Bisfenolo A negli Imballi Alimentari: il Parere dell'EFSAdi Marco ArezioCome abbiamo già avuto modo di trattare nell'articolo "Rivestimenti polimerici per imballi alimentari in metallo" il massiccio ricorso ai prodotti alimentari preconfezionati, siano essi con imballi di metallo, di plastica o di altri materiali, pone l'interrogativo delle possibili sostanze chimiche, potenzialmente pericolose per la salute umana, che si potrebbero generare all'interno della confezione.Alcune di queste sostanze possono essere generate dall'effetto cedente dei materiali da imballo verso il cibo, altre riguardano la cessione di sostanze chimiche che si generano dagli alimenti stessi a causa dell'imballo.Infatti, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha riesaminato i rischi da Bisfenolo A (BPA) negli alimenti proponendo di abbassare considerevolmente la dose giornaliera tollerabile (DGT) rispetto a quella della sua precedente valutazione del 2015. Le nuove conclusioni dell'EFSA sul BPA vengono esposte in una bozza di parere scientifico disponibile a pubblica consultazione fino al 22 febbraio 2022. Tutte le parti interessate sono invitate a parteciparvi. La DGT è la stima della quantità di una sostanza (espressa in rapporto al peso corporeo in kg) che può essere ingerita quotidianamente nel corso dell’esistenza senza rischi degni di nota. Nella sua valutazione del rischio da BPA del 2015, l'EFSA aveva stabilito una DGT temporanea di 4 microgrammi per chilogrammo di peso corporeo al giorno. Nella sua bozza di valutazione ex novo del BPA, pubblicata oggi, il gruppo di esperti dell'EFSA sui materiali a contatto con gli alimenti, gli enzimi e i coadiuvanti tecnologici (gruppo CEP) ha stabilito una DGT di 0,04 nanogrammi per chilogrammo di peso corporeo al giorno. L'abbassamento della DGT è il risultato della valutazione di studi apparsi nella letteratura dal 2013 al 2018, in particolare quelli che evidenziano effetti avversi del BPA sul sistema immunitario: in studi su animali si è osservato un aumento del numero di cellule "T-helper", un tipo di globuli bianchi che svolge un ruolo fondamentale nei meccanismi immunitari cellulari e che, se aumenta, può portare allo sviluppo di infiammazioni polmonari allergiche. Confrontando la nuova DGT con le stime dell'esposizione dei consumatori al BPA tramite l'alimentazione, l'EFSA conclude che sia l'esposizione media che quella elevata al BPA superano la nuova DGT in tutte le fasce di età, dando così adito a preoccupazioni di termini di salute. Un approccio sistematico Il dr. Claude Lambré, presidente del gruppo CEP, ha dichiarato: "Questa bozza aggiornata è il risultato di un’accurata valutazione durata diversi anni. Abbiamo applicato un approccio sistematico per selezionare e valutare le evidenze disponibili. I nuovi studi scientifici apparsi nella letteratura ci hanno aiutato ad affrontare importanti elementi di incertezze circa la tossicità del BPA". L'EFSA ha già valutato la sicurezza del BPA destinato a materiali a contatto con gli alimenti nel 2006 e nel 2015. Allora i suoi esperti riuscirono a stabilire solo una DGT temporanea in ragione di alcuni elementi di incertezza , sottolineando la necessità di colmare le lacune riscontrate nei dati.Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - bisfenoloFonte: EFSA
SCOPRI DI PIU'Il Caso della Formula del Polipropilene Perduta a Milano. Capitolo 3: Labirinti del Passatodi Marco ArezioMentre il sole iniziava a declinare, tingendo di oro le facciate degli antichi edifici di Milano, il commissario Lucia Marini e l'ispettore Carlo Conti proseguivano nelle loro indagini, avvolti in una conversazione che andava oltre il caso presente. "Non riesco a smettere di pensare a ciò che Marta ha detto," rifletté Conti, il suo passo rallentato dalla riflessione. "Sul fatto che la scienza, o qualsiasi ambito di successo, sia così intriso di ego e ambizioni da poter distruggere le relazioni più solide." Marini, con lo sguardo fisso sulla strada davanti a loro, annuì pensierosa. "È una lezione amara, Carlo. Ma forse ci insegna che il successo, quando costruito a discapito degli altri, perde di significato. Dobbiamo ricordarci di guardare le persone che abbiamo accanto, apprezzarle per ciò che sono, non solo per ciò che possono fare per noi." Il dialogo fu interrotto arrivando alla prossima tappa delle loro indagini: l'abitazione di un altro ex collega di Ferrari, noto per le sue teorie rivoluzionarie ma anche per il suo carattere solitario e asociale. La figura centrale delle sue indagini è Enrico Sartori, un ricercatore di talento ma dalla reputazione ambigua, noto per la sua profonda conoscenza in campo chimico e per le sue teorie innovative sullo sviluppo di materiali sostenibili. Tuttavia, dietro la facciata dell'accademico di successo, si celano segreti e ambizioni oscure. Enrico Sartori, la figura al centro dell'intricata vicenda del furto della formula, si presenta come un personaggio complesso, il cui percorso professionale e personale si intreccia strettamente con le sue ambizioni, spesso al limite dell'etica. Sartori, brillante ricercatore nel campo della chimica dei polimeri, aveva costruito la sua reputazione su anni di studi e ricerche innovative, diventando uno dei pilastri di MilanTech Industries negli anni '50, un'epoca di fervente attività scientifica e industriale. Sartori era noto per il suo acume intellettuale e la sua dedizione alla scienza, qualità che lo avevano portato a scoperte significative nel suo campo. Tuttavia, dietro la facciata del ricercatore modello, si celava un uomo guidato da un profondo desiderio di riconoscimento e successo personale. Questa brama lo aveva portato a esplorare sempre più i limiti etici della sua professione, fino a considerare il furto della formula come una scorciatoia per ottenere la fama e la fortuna che riteneva di meritare. Sartori era mosso da un complesso intreccio di motivazioni. La competizione nel campo scientifico, particolarmente accesa negli anni '50 con la corsa alle innovazioni tecnologiche, esacerbava il suo senso di urgenza nel lasciare un segno indelebile nella storia della chimica. Questa pressione, unita a un senso di inadeguatezza personale e alla paura di essere dimenticato, lo aveva indotto a considerare azioni che mai avrebbe pensato di compiere nei primi anni della sua carriera. Il furto della formula non era solo un atto di ribellione contro un sistema che Sartori percepiva come ingiusto; era anche mossa calcolata per garantirsi indipendenza economica e prestigio. La formula in questione prometteva di rivoluzionare il settore delle materie plastiche, offrendo potenzialità commerciali immense. Avere il controllo esclusivo di tale innovazione avrebbe significato non solo riconoscimenti accademici ma anche guadagni finanziari straordinari, con la possibilità di negoziare contratti e partnership con le maggiori industrie a livello mondiale. Nonostante le sue azioni discutibili, Sartori non era privo di conflitti interiori. La sua lotta interna tra l'ambizione e la moralità rifletteva la tensione tra il desiderio di successo a ogni costo e il rimorso per aver tradito i principi etici della sua professione. Questa dualità rendeva Sartori un personaggio tragicamente umano, incapace di resistere alle seduzioni del successo rapido ma consapevole del prezzo da pagare. La Marini inizia a tessere la rete delle sue indagini esaminando le registrazioni delle telecamere di sicurezza e intervistando colleghi e collaboratori di Sartori. Le testimonianze raccolte rivelano un uomo isolato, spesso presente nel suo laboratorio in orari insoliti, e recentemente coinvolto in accesi dibattiti riguardanti la direzione e il finanziamento del suo progetto di ricerca. Questi elementi accrescono i sospetti del commissario, che decide di approfondire. Uno dei ricercatori conferma l'isolamento crescente di Sartori, mentre un altro sottolinea le sue frequenti discussioni cariche di tensione sul futuro del progetto. Un terzo ricercatore aggiunge che Sartori era diventato sempre più segreto, spesso allontanandosi per rispondere a chiamate sospette. Bussando alla porta, furono accolti da un uomo di mezza età, i capelli disordinati e gli occhi vivaci dietro a spesse lenti. "Ah, la polizia," esclamò con un misto di sorpresa e irritazione. "Immagino che siate qui per parlare di Ferrari e della sua preziosa formula." Marini prese la parola, con la sua solita calma autorevole. "Sì, siamo interessati a sapere se avete notato qualcosa di insolito nei giorni precedenti il furto, o se avete avuto contatti con Ferrari o qualcuno dei suoi collaboratori." L'uomo li fissò per un lungo momento prima di rispondere. "Ferrari... Non parlo con lui da anni. Diciamo che le nostre visioni scientifiche non erano... compatibili. Ma devo ammettere, la notizia del furto mi ha sorpreso. Nonostante tutto, non glielo avrei mai augurato." Conti, cercando di approfondire, chiese: "Avete idea di chi possa avere avuto interesse a rubare la formula?" Con un sospiro, l'uomo rispose: "In questo campo, purtroppo, le invidie e le gelosie sono all'ordine del giorno. Potrei elencarvi almeno una dozzina di persone che, per un motivo o per l'altro, potrebbero voler vedere Ferrari fallire. Ma agire su questi sentimenti? È un altro discorso." Ringraziandolo per il suo tempo, Marini e Conti si allontanarono, riflettendo sulle parole dell'uomo. "Vedi, Carlo?" disse Marini, "Ogni persona che incontriamo ci offre una prospettiva diversa, un pezzo in più del puzzle. E sta a noi mettere insieme questi pezzi." Conti annuì, la mente già al lavoro. "E a volte," aggiunse, "sono i pezzi che sembrano non avere senso quelli che ci portano alla soluzione." Riprendendo il loro cammino tra le vie di Milano, il dialogo tra i due si fece più leggero, ma le loro menti erano tutt'altro che tranquille. Ogni incontro, ogni conversazione, li avvicinava alla verità, ma allo stesso tempo rendeva il mistero ancora più denso. Mentre il crepuscolo avvolgeva la città in una luce soffusa, Marini e Conti sapevano che le ombre del passato avrebbero presto ceduto il posto alla chiarezza della verità. E, in quel momento, sarebbero stati pronti ad affrontare qualsiasi conseguenza, armati della loro intelligenza, del loro coraggio e della loro inesauribile ricerca della giustizia. Dopo tormentate ore di riflessione, il commissario Lucia Marini prende la difficile decisione di arrestare Enrico Sartori sulla base di prove circostanziali e testimonianze che lo collegano direttamente al furto della formula del polipropilene. Diverse testimonianze oculari hanno visto Sartori aggirarsi nei pressi del laboratorio la sera prima del furto. Sebbene nessuno testimone possa confermare che Sartori abbia effettivamente commesso il furto, la sua presenza sospetta in un momento così critico diventa un indizio importante. Nel corso delle perquisizioni, gli investigatori trovano nella residenza di Sartori diverse note e appunti dettagliati sulla formula del polipropilene. Questi documenti includono calcoli e annotazioni che suggeriscono una conoscenza approfondita del progetto, al di là di quanto sarebbe stato necessario per il suo ruolo ufficiale. Sartori aveva fornito un alibi per la notte del furto, affermando di aver visitato un amico in un paese vicino. Tuttavia, l'indagine ha rivelato che l'amico in questione non conferma la storia, mettendo in dubbio la veridicità dell'alibi di Sartori. Il comportamento di Sartori nei giorni seguenti il furto ha destato sospetti. Il suo nervosismo e le risposte evasive durante gli interrogatori hanno aumentato i dubbi sul suo coinvolgimento.
SCOPRI DI PIU'Lettera aperta agli ambientalisti da un ambientalista di Marco ArezioVi voglio raccontare la mia piccola storia di ambientalista, nata in un tempo in cui non c’erano i social, nemmeno i telefonini e la televisione ci metteva qualche minuto ad accendersi per via delle valvole che si dovevano scaldare. Non ho un ricordo chiaro del mio amore verso la natura fino al raggiungimento dell’età di 6 anni, infatti a quell’età della mia vita, la fortuna volle che frequentassi la mia prima scuola, che veniva definita sperimentale. Era il 1970, e gli insegnanti adottavano un sistema di insegnamento che, oltre alle nozioni tradizionali, tendevano a sviluppare la conoscenza per il bello, quindi, tra le tante cose, anche la conoscenza della natura, che permetteva agli alunni di viverla da vicino, attraverso lezioni in cui ti sentivi parte di lei. Me ne sono innamorato subito, senza ripensamenti o compromessi anche se la parola “ecologista” non esisteva ancora nel vocabolario della gente. Nel giardino di casa avevamo tre pini, molto vecchi e, su uno di questi, quando avevamo 8 anni, a circa 15 metri da terra, costruii il mio rifugio nella natura, usando tre assi che trovai nell’orto di mio padre. Ci passavo i pomeriggi dopo la scuola, arrampicandomi fin lassù e scendendo utilizzando una canna dell’acqua in pvc legata ad un ramo. Ero felice di quello che c’era intorno a me. Passata l’adolescenza, acquisita l’autonomia, sono tornato spesso a cercare la natura, la volevo: assoluta, selvaggia e solitaria. Ho scelto quindi l’alpinismo, anche quello solitario, per vivere da adulto e sotto una forma più estrema, la sensazione di felicità che vivevo da bambino sul mio pino. Ho scalato in estate e in inverno, cercando itinerari duri, complicati e in ambienti solitari per vivere appieno la bellezza della natura senza compromessi. Dopo alcune esperienze lavorative, sono riuscito, anche nel lavoro, a dare un senso alla mia passione per l’ambiente, riuscendo ad occuparmi, prima, di produzione di manufatti realizzati in plastica riciclata e successivamente in aziende che si occupavano di riciclo dei rifiuti plastici. Era la chiusura del cerchio aperto quando ero bambino, continuare a salvaguardare, nel mio piccolo, l’ambiente in cui vivevo. Oggi, dove tutto è veloce, dove i mezzi di comunicazione permettono in tempi impensabili nel passato, di mobilitare centinaia di migliaia di persone, in uno sciame un po’ goliardico con slogan emulativi, dove l’idea della maggioranza è subito la tua, dove conta stare “dentro” e chi sta fuori, peggio per lui. Questo odio smisurato per la plastica che è diventato la bandiera a tutti i livelli della gente comune, dove si avanza per slogan, fatti sempre da altri, dove si fa’ la gara a postare le foto del mare in cui galleggiano plastiche e micro plastiche, con la speranza, giorno per giorno, di ricevere un like più di ieri o più degli altri. Sicuramente sono lodevoli le campagne per limitare l’uso della plastica inutile, (sempre che non la si sostituisca con qualche cosa che consuma le risorse della terra), della gente volenterosa che si riunisce per ripulire le spiagge, che si faccia la spesa con sacchetti di cotone o non di plastica. Ma io non ho mai visto una bottiglia in PET e un flacone di detersivo che, mano nella mano, percorressero, con le loro gambe, la strada verso il mare e che, giunti in spiaggia, a causa del grande caldo, si immergessero nel mare per poi restarci a vita. Quindi, visto che le bottiglie di plastica e i flaconi del detersivo, per fare un esempio, non hanno le gambe, mi viene da pensare che sia l’uomo che causa il disastro ambientale in cui ci troviamo e che quindi il nemico non è la plastica, ma siamo noi che al mare ce la portiamo o la facciamo arrivare tramite i fiumi. Un torrente di milioni di dollari sta arrivando per perorare questa causa ecologica, finanziati anche da aziende che in primis hanno alimentato comportamenti ecologici in contrasto con l’ambiente, che trova nella plastica il loro capro espiatorio. A me sembra una grande operazione di marketing, per vestire con un abito nuovo, chi si sente in colpa. Ma se è l’uomo che inquina perché non ricicla ancora abbastanza, investiamo in cultura e insegniamo ai popoli che non hanno le possibilità di scolarizzazione dei paesi avanzati, cosa succede e succederà alle loro, e alle nostre vite, se non comprendono la gravità di un approccio non ecologico alla quotidianità. Io, da ecologista, non odio la plastica e penso che i rifiuti plastici siano anche una risorsa per salvare le risorse ambientali, trasformandoli in carburanti e nuovi prodotti. Io, però, non sopporto l’ignoranza e la manipolazione della gente che mi sembra stia avvenendo con arte.Categoria: notizie - plastica - economia circolare
SCOPRI DI PIU'Come la Tecnologia di Dissoluzione Sta Superando i Limiti del Riciclo Tradizionale, Migliorando Sostenibilità ed Efficienza di Marco ArezioL'era moderna ha visto un'esponenziale crescita nell'uso dei polimeri, materiali versatili impiegati in un'ampia gamma di applicazioni, da semplici utensili domestici a componenti avanzati in settori high-tech. Tuttavia, la durabilità che rende i polimeri così preziosi è anche la causa di uno dei problemi ambientali più pressanti: l'accumulo di rifiuti plastici. Il riciclo emerge come una soluzione critica, ma i metodi tradizionali, meccanico e chimico, presentano limitazioni significative in termini di efficienza, costi e impatto ambientale. In questo contesto, il riciclo fisico si propone come un'innovativa metodologia di riciclo, promettendo di affrontare queste sfide attraverso un processo di dissoluzione che separa i polimeri da contaminanti, pigmenti e additivi, senza degradare il materiale o richiedere l'uso intensivo di energia. Il Riciclo dei Polimeri Descrizione dei PolimeriI polimeri sono macromolecole composte da unità ripetitive, note come monomeri, legate insieme da legami covalenti. Questa struttura conferisce loro proprietà uniche di resistenza, flessibilità e durabilità, rendendoli ideali per una miriade di applicazioni industriali e quotidiane. Tuttavia, queste stesse caratteristiche rendono i polimeri particolarmente resistenti alla degradazione naturale, contribuendo al problema globale dell'inquinamento da plastica. Impatto Ambientale L'impatto ambientale dei rifiuti polimerici è vasto e multidimensionale. Accumulandosi in discariche e ambienti naturali, i polimeri non solo occupano spazio fisico ma rilasciano anche sostanze tossiche durante la lenta degradazione, contaminando suolo e acqua. Inoltre, la degradazione dei polimeri in ambienti marini contribuisce alla formazione di microplastiche, particelle piccolissime che possono essere ingerite dalla fauna marina, entrando così nella catena alimentare. Metodi Tradizionali di Riciclo Il riciclo meccanico comporta processi fisici come la triturazione e la rifusione dei rifiuti di plastica per creare nuovi oggetti. Sebbene economicamente vantaggioso, questo metodo tende a degradare la qualità dei polimeri, limitando il loro riutilizzo a prodotti di qualità inferiore. Il riciclo chimico, d'altro canto, scompone chimicamente i polimeri in monomeri o altri prodotti chimici utilizzabili. Questo processo consente teoricamente di riciclare la plastica all'infinito. Tuttavia, è più costoso, richiede un elevato consumo energetico e spesso comporta l'uso di sostanze chimiche pericolose. Entrambi i metodi presentano quindi limitazioni significative in termini di sostenibilità ambientale, efficienza energetica e capacità di recupero dei materiali. Queste considerazioni pongono le basi per l'esplorazione di metodologie alternative di riciclo, come il riciclo fisico. Principi del Riciclo Fisico Il riciclo fisico rappresenta un approccio innovativo nel panorama del riciclo dei polimeri. Differisce dai metodi meccanico e chimico per la sua capacità di separare i polimeri dai vari additivi e contaminanti senza alterarne la struttura chimica. Questo processo si basa su due principi fondamentali: Concetto di Dissoluzione e Separazione Il cuore del riciclo fisico risiede nella dissoluzione selettiva dei polimeri in solventi specifici. Questi solventi sono scelti per la loro capacità di interagire con il polimero target senza influenzare gli additivi, i pigmenti o i contaminanti. Una volta dissolto il polimero, la soluzione può essere filtrata per rimuovere le impurità. Successivamente, il polimero può essere precipitato dalla soluzione attraverso la variazione di temperatura, pressione, o aggiunta di un non-solvente, permettendo così il recupero del polimero puro. Vantaggi rispetto ai Metodi Tradizionali Il principale vantaggio del riciclo fisico è la sua capacità di recuperare polimeri di alta qualità senza degradarne le proprietà meccaniche. A differenza del riciclo meccanico, che tende a compromettere la qualità del materiale riciclato, il riciclo fisico mantiene l'integrità molecolare dei polimeri. Rispetto al riciclo chimico, si distingue per il minor consumo energetico e l'assenza di processi complessi di scomposizione e sintesi, rendendolo più sostenibile ed economicamente vantaggioso. Tecnologia e Processo del Riciclo Fisico Il processo di riciclo fisico si articola in diverse fasi, ognuna delle quali svolge un ruolo cruciale nel recupero dei polimeri: Selezione e Pretrattamento: I rifiuti di plastica vengono selezionati e puliti per rimuovere grossolane impurità. Dissoluzione: Il materiale plastico viene immerso in un solvente specifico che dissolve il polimero, lasciando indietro additivi e contaminanti. Filtrazione: La soluzione viene filtrata per separare il polimero disciolto dalle impurità solide. Precipitazione e Recupero: Il polimero viene recuperato dalla soluzione mediante precipitazione, causata da variazioni di temperatura, pressione, o l'aggiunta di un non-solvente. Purificazione e Asciugatura: Il polimero precipitato viene ulteriormente purificato e asciugato per rimuovere qualsiasi traccia di solvente, rendendolo pronto per essere riutilizzato nella produzione di nuovi articoli. Questa tecnologia non solo consente il recupero di polimeri di alta qualità ma introduce anche un ciclo di riciclo più sostenibile ed efficiente dal punto di vista energetico. Vantaggi Ambientali e Economici del Riciclo FisicoIl riciclo fisico offre numerosi vantaggi sia ambientali che economici. Riducendo il consumo energetico e minimizzando la produzione di rifiuti, contribuisce significativamente alla riduzione dell'impronta ecologica dell'industria dei polimeri. Inoltre, il recupero di polimeri di alta qualità può ridurre la dipendenza dalle risorse fossili, abbassando i costi di produzione e favorendo l'adozione di pratiche più sostenibili. Il riciclo fisico, distinguendosi dai metodi tradizionali di riciclo per la sua capacità di mantenere inalterate le proprietà dei polimeri e per il suo minor impatto ambientale, offre vantaggi significativi sia dal punto di vista ambientale che economico. Riduzione dell'Impatto Ambientale Minor Consumo Energetico: Il processo di dissoluzione e separazione dei polimeri richiede meno energia rispetto alla scomposizione chimica dei polimeri in monomeri o al processo di riscaldamento e fusione nel riciclo meccanico. Riduzione dei Rifiuti: La capacità di recuperare e riutilizzare i polimeri con alta efficienza riduce la quantità di rifiuti plastici destinati alle discariche o all'incenerimento, minimizzando l'emissione di gas serra e altri inquinanti. Recupero dei Solventi: La rigenerazione e il riutilizzo dei solventi nel processo di riciclo fisico diminuiscono la necessità di produrre nuovi solventi, contribuendo ulteriormente alla riduzione dell'impatto ambientale. Vantaggi Economici Riduzione dei Costi Operativi: Il minor consumo energetico e la possibilità di riciclare i solventi riducono i costi operativi del processo di riciclo fisico rispetto ai metodi tradizionali. Valorizzazione dei Materiali Riciclati: I polimeri riciclati attraverso il processo di riciclo fisico mantengono una qualità elevata, permettendo la loro vendita a prezzi superiori rispetto ai materiali riciclati con metodi tradizionali, apportando quindi un vantaggio economico agli operatori del settore. Apertura di Nuovi Mercati: La produzione di materiali plastici di alta qualità da riciclo apre nuovi mercati, inclusi settori ad alto valore aggiunto che tradizionalmente esitano nell'utilizzare materiali riciclati a causa di preoccupazioni sulla qualità. Sfide e Prospettive Future Nonostante i numerosi vantaggi, il riciclo fisico affronta sfide sia tecniche che di mercato. La necessità di ulteriori ricerche per ottimizzare i processi di dissoluzione e separazione, l'adattamento delle infrastrutture esistenti e la creazione di normative che favoriscano l'adozione di tecnologie di riciclo innovative sono tra le principali sfide da superare. Tuttavia, le prospettive future sono promettenti, con l'aspettativa che miglioramenti tecnologici e un crescente impegno verso la sostenibilità guidino una maggiore adozione del riciclo fisico. Conclusioni Il riciclo fisico emerge come una metodologia promettente nel campo del riciclo dei polimeri, offrendo un'alternativa sostenibile ai metodi tradizionali. Con la sua capacità di produrre materiali riciclati di alta qualità, ridurre il consumo energetico e minimizzare l'impatto ambientale, il riciclo fisico ha il potenziale per svolgere un ruolo cruciale nell'economia circolare del futuro. La sua implementazione su larga scala potrebbe segnare un passo significativo verso la risoluzione della crisi globale dei rifiuti di plastica, allineando gli interessi economici con quelli ambientali. Pubblicazioni Scientifiche sul Riciclo Fisico"Advanced Recycling of Polymers through Dissolution: An Overview of the Process and its Sustainability Impact" - Questa pubblicazione fornisce un'analisi dettagliata del processo di riciclo fisico attraverso la dissoluzione, discutendo la scelta dei solventi, le tecnologie di separazione e il confronto dell'impatto ambientale rispetto al riciclo meccanico e chimico. "Solvent-based Recycling of Polyethylene Terephthalate: Towards Circular Economy" - Concentrandosi sul PET, questo studio esplora l'uso di solventi sostenibili per il riciclo fisico del materiale, valutando l'efficacia del processo in termini di qualità del polimero recuperato e sostenibilità ambientale. "Separation Techniques for Mixed Polymer Waste: Enhancing the Sustainability of Plastic Recycling" - Questo articolo esamina varie tecniche per la separazione di miscele polimeriche, con un focus particolare sul riciclo fisico. Offre un confronto con i metodi tradizionali e discute le prospettive future per il miglioramento del riciclo di plastica mista. Queste pubblicazioni rappresentano solo una frazione della ricerca in corso nel campo del riciclo fisico dei polimeri. L'interesse crescente per questa area promette ulteriori sviluppi e innovazioni, con l'obiettivo di superare le sfide attuali nel riciclo dei materiali plastici e promuovere una maggiore sostenibilità nell'industria.
SCOPRI DI PIU'Con la CO2 recuperata dall'incenerimento dei rifiuti si favorisce il processo di fotosintesidi Marco ArezioA Madrid è andato in scena l'ennesimo raduno oceanico di giovani e meno giovani, capeggiati da Greta, in concomitanza con la riunione Cop25, dal quale è emersa una sonora bocciatura delle aspirazioni ambientaliste, promosse dalla piazza, da parte di un gruppo dei paesi che hanno partecipato alla riunione. Con una serie di rinvii delle decisioni da prendere, in merito al taglio e ai crediti della CO2, al Fondo per i danni causati dai cambiamenti climatici e la ratificazione degli impegni presi in merito all'accordo di Parigi, si sono delineati alcuni blocchi composti da stati con visioni ambientali completamente diverse: Chi non vuole cambiare le cose, anzi, come gli Stati Uniti, vogliono uscire dall'accordo di Parigi per avere mano libera nella gestione del processo di inquinamento. In questo blocco possiamo includere anche l'Arabia Saudita, l'Australia, Brasile e la Russia che non vogliono ulteriori tagli sulle emissioni di CO2. Chi sta lavorando per il rispetto dei limiti imposti a Parigi, in primis l'Unione Europea, che sembra l'unica che si stia impegnando a prendere sul serio il problema del cambiamento climatico. All'interno del suo gruppo però, ci sono dei paesi del blocco dell'Est, capeggiati dalla Polonia, le cui economie sono ancora profondamente legate all'uso del carbone e che, quindi, sono ostili ad ulteriori revisioni al ribasso dei limiti sulle emissioni. Chi sta alla finestra senza prendere sostanziali decisioni, come la Cina e l'india, il cui mercato economico è fortemente legato alla gestione lassista delle normative ambientali (emissioni, rifiuti, riciclo, riuso, scarichi industriali e urbani). Nel frattempo l'Europa, chiaccherando forse meno, sotto la spinta delle direttive del parlamento in fatto ambientale, ha liberato una serie di energie propositive, sia imprenditoriali che accademiche, che vogliono studiate e sfruttare nuove idee nel campo della gestione dei rifiuti e del risparmio energetico. Una di queste prevede il recupero della CO2 che viene generata dall'incenerimento di quei rifiuti non riciclabili, per usi civili. Questa operazione ha degli indubbi vantaggi diretti ed indiretti: - L'operazione di incenerimento di rifiuti, che andrebbero in discarica, non crea emissioni di CO2 in ambiente in quanto viene completamente recuperata e riutilizzata. - Con l'attività di incenerimento si può fornire energia elettrica e riscaldamento alle città limitrofe all'impianto, risolvendo il problema dei rifiuti locali. - La CO2 recuperata viene utilizzata, tra l'altro, per attività agricole, in certi periodi, dell'anno e per ridurre i costi della gestione dell'impianto. Ma come avviene questa applicazione nel campo agricolo? I fumi prodotti dalla combustione dei rifiuti urbani hanno un contenuto di anidride carbonica che oscilla tra il 5 e il 20%, oltre ad altre tipologie di gas come l'ossigeno, gli ossidi di zolfo, gli ossidi di azoto e varie frazioni di polvere. Questi fumi vengono convogliati in un impianto specifico che ha lo scopo di separare la CO2 dagli altri elementi, così da poter avviare il processo di sterilizzazione dell'anidride carbonica, che si otterrà alla fine del ciclo di trattamento, così da renderla utilizzabile per usi industriali e alimentari. Questa separazione avviene facendo passare i fumi in un solvente che ha lo scopo di assorbire la CO2 e respingere gli altri componenti. La soluzione, solvente+CO2, viene avviata in un altro impianto che ha lo scopo di far bollire la soluzione in modo da separare nuovamente il solvente, che rientrerà nel ciclo di produzione, dalla CO2 sotto forma di gas. L'anidride carbonica gassosa passerà in un altro impianto di purificazione e, attraverso una serie di filtri, terminerà il processo di purificazione del gas, passando poi alla fase di compressione della CO2 per portarla ad una consistenza liquida. Questo nuovo elemento liquido verrà poi stoccato e avviato nelle serre per facilitare il processo di crescita dei fiori, delle piante e dei frutti. Infatti questo processo è influenzato dalla temperatura, dalla luce, dall'acqua e dalla CO2 assorbita dalle piante. Ma tra tutti gli elementi sopra citati, è proprio l'aumento della concentrazione di CO2 che influenza in maniera drastica il processo di fotosintesi, infatti un incremento di anidride carbonica doppia rispetto alle concentrazioni naturali, porterà ad uno sviluppo maggiore della pianta di circa il 15-20%, a parità degli altri parametri nutrizionali. La concimazione carbonica, così chiamata, ingenera un incremento della crescita di molte specie vegetali, ma i risultai più evidenti si notano nell'aumento della qualità del prodotto e la riduzione dei cicli produttivi.Categoria: notizie - rifiuti - economia circolareVedi maggiori informazioni sul riciclo
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