La ricerca scientifica applicata al settore agroalimentare per minimizzare l’impatto ambientaleForse non ci soffermiamo abbastanza nell’analizzare la stretta correlazione tra il depauperamento delle risorse naturali rispetto al sostentamento alimentare di una popolazione mondiale in crescita continua. Le coltivazioni intensive richiedono acqua, concimi chimici, diserbanti, energia in quote sempre maggiori, anno dopo anno, portando un impatto ambientale estremamente negativo. La filiera della carne, poi, è responsabile delle coltivazioni estensive di foraggio, della deforestazione in alcuni paesi, dell’uso spropositato di acqua, del suolo, della produzione di inquinanti di derivazione animale. Anche le multinazionali che operano del settore alimentare stanno capendo che, una filiera alimentare più sostenibile, è la chiave per contribuire al bilanciamento climatico e alla soddisfazione dei propri clienti. Per questi motivi Nestlé ha ufficialmente inaugurato l'Istituto di scienze agrarie, per aiutare a far progredire i sistemi alimentari sostenibili fornendo soluzioni basate sulla scienza in agricoltura. Intervenendo all'inaugurazione, Paul Bulcke, presidente di Nestlé, ha dichiarato: "Abbiamo coltivato relazioni dirette con generazioni di agricoltori di tutto il mondo. Per continuare a fornire alle persone alimenti gustosi, nutrienti e convenienti, dobbiamo passare insieme a un sistema alimentare più sostenibile. Il nuovo istituto di ricerca rafforzerà la nostra esperienza e utilizzerà la nostra rete globale per sostenere le comunità agricole e proteggere il nostro pianeta". Con i sistemi alimentari globali sotto pressione, vi è un urgente bisogno di accelerare nuovi approcci che garantiscano un approvvigionamento alimentare sostenibile, per una popolazione mondiale in crescita, contribuendo al tempo stesso ai mezzi di sussistenza degli agricoltori. Nel nuovo istituto, gli esperti Nestlé esaminano e sviluppano soluzioni in aree di interesse chiave, come la scienza delle piante, i sistemi agricoli e il bestiame da latte. Si basa, inoltre, sull'esperienza esistente dell'azienda nel settore delle scienze vegetali nel caffè e nel cacao. Per molti anni, gli scienziati delle piante Nestlé hanno contribuito ai piani di approvvigionamento sostenibile di cacao e caffè di Nestlé. Nestlé sta ora rafforzando questa competenza e ampliandola ad altre colture, tra cui legumi e cereali. L'istituto sta inoltre lavorando con gli agricoltori per sperimentare pratiche di agricoltura rigenerativa, per migliorare la salute del suolo e incoraggiare la biodiversità. Inoltre, gli esperti esplorano nuovi approcci nell'allevamento lattiero-caseario, che hanno il potenziale per ridurre le emissioni di gas serra nei settori dell'alimentazione delle mucche e della gestione del letame. Jeroen Dijkman, Head of Nestlé Institute of Agricultural Sciences, ha dichiarato: "Il nostro obiettivo è identificare le soluzioni più promettenti per promuovere la produzione di materie prime nutrienti, riducendo al minimo il loro impatto ambientale. Adottiamo un approccio olistico e consideriamo diversi fattori, tra cui l'impatto sulla resa, l’impronta di carbonio, la sicurezza alimentare e i costi, nonché la fattibilità dell'aumento di scala".Come parte della rete globale di ricerca e sviluppo di Nestlé, l'istituto collabora strettamente con partner esterni tra cui agricoltori, università, organizzazioni di ricerca, startup e partner industriali per valutare e sviluppare soluzioni basate sulla scienza. Il nuovo istituto ribadisce l'impegno dell'azienda a rafforzare l'ecosistema di innovazione unico della Svizzera. Intervenendo all'inaugurazione ufficiale, Valérie Dittli, consigliere di Stato del cantone svizzero di Vaud, ha dichiarato: "Il nuovo istituto sta rafforzando il cantone di Vaud come centro di eccellenza per la ricerca e l'istruzione in agricoltura e alimentazione. Contribuisce, inoltre, agli sforzi che sono in corso per sostenere gli agricoltori di fronte ai cambiamenti climatici. L'agricoltura è al centro di un'alimentazione di qualità e, nel Canton Vaud, possiamo contare su un ecosistema innovativo che riunisce partner tra cui professionisti agricoli, scuole di istruzione superiore e centri di ricerca privati come quello di Nestlé." Oltre alle sue nuove strutture presso Nestlé Research in Svizzera, l'istituto incorpora un'unità di ricerca scientifica sulle piante esistente in Francia, e aziende agricole con sede in Ecuador, Costa d'Avorio e Tailandia, nonché partnership con aziende agricole di ricerca.Fonte: Nestlé
SCOPRI DI PIU'Ci sono relazioni tra ambiente, economia circolare ed energie rinnovabili con le quotazioni del barileIl mondo, negli ultimi anni, ha fortemente spinto per ridurre la dipendenza dalle fonti fossili, che sono tra le cause principali dell’inquinamento, del degrado della salute umana, della distruzione dell’ecosistema, dei cambiamenti climatici, di un potere economico concentrato in poche mani che influenza la vita di miliardi di persone. Ma ora, potrebbero cambiare gli equilibri e il lavoro fatto fino a oggi. Non si era mai visto, da quando si era iniziato il monitoraggio delle quotazioni petrolifere, che il prezzo del WTI, il greggio che viene prodotto negli Stati Uniti, avesse un valore di mercato negativo: – 37,63 dollari. Si, non c’è un errore, è proprio così. Il mercato americano del petrolio, in questo momento, sarebbe disposto a pagare i clienti che potessero ridurre le sue scorte, avendo oggi un oggettivo problema di stoccaggio se la domanda di greggio dovesse rimanere sulle quantità odierne. Non fanno festa, però, nemmeno in Europa dove la quotazione del Brent del mare del nord è intorno a 27 dollari al barile e le prospettive per i prossimi mesi, a sentire gli esperi energetici, non sono delle più rosee. In effetti il blocco delle auto, delle navi, degli aerei e delle fabbriche nel mondo, a causa del coronavirus, ha distrutto la domanda di greggio facendo salire in modo esponenziale le scorte, con la conseguenza di non sapere più dove mettere le nuove produzioni di greggio. Inoltre, il taglio della produzione di 10 milioni di barili al giorno, deciso dai paesi aderenti all’OPEC +, non ha dato i frutti sperati in quanto il calo della domanda è risultata superiore ai tagli. In questo scenario complesso, oltre alla crisi del comparto petrolifero, che vede remunerativo il costo minimo del greggio tra i 30 e i 60 dollari al barile, in base alle tipologie di estrazione che impiegano, il comparto dell’economia circolare, delle energie rinnovabili e dell’ambiente intravede all’orizzonte dei seri problemi. Possiamo citarne alcuni: In molti paesi, a causa della pandemia, sono ritornati in uso i prodotti plastici monouso, che vanno dai sacchetti, ai piatti, ai bicchieri e alle posate. Questi prodotti, se dispersi nell’ambiente, sono imputati quali una tra le principali cause della formazione di micro e nano plastiche che vengono dispersi negli oceani, nei fiumi e nei mari, entrando, attraverso la catena alimentare nei nostri corpi con tutte le conseguenze sanitarie che implicano. L’industria automobilistica è stata duramente colpita dalla pandemia. Il blocco delle produzioni in tutto il mondo, ha causato il crollo delle entrate finanziarie ai produttori di auto, camion e machine industriali. Negli ultimi anni le aziende si stavano dedicando al delicato passaggio della produzione dai motori termici a quelli elettrici, con grandi investimenti programmati. Questi investimenti erano necessari per rientrare nei valori massimi di emissioni decise dai governi, soprattutto quelli Europei, al fine di contenere il riscaldamento globale. Ora, il settore auto si sta chiedendo se non sia il caso di spostare di 5 anni almeno la data per il raggiungimento, dal punto di vista industriale, di questi valori. Il mercato del riciclo delle materie plastiche ha già vissuto un anno difficile nel 2019, con una netta concorrenza sui prezzi da parte del comparto delle materie prime vergini. Nonostante molti stati nel mondo stiano adoperandosi per promuovere il riciclo dei rifiuti plastici che quotidianamente si producono, questo non si traduce in supporti reali all’industria del riciclo. La competizione che esiste tra i prezzi delle materie prime plastiche vergini con quelle rigenerate non è educativa, socialmente utile ed economicamente vantaggiosa per i governi, che hanno la responsabilità di gestire e trovare soluzioni corrette allo smaltimento dei rifiuti. Con il crollo dei prezzi del petrolio che stiamo vedendo in questi giorni, ci si può aspettare che le quotazioni dei polimeri vergini diventino, definitivamente e in ogni settore, più competitivi di quelle dei polimeri rigenerati. Questo bloccherebbe il mercato della lavorazione dei rifiuti plastici con la creazione di un enorme problema ambientale ed economico. Il grande sforzo fatto per incrementare la produzione delle energie rinnovabili, quale il solare, l’eolico, le biomasse, il geotermico e tutte le altre fonti in fase di studio e progettazione (energie dalle maree, dalle onde, dalle differenze di temperature dell’acqua, dall’idrogeno, dalla fusione nucleare e altre fonti) si potrebbero impattare con dei conti economici di produzione non più in linea rispetto al costo attuale del greggio. Pur sapendo che la lungimiranza tecnico-politica direbbe che le energie alternative al petrolio, in quanto rinnovabili, rimarranno nella nostra vita senza mai esaurirsi, le lobbies potrebbero giocare un ruolo determinante in questi periodi, per rallentare la spinta verso le energie rinnovabili. Ci auguriamo che il buon senso possa far capire che l’economia circolare, l’ambiente e le energie rinnovabili sono i pilastri della nostra vita su cui non si dovrebbe discutere per metterli in difficoltà.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - petrolioVedi maggiori informazioni sull'Economia Circolare
SCOPRI DI PIU'Quanto rappresenta in Europa l'industria del packaging? Molto, i numeri sono davvero consistenti se si considera che nel 2019 l'Unione Europea ha fatturato 139 miliardi di euro e che in testa troviamo la Germania, seguita dall'Italia e in terza posizione la Francia. Come ci racconta Tiziano Polito, il mercato Francese degli imballaggi è uno tra i più importanti d'Europa.Secondo INSEE, che pubblica questi dati, la Francia è il terzo produttore europeo dietro Germania e Italia. 18,3 miliardi di euro: questo è il giro d'affari rappresentato dall'industria del packaging in Francia nel 2019 secondo un rapporto INSEE. L'Istituto Nazionale di Statistica e Studi Economici ha misurato la fatturazione dei prodotti fabbricati sul territorio Francese, proveniente da 1.460 unità collegate a questo settore di attività e rappresentano il 3,8% delle vendite nell'industria manifatturiera. Come ci si potrebbe aspettare, la plastica e il cartone hanno la quota maggiore. Nel dettaglio, le vendite generate dagli imballaggi in plastica sono state pari a 6,9 miliardi di euro, pari al 38% del totale, mentre la carta-cartone rappresenta 5,3 miliardi (29%) e il metallo, il vetro e il legno 2 miliardi ciascuno (11%). I dati sull'occupazione si riferiscono all'anno finanziario 2017. INSEE aveva 79.450 dipendenti nel settore, ovvero il 4,7% dei posti di lavoro nell'industria manifatturiera non alimentare. La Normandia e la Bourgogne-Franche-Comté sono le regioni con il maggior numero di posti di lavoro nel settore degli imballaggi, rispettivamente con il 7,9% e il 7,6% del totale. Piccole aziende nel settore del legno e della plastica La struttura delle aziende è piuttosto frammentata. Nel legno, il 70% degli stabilimenti ha meno di 20 dipendenti. Negli imballaggi in plastica e carta-cartone questo rapporto sale al 39% e al 37%. Al contrario, nel vetro e nel metallo, dove le lavorazioni sono caratterizzate da una maggiore intensità di capitale, le aziende con meno di 20 dipendenti rappresentano solo il 25% e il 5% del totale. La Francia è al terzo posto in Europa per la produzione di imballaggi. Il fatturato del settore è stato di 138,1 miliardi di euro nell'Unione Europea nel 2019, la Francia contribuisce per il 13% a questo totale dietro Germania (20%) e Italia (15%). La Francia detiene il primo posto europeo nella produzione di imballaggi in legno con il 20% del fatturato e il secondo per gli imballaggi in plastica (15%). Più modesto il suo contributo per gli imballaggi carta-cartone: 10%, cioè la metà in meno della Germania con il 21%. In questo caso, se a livello nazionale domina la plastica, altrove in Europa sono gli imballaggi carta-cartone a rappresentare la quota maggiore di fatturato: 55,5 miliardi di euro, ovvero il 40% delle vendite del settore. Sul fronte del commercio internazionale, la bilancia commerciale ha mostrato un deficit di 1,7 miliardi di euro nel 2019. Le importazioni francesi sono ammontate a 7,3 miliardi di euro. L'82% di loro proviene da paesi dell'UE. Con 603 milioni di euro di importazioni, la Cina è il quarto fornitore. Altrove in Europa, gli imballaggi in carta-cartone rappresentano la quota maggiore di fatture: 55,5 miliardi di euro, ovvero il 40% delle vendite della filiera.Vedi il manuale del packaging
SCOPRI DI PIU'Si parla tanto di investimenti per l’economia circolare ma il capitale cerca sempre scorciatoieSembreremmo ormai entrati in una fase di sicuro interesse verso l’economia verde, di startup innovative che si occupano di agricoltura eco sostenibile, di scoperte per la riduzione dell’inquinamento atmosferico, dei mari e dei suoli, di una mobilità con una bassa impronta carbonica… ma è proprio così? Nonostante la Commissione Europea presieduta da Ursula von der Leyen, abbia tracciato una strada chiara e univoca su un modello di sviluppo più compatibile con le esigenze della terra e, nonostante dall’altra parte dell’oceano, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, stia remando in senso opposto ritirando addirittura il suo paese dall’accordo di Parigi sul clima, il mondo degli affari tiene il timone dritto decidendo come e dove investire il denaro a disposizione. Infatti, al di là dei proclami statali e dei movimenti di opinione della gente, i soldi si muovono nell’interesse del profitto che, a volte, si può incrociare con i gli interessi della politica e dell’opinione pubblica e a volte no. Non si può dire che il business sociale esista, in quanto i soldi vengono investiti oggi con orizzonti temporali sempre più corti rispetto agli anni, ai decenni o al secolo scorso. Complice l’informatizzazione dei sistemi economici, gli investitori scommettono su attività che si auspicano avere dei ritorni di profitto molto alti in tempi estremamente ristretti. Un esempio lo possiamo vedere osservando l’andamento di alcuni titoli tecnologici e di servizi legati al web, come Google, Apple, Amazon, Tesla, solo per citarne alcuni, che hanno incrementato il loro valore durante il periodo dell’esplosione del Covid in modo del tutto sorprendente, in uno spazio di tempo estremamente limitato, con valori di crescita a due cifre percentuali. Questo è difficile che succeda in un’economia tradizionale, ed è sempre più consueto vedere come i capitali mondiali si rivolgano a business con crescite esponenziali in periodi ristretti. Come è possibile attirare investimenti su progetti green che debbano cambiare o risolvere le anomalie produttive, di consumo o di mobilità che affliggono il nostro pianeta, i cui progetti hanno bisogno di anni o decenni per essere realizzati? Interessa a qualche investitore portare l’acqua potabile in alcune metropoli, come Mumbai, in cui il ritorno dell’investimento sarebbe assicurato ma a fronte della costruzione di una rete idrica i cui tempi sarebbero ovviamente lunghi? Sembrerebbe di no, infatti ogni giorno centinaia di camion portano l’acqua in città, emettendo tonnellate di Co2, ma non si trovano capitali per ammodernare la rete idrica e ridurre l’inquinamento atmosferico. Questo è solo un esempio del paradosso della finanza, che influisce sul mantenimento di sistemi inefficienti e inquinanti, nonostante si dispongano di risorse e di mezzi per risolvere i problemi ambientali. Approfondisci l'argomento
SCOPRI DI PIU'Spesso può capitare che quello che pensi della tua azienda non sia quello che il mercato pensa di lei e, non sapendolo, è facile non poter intervenireNelle piccole e medie aziende, dove il ruolo del proprietario o del manager preposto alla direzione sono il fulcro dell’attività, può essere facile avere una visione non del tutto precisa di come l’azienda viene vista dal mercato. Osservare la propria azienda dall’interno, tutti i giorni, nella sua globalità o attraverso le attività dei vari rami aziendali, si possono creare impressioni sul lavoro, sulla potenzialità, sul servizio, sulle relazioni con i clienti e fornitori, sul grado di apprezzamento delle attività e sulla fidelizzazione nel tempo, che potrebbero essere di parte e non del tutto obbiettive. Quando si presentano problemi importanti in uno di questi settori, la direzione mette in moto tutta una serie di azioni, collaudate, che hanno lo scopo di risolvere la controversia o l’insoddisfazione palese che si è manifestata. Ma le azioni che potrebbero migliorare, ogni giorno, l’importanza del marchio, incrementare le vendite, posizionare l’azienda su nuovi mercati, aumentare la soddisfazione della clientela, far crescere la fiducia da parte dei fornitori, quando non si palesano criticità, sono più difficili da intercettare e capire dall’interno. E’ difficile rendersi conto del livello di gradimento che il mercato ha dei vari settori aziendali, in quanto raramente si mettono in pratica procedure di quantificazione della soddisfazione della clientela e dei fornitori, forse per la paura di ricevere critiche. Risulta quindi di fondamentale importanza la collaborazione con un consulente, specializzato nel mercato di riferimento dell’azienda, il quale ha lo scopo di studiare il flusso di lavoro da una posizione esterna, che gli permette, conoscendo le dinamiche del mercato dalle due parti (fornitori e clienti), di capire in modo indipendente cosa si potrebbe migliorare all’interno dell’azienda. Un’analisi dei vari settori aziendali permette di capire il grado di comunicazione interna, la qualità dei servizi offerti rispetto alle aspettative dei clienti verso l’azienda, l’esistenza e l’efficacia o meno della comunicazione esterna e la capacità di risolvere i problemi, che si generano lavorando, in modo costruttivo. La consulenza su questi aspetti permette all’imprenditore di acquisire nozioni e proposte di miglioramento, da un punto di vista non influenzato dal ritmo quotidiano di lavoro e dall’abitudine dell’esecuzioni di procedure aziendali standard, ma cerca di portare una valutazione critica della valenza della società sul mercato. La cosa peggiore è pensare di essere una corazzata e venire etichettati come un piccolo natante, senza saperlo.
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