La siccità è arrivata in modo devastante anche in Europa, forse adesso ascolteremo la terra?di Marco ArezioIl Covid, la guerra, il caldo asfissiante, la siccità, la mancanza di energia, i flussi migratori in crescita, questa è la fotografia del nostro vivere contemporaneo. I problemi ci piace vederli in televisione, con l’idea sciocca che rimangano confinati li dentro, poi, facciamo la vita di sempre, facendo finta che tutto vada bene. E’ una forma di protezione? Forse, ma di fatto la situazione è proprio questa, un insieme di fatti concatenati (e non li ho citati tutti), che rendono complicata la vita di oggi e del medio periodo. Di cambiamenti climatici piace parlarne a tutti, siamo tutti ecologisti per uniformarci alla massa che, ora, cammina in questo senso, ma in realtà, nella nostra vita quotidiana ci comportiamo in modo non troppo green. Noi rispecchiamo la classe politica che eleggiamo, che dovrebbe prendere delle decisioni per la comunità, anche impopolari, nella giusta direzione per il nostro futuro, ma la politica oggi sembra un grande social e i politici, come influencers, devono piacere e compiacere, non governare. Quindi risolvere i problemi climatici è difficile, perché sembra non ci siano nell’agenda delle priorità, anche se ne parlano giornalmente. Da anni si parla di energie rinnovabili e da anni si fa pochino per aumentare seriamente la produzione di energia dal sole e dal vento, ma adesso che il prezzo del gas è andato alle stelle si rispolverano vecchi progetti lasciati nei cassetti dei burocrati. Per quanto riguarda l’acqua la faccenda è, purtroppo, ancora più grave in quanto non basta finanziare nuovi progetti, come è successo per le energie rinnovabili, per avere più acqua, in quanto questa è difficilmente producibile. Anche per il settore idrico, bene primario per la popolazione, le istituzioni hanno fatto sempre poco, molto poco, in un paese che fino a poco tempo fa non aveva il problema della siccità, non si è mai investito abbastanza sugli acquedotti, che in molti casi disperdono lungo il tragitto anche il 30-40% della loro portata. Non si è investito sugli accumuli, creando nelle zone più piovose, come in montagna, invasi che potessero fungere da riserva d’acqua quando necessario, non si è investito in impianti di desalinizzazione lungo le coste e non si è mai affrontato una gestione organica e sociale delle acque sotterranee profonde. Secondo i dati Istat del 2019, le acque sotterranee garantiscono l’84% del fabbisogno idropotabile (48% da pozzi e 36% da sorgenti), oltre a coprire una parte significativa delle esigenze agricole e industriali. Pur risentendo della diminuzione delle piogge, la risorsa idrica sotterranea nazionale si rinnova annualmente per circa 50 miliardi di metri cubi, valore paragonabile all’acqua invasata in media nel Lago di Garda e a quella che mediamente il fiume Po scarica in Adriatico in un anno. Inoltre si dovrebbe sfruttare di più la risorsa dell’umidità dell’aria, in quanto è possibile costruire deumidificatori che, spinti da energia rinnovabile, trasformino l’umidità in acqua potabile. Questi impianti potrebbero contribuire alla riduzione dell’uso dell’acqua che preleviamo dagli acquedotti, facendo risparmiare risorse naturali importanti. Forse è il caso di svegliarci e fare tutti, nel nostro piccolo, qualche cosa.
SCOPRI DI PIU'Crisi Alimentare: i Biocarburanti e i Mangimi per gli Animali sono Sotto Accusadi Marco ArezioLa produzione agricola destinata alla realizzazione di biocarburanti e dei mangimi per gli animali da macello, finiscono, ancora, sul banco degli imputati in concomitanza con la crisi Russo-Ucraina. La situazione che stiamo vivendo in questo momento, con milioni di tonnellate di cereali fermi nei porti Ucraini a causa del blocco navale imposto da Mosca, non fa altro che acuire il problema alimentare del mondo intero e, specialmente, di quei paesi che dipendevano fortemente da queste importazioni. La Russia non sta solo facendo una guerra contro il popolo Ucraino, ma sta affamando i paesi più poveri, specialmente alcuni di quelli Africani e mediorientali, impedendo la libera circolazione delle navi che trasportano questi generi alimentari. Se consideriamo che l’Ucraina, prima dell’invasione sovietica esportava circa 5 milioni di tonnellate di cereali al mese, durante le ostilità sta esportando non più di 1 milione di tonnellate. Il PAM (Programma Alimentare Mondiale) ha stimato che la popolazione sulla soglia della fame è raddoppiata nel corso degli ultimi 5 anni (da 108 a 193 milioni di persone) a causa della pandemia, dell’incremento dell’energia, delle ripetute siccità che hanno colpito l’India che è il secondo produttore mondiale di grano dopo la Russia, delle inondazioni in Cina e della diminuzione dei raccolti negli USA e in Europa, a causa della pioggia ridotta. La guerra non si fa solo con le bombe ma anche con le armi come quelle alimentari, infatti Mosca sta vietando le coltivazioni in Ucraina per far perdere la possibilità di autofinanziarsi con i prodotti agricoli, riducendo alla fame anche il popolo Ucraino e potendo conquistare quei mercati che erano di competenza dei Kiev. Inoltre sembra che stia razziando i raccolti contenuti all’interno dei Silos Ucraini per far fiorire il mercato nero dei cereali, visti i prezzi esorbitanti sul mercato. In linea generale, nonostante questa politica di controllo del mercato agricolo da parte dei Russi, la sola produzione di Mosca non basterà a sostituire quella persa dall’Ucraina, inoltre la Russia dipende fortemente dall’Europa per le sementi e i pesticidi, con una spesa complessiva che supera il miliardo di Euro, prodotti che mancheranno, probabilmente, nella prossima stagione. Se da una parte, la coalizione occidentale sta valutando come ripristinare la circolazione di queste preziose navi per scongiurare nuove carestie e disordini sociali, dall’altra sta valutando come incrementare la produzione agricola in Europa. Ci sono alcuni fattori da prendere in considerazione che riguardano:• L’attivazione agricola su terreni ancora incolti • La valutazione sulla necessità di sostituire le coltivazioni di biocarburanti con quelle alimentari • La possibilità di ridurre la produzione di mangimi destinati agli animali da macello • La lotta allo spreco alimentare I terreni agricoli incolti sono numerosi e diffusi in molti paesi Europei, in quanto non c’è stata fino ad oggi la necessità e la convenienza di coltivarli, questo a causa della concorrenza sui prezzi dei prodotti finiti che erano largamente importati dalle zone in conflitto e dal sud est asiatico. Oggi, in mancanza di una quota soddisfacente di cereali, ogni nazione deve preoccuparsi di ricavare il più possibile dalle proprie terre agricole, incentivando le aziende ad occuparsi di terreni fino ad ora lasciati incolti. Non c’è dubbio che la coltivazione di prodotti destinati ai biocarburanti fosse un argomento molto spinoso ben prima di questa crisi alimentare innescata dalla guerra e dalla pandemia. I motivi erano legati al consumo delle foreste e dell’acqua che queste attività implicano, a fronte di un mercato che è sempre più alla ricerca di carburanti alternativi per la mobilità mondiale e per la produzione di energia elettrica. La guerra, nel frattempo, ha creato due problemi di grande impatto sociale: • L’esplosione del prezzo del gas e del petrolio • La mancanza di cereali e suoi derivati Quindi, alle perplessità pregresse circa l’opportunità di destinare risorse agricole a coltivazioni propedeutiche alla produzione di biocarburanti, si infiamma oggi la discussione tra chi chiede un’estensione o, almeno, un mantenimento delle superfici coltivate per far fronte al caro energia e chi le vuole ridurle a favore della produzione agricola a scopo alimentare. Chi spinge per ridurre le coltivazioni di biocarburanti sostiene che le terre occupate per le coltivazioni alimentari, siano già di per sé scarse per soddisfare la richiesta di cibo mondiale, con una popolazione in costante crescita e una produzione agricola per alimenti in diminuzione, a causa dei cambiamenti climatici, delle migrazioni e delle situazioni belliche diffuse. Inoltre, sostengono che l’aumento della richiesta di biocarburanti, comporta una maggiore deforestazione in cerca di terre nuove da coltivare e un incremento dell’uso di acqua, già carente a livello globale. Questa situazione, secondo chi è contrario alla produzione di biocarburanti, comporterebbe un aumento delle emissioni in atmosfera a causa della diminuzione dei polmoni verdi. Attualmente, circa l'80% del mercato dei biocarburanti dell'UE è costituito da biodiesel, prodotto principalmente da oli vegetali, e il 20% da bioetanolo. Le importazioni dell’olio di palma sono principalmente destinate all’autotrazione in Europa, ma proprio questo prodotto è stato identificato dall’UE come coltivazione che favorisce la deforestazione. Alla fine del 2018 l'UE ha adottato una Direttiva sulle Energie Rinnovabili ("REDII") aggiornata, questa impone delle limitazioni per quei prodotti che derivano da coltivazioni che incidono sulla deforestazione. Nel contesto della REDII, l'UE ha preso la decisione storica di eliminare gradualmente il sostegno ai biocarburanti ad alto rischio di deforestazione entro il 2030. Chi invece sostiene la validità della produzione dei biocombustibili, si appella all’ultimo rapporto datato 2022 del programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite, in cui si identificano le cause delle carenze alimentari in fattori diversi dal quello della coltivazione dei biocarburanti. I sostenitori di questa attività credono che la maggior richiesta di prodotti alimentari si può risolvere solo con l’incremento delle produzioni agricole sui terreni attualmente incolti. Per quanto riguarda le produzioni di mangimi destinati alle carni da macello, abbiamo ampiamente dibattuto le problematiche legate al danno costante che un’alimentazione di carne, ai livelli attuali, reca all’ambiente, in termini di emissioni di metano, consumo di acqua, deforestazione, problemi di salute dell’uomo. Ovviamente, in questo momento in cui mancano cereali fondamentali sul mercato, risuona un po' anacronistica la difesa a spada tratta del settore della produzione di carne da parte delle lobbies degli allevatori di bestiame e della filiera della macellazione. Ultimo tasto dolente sicuramente riguarda lo spreco alimentare, non solo nel settore dei cereali, ma in tutta la filiera agricola-alimentare in cui vanno quotidianamente perse tonnellate e tonnellate di prodotto finito, a causa di inefficienze legate alla logistica, al confezionamento e alla distribuzione. Oggi, dove tutto è necessario per sfamare la gente, ogni piccolo aggiustamento della catena può portare, a cascata, una sommatoria di risparmi che possono fare la differenza.
SCOPRI DI PIU'L’Università Bocconi Lancia un Progetto sulla Circolarità della ModaL’attenzione per l’economia circolare non è più un concetto gridato nelle manifestazioni di piazza, ma è una realtà ormai assimilata dagli stati, dalla politica dall’industria e soprattutto dalla finanza, che valuta come investimenti rischiosi quelli concessi ad aziende che operano fuori dal concetto di circolarità.Anche il comparto universitario si è mosso per analizzare da vicino e in modo scientifico, le filiere le aziende e le conseguenze dei comportamenti industriali sulla circolarità dei settori, uno tra questi è quello della moda raccontato dall’università Milanese. La SDA Bocconi School of Management ed Enel X lanciano il Monitor for Circular Fashion Un progetto all’avanguardia in Italia che darà vita al primo Report sulla circolarità del settore moda. Il Monitor for Circular Fashion desidera coinvolgere nel progetto uno spaccato rappresentativo del settore moda italiano lungo l'intera filiera, in collaborazione con la società di consulenza per la sostenibilità Eco-Age. Candiani Denim, Dedagroup Stealth, Intesa (IBM Group), Manteco, RadiciGroup, Save The Duck, Vibram, Vitale Barberis Canonico, Vivienne Westwood, YKK, sono alcuni dei protagonisti del settore che hanno già aderito e contribuito attivamente all’osservatorio. Questa community di aziende scelte perché front-runners della sostenibilità e circolarità nella filiera italiana del settore moda, ha già avviato un percorso virtuoso per confrontarsi sulle opportunità e le sfide della circolarità. In particolare le attività si sono focalizzate sulla condivisione di buone pratiche per individuare o sviluppare nuove soluzioni concrete e misurabili di circolarità. Uno dei temi di maggior attenzione è quello del ruolo fondamentale della trasparenza e tracciabilità di filiera come strumento per dare sostanza ai claim di sostenibilità e di circolarità verso tutti gli stakeholders, compresi i consumatori. A settembre 2021 verrà pubblicato un Report che mostrerà le macro-tendenze del settore; misurerà la capacità delle aziende moda di applicare i principi dell’Economia Circolare lungo tutta la filiera; evidenzierà le best practices e i gap, e infine proporrà un piano ambizioso su come integrare la circolarità in uno dei maggiori settori italiani per l’esportazione. Il Report si baserà su una metodologia innovativa di valutazione della circolarità, sviluppata da Enel X con il know-how del team di ricerca del Sustainability Lab di SDA Bocconi School of Management per l’identificazione di indicatori di circolarità nel settore moda. Un approccio circolare consente di cambiare radicalmente il paradigma del take-make-waste, grazie all'applicazione di cinque modelli di business circolari (Input sostenibile, Prolungamento della vita, Riciclo e Riuso, Prodotto come servizio, Piattaforme di condivisione) per assicurare che prodotti e materiali siano mantenuti in uso il più a lungo possibile, ridisegnando i processi produttivi, logistici, distributivi e le modalità di consumo con l’obiettivo di rendere il più efficiente possibile l’utilizzo delle risorse. Il passaggio a un sistema circolare continuerà ad accelerare il movimento dell'economia globale verso un futuro sostenibile. Il Monitor for Circular Fashion aderirà alle call to action per la circolarità a livello globale, in particolare supportando iniziative chiave come il progetto UNECE “Enhancing Transparency and Traceability of Sustainable Value Chains in Garment and Footwear sector” ed il piano di azione dell’Unione Europea per la circolarità “Circular Economy Action Plan”. “L'approccio scientifico è essenziale per valorizzare e far crescere i numerosi progetti pilota nella moda circolare. Con il Monitor for Circular Fashion vogliamo supportare le aziende nella misurazione delle performance di circolarità, individuando i principali KPI per ogni modello di business della moda circolare. Nel dialogo aperto con Istituzioni e Policy Makers, il Circular Fashion Manifesto darà voce alle buone pratiche del sistema moda italiano”, afferma Francesca Romana Rinaldi, Coordinatrice del Monitor for Circular Fashion presso SDA Bocconi School of Management Sustainability Lab. "L'Economia Circolare è al centro della strategia di Enel X” – ha aggiunto Nicola Tagliafierro, Responsabile della sostenibilità globale di Enel X – “Grazie alle opportunità di business sostenibili che è in grado di generare, e che hanno permesso al Gruppo Enel di posizionarsi come leader di pubblici servizi nell'indice di sostenibilità Dow Jones. Per questa ragione abbiamo deciso di mettere a disposizione la nostra esperienza e il nostro know-how a supporto di una delle industrie italiane più importanti e strategiche, con l'obiettivo di rendere il settore sempre più circolare e di esempio per il mercato globale." Sono molto entusiasta del fatto che Eco-Age stia giocando un ruolo strategico in questo progetto rivoluzionario e nel coinvolgere nuovi stakeholders in questa alleanza tra SDA Bocconi ed Enel X, per collocare l'Italia al centro del dibattito globale sulla moda sostenibile”, ha concluso Livia Firth, cofondatrice e direttrice creativa di Eco-Age. Categoria: notizie - moda - economia circolare - rifiuti - tessuti
SCOPRI DI PIU'Un disastro ecologico nell’Amazzonia Europea. Stiamo a guardare ancora?di Marco Arezio Le foreste della Romania, di proprietà dello stato, ammontano a 3,13 milioni di ettari, cifra che rappresenta il 48% delle superfici boschive del paese. In questi territori l’abbattimento illegale delle piante sta alimentando il mercato nero del legno e provoca un danno ambientale enorme. Secondo i dati raccolti il disboscamento illegale in Romania ammonta ogni anno a circa 20 milioni di metri cubi di legname su un totale di 18 milioni autorizzati legalmente dallo Stato. Considerando un prezzo medio del legno di circa 50 euro/mc, si può notare che il business illegale frutta circa 1 miliardo di euro l’anno. In realtà, sono anni che il fenomeno va avanti, probabilmente coperto da funzionari dello stato che fanno finta di non vedere il problema, ma recentemente è tornato prepotentemente alla ribalta in quanto sono stati uccisi due guardia parco, che stavano onestamente lavorando per la tutela del patrimonio forestale dello stato. Si è parlato di forme mafiose di gestione del business del legno dolce, cosa che ha fatto muovere anche la Commissione Europea, che ha imposto allo stato Romeno, una verifica della situazione attraverso la creazione di una commissione di controllo sui numeri e sulle procedure di disboscamento. Secondo le indicazioni di Recorder.co, il rapporto elaborato, dopo aver sentito gli operatori dei controlli sul campo, coadiuvati da esperti formati in Francia, Svizzera e Finlandia, ha dimostrato che il disboscamento illegale rappresenta circa 20 milioni di mc/anno. Tuttavia, il rapporto sembra essere stato censurato dalle autorità che lo hanno ricevuto, in quanto non rappresenterebbe la reale situazione, in base ai rilevamenti autonomi di Romsilva, società che gestisce il patrimonio boschivo statale. Secondo i dati di questa società, il volume del disboscamento illegale si aggirerebbe tra i 40 e i 50.000 metri cubi annui e ipotizza che la commissione incaricata al controllo, su pressione della Comunità Europea, potrebbe aver commesso degli errori di calcolo. In una conferenza pubblica in cui hanno partecipato, sia il capo di Romsilva, sia i responsabili del progetto IFN, National Forest Inventory che ha eseguito i rilevamenti, è emerso che i numeri contenuti nel rapporto IFN, siano stati supportati da consulenti indipendenti Europei, ma che l’ente statale della protezione delle foreste insiste apertamente nel crederlo inattendibile, lasciando il problema in un pericoloso limbo. Come succede solitamente negli affari gestiti dalla malavita, il fenomeno dell’intimidazione, dell’omertà e della corruzione, unge un ingranaggio ben collaudato a tutti i livelli, con l’unico scopo di tenere le attività illegali al riparo dei clamori della cronaca, in modo da continuare in modo discreto e le operazioni. Si è tanto criticato Bolsonaro per il mancato contrasto alla deforestazione dell’Amazzonia, ma poco si è parlato della deforestazione illegale in Romania.
SCOPRI DI PIU'Il Caso della Formula del Polipropilene Perduta a Milano. Capitolo 5: Verità Nascoste di Marco ArezioMentre Marini e Conti lasciavano l'ufficio del questore, sentivano il peso della responsabilità sulle loro spalle, ma anche la soddisfazione di un lavoro svolto con onore e competenza. La fiducia e l'elogio del questore non erano solo un riconoscimento del successo nel caso di Sartori, ma un incentivo a continuare con la stessa passione e integrità in tutte le sfide future. Il giorno seguente all'arresto di Enrico Sartori, il commissario Lucia Marini e l'ispettore Carlo Conti si ritrovarono nel cuore pulsante della questura di Milano, pronti a confrontarsi con l'uomo che speravano potesse chiudere definitivamente il caso del furto della formula del polipropilene. La stanza degli interrogatori era spoglia e funzionale, illuminata da una luce fredda che non lasciava spazio a ombre o segreti. Sartori sedeva di fronte a loro, le mani ammanettate davanti, l'espressione un misto di rassegnazione e sfida. "Enrico Sartori," iniziò Marini, la sua voce calma ma ferma, "abbiamo raccolto prove schiaccianti della tua partecipazione al furto della formula del professor Ferrari. Ma ci sono ancora tanti pezzi di questo puzzle che non tornano. Perché? Perché hai fatto una cosa del genere?" Marini proseguì. "abbiamo bisogno di sapere dove si trova la formula. È l'ultimo tassello che ci manca per chiudere questo caso. Aiutaci a mettere a posto questo pezzo." Sartori alzò lo sguardo, fissando Marini negli occhi. "Commissario, sono stato un folle, lo ammetto. Ma non credo che possiate capire la pressione, l'umiliazione di essere sempre il secondo, di vivere all'ombra di un genio come Ferrari." Conti, con un cenno di intesa a Marini, prese la parola. "Capisco la frustrazione, ma c'è una grande differenza tra sentirsi sottovalutato e commettere un crimine. Hai messo a rischio la tua carriera, la tua vita. Ne è valsa la pena?" Sartori, visibilmente in lotta con sé stesso, rimase in silenzio. Marini, decisa a spingere oltre, aggiunse: "Pensaci, Enrico. Questa non è solo una questione di legge; è una questione di etica, di responsabilità verso la comunità scientifica e verso te stesso." Il silenzio di Sartori si prolungò, fino a quando, con un sospiro pesante, parlò. "Non posso... Non posso dirvi dove si trova. Mi hanno minacciato, hanno detto che se parlassi..." Marini inclinò la testa, mostrando comprensione e determinazione. "Chi ti ha minacciato, Enrico? Chi altri è coinvolto? La tua sicurezza è la nostra priorità, ma devi fidarti di noi." Sartori agitò nervosamente le mani, l'ansia evidente. "È più grande di me, commissario. Non è solo la formula, è tutto ciò che essa rappresenta. Non so se posso..." "Enrico," intervenne Marini, la voce più morbida, cercando di raggiungerlo a un livello personale, "pensa al motivo per cui sei diventato scienziato. Per contribuire al progresso, per fare la differenza. Questo è il momento di dimostrare quel valore." "Enrico," riprese Marini, con una nota di impellenza nella voce, "hai detto di essere stato minacciato. Da chi? Perché hanno così tanto interesse nella formula del polipropilene?" Sartori, chiaramente combattuto, si passò una mano tra i capelli, guardando il tavolo come se potesse trovare le parole giuste incise nel legno. "Commissario, è complicato. Non si tratta solo di una persona, ma di un'intera organizzazione." Marini si appoggiò in avanti, interessata. "Un'organizzazione? Puoi dirci di più?" "Si chiamano 'I Custodi dell'Ombra'," svelò Sartori con voce appena udibile, quasi temesse che pronunciare quel nome potesse invocare i suoi persecutori. "Sono... sono un gruppo che crede nella supremazia della scienza sopra ogni cosa, a qualsiasi costo. Mi hanno avvicinato mesi fa, interessati alla mia ricerca, ma non avevo capito fino a che punto sarebbero arrivati." "Commissario, 'I Custodi dell'Ombra' non sono semplici criminali," iniziò Sartori, la sua voce carica di un misto di timore e risolutezza. "Si presentano come un'élite di scienziati, industriali e intellettuali che credono nella scienza come l'unico vero potere capace di cambiare il mondo. Ma il loro modo di perseguire questo ideale... è distorto." Marini, assicurandosi di registrare ogni parola, chiese: "In che modo, Enrico? Cosa fanno esattamente?" "Manipolano la ricerca scientifica a loro vantaggio, finanziando progetti che solo loro ritengono validi e, in molti casi, eticamente discutibili. Usano la scienza non per il bene dell'umanità, ma come strumento di controllo e potere," continuò Sartori, il disgusto per quelle azioni evidente nel suo tono. Conti, cercando di capire meglio la struttura dell'organizzazione, intervenne: "Hai detto che sono un'élite. Chi sono i membri di questo gruppo? Come operano?" Sartori prese un momento per raccogliere i suoi pensieri. "I membri sono anonimi, conosciuti solo attraverso pseudonimi. Si incontrano segretamente, discutendo di finanziamenti, direzioni di ricerca, e... di come eliminare ostacoli o concorrenza. Ho avuto contatti con uno di loro, che si fa chiamare 'Il Custode'. È lui che mi ha avvicinato, offrendomi sostegno finanziario per la mia ricerca in cambio della mia... 'collaborazione'." Marini, sempre più preoccupata per l'ampiezza e la pericolosità dell'organizzazione, chiese: "E la minaccia alla tua famiglia? È stato 'Il Custode' a orchestrarla?" "Sì," confermò Sartori, con un filo di voce. "Quando ho iniziato a esitare, a dubitare delle loro vere intenzioni, hanno mostrato di sapere tutto di me. Di noi. Era un avvertimento chiaro: o collaboravo senza fare domande, o avrebbero pagato le conseguenze." L'atmosfera nella stanza divenne ancora più pesante, mentre Marini e Conti si rendevano conto della sfida che avevano davanti. Non solo dovevano recuperare la formula e proteggere Sartori, ma ora si trovavano a dover smantellare una rete di potere che minacciava di corrompere l'essenza stessa della ricerca scientifica. "Enrico, quello che hai fatto oggi è di fondamentale importanza," disse Marini, cercando di trasmettere un senso di solidarietà e sostegno. "Non solo ci hai aiutato a capire meglio con chi abbiamo a che fare, ma ci hai dato un punto di partenza per proteggere te e la tua famiglia. E ti assicuro, smantelleremo 'I Custodi dell'Ombra'." Conti, che fino a quel momento aveva osservato in silenzio, intervenne. "E perché hanno minacciato te, Enrico? Cosa volevano esattamente dalla formula?" Sartori inghiottì a fatica, la paura evidente nei suoi occhi. "Volevano usarla per finanziare le loro operazioni. La formula del polipropilene ha un enorme potenziale commerciale, e loro... loro volevano sfruttarla per espandere la loro influenza." Marini annotò rapidamente queste informazioni. "E la minaccia? Come ti hanno fatto sentire in pericolo?" "Mi hanno mostrato... delle foto," confessò Sartori, la voce rotta dall'emozione. "Foto di mia sorella, dei miei nipoti, con un messaggio chiaro: se non avessi collaborato, loro avrebbero sofferto." Un pesante silenzio cadde sulla stanza. Marini sentiva un misto di rabbia e compassione per l'uomo di fronte a lei, intrappolato in una situazione apparentemente senza via d'uscita. "Enrico, faremo tutto il possibile per proteggere te e la tua famiglia," promise Marini, con fermezza. "Ma abbiamo bisogno di tutto quello che sai su 'I Custodi dell'Ombra'. Nomi, luoghi, qualsiasi cosa possa aiutarci a fermarli." Con un profondo respiro, Sartori annuì, capendo che la sua collaborazione era l'unico modo per sfuggire all'oscurità che lo aveva avvolto. Marini annuì, segnando la svolta nell'interrogatorio. "Grazie, Enrico. Faremo in modo che tu sia protetto. Ora, parliamo di questa chiave." Sartori, con gli occhi fissi sul tavolo, sembrava lottare con se stesso. "Commissario, la chiave... è complessa. Non è semplicemente una password o un codice. È... è una sequenza di reazioni chimiche, qualcosa che solo io posso completare." Marini, sorpresa da questa rivelazione, cercò di capire meglio. "Vuoi dire che la chiave è in realtà un procedimento scientifico?" "Esatto," confermò Sartori, alzando lo sguardo. "Ho criptato la formula in modo che solo chi conosce esattamente le reazioni chimiche necessarie possa decifrarla. È stata una misura di sicurezza contro... contro eventuali furti." Conti, che aveva seguito la conversazione in silenzio, intervenne: "E tu saresti disposto a condurre questo procedimento per noi? A decifrare la formula?" Sartori esitò, poi annuì lentamente. "Sì, ma non qui. Dobbiamo farlo in un laboratorio, con le attrezzature adatte. E... e devo ammettervi, ho paura. 'I Custodi dell'Ombra' non si fermeranno facilmente." Marini posò una mano sul tavolo, cercando di trasmettere sicurezza. "Enrico, ti garantiamo la massima protezione. Questo è importante non solo per te, ma per l'intera comunità scientifica. Dobbiamo agire, e lo faremo con ogni precauzione possibile." Sartori chiuse gli occhi, come per raccogliere il coraggio necessario. Poi, lentamente, iniziò a parlare, fornendo l'indirizzo di un piccolo laboratorio alle periferie di Milano dove aveva nascosto la formula. Mentre l'interrogatorio proseguiva, con Sartori finalmente disposto a collaborare, Marini sentiva un misto di sollievo e preoccupazione. Avevano un punto di partenza per recuperare la formula, ma sapeva anche che il cammino verso la verità era ancora lungo e pieno di ostacoli. "Commissario," Sartori alzò lo sguardo, un barlume di speranza nei suoi occhi, "grazie. Mi dispiace, per tutto." Dopo aver ottenuto le informazioni necessarie, Marini e Conti si alzarono, pronti a recuperare la formula.Mentre uscivano dalla stanza, Marini si fermò un istante sulla soglia, voltandosi verso Sartori. "Enrico, ricorda che la grandezza di un uomo non si misura dai suoi successi, ma da come affronta i suoi fallimenti." Lasciando Sartori ai suoi pensieri, Marini e Conti si avviarono verso il laboratorio indicato, consapevoli che stavano per chiudere un capitolo importante ma turbolento della loro carriera. La ricerca della formula era stata molto più di un semplice caso da risolvere; era stata una lezione su quanto profondamente le passioni umane possano influenzare le scelte, per il bene o per il male. Il viaggio verso il laboratorio fu breve, ma carico di aspettative. Entrambi sapevano che, una volta recuperata la formula, avrebbero potuto finalmente offrire al professor Ferrari e alla comunità scientifica milanese un po' di pace. Tuttavia, le ombre lasciate da questo caso nelle loro anime sarebbero rimaste a lungo, ricordandogli il prezzo della verità e della giustizia. Il commissario Lucia Marini e l'ispettore Carlo Conti si trovavano di fronte al vecchio laboratorio abbandonato che Sartori aveva indicato come nascondiglio della formula del polipropilene. La struttura, avvolta da rampicanti e con le finestre infrante, sembrava più un relitto del passato che un luogo di scoperte scientifiche. "Questo posto mi dà i brividi," commentò Conti, scrutando l'edificio con una torcia. Marini annuì, la sua espressione tesa. "Concentriamoci sul compito. La formula deve essere qui dentro. Sartori non aveva motivo di mentirci a questo punto." Avevano organizzato una squadra di perquisizione, includendo agenti specializzati e due scienziati del laboratorio di MilanTech, il dottor Bianchi e la dottoressa Rossi, per assistere nella ricerca e nell'identificazione della formula. Il gruppo entrò cautamente nel laboratorio, i fasci delle loro torce che danzavano tra le ombre, rivelando corridoi polverosi e stanze piene di attrezzature vecchie e documenti sparsi. Ogni passo faceva risuonare i loro movimenti in un eco spettrale. "Dividiamoci," suggerì Marini. "Io e il dottor Bianchi prenderemo il piano di sopra. Conti, tu e la dottoressa Rossi controllate il seminterrato. Gli altri agenti possono esaminare il piano terra. Comunicate qualsiasi scoperta." Mentre esploravano, Marini non poté fare a meno di notare come il tempo e la negligenza avessero trasformato quel luogo un tempo all'avanguardia in una tomba del progresso. Il dottor Bianchi, mentre scartavano tra vecchie provette e appunti, esclamò: "È incredibile pensare che qualcuno possa aver nascosto qui qualcosa di così prezioso come la formula del polipropilene." Marini annuì. "Le persone a volte scelgono i luoghi più improbabili per nascondere i loro segreti," rispose, continuando a cercare. Nel frattempo, nel seminterrato, Conti e la dottoressa Rossi affrontavano difficoltà diverse. L'umidità aveva rovinato molte delle vecchie registrazioni e documenti, rendendo la ricerca ancora più complicata. "Qui è tutto marcio," lamentò Rossi, sollevando un fascio di carte che si disintegrò al tocco. "Trovarci qualcosa di intatto sarà un miracolo." Conti, però, rimase ottimista. "Continuiamo a cercare. Potrebbe esserci una cassaforte o un nascondiglio segreto." Dopo ore di ricerca meticolosa e molti vicoli ciechi, fu Marini a scoprire, dietro una falsa parete nel suo settore di ricerca, una cassaforte nascosta. Con l'aiuto degli agenti, riuscirono ad aprirla, trovandovi all'interno una piccola casserei a di legno protetta da una un panno rosso. "Potrebbe essere questa," disse Marini, un filo di speranza nella voce. Il gruppo si riunì per esaminare il contenuto della cassettina, e quando la micro pergamena fu aperta, rivelarono dettagliate note di laboratorio e, infine, la formula criptata del polipropilene. "Trovata!" esclamò la dottoressa Rossi, quasi non credendo ai propri occhi. La formula era stata criptata, con un messaggio lasciato da Sartori che indicava che solo lui conosceva la chiave per decifrarla. "Furbo, Sartori," mormorò Marini. Mentre facevano ritorno alla questura, Marini e Conti sapevano che il loro lavoro non era finito. Dovevano confrontare Sartori per l'ultima volta, per ottenere ciò che era stato tanto faticosamente cercato. "Un passo alla volta, Lucia," disse Conti, vedendo la determinazione negli occhi del suo commissario. "Risolveremo anche questo enigma." E così, mentre Milano si avvolgeva nel manto della notte, Marini e Conti si preparavano per l'ultimo atto di una lunga indagine, consapevoli che ogni mistero nasconde chiavi inaspettate, pronte a essere scoperte.
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