degrado delle proprietà del materiale e possono causare una riduzione della trasparenza. Inoltre, include sul numero di volte che la plastica può essere riciclata. Forse, però, il più grande inconveniente è l'impossibilità di gestire flussi di rifiuti in plastica più complessi e misti, che attualmente sono inceneriti o gettati in discarica. Questo ci ha portato ad investire nel progetto Hoop®, un progetto che si concentra sul riciclo chimico come soluzione alternativa al problema, facendo così progredire la circolarità della plastica. D: Come funziona Hoop®?Assandri: Hoop, il nome del progetto, rappresenta un cerchio completo e simboleggia dunque il supporto alla circolarità. Abbiamo lavorato su un nuovo processo basato sulla tecnologia di pirolisi dell'S.R.S. che trasforma i polimeri in molecole più piccole e mattoncini. Questa conversione è analoga allo smontaggio di un set lego in pezzi singoli. Abbiamo completato i test a livello pilota e anche la progettazione dell'impianto dimostrativo con una capacità di 6.000 tonnellate all'anno nel sito di Mantova. Il nostro obiettivo è quello di scalare e avere la tecnologia pronta per l'applicazione su larga scala. D: Cos'è il plasmix? E quali sono i vantaggi della tecnologia della pirolisi? Assandri: Il plasmix è il rifiuto in plastica mista che non è adatto a un efficace riciclo meccanico. Rappresenta una percentuale significativa dei rifiuti in plastica che attualmente non vengono riciclati. La pirolisi è ideale per tali flussi di smaltimento e consente ai materiali di estendere il loro utilizzo, in linea con i principi dell'economia circolare. Poiché la qualità è la stessa della plastica vergine, i gradi riciclati chimicamente possono essere utilizzati in applicazioni di alto valore, comprese le applicazioni a contatto con gli alimenti. Il processo da noi sviluppato offre ulteriori vantaggi come la flessibilità, l'efficienza energetica, la qualità dei prodotti e un grande risparmio di emissioni di gas serra (GHG). Il recupero dei materiali di tutti i flussi risultanti dal processo di pirolisi (liquidi, gas e solidi) è per noi una priorità assoluta. D: Il riciclo chimico può ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e le emissioni di CO2? Assandri: Nel complesso, l'impronta ecologica del riciclo chimico è inferiore alle emissioni a monte e a valle dell'attuale sistema lineare (estrazione delle materie prime, produzione di plastica e gestione dei rifiuti a fine vita). Attualmente, i rifiuti in plastica mista vengono inceneriti o messi in discarica. Entrambe le soluzioni hanno un impatto ambientale negativo. L'incenerimento porta a un aumento delle emissioni di CO2 e di altri inquinanti, mentre lo smaltimento in discarica provoca un'ulteriore dispersione dei rifiuti in plastica nell'ambiente. Il riciclo chimico evita questi problemi e, poiché riconverte i rifiuti in materie prime, contribuisce a ridurre la dipendenza dalle riserve fossili. D: Il riciclo meccanico svanirà con lo sviluppo di impianti di riciclo chimico? Assandri: Per niente. Il riciclo meccanico è già un'attività considerevole con un ecosistema ben sviluppato per flussi di polimeri come PET, HDPE, PP, ecc. Non ha senso sostituire i sistemi esistenti che funzionano bene. L'obiettivo del progetto è quello di integrare il riciclo meccanico e migliorare drasticamente la circolarità dei prodotti in plastica, ampliando la portata dei flussi di rifiuti riciclabili. In effetti, credo che il riciclo meccanico trarrà vantaggio dallo sviluppo di tecnologie di riciclo chimico, poiché gli obiettivi e le valutazioni sarebbero più ripartiti tra i due. D: Hoop® è la soluzione al problema dei rifiuti in plastica? Assandri: La questione dei rifiuti in plastica è complessa e richiede un approccio su più livelli per trovare soluzioni efficaci. Progetti come Hoop® stanno compiendo passi nella giusta direzione e costituiscono una parte importante della soluzione. Se il riciclo chimico, insieme al riciclo meccanico, riuscirà o meno ad affrontare il problema dei rifiuti plastici dipende da diversi fattori: Tutti gli attori della catena del valore, compresi i proprietari dei brand, devono essere coinvolti e collaborare. Anche i consumatori devono svolgere un ruolo importante nel seguire la corretta raccolta dei rifiuti e nell'aumentare la domanda di prodotti riciclati. Le certificazioni standardizzate e riconosciute a livello internazionale sono una necessità. Poiché il riciclo chimico genera una materia prima vergine equivalente, i materiali si mescolano negli impianti chimici e rendono difficile rintracciare fisicamente la materia prima riciclata. Gli esperti, pertanto, suggeriscono di utilizzare l'approccio del bilancio di massa per tracciare accuratamente il flusso del materiale riciclato intorno agli impianti industriali, al fine di attribuire il corretto valore del contenuto riciclato a un prodotto. Un ultimo aspetto, ma non per questo meno importante: l'industria avrà bisogno anche di sostegno politico e normativo. Una maggiore chiarezza sulla produzione sostenibile delle materie plastiche dovrebbe arrivare all'inizio del 2021, una volta che la Commissione Europea avrà completato la revisione del Regolamento sulla tassonomia dell'UE. Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti - riciclo meccanico - riciclo chimico
SCOPRI DI PIU'Sversamenti di petrolio sui terreni, gas flaring, contaminazione di benzene delle falde e distruzione socialedi Marco ArezioLa bellezza dei luoghi dove fiorivano le mangrovie, formando una foresta concatenata in cui si racchiudevano oasi naturali dove la popolazione locale viveva in piena sintonia con la natura e, da essa, traeva il sostentamento per una vita semplice. Poi, arrivò il petrolio e tutto cambiò. Nel 1956 furono scoperti i primi giacimenti petroliferi che, agli ignari abitanti delle aree interessate alle estrazioni, facevano pensare ad un futuro di prosperità sociale con la possibilità di trovare lavoro e contare su introiti economici famigliari regolari. Da quel lontano 1956 nel delta del Niger sono arrivate compagnie petrolifere come la Shell, la Total, la Chevron e l’Eni che hanno, di fatto, colonizzato il territorio senza distribuire lavoro agli abitanti che abitavano in prossimità dei giacimenti, in quanto non potevano offrire una manodopera specializzata. Nel delta del Niger vengono prodotti circa 2,4 milioni di barili al giorno di petrolio, in un’area di circa 70.000 Kmq. in cui vive una popolazione di 27 milioni di abitanti. Se nel passato la gente conduceva una vita sostenuta dalla natura in cui viveva, con il passare del tempo, il loro mezzo di sostentamento è stato distrutto anno dopo anno, gettando la popolazione nella miseria. Il petrolio spesso fuoriesce dalle condutture, inquinando i terreni e l’acqua, costringendo la popolazione a mangiare il pesce pescato in bacini inquinati e a prelevare l’acqua da bere e per l’uso domestico dalle falde contaminate dal benzene. La desertificazione e l’inquinamento delle zone agricole, causate dalla dispersione del petrolio nei terreni e nei corsi d’acqua, non è l’unico problema che la popolazione deve affrontare. Infatti subiscono anche il fenomeno del gas flaring, nonostante sia vietato dalla legge Nigeriana. Il Gas Flaring è l’emissione in atmosfera di residui gassosi infiammabili che vengono in superficie insieme al petrolio, che per comodità viene bruciato in atmosfera, emettendo sostanze pericolose per la salute umana come anidride carbonica, gli ossidi di zolfo ed azoto, il benzene il tuolene e lo xilene. I danni sanitari sulla popolazione si possono riassumere nelle malattie cardiorespiratorie, silicosi, cancro, malattie del sangue, disturbi gastrointestinali e leucemie che minano, non solo la popolazione che vivono a ridosso dei giacimenti, ma anche quella a decine di chilometri di distanza. Nonostante il gas flaring potrebbe essere recuperato e riutilizzato o reimmesso nel pozzo prima di essere liberato nell’ambiente, per la velocità di lavorazione e la riduzione dei costi di produzione, il gas viene smaltito nell’ambiente con tutte le conseguenze del caso. Nell’area esistono circa 100 pozzi che bruciano il gas di uscita, giorno e notte, dal 1960 circa. A fronte dell’esasperazione popolare che è costretta a vivere tra fame, malattie e nessun vantaggio sociale ad avere l’estrazione petrolifera vicino a casa, subisce anche il disinteresse del governo che non interviene contro le compagnie per far riparare ai danni ambientali da loro causati e nemmeno nella ridistribuzione a livello locale di una piccola parte dei proventi, permettendo di condurre una vita meno disastrata. Anzi, ogni accenno a rivolte popolari vengono repressi dalla polizia che non vogliono problemi con i petrolieri. Subisce, inoltre, il disinteressamento delle compagnie petrolifere ai problemi che loro stesse hanno causato, innescando forme di repressione verso episodi di disperazione creati da gruppi che tentano, con azioni dimostrative, di sabotare le condutture. Nonostante in Nigeria vi siano circa 606 pozzi petroliferi attivi, che costituiscono l’80% del PIL del paese, in 60 anni di continue estrazioni il paese è rimasto tra i più poveri dell’Africa, con una speranza di vita intorno ai 40 anni e un tasso di disoccupazione intorno al 75-80%.Approfondisci l'argomento
SCOPRI DI PIU'I Rifiuti li buttiamo? No, saranno la benzina per i nostri investimentidi Marco ArezioQuando si parla di rifiuti ci vengono in mente spesso le discariche, le città con le strade piene di cumoli di immondizia o le scene che si vedono in televisione sulle isole galleggianti di plastica negli oceani. Ma in realtà, i rifiuti possono essere ben altre cose, se vogliamo vederli sotto una luce diversa, se ci pensiamo un attimo prima di buttare nell’ambiente una bottiglia di vetro o di plastica, o un sacchetto o un giornale o una classica buccia di banana. Si, perché i rifiuti possono essere davvero il tesoro che non capiamo, la benzina per far muovere il mondo, il mezzo per salvare il pianeta dai gas serra, la chiave per eliminare la deforestazione e il modo per avere i mari più puliti e più popolati di pesci. Utopia? No, quella la lasciamo ai sognatori, chi è più concreto, un giorno, si è chiesto cosa farebbe se avesse a disposizione 100.000 tonnellate di rifiuti organici che derivano dalle cucine delle nostre abitazioni e dal verde di scarto delle nostre città e paesi. La A2A, azienda Italiana attiva nel riciclo dei rifiuti e promotore della produzione di energia sostenibile, ha dato una risposta concreta a questo quesito, infatti, ha deciso di costruire, in provincia di Pavia, un impianto che potesse trattare quella quantità di rifiuti organici, con lo scopo di produrre compost, un concime ecologico, ed energia elettrica attraverso la produzione di biometano. Attraverso la digestione anaerobica, sarà possibile produrre 8,2 milioni di metri cubi di biometano che andranno ad alimentare i consumi energetici di circa 20.000 persone, inoltre si potrà produrre circa 20.000 tonnellate di compost da utilizzare, come fertilizzante bio, nella lavorazione dei campi, senza inquinare le falde ed avvelenare gli uccelli con l’uso dei concimi chimici. L’impianto, oltre ad essere un esempio chiaro di come si possono investire i rifiuti invece che buttarli, aiuta la comunità territoriale a ridurre la dipendenza dalle fonti fossili per produrre energia. Se si moltiplicassero queste tipologie di investimenti, in Italia si potrebbe produrre oltre 6 miliardi di metri cubi di biometano, che equivarrebbe a circa il 22% di quanto importavamo dalla Russia, e circa il 10% del fabbisogno nazionale in un anno. Le importazioni di energia Italiane si possono calcolare in circa il 78% del fabbisogno nazionale, contro circa il 60% degli altri paesi Europei, valori questi che devono spingerci a pensare che sia giusto aumentare le leve energetiche nazionali e rinnovabili, come il vento, il sole, l’acqua e i rifiuti. Un’ulteriore nota importante è che, attraverso il massiccio utilizzo dei rifiuti, è possibile azzerare o minimizzare il conferimento in discarica. Categoria: notizie - rifiuti organici - economia circolare - riciclo rNEWS
SCOPRI DI PIU'di Marco ArezioI consumatori sono sempre preoccupati sulla scarsità e sulla veridicità delle informazioni che ruotano intorno alla possibile tossicità per la salute dei prodotti che acquistano, siano essi imballi per alimenti, oggetti di uso comune, cosmetici o prodotti ausiliari come vernici, isolanti o altri elementi.Nel mondo delle fake news diventa difficile stabilire, per esempio, se l'acqua contenuta nelle bottiglie di plastica, sotto l'effetto del calore del sole o della luce, possa essere contaminata dal suo imballo in PET, oppure se il rivestimento polimerico di una lattina di piselli possa cedere sostanze nocive al cibo o se le creme che mettiamo sul corpo possano creare problemi sul lungo periodo all'organismo. Per questi motivi era necessario che, a livello governativo, si affrontasse il problema dei composti chimici che potrebbero creare un danno alla salute, cercando di catalogare ed eventualmente vietare, una volta per tutte, i composti ritenuti pericolosi.Secondo recenti informazioni, l’Unione Europea starebbe realizzando un elenco che conterrebbe fino a 12.000 sostanze chimiche, che vengono oggi usate per realizzare moltissimi prodotti e che vorrebbe considerare pericolose per la salute.L’obbiettivo sarebbe quello di vietarne l’uso realizzando così il più grande elenco di sostanze vietate che sia mai comparso in Europa. Il progetto, come ci descrive Arthur Neslen nel suo articolo, sembra sia supportato dalle analisi e dagli studi compiuti da un numero di scienziati che affermano che il tasso di inquinamento da sostanze chimiche presenti in molti prodotti, porterebbe a conseguenze irreparabili se non si interviene quanto prima. Si pensa, ad esempio, che la peronospora sintetica stia spingendo alcune specie di balene sull'orlo dell'estinzione, è stata inoltre accusata del calo dei tassi di fertilità umana e di 2 milioni di morti all'anno. Questo elenco preparato dall'UE è stato concepito come un primo passo per trasformare, in modo definitivo, la situazione attuale, riuscendo in ogni modo ad utilizzare la legislazione esistente, per mettere fuori legge le sostanze tossiche legate al cancro, all'interruzione ormonale, ai disturbi reprotossici, all'obesità, al diabete e ad altre malattie.Tatiana Santos, responsabile delle politiche chimiche, ha affermato: “I controlli chimici dell'UE sono generalmente e dolorosamente lenti, ma l'UE sta pianificando la più grande restrizione che abbiamo mai visto. Questo elenco promette di migliorare la sicurezza di quasi tutti i prodotti fabbricati e di ridurre rapidamente l'intensità chimica delle nostre scuole, case e luoghi di lavoro". Il piano si concentra per la prima volta su intere classi di sostanze chimiche, inclusi tutti i ritardanti di fiamma, i bisfenoli, le plastiche in PVC, le sostanze chimiche tossiche nei pannolini monouso e i PFAS, noti anche come " prodotti chimici per sempre " a causa del tempo prendono a degradarsi naturalmente. Tutti questi saranno inseriti in una lista di sostanze da considerare per la restrizione da parte dell'Agenzia Europea per le sostanze chimiche. L'elenco sarà regolarmente rivisto e aggiornato, prima di una revisione significativa del regolamento fondamentale dell'UE Reach per le sostanze chimiche, previsto per il 2027. Le sostanze chimiche identificate nel nuovo documento includono sostanze dei materiali a contatto con gli alimenti, pannolini monouso, IPA (idrocarburi policiclici aromatici) e per i parchi giochi dei bambini. Ma i gruppi industriali sostengono che l’inclusione in questo elenco di alcune sostanze chimiche rischierebbe di colpire anche la fascia alta del mercato, in cui si trovano crene e profumi, nelle quali verrebbero utilizzati composti chimici che l’UE vorrebbe vietare. "Molti ingredienti diversi rientrano nel gruppo dei sensibilizzanti per la pelle, quindi un'ampia gamma di prodotti cosmetici potrebbe essere influenzata", ha affermato John Chave, direttore generale di Cosmetics Europe, un ente commerciale. "L'effetto di queste restrizioni porterebbe potenzialmente ad una riduzione di offerta, meno scelta e meno efficacia funzionale per i prodotti cosmetici, senza alcun vantaggio in termini di sicurezza perché gli ingredienti erano già sicuri". Oltre ai cosmetici, i prodotti interessati alla declassazione potrebbero includere vernici, prodotti per la pulizia, adesivi, lubrificanti e pesticidi. Il sistema Reach in Europa è già il registro chimico più esteso al mondo e nuovi divieti potrebbero colpire più di un quarto del fatturato annuo del settore, pari a circa 500 miliardi di euro all'anno, secondo uno studio del gruppo commerciale Cefic. "Alcune delle restrizioni potrebbero avere un impatto significativo sull'industria e sulle catene del distributive", ha affermato Heather Kiggins, portavoce del Cefic. L'industria sostiene un approccio più mirato alle restrizioni, con incentivi e controlli sulle importazioni per aiutare a sviluppare prodotti alternativi più sicuri. Tuttavia, l'Agenzia Europea per le sostanze chimiche preferisce trattare le sostanze chimiche in gruppi più ampi, perché le aziende chimiche hanno, nel tempo, aggirato il divieto delle singole sostanze chimiche modificando la loro ricette, per creare sostanze sorelle che possono anche essere pericolose, ma che richiedono lunghe battaglie legislative per essere regolamentate. La tattica del settore, nota come " sostituzione deplorevole”, è stata criticata da gruppi ambientalisti per aver consentito la sostituzione di sostanze come il bisfenolo A, che altera il sistema endocrino, con altri bisfenoli. Santos l'ha descritta come "una tattica cinica e irresponsabile dell'industria chimica per sostituire le sostanze chimiche vietate più dannose, con altre altrettanto dannose non ancora giudicate dalle normative. Abbiamo assistito a un modello decennale di continue sostituzioni per evitare la regolamentazione delle sostanze”.Consideriamo che esistono più di 190 milioni di sostanze chimiche sintetiche registrate a livello globale e una nuova sostanza chimica industriale viene creata in media ogni 1,4 secondi. L'ONU afferma che l’attuale valore globale del settore sia di oltre 5 trilioni di dollari e che raddoppierà entro il 2030 e quadruplicherà entro il 2060. Il commissario per l'ambiente dell'UE, Virginijus Sinkevičius, ha affermato che le nuove restrizioni "mirano a ridurre l'esposizione delle persone e dell'ambiente ad alcune delle sostanze chimiche più dannose". Il commissario per i mercati interni dell'UE, Thierry Breton, ha affermato che il raggiungimento di un ambiente privo di sostanze tossiche richiederebbe trasparenza e visibilità da parte della commissione. "Il piano delle restrizioni sulle sostanze chimiche fornisce tale visibilità e consente alle aziende e alle altre parti interessate di essere meglio preparate per potenziali restrizioni imminenti", ha affermato. Milioni di tonnellate di sostanze chimiche sono state utilizzate da giganti industriali come BASF, Bayer, Dow Chemicals ed ExxonMobil senza completare i controlli di sicurezza tra il 2014 e il 2019, secondo una ricerca degli ambientalisti tedeschi.
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