La storia dei mezzi di movimentazione meccanica delle merci e dei pallets in legnodi Marco ArezioFino agli inizi degli anni ’20 del secolo scorso, le industrie e le attività commerciali non sentivano il bisogno di mezzi meccanici e dei futuri bancali per lo spostamento delle merci.Il motivo principale lo possiamo attribuire alla grande disponibilità di mano d’opera che caratterizzava il mondo del lavoro, alla quale affidare la movimentazione dei prodotti dai mezzi di trasporto e il loro accatastamento nei magazzini. Nonostante questa situazione nel 1917, l’Americano Eugene Clark, che gestiva un’azienda che produceva assali per camion, inventò il primo modello di muletto con motore a scoppio, dando la possibilità di spostare le merci pesanti all’interno delle aziende. Il modello era composto da un mezzo a tre ruote, senza freni, con un accessorio di contenimento che poteva trasportare fino a 2 tonnellate di merce. Lo sviluppo di questo nuovo mercato però restò sonnecchiante negli Stati Uniti per ancora un ventennio, con la costruzione e vendita di nuovi carrelli elevatori che non decollò in modo eguale rispetto alle sue grandi potenzialità, complice anche della bassa diffusone del bancale in legno e dei sistemi di stoccaggio delle merci in altezza nelle aziende. Le cose cambiarono in modo del tutto repentino e radicale quando gli Stati Uniti entrarono nella seconda guerra mondiale, dove le operazioni belliche erano posizionate lontane dal paese, costringendo l’esercito a creare una logistica, precisa, imponente per numero di merci spedite, ricevute e stoccate nei depositi. A questo punto il carrello elevatore diventa il fulcro della logistica militare quanto il pallet in legno, in quanto i rifornimenti dovevano essere spostati, caricati, scaricati e depositati velocemente e in modo funzionale. Si aggiunga anche il fatto che in quel periodo la mano d’opera scarseggiava, in quanto molti uomini erano stati inviati nei vari fronti di guerra e, quindi, questa carenza ha permesso che i muletti e i bancali rivoluzionassero la logistica militare. Le merci sui bancali risultavano facili da movimentare, più stabili anche nei lunghi tragitti navali e permettevano di ridurre, al fronte, le aree di stoccaggio. A partire dal 1941, l’Esercito e la Marina Americana invasero di ordini le aziende private che si occupavano di mezzi a motore, meccanica e packaging in legno, creando non pochi problemi nel reperimento della materia prima per soddisfarli. Infatti, alcune materie prime, come l’acciaio, erano destinati alla costruzione di armamenti, mezzi blindati da terra, navi, mezzi da sbarco anfibi e molti altri prodotti destinati alla fase offensiva delle operazioni. Ci fu allora uno scontro all’interno dello Stato Maggiore dell’Esercito per la gestione delle materie prime, dove una parte degli interessati considerava i carrelli elevatori un bene di lusso, rispetto alle armi e ai mezzi corazzati. Alla fine lo Stato Maggiore decise che la logistica fosse importante quanto le attrezzature offensive, in quanto senza rifornimenti nessuno poteva fare una guerra. Così a partire dal 1943, la maggior parte dei fornitori dei carrelli elevatori dell’esercito e della marina Americana furono costituiti da aziende straniere, che produssero in modo continuativo tutti i mezzi che la guerra richiedeva. Con la fine del conflitto il sistema logistico militare influenzò la gestione logistica delle aziende private, permettendo così la crescita del settore dei carrelli elevatori e dei bancali per la movimentazione della merce. Foto: Okeypart
SCOPRI DI PIU'Il commercio online sta avanzando in modo prepotente nelle abitudini dei consumatori, forte di alcune peculiarità che aiutano il fenomenodi Marco ArezioVelocità di consegne, semplicità nell’acquisto, cataloghi molto ampi, economicità dei prezzi e comodità rispetto all’acquisto in un negozio fisico, specialmente in periodi come questi dove vi sono restrizioni nella mobilità. Una corsa alle vendite on line è fatta anche da produttori di articoli che fino a poco tempo fa non utilizzavano questo canale e, quindi, il bacino dell’offerta è diventato veramente enorme. Tra migliaia di offerte per articoli simili, il marketing ha affinato tecniche persuasive verso i clienti sapendo cosa i consumatori si aspettano di trovare in un prodotto. La Commissione Europea e le autorità nazionali di tutela dei consumatori hanno indagato sulle offerte di alcuni prodotti nel mercato on line e hanno notato una massiccia presenta di messaggi fuorvianti, esagerati e, a volte, falsi, in merito al greenwashing. Poiché i consumatori che utilizzano il servizio degli acquisti on line sono anche clienti che richiedono generalmente prodotti più sostenibili, le informazioni sui prodotti in vendita da parte dei produttori o la pubblicità sull’articolo, sono spesso intrise di affermazioni che richiamano la sostenibilità e la riciclabilità dello stesso. Termini come riciclato, verde, green economy, ecologico, biologico, impatto zero, e molti altri spesso si trovano sulle confezioni ma, in realtà, non rispecchiano sempre la filiera produttiva dell’articolo, dando al cliente informazioni non corrette e senza supportare le affermazioni con prove. Uno studio della Comunità Europea ha valutato 344 dichiarazioni di sostenibilità "apparentemente dubbie" fatte online dalle aziende, la maggior parte delle quali nei settori dell'abbigliamento e dei tessuti, dei cosmetici, della cura della persona e delle apparecchiature domestiche. Nel 42% dei casi le autorità di controllo nazionali hanno appurato che le affermazioni stampate sugli imballi fossero false, ingannevoli o potenzialmente ingannevoli per i consumatori, quindi da considerare come una pratica sleale secondo il diritto dell’Unione Europea. Queste informazioni che il consumatore trova sugli imballi non sono sufficienti per permettere una corretta scelta del prodotto e, nel 37% dei casi, vengono utilizzati termini volutamente vaghi senza dati a supporto chiari e certificati. Il commissario europeo per la giustizia Didier Reynders, ha affermato che mentre alcune aziende si sforzano di produrre prodotti realmente eco-compatibili, altre prendono una strada più breve e senza costi, attraverso l’uso di affermazioni vaghe, false o esagerate. Per parlare di un settore in cui il fenomeno è sotto gli occhi di tutti, possiamo citare il comparto della produzione e raffinazione dei carburanti fossili, le cui società stanno spendendo enormi risorse economiche per crearsi una reputazione più verde. Ma interessante è anche notare, per esempio, le informazioni che i consumatori possono trovare su un flacone di detersivo, in cui si legge spesso la frase: Prodotto Riciclabile. Non vi è dubbio che sia una affermazione corretta, un flacone in HDPE fatto con polimero vergine è riciclabile, ma è fuorviante, se anche abbinato a sigle o disegni che fanno immaginare la natura e la cura dell’ecosistema, inducendo il consumatore ad acquistare un flacone che non segue i principi dell’economia circolare. Infatti, il flacone per rispettare i canoni della circolarità delle materie prime deve essere fatto in plastica riciclata e, sull’etichetta, ci dovrà essere riportata una frase simile a: flacone fatto con materiale riciclato che può essere riciclato nuovamente. La Commissione Europea ha inviato agli stati membri un avviso di attenzione verso queste pratiche scorrette con l’esortazione di vigilare e punire chi trasgredisce le regole. Da parte del consumatore è sempre importante informarsi prima di effettuare un acquisto, cercando di farsi un quadro chiaro di cosa è riciclato, riciclabile o falsamente tale, mettendo a confronto più prodotti e le informazioni che i produttori distribuiscono al mercato.
SCOPRI DI PIU'Gassificazione e pirolisi. Tecnologie innovative per la valorizzazione energetica dei rifiutidi Marco ArezioIl costo economico della produzione di energia da combustibili fossili ha ormai raggiunto valori insostenibili rendendo necessaria la ricerca di nuovi combustibili e la messa a punto di alternative di processo e tecnologiche realmente sostenibili. Tra i “nuovi” combustibili che, previo pre-trattamento e/o trasformazione, possono integrare quelli tradizionali vi sono diverse categorie di rifiuti di varia origine (urbana o industriale). Lo sviluppo di processi in tale direzione nasce dall’esigenza di coniugare una produzione energetica più sostenibile con la necessità di una gestione dei rifiuti più efficiente. Gli obiettivi della ricerca applicata attuale Negli ultimi anni si è fatta sempre più forte la ricerca verso nuove soluzioni tecnologiche che, utilizzando vari processi, anche in combinazione tra loro, mirano a garantire un’efficiente trasformazione dei rifiuti promuovendo nel contempo il massimo recupero di materia ed energia e la massima riduzione delle emissioni gassose, liquide e solide. La gestione dei rifiuti eco-sostenibile La valorizzazione dei rifiuti come materia di base per produrre combustibili pregiati, quali il metanolo e l’idrogeno, è obiettivo della ricerca applicata in tutti i Paesi più industrializzati. L’utilizzo dei rifiuti non come combustibili “tal quali” ma come materia da trasformare in prodotti di maggiore qualità o pregio consente di risalire i gradini della “piramide dell’ecosostenibilità”. La spinta verso un’economia energetica basata sulla conversione di combustibili gassosi o al più liquidi (metano, idrocarburi leggeri, oli) e dell’idrogeno è legata alla possibilità di realizzare, grazie ad essi, una combustione più pulita e più efficiente. La trasformazione dei rifiuti in tali combustibili è possibile grazie a processi di natura termochimica quali quelli di pirolisi e gassificazione, che inducono una variazione della struttura chimica della materia tramite l’azione del calore. Non si tratta quindi di effettuare processi di “selezione e pre-trattamento” come la produzione di combustibili solidi come il CDR ma di realizzare veri e propri processi chimici dei quali va accuratamente valutata l’affidabilità, l’efficienza ed il costo. I processi termochimici Pirolisi: in cui ha luogo una degradazione termica del materiale in totale assenza di aria/ossigeno attraverso l’apporto diretto o indiretto di calore. Il potere calorifico dei prodotti ottenuti è pertanto elevatissimo. Gassificazione: in cui avviene una un’ossidazione parziale dei rifiuti in un ambiente in difetto di ossigeno. I prodotti finali non sono completamente ossidati e posseggono pertanto un potere calorifico minore del rifiuto di partenza. Combustione: in cui si realizza la ossidazione completa della frazione organica del rifiuto/combustibile, in presenza di un adeguato eccesso di ossigeno e con il risultato di ottenere prodotti completamente ossidati privi di potere calorifico. La produzione di energia “Realizza l’ossidazione totale e molto veloce della frazione combustibile alimentata, in presenza di un eccesso di aria che è tanto maggiore quanto più difficile il contatto comburente-combustibile. La reazione è esotermica è quindi accompagnata da uno sviluppo di calore che dipende dal potere calorifico inferiore (PCI) del combustibile e dall’efficienza di combustione.” Processi termochimici alternativi alla combustione: Pirolisi E’ un processo che si svolge in assenza di ossigeno ed a temperature superiori ai 400°C, raggiunte attraverso l’apporto diretto o indiretto di calore, durante il quale ha luogo esclusivamente una degradazione termica del materiale organico, eventualmente supportata dall’azione di catalizzatori. I prodotti principali del processo sono gas combustibili di pirolisi, liquidi organici ed un residuo solido, non vetrificato, contenente il char e la frazione inorganica dei rifiuti. La pirolisi dei rifiuti plastici La composizione dei prodotti di pirolisi è estremamente variabile con la temperatura di processo e con la presenza di catalizzatori quali i metalli di transizione e i materiali contenenti siti acidi quali i silico-alluminati, le zeoliti, le argille. I catalizzatori possono, così come l’aumento di temperatura, favorire la deidrogenazione, ovvero la perdita di idrogeno intramolecolare dalla catena polimerica con conseguente aumento del grado di insaturazione dei radicali ottenuti. La deidrogenazione si accompagna inevitabilmente con la elevata produzione di composti insaturi ed aromatici (benzene, toluene, xilene, ecc.) e solidi carboniosi amorfi o cristallini (grafite, micro e nano-fibre). La possibilità di rompere i legami molecolari dei polimeri tramite l’azione del calore (termolisi) o tramite attacco chimico (solvolisi) ha aperto la strada all’utilizzo del prodotto di decomposizione come feedstock per l’industria petrolchimica (feedstock recycling). La pirolisi di biomasse La pirolisi delle biomasse può essere differenziata in base al tempo di residenza: un elevato tempo di residenza porta alla produzione di charcoal; un basso tempo di residenza porta alla formazione di liquidi con rese elevate. La produzione di bio oli (come normalmente vengono chiamati i liquidi della pirolisi delle biomasse) avviene a temperature moderate ovvero al di sotto di 600°C. Pirolisi al plasma di rifiuti pericolosi La pirolisi al plasma avviene a temperature elevatissime (circa 20,000°C) grazie all’azione dell’arco elettrico che si forma tra due elettrodi. L’energia dell’arco è talmente elevata che il gas presente tra gli elettrodi ionizza. Su questo principio si basa il processo di “destrutturazione” di un piro-lizzatore al plasma. Infatti in questo impianto l’arco viene ad essere generato all’interno di una camera dove l’intenso calore generato dall’arco degrada le molecole organiche più resistenti (oli, vernici, solventi) fino ad ottenere i singoli atomi (plasma). In un processo successivo gli atomi si ricombinano per formare composti non pericolosi gassosi (anidride carbonica ed acqua prodotta dall’ossidazione in un letto di materiale ceramico) o solidi. Questi ultimi sono totalmente vetrificati ed inglobano i metalli che risultano non più lisciviabili: sono quindi riutilizzabili come materiale da costruzione. Gli elettrodi utilizzati sono in carbonio e vengono continuamente inseriti senza dover fermare il processo per la manutenzione. Pirolisi di rifiuti solidi urbani Il rifiuto eterogeneo è composto da diverse categorie merceologiche combustibili che però, con un processo di estrema schematizzazione, sono riconducibili a polimeri (plastiche, gomme, resine) e biomasse (carta, cartone, legno, frazione organica, tessili). Tecnologie di pirolisi L’applicazione della pirolisi dei rifiuti urbani è in Europa in uno stadio ancora da sviluppare e non ha quindi raggiunto la maturità commerciale anche se la spinta ad ottemperare a quanto stabilito dal protocollo di Kyoto ha fatto nascere molti progetti dimostrativi. Se l’utilizzo della pirolisi come processo per la produzione di chemicals è ancora molto limitato, la pirolisi intesa come stadio preliminare ad un successivo stadio di combustione o gassificazione è già applicata su grande scala. Fra i processi più interessanti che utilizzano la pirolisi come processo di trasformazione di vari rifiuti (plastiche miste, residui delle demolizioni di automobili, rifiuti elettronici, rifiuti solidi urbani e speciali) possiamo indicare quelli realizzati da WasteGen (UK), Texaco, Compact Power ed Ebara. Conclusioni La massima parte dei processi commerciali di pirolisi si svolge a bassa temperatura, cioè tra 450 e 600°C in modo da evitare di dover pagare un onere eccessivo in termini energetici (ed economici), anche se ciò comporta un aumento del tempo di permanenza nel reattore (che può arrivare anche alle 2h) e la riduzione della frazione di rifiuto completamente degradata all’interno del forno. Per migliorare il rendimento energetico complessivo del processo il gas di pirolisi, ed eventualmente anche il char, sono inviati ad un processo di combustione che consente, se questo è condotto a temperature maggiori di 1200°C, di sfruttare appieno la temperatura adiabatica di fiamma del gas di pirolisi. Il char proveniente da un processo di pirolisi può: • essere inviato a discarica dopo essere stato privato dei metalli che, a valle del processo, sono recuperabili in forma non ossidata • essere inviato a combustione eventualmente assieme al gas di pirolisi; in questo caso non sarà possibile recuperare i metalli (che in questo modo vengono ossidati) • essere inviato a gassificazione (opzione che permette di recuperare i metalli in forma non ossidata ed aumentare la CCE del sistema globale trasformando il carbonio fisso del char in ulteriore syngas).Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - pirolisi - rifiutiMaria Laura Mastellone e Umberto Arena Seconda Università degli Studi di Napoli Dipartimento Scienze Ambientali
SCOPRI DI PIU'Spesso può capitare che quello che pensi della tua azienda non sia quello che il mercato pensa di lei e, non sapendolo, è facile non poter interveniredi Marco ArezioNelle piccole e medie aziende, dove il ruolo del proprietario o del manager preposto alla direzione sono il fulcro dell’attività, può essere facile avere una visione non del tutto precisa di come l’azienda viene vista dal mercato. Osservare la propria azienda dall’interno, tutti i giorni, nella sua globalità o attraverso le attività dei vari rami aziendali, si possono creare impressioni sul lavoro, sulla potenzialità, sul servizio, sulle relazioni con i clienti e fornitori, sul grado di apprezzamento delle attività e sulla fidelizzazione nel tempo, che potrebbero essere di parte e non del tutto obbiettive. Quando si presentano problemi importanti in uno di questi settori, la direzione mette in moto tutta una serie di azioni, collaudate, che hanno lo scopo di risolvere la controversia o l’insoddisfazione palese che si è manifestata. Ma le azioni che potrebbero migliorare, ogni giorno, l’importanza del marchio, incrementare le vendite, posizionare l’azienda su nuovi mercati, aumentare la soddisfazione della clientela, far crescere la fiducia da parte dei fornitori, quando non si palesano criticità, sono più difficili da intercettare e capire dall’interno. E’ difficile rendersi conto del livello di gradimento che il mercato ha dei vari settori aziendali, in quanto raramente si mettono in pratica procedure di quantificazione della soddisfazione della clientela e dei fornitori, forse per la paura di ricevere critiche. Risulta quindi di fondamentale importanza la collaborazione con un consulente, specializzato nel mercato di riferimento dell’azienda, il quale ha lo scopo di studiare il flusso di lavoro da una posizione esterna, che gli permette, conoscendo le dinamiche del mercato dalle due parti (fornitori e clienti), di capire in modo indipendente cosa si potrebbe migliorare all’interno dell’azienda. Un’analisi dei vari settori aziendali permette di capire il grado di comunicazione interna, la qualità dei servizi offerti rispetto alle aspettative dei clienti verso l’azienda, l’esistenza e l’efficacia o meno della comunicazione esterna e la capacità di risolvere i problemi, che si generano lavorando, in modo costruttivo. La consulenza su questi aspetti permette all’imprenditore di acquisire nozioni e proposte di miglioramento, da un punto di vista non influenzato dal ritmo quotidiano di lavoro e dall’abitudine dell’esecuzioni di procedure aziendali standard, ma cerca di portare una valutazione critica della valenza della società sul mercato. La cosa peggiore è pensare di essere una corazzata e venire etichettati come un piccolo natante, senza saperlo.
SCOPRI DI PIU'di Marco ArezioI consumatori sono sempre preoccupati sulla scarsità e sulla veridicità delle informazioni che ruotano intorno alla possibile tossicità per la salute dei prodotti che acquistano, siano essi imballi per alimenti, oggetti di uso comune, cosmetici o prodotti ausiliari come vernici, isolanti o altri elementi.Nel mondo delle fake news diventa difficile stabilire, per esempio, se l'acqua contenuta nelle bottiglie di plastica, sotto l'effetto del calore del sole o della luce, possa essere contaminata dal suo imballo in PET, oppure se il rivestimento polimerico di una lattina di piselli possa cedere sostanze nocive al cibo o se le creme che mettiamo sul corpo possano creare problemi sul lungo periodo all'organismo. Per questi motivi era necessario che, a livello governativo, si affrontasse il problema dei composti chimici che potrebbero creare un danno alla salute, cercando di catalogare ed eventualmente vietare, una volta per tutte, i composti ritenuti pericolosi.Secondo recenti informazioni, l’Unione Europea starebbe realizzando un elenco che conterrebbe fino a 12.000 sostanze chimiche, che vengono oggi usate per realizzare moltissimi prodotti e che vorrebbe considerare pericolose per la salute.L’obbiettivo sarebbe quello di vietarne l’uso realizzando così il più grande elenco di sostanze vietate che sia mai comparso in Europa. Il progetto, come ci descrive Arthur Neslen nel suo articolo, sembra sia supportato dalle analisi e dagli studi compiuti da un numero di scienziati che affermano che il tasso di inquinamento da sostanze chimiche presenti in molti prodotti, porterebbe a conseguenze irreparabili se non si interviene quanto prima. Si pensa, ad esempio, che la peronospora sintetica stia spingendo alcune specie di balene sull'orlo dell'estinzione, è stata inoltre accusata del calo dei tassi di fertilità umana e di 2 milioni di morti all'anno. Questo elenco preparato dall'UE è stato concepito come un primo passo per trasformare, in modo definitivo, la situazione attuale, riuscendo in ogni modo ad utilizzare la legislazione esistente, per mettere fuori legge le sostanze tossiche legate al cancro, all'interruzione ormonale, ai disturbi reprotossici, all'obesità, al diabete e ad altre malattie.Tatiana Santos, responsabile delle politiche chimiche, ha affermato: “I controlli chimici dell'UE sono generalmente e dolorosamente lenti, ma l'UE sta pianificando la più grande restrizione che abbiamo mai visto. Questo elenco promette di migliorare la sicurezza di quasi tutti i prodotti fabbricati e di ridurre rapidamente l'intensità chimica delle nostre scuole, case e luoghi di lavoro". Il piano si concentra per la prima volta su intere classi di sostanze chimiche, inclusi tutti i ritardanti di fiamma, i bisfenoli, le plastiche in PVC, le sostanze chimiche tossiche nei pannolini monouso e i PFAS, noti anche come " prodotti chimici per sempre " a causa del tempo prendono a degradarsi naturalmente. Tutti questi saranno inseriti in una lista di sostanze da considerare per la restrizione da parte dell'Agenzia Europea per le sostanze chimiche. L'elenco sarà regolarmente rivisto e aggiornato, prima di una revisione significativa del regolamento fondamentale dell'UE Reach per le sostanze chimiche, previsto per il 2027. Le sostanze chimiche identificate nel nuovo documento includono sostanze dei materiali a contatto con gli alimenti, pannolini monouso, IPA (idrocarburi policiclici aromatici) e per i parchi giochi dei bambini. Ma i gruppi industriali sostengono che l’inclusione in questo elenco di alcune sostanze chimiche rischierebbe di colpire anche la fascia alta del mercato, in cui si trovano crene e profumi, nelle quali verrebbero utilizzati composti chimici che l’UE vorrebbe vietare. "Molti ingredienti diversi rientrano nel gruppo dei sensibilizzanti per la pelle, quindi un'ampia gamma di prodotti cosmetici potrebbe essere influenzata", ha affermato John Chave, direttore generale di Cosmetics Europe, un ente commerciale. "L'effetto di queste restrizioni porterebbe potenzialmente ad una riduzione di offerta, meno scelta e meno efficacia funzionale per i prodotti cosmetici, senza alcun vantaggio in termini di sicurezza perché gli ingredienti erano già sicuri". Oltre ai cosmetici, i prodotti interessati alla declassazione potrebbero includere vernici, prodotti per la pulizia, adesivi, lubrificanti e pesticidi. Il sistema Reach in Europa è già il registro chimico più esteso al mondo e nuovi divieti potrebbero colpire più di un quarto del fatturato annuo del settore, pari a circa 500 miliardi di euro all'anno, secondo uno studio del gruppo commerciale Cefic. "Alcune delle restrizioni potrebbero avere un impatto significativo sull'industria e sulle catene del distributive", ha affermato Heather Kiggins, portavoce del Cefic. L'industria sostiene un approccio più mirato alle restrizioni, con incentivi e controlli sulle importazioni per aiutare a sviluppare prodotti alternativi più sicuri. Tuttavia, l'Agenzia Europea per le sostanze chimiche preferisce trattare le sostanze chimiche in gruppi più ampi, perché le aziende chimiche hanno, nel tempo, aggirato il divieto delle singole sostanze chimiche modificando la loro ricette, per creare sostanze sorelle che possono anche essere pericolose, ma che richiedono lunghe battaglie legislative per essere regolamentate. La tattica del settore, nota come " sostituzione deplorevole”, è stata criticata da gruppi ambientalisti per aver consentito la sostituzione di sostanze come il bisfenolo A, che altera il sistema endocrino, con altri bisfenoli. Santos l'ha descritta come "una tattica cinica e irresponsabile dell'industria chimica per sostituire le sostanze chimiche vietate più dannose, con altre altrettanto dannose non ancora giudicate dalle normative. Abbiamo assistito a un modello decennale di continue sostituzioni per evitare la regolamentazione delle sostanze”.Consideriamo che esistono più di 190 milioni di sostanze chimiche sintetiche registrate a livello globale e una nuova sostanza chimica industriale viene creata in media ogni 1,4 secondi. L'ONU afferma che l’attuale valore globale del settore sia di oltre 5 trilioni di dollari e che raddoppierà entro il 2030 e quadruplicherà entro il 2060. Il commissario per l'ambiente dell'UE, Virginijus Sinkevičius, ha affermato che le nuove restrizioni "mirano a ridurre l'esposizione delle persone e dell'ambiente ad alcune delle sostanze chimiche più dannose". Il commissario per i mercati interni dell'UE, Thierry Breton, ha affermato che il raggiungimento di un ambiente privo di sostanze tossiche richiederebbe trasparenza e visibilità da parte della commissione. "Il piano delle restrizioni sulle sostanze chimiche fornisce tale visibilità e consente alle aziende e alle altre parti interessate di essere meglio preparate per potenziali restrizioni imminenti", ha affermato. Milioni di tonnellate di sostanze chimiche sono state utilizzate da giganti industriali come BASF, Bayer, Dow Chemicals ed ExxonMobil senza completare i controlli di sicurezza tra il 2014 e il 2019, secondo una ricerca degli ambientalisti tedeschi.
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