Sistemi, attrezzature e materiali utilizzati per la saldatura di due articoli plastici di Marco ArezioDal punto di vista normativo la saldatura delle materie plastiche avviene nel collegamento di materiali termoplastici attraverso il calore, la pressione e, in certi casi, l’uso di materiali atti a favorire la saldatura. Dal punto di vista paratico l’operazione si svolge attraverso il riscaldamento delle due superfici da saldare, ad una temperatura leggermente superiore a quella di fusione dei materiali da unire, applicando una certa forza per collegare le due parti, in modo che i punti scelti per la saldatura diventino i più omogenei possibili. I materiali più adatti a questa operazione sono i termoplastici e i termoelastomeri, mentre i termoindurenti e gli elastomeri presentano alcune difficoltà nel creare le giuste condizioni termiche per le saldature a caldo. E’ possibile unire, in qualche caso, anche materiali diversi tra loro, avendo cura di accertarsi che abbiamo una compatibilità chimica e di temperature di fusione. Vediamo quali sono i principali sistemi di saldatura delle materie plastiche: Riscaldamento diretto con attrezzo caldo, si intende il collegamento delle due superfici da unire, esercitando una leggera pressione, attraverso l’uso di attrezzi metallici che inducono calore ad una temperatura stabilita. Una volta riscaldate le due superfici deputate alla saldatura si uniscono con una pressione in modo che il materiale fuso faccia da collante tra le due parti. Saldatura a gas caldo, avviene attraverso l’utilizzo di aria calda, con temperature comprese tra gli 80 e i 500° a secondo dei materiali da unire, utilizzando un filo di saldatura. L’applicazione d questa tecnologia può avvenire manualmente o attraverso apposite macchine. Le saldature possono definirsi a “ventaglio”, tipicamente una saldatura manuale, a “trascinamento a gas caldo”, attraverso l’uso di macchine, a “estrusione”, che è un’evoluzione del precedente metodo e si usa per saldature di grandi quantità. Saldatura ad ultrasuoni, avviene attraverso l’uso di onde sonore, con una frequenza tra 20 e 25 kHz, che creano un attrito tra le superfici e il conseguente riscaldamento delle parti da unire, creando le condizioni ideali di saldatura per elementi rigidi in tempi molto ristretti. Saldatura ad alta frequenza, si intende la creazione di un campo elettrico alternato ad alta frequenza all’interno del quale, con una dovuta pressione, si possono saldare plastiche come il PVC, EVA, PET, ABS PUR. Questi materiali hanno un fattore di perdita dielettrico abbastanza elevato quindi si consiglia il preriscaldamento degli elementi da unire. Saldatura a laser, detta anche saldatura penetrante, colpisce le superfici delle materie plastiche e successivamente queste trasmettono il calore al loro interno per alcuni millimetri di spessore. Questo sistema ha dei vantaggi di utilizzo dati dalla velocità di esecuzione, dalla possibilità di saldare in punti poco accessibili e con elementi non perfettamente uniti. Lo svantaggio sono gli alti costi e quindi viene utilizzata quando si vogliono realizzare saldature in tempi molto rapidi o quando gli altri sistemi tradizionali non sono efficaci. Una volta eseguite le saldature secondo il miglior metodo scelto è raccomandabile e in alcuni casi obbligatorio, eseguire prove di laboratorio per verificare la buona riuscita del lavoro. A seconda del tipo di saldatura e del tipo di manufatto su cui si è fatto l’intervento di unione, vengono eseguite prove di laboratorio che ne certifichino la qualità dell’intervento. Queste possono esser prove di tenuta stagna, per esempio su manufatti quali tubi, sacchetti, contenitori ed imballaggi, e prove meccaniche. Le prove indicate sono quelle a flessione, trazione, flessione con piegatura e flessione con urto, oppure all’urto per trazione. Per quanto riguarda i tubi si possono effettuare prove di scorrimento e di resistenza alla pressione delle saldature.Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - saldatura
SCOPRI DI PIU'A partire dal 1200 d.C. nacque l’esigenza di regolare nelle città il problema degli rifiuti domestici e produttividi Marco ArezioA partire dal Medioevo gli agglomerati urbani che crescevano sulla spinta di interessi commerciali, religiosi, produttivi o politici, iniziavano ad affrontare il problema della gestione dei rifiuti, in città di piccole dimensioni ma molto popolose. In “fai da te” non era più una soluzione accettabile. Quando parliamo di rifiuti ci vengono in mente subito immagini come la plastica, la carta, il vetro, il metallo delle lattine e gli scarti alimentari, che costituiscono il mix dei consumi degli imballi moderni. Niente di tutto questo nel medioevo, in quanto, per le tipologie di materie prime a disposizione e per l’abitudine ad usare un modello di economia circolare, che noi stiamo riscoprendo solo ora, che puntava al riutilizzo di tutto quello che si poteva riutilizzare, i rifiuti erano differenti. In cucina si buttava veramente poco, sia come materie prime fresche che come cibi avanzati, i quali, erano ricomposti abilmente in altre forme di alimentazione. Da qui nasce la caratterizzazione della “cucina povera” fatti di elementi freschi che venivano dalla campagna, che seguivano le stagioni, con cui si realizzano piatti non raffinati ma essenziali. Le materie prime di cui disponevano le persone erano fatte principalmente di legno, ceramica, stoffe, coccio, rame per le pentole e ferro per altre attrezzature. Tutte queste tipologie di materiali, a fine vita andavamo eliminate. Inoltre, in quel periodo, esisteva anche il problema dello smaltimento delle deiezioni, che costituivano un pericolo principalmente di tipo sanitario oltre che di decoro. Nelle città, per un certo periodo, si producevano anche prodotti come il pellame e il cuoio che creavano scarti solidi e liquidi altamente inquinanti e maleodoranti i quali creavano grandi problemi igienico-sanitari, tanto che poi, come vedremo più avanti, si decise di delocalizzare queste attività fuori dai centri urbani. Tutti questi rifiuti solidi venivano abbandonati lungo le strade, giorno dopo giorno, creando problemi per la salute della popolazione residente e di decoro per le città che incominciavano ad attrarre viandanti per affari o pellegrini per attività religiose. I rifiuti liquidi delle attività artigianali venivano smaltiti nei fossi, nei fiumi o nei campi direttamente senza troppi riguardi. A partire dal XII secolo d.C. la crescita demografica e artigianale delle città faceva nascere la voglia di primeggiare dal punto di vista dell’importanza sociale e della bellezza architettonica, mettendo in competizione una città con l’altra. Il miglioramento dell’aspetto estetico dei centri abitati doveva passare anche sulla riqualificazione delle strade cittadine che non potevano più ospitare ogni sorta di liquame, rifiuto e scarto di cui la cittadinanza si voleva disfare. Nasce così a Siena, per esempio, l’ufficio della “Nettezza Pubblica”, situato in piazza del Campo che, a partire dal 9 Ottobre 1296, iniziò ad appaltare la pulizia delle aree cittadine per la durata di un anno. L’appalto consisteva, non solo della pulizia delle strade con il diritto di trattenere tutti i rifiuti considerati in qualche modo riutilizzabili, ma anche la pulizia delle aree dei mercati con l’acquisizione della proprietà delle granaglie di scarto. Inoltre il comune affidava all’appaltatore una scrofa con i suoi piccoli, che lo aiutassero nella pulizia di ciò che era commestibile per i maiali. Per quanto riguarda le attività artigianali, la prima forma di regolamentazione della gestione dei rifiuti produttivi la troviamo nelle Costituzioni di Melfi, emanate nel 1231 da Federico II, che costituivano la prima raccolta di leggi in materia sanitaria. In particolare imponeva lo spostamento di produzioni nocive per la popolazione, come la concia delle pelli o la produzione di cuoio, all’esterno delle aree abitate. In altre zone geografiche, come a Friburgo, città medioevale fondata nel 1120, importante centro dell’area Germanica, vennero realizzati numerosi canali in cui era severamente vietato riversare immondizie da parte dei cittadini. Gli scarti solidi, prodotti dalle case e dalle attività artigianali, dovevano essere conferiti ai centri di raccolta stabiliti dalle autorità che, poi, provvedevano allo smaltimento gettandoli nel fiume Dreisam. Il sistema però, non sembrava realmente funzionare, in quanto i cittadini, il più delle volte gettavano i rifiuti nei vari canali evitandosi la strada verso i centri di raccolta.Categoria: notizie - storia - economia circolare - riciclo - rifiuti
SCOPRI DI PIU'La società Arezio Marco è specializzata nella fornitura di servizi e consulenze sulle materie prime nel campo delle plastiche riciclate da post consumo e post industrialiIn particolare, offre ai clienti che producono tubi in plastica, un servizio di fornitura di polimeri riciclati per la maggior parte delle tipologie prodotte, siano essi tubi corrugati o lisci. Pienamente integrata nel percorso dell’economia circolare, la società affianca i produttori di tubi in LDPE, HDPE, PP e PVC nella fornitura dei polimeri riciclati più idonei alle singole produzioni, tenendo conto delle tipologie dei tubi da estrudere, delle caratteristiche meccaniche richieste, dai colori attesi, del livello qualitativo atteso dal cliente, del mercato nel corretto rapporto tra qualità e prezzo. La scelta della correttezza del materiale da impiegare nella produzione dei tubi parte dall’analisi della produzione del polimero riciclato, dalla sua selezione, dalla tipologia dello scarto plastico usato, dalle tipologie di lavaggio e dai sistemi di estrusione e filtratura. Questo comporta lo scambio con il produttore di tubi di una serie di informazioni per definire, all’origine della fornitura, la tipologia di famiglia di riciclo più idonea, cioè se il materiale deve provenire dagli scarti post industriali o da post consumo. Successivamente si analizzeranno le tipologie di tubi da produrre, corrugati o lisci, i diametri, gli spessori delle pareti, se sono mono strato o doppio strato, se la doppia parete necessita di polimeri diversi, quali pressioni di esercizio, le resistenze meccaniche richieste, il gradiente di odore dei polimeri, o la sua totale assenza ed infine i colori. Attraverso la raccolta di queste informazioni la società Arezio Marco può fornire le giuste risposte, condivise con il cliente, sulle tipologie di granuli da fornire. Vediamo la gamma prodotti offerti: Granuli riciclati per tubi e raccordi in PVC Rigido La fornitura può riguardare la materia prima riciclata adatta alla produzione di tubi lisci, non a pressione, di spessori compresi tra 1,8 mm. fino a 7 mm. con tonalità a richiesta del cliente. Il polimero normalmente è impiegato in macchina al 100% senza bisogno di correzioni. Si può optare per ricette standard oppure per compounds con ricette studiate appositamente per il cliente. Anche nella scelta dei colori si possono raggiungere i RAL dei colori richiesti dal cliente. Con lo stesso principio forniamo granuli per lo stampaggio di raccordi per i tubi che abbiano le stesse caratteristiche dei tubi sopra esposti.Granuli riciclati per tubi corrugati e lisci flessibili in PVC Soft Nell’ambito del PVC flessibile riciclato forniamo granuli provenienti dalla lavorazione di scarti post industriali adatti all’estrusione di tubi corrugati, specialmente per il settore elettrico e per l’estrusione di tubi lisci per l’acqua, nel settore del giardinaggio o piccoli tubi elastici per il settore dell’agricoltura. Granuli riciclati per tubi corrugati in HDPE e raccordi Il comparto dei tubi corrugati in HDPE contempla il settore della fognatura, dei tubi che accolgono i cavi per le telecomunicazioni o elettrici e quello dei sistemi drenanti. I tubi, in base alla loro destinazione, hanno diametri e spessori diversi, possono essere mono o doppia parete, di colori scuri o chiari o entrambe le soluzioni. A tutte queste variabili corrispondono soluzioni di polimeri riciclati differenti, con MFI più o meno bassi, filtrazioni di estrusione differenti in base agli spessori dei tubi da realizzare, basi colori chiare, scure o neutre a seconda della tonalità finale da ottenere ed eventualmente le cariche minerali, talco o carbonato di calcio se richiesti. Anche per i raccordi si suggeriscono le giuste ricette in funzione dei tubi da abbinare. Granuli riciclati per tubi lisci e raccordi in HDPEIl tubo liscio in HDPE viene usato sia nel campo dell’edilizia civile sia in quello agricolo per il trasporto dell’acqua. Le ricette dipendono dal grado di pressione che il tubo deve sopportare, dall’assenza di odori richiesta o dal livello di tolleranza ammessa, dal tipo di tubo, se in barre o in rotolo, dal colore e dalla resistenza agli UV richiesta. Così come il tubo, anche i raccordi seguiranno le ricette corrette, tenendo in considerazione le caratteristiche tecniche generali. Granuli riciclati per tubi corrugati e lisci in Polipropilene La materia prima riciclata è scelta in base alla tipologia di tubo da realizzare. Normalmente per l’uso nel settore fognario, dove gli spessori del tubo crescono in funzione dell’aumento dei diametri, si può impiegare un granulo in PP proveniente dal riciclo degli imballi di rafia, mentre per i tubi lisci, anche di diametri piccoli, si predilige uno scarto di produzione neutro che permette di non avere nessun tipo di odore legato al riciclo post consumo e di realizzare colorazioni a RAL. Granuli riciclati per tubi lisci in LDPE e per interno dei tubi corrugati per i cavi Nel campo dei tubi in LDPE, in base ai diametri e agli spessori, spesso vengono usati granuli che derivano dalla raccolta differenziata. Tecnicamente è possibile estrudere un tubo con il post consumo da scarti domestici, ma l’incostanza della qualità, che dipende dalla presenza del polipropilene, da inquinanti di altre plastiche e dalla possibile degradazione del materiale in estrusione, ne sconsiglia l’uso se si vuole realizzare un tubo tecnicamente ed esteticamente qualitativo. Sia nel campo dei tubi in LDPE rigidi che in quelli flessibili, per realizzare una superficie liscia, senza micro bolle, elastica e senza fessurazioni o piccoli fori, forniamo un granulo in LDPE che proviene dagli scarti del packaging industriale o commerciale. Questa filiera di raccolta non viene in contatto con altre plastiche e quindi, essendo un mono prodotto, ne garantisce la qualità dell’input. Per quanto riguarda i tubi di piccolo o piccolissimo diametro si valuta l’uso di un granulo in LDPE, post industriale che deriva dalla lavorazione dei blocchi petrolchimici riciclati. Il prodotto è composto da un LDPE 100%, neutro, senza odori o contaminazioni ed è adatto all’estrusione di spessori piccoli. Inoltre si presta a compound con l’HDPE per ricette particolari. Un’altra applicazione del granulo in LDPE è quella della parete interna dei tubi corrugati in cui passano i cavi. La solidarizzazione tra lo strato in HDPE della parte corrugata e lo strato liscio in LDPE interno richiede una qualità elevata del granulo. Questo deve essere elastico e, per esserlo, non deve contenere polipropilene che possa irrigidire la pelle posata, non deve contenere parti rigide non fuse, composte da residui di estrusione o da inquinanti nell’input. Categoria: notizie - plastica - economia circolare - polimeri - tubi - ricicloVedi maggiori informazioni sui sistemi fognari
SCOPRI DI PIU'Saponi, detersivi, shampoo, sono solo alcuni esempi di composti che contengono i tensioattividi Marco ArezioCome ogni medaglia esiste un lato brillante e uno scuro, nel nostro caso, oggi, parliamo sia del lato brillante, cioè i prodotti della pulizia che assolvono un compito nobile e doveroso, che del lato scuro, che riguarda l’impatto ambientale dello scarico dei tensioattivi nei fiumi, laghi e mari. Cosa sono i tensioattivi I tensioattivi, noti anche come surfattanti, sono composti chimici che vengono utilizzati comunemente nei detergenti, come lo shampoo, i saponi, i detersivi e molti altri prodotti per la pulizia personale e domestica. La loro principale funzione è quella di abbassare la tensione superficiale tra due fasi immiscibili, come ad esempio l'acqua e l'olio, permettendo loro di mescolarsi in una soluzione omogenea. Questa capacità li rende efficaci per disperdere grasso e sporco, facilitando la pulizia e l'eliminazione delle impurità. I tensioattivi possono essere di diversi tipi: - come anionici - cationici - non ionici - anfoteri ciascuno con proprietà specifiche a seconda dell'applicazione desiderata. Categorie e differenze tra i tensioattivi I tensioattivi possono essere suddivisi in diverse categorie principali in base alla loro polarità e carica elettrica. Le principali categorie di tensioattivi sono: Tensioattivi anionici Questi tensioattivi hanno una carica negativa quando si dissolvono in acqua. Sono comunemente utilizzati nei detergenti per lavanderia e piatti, oltre che nei saponi. Gli esempi includono il solfato di sodio laurile (SLS) e il solfato di sodio laurilsolfonato (SLES). Tensioattivi cationici A differenza degli anionici, i tensioattivi cationici hanno una carica positiva in ambiente acquoso. Sono spesso usati come additivi per ammorbidenti, balsami per capelli e detergenti per tessuti. Esempi di tensioattivi cationici includono i cloruri di ammonio quaternario. Tensioattivi non ionici Questi tensioattivi non hanno cariche elettriche e sono spesso utilizzati in detergenti delicati, come detergenti per pelli sensibili o detergenti per lavastoviglie. Gli esempi includono gli alcoli grassi etossilati (AEO) e i nonilfenoli etossilati (NPE). Tensioattivi anfoteri Possono avere sia cariche positive che negative in diverse condizioni di pH. Sono comunemente utilizzati nei prodotti per capelli, come shampoo e balsami. Un esempio comune di tensioattivo anfotero è il cocamidopropil betaina. Le differenze tra i tensioattivi riguardano principalmente le loro cariche elettriche e le proprietà che queste conferiscono ai composti. Inoltre, il tipo di tensioattivo utilizzato può influire sulla sua efficacia per specifiche applicazioni, come la rimozione di grasso, la schiumosità e la capacità di essere stabile in diverse condizioni di pH e temperatura. La scelta del tensioattivo dipenderà dalle esigenze specifiche del prodotto e dalla sua finalità d'uso. La storia dei tensioattivi L'uso di tensioattivi naturali, come il sapone, risale a migliaia di anni fa. I primi tentativi di pulire e lavare gli oggetti hanno spinto l’uomo all'utilizzo di miscele di oli e grassi di origine animale e vegetale, che contenevano già composti tensioattivi naturali. Questi tensioattivi presenti nel sapone permettevano di ridurre la tensione superficiale dell'acqua, facilitando la pulizia. Tuttavia, la produzione su larga scala di tensioattivi sintetici, come quelli utilizzati oggi, è iniziata nel corso del XX secolo, con importanti sviluppi nella chimica industriale e delle materie prime. Infatti, i primi tensioattivi sintetici furono sviluppati durante la prima metà del XX secolo e vennero utilizzati principalmente nell'industria dei detergenti e dei saponi. Non esiste un singolo inventore dei tensioattivi sintetici, ma il merito va attribuito a molti scienziati e ricercatori che hanno contribuito a sviluppare e perfezionare questi composti chimici nel corso del tempo. La loro scoperta e applicazione hanno avuto un impatto significativo sulla pulizia, igiene e produzione di una vasta gamma di prodotti chimici e beni di consumo moderni. Cosa comporta lo scarico dei tensioattivi nell’ambiente Lo scarico dei tensioattivi nell'ambiente può avere diversi effetti negativi, poiché questi composti chimici possono essere dannosi per gli ecosistemi acquatici e terrestri. Vediamo alcune delle principali problematiche ambientali correlate allo scarico di tensioattivi in ambiente: Inquinamento dell'acqua I tensioattivi possono arrivare nei corpi d'acqua attraverso gli scarichi domestici e industriali. Questi composti possono alterare la tensione superficiale dell'acqua, riducendo la capacità degli organismi di planare o galleggiare. Ciò può avere effetti negativi su alcune specie acquatiche, come insetti o piccoli animali che si muovono sulla superficie dell'acqua per alimentarsi o riprodursi. Tossicità per la vita acquatica Alcuni tensioattivi, specialmente quelli non biodegradabili, possono essere tossici per organismi acquatici come pesci, invertebrati e piante acquatiche. Questi composti possono danneggiare gli organismi presenti negli ecosistemi acquatici, alterando la loro fisiologia e la loro capacità di sopravvivenza e riproduzione. Formazione di schiuma Lo scarico eccessivo di tensioattivi può portare alla formazione di schiuma sulla superficie dell'acqua, specialmente in corrispondenza di fonti di scarico come fiumi o laghi. Questa schiuma può interferire con il trasporto dell'ossigeno, creare ostruzioni e ostacoli per la fauna e diventare un problema estetico. Inquinamento del suolo Se i tensioattivi vengono assorbiti nel terreno, possono contaminare le acque sotterranee o influenzare negativamente i microrganismi del suolo, compromettendo la salute e la fertilità del terreno. Quali sono i tensioattivi biodegradabili I tensioattivi biodegradabili sono composti chimici che possono essere facilmente scomposti e decomposti in modo naturale dagli organismi biologici presenti nell'ambiente, come batteri e altri microrganismi. Questa caratteristica li rende meno dannosi per l'ambiente rispetto ai tensioattivi non biodegradabili, poiché si degradano rapidamente e si trasformano in sostanze meno tossiche. Vediamo quali sono i principali tensioattivi biodegradabili:Tensioattivi a base di zucchero Sono ottenuti da fonti vegetali come il mais, la canna da zucchero o il cocco. Sono considerati biodegradabili e spesso utilizzati in prodotti per la pulizia ecologici e sostenibili. Tensioattivi a base di amminoacidi Sono derivati dagli amminoacidi, i mattoni costitutivi delle proteine. Sono biodegradabili e comunemente usati in prodotti per l'igiene personale, come shampoo e detergenti delicati. Tensioattivi a base di oli vegetali Alcuni tensioattivi possono essere ottenuti dalla saponificazione di oli vegetali come l'olio di palma o l'olio di cocco. Sono biodegradabili e utilizzati in prodotti per la pulizia e per la cura della pelle. Tensioattivi enzimatici Sono basati su enzimi, che sono proteine naturali altamente biodegradabili. Sono spesso utilizzati in detergenti per lavanderia e lavastoviglie. Tensioattivi di origine naturale Alcuni tensioattivi possono essere estratti da fonti naturali come le saponarie (Sapindus spp.) o altri alberi e piante. Quando si scelgono prodotti contenenti tensioattivi, è sempre consigliabile cercare quelli con etichette "biodegradabili" o "ecologici" per contribuire a ridurre l'impatto ambientale del loro utilizzo.
SCOPRI DI PIU'DS Smith lancia una campagna denominata "per il presente e per il futuro"Secondo quanto riportata da Adn Kronos, Ds Smith, società leader nel settore del packaging multisettoriale ha varato un'iniziativa chiamata "per il presente e il futuro" in cui si impegna concretamente a fare dei passi decisivi verso la sostenibilità della sua filiera produttiva. Vediamo quali.Ds Smith, azienda del packaging sostenibile, lancia oggi la sua nuova strategia di sostenibilità, "Per il presente e per il futuro", che delinea impegni e obiettivi per il prossimo decennio. Ds Smith continuerà a concentrarsi sulla transizione verso un'economia circolare collaborando con clienti, comunità, governi e opinion leader per favorire il riciclo e rigenerare i sistemi naturali, e continuerà a concentrarsi sulla riduzione di CO2 proteggendo la biodiversità e riducendo il consumo di acqua. “E’ fondamentale che la nostra spinta a ridefinire il packaging continui a porre la circolarità al centro del nostro business, in quanto fornitori di soluzioni che rispondono alle nuove esigenze di un mondo in continua evoluzione - dichiara Miles Roberts, Ceo di Ds Smith - La nuova strategia ci consente di andare oltre il nostro solido modello di business circolare, permettendoci di fornire più soluzioni sostenibili ai nostri clienti e alla società in generale, sostituendo la plastica, abbattendo le emissioni di CO2 dalla nostra supply chain e fornendo soluzioni di riciclo alternative". La strategia definisce tre pilastri fondamentali, insieme a un impegno costante per ridurre le emissioni di CO2 del 30% rispetto al 2015 e a una tutela delle foreste e della biodiversità in cui opera. Chiusura del ciclo attraverso una migliore progettazione, entro il 2023 produrrà imballaggi riciclabili o riutilizzabili al 100% e il suo obiettivo è il riciclo o il riutilizzo di tutti i suoi imballaggi entro il 2030. Proteggere le risorse naturali sfruttando ogni fibra: entro il 2025, ottimizzerà l'uso della fibra per le singole catene di approvvigionamento nel 100% delle sue nuove soluzioni di imballaggio ed entro il 2030 mira a ottimizzare ogni fibra per tutte le catene di approvvigionamento. Ridurre rifiuti e inquinamento attraverso soluzioni circolari: entro il 2025 eliminerà 1 miliardo di pezzi di plastica dagli scaffali dei supermercati, toglierà 250.000 camion dalla strada e lavorerà con i partner per trovare soluzioni per gli imballaggi difficili da riciclare. Nel frattempo, entro il 2030 mira a utilizzare gli imballaggi e il riciclo per rendere possibile l'economia circolare, sostituendo plastica, riducendo le emissioni di carbonio dei clienti ed eliminando i rifiuti di imballaggio dei consumatori. Offrire strumenti alle persone per condurre la transizione verso un'economia circolare: entro il 2025 coinvolgerà il 100% del suo personale nell'economia circolare, ed entro il 2030 coinvolgerà 5 milioni di persone nell’adozione di stili di vita adeguati. "Per il presente e per il futuro", spiega Wouter van Tol, Head of Sustainability, Community and Government Affairs, "posiziona Ds Smith in prima linea nel settore del packaging e definisce una chiara tabella di marcia per affrontare le sfide immediate, lavorando allo stesso tempo per soddisfare le esigenze della prossima generazione, creando soluzioni in linea con i principi dell'economia circolare. Adottando un approccio di sistema completo, abbiamo un'enorme opportunità di compiere progressi significativi rispetto alle nostre responsabilità ambientali, sociali e di governance”. A seguito di progressi misurabili rispetto ai suoi nove obiettivi di sostenibilità a lungo termine, la strategia di sostenibilità "Per il presente e per il futuro" è stata introdotta come parte di una visione e di una revisione strategica per raggiungere il titolo di fornitore leader di imballaggi sostenibili. L'anno scorso, Ds Smith ha raggiunto una serie di traguardi di sostenibilità, tra cui una riduzione dell'11% delle emissioni nel 2019 rispetto al 2015 su base omogenea e il 100% di coinvolgimento nei programmi della comunità in tutto il suo sito che impiega più di 50 persone. Ha prodotto oltre 17 miliardi di scatole nel 2019/20 ed è il più grande riciclatore di carta e cartone d'Europa, gestendo 6 milioni di tonnellate all'anno e riciclando più di quanto consumato. Ds Smith è uno dei 16 partner strategici della Ellen MacArthur Foundation, l'autorità globale riconosciuta sull'economia circolare.By Adn KronosFoto: Ds Smith
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