Tre impianti eolici offshore da quasi 2 GW per produrre elettricità in modo sostenibiledi Marco ArezioUna nuova partnership di società specializzate nelle energie rinnovabili, in particolare nel campo dell’eolico offshore, è stata costituita per realizzare tre parchi eolici galleggianti al largo delle coste Sarde e Laziali, a quasi 30 Km. dalle coste con circa 2 GW di potenza. Con minori vincoli ambientali dei parchi eolici sulla terraferma, quelli galleggianti possono dare una risposta più veloce in termini di procedure autorizzative e permettono di sfruttare meglio i venti che si muovono sulla superficie del mare. Con questo accordo il consorzio diventa uno dei maggiori operatori del settore in Italia con progetti per una capacità totale di circa 3 GW.La nuova partnership è composta da GreenIT, la joint venture italiana per le energie rinnovabili tra Plenitude (Eni) e CDP Equity (Gruppo CDP), e Copenhagen Infrastructure Partners (CIP attraverso i suoi Flagship Funds), che hanno firmato un accordo per lo sviluppo di tre parchi eolici offshore galleggianti nel Lazio e in Sardegna. L'intesa prevede lo sviluppo di un parco eolico nel Lazio, al largo di Civitavecchia, per una capacità complessiva fino a 540 MW e di altri due impianti situati al largo di Olbia (Sardegna), con una potenza di circa 500 MW e 1.000 MW. I tre progetti dovrebbero generare circa 5 TWh/anno e saranno operativi tra il 2028 e il 2031, una volta completato l'iter autorizzativo e la successiva fase di costruzione. L’intero portafoglio eolico offshore italiano della partnership raggiungerà una potenza di quasi 3 GW con una produzione annua di circa 7 TWh di energia rinnovabile, in grado di soddisfare i consumi elettrici di quasi 2,5 milioni di famiglie, contribuendo così agli obiettivi di decarbonizzazione del Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima 2030. I tre parchi eolici offshore utilizzeranno fondazioni galleggianti e soluzioni tecniche innovative volte a minimizzare l'impatto ambientale e visivo e beneficeranno di sinergie tecnologiche e logistiche con le altre iniziative eoliche offshore gestite nell'ambito della stessa partnership. Gli impianti verranno sviluppati da un team di lavoro congiunto, affiancato da Copenhagen Offshore Partners, fornitore esclusivo di CIP per l’implementazione dell'eolico offshore, e da NiceTechnology e 7 Seas Wind Power, società italiane con provata esperienza nel comparto offshore, che hanno già collaborato con GreenIT e CIP allo sviluppo di altri due progetti in Sicilia e Sardegna. Questo nuovo accordo rappresenta un ulteriore tassello strategico e un impegno preciso per il rafforzamento del settore eolico offshore galleggiante in Italia, fornendo un contributo significativo verso un futuro a basse emissioni di carbonio e incoraggiando la crescita della filiera produttiva locale.Fonte ENI
SCOPRI DI PIU'Ecomondo: Fiera dell' ecosistema e della transizione ecologicaEcomondo è il punto di incontro e di dialogo tra industrie, stakeholder, policy maker, opinion leader, autorità locali e raccoglie e mette a sistema gli elementi chiave che definiscono le strategie di sviluppo della politica ambientale dell’Unione Europea.È l’evento internazionale di riferimento in Europa e nel bacino del Mediterraneo per le tecnologie, i servizi e le soluzioni industriali nei settori della green and circular economy. Hub di ricerca e innovazione, ospita le principali aziende di servizi, soluzioni e tecnologie del settore ambientale: dalla gestione delle acque allo smaltimento dei rifiuti, dal tessile alle bioenergie, dalla gestione e tutela dei suoli fino ai trasporti, l’agricoltura e le città sostenibili. Nel 2023, la manifestazione sarà dal 7 al 10 novembre 2023, a Rimini e si occuperà di organizzare, promuovere incontri digitali e non durante tutto l’anno, occasioni per affrontare i temi legati allo stato di implementazione dei progetti faro PNRR e allo stato di adozione dell’economia circolare nelle principali filiere industriali oltre al ripristino e la rigenerazione ecologica dei suoli e dell’idrosfera, delle coste e delle città.Per maggiori informazioni consulta il sito: https://www.ecomondo.com/
SCOPRI DI PIU'Il nuovo rapporto del World Happiness Report ratifica che un gruppo di paesi del nord Europa si contende lo scettrodi Marco ArezioParlare di felicità e di benessere psico-sociale potrebbe essere un po' azzardato in questi ultimi anni, visto la pandemia che abbiamo passato, la crisi energetica che ci ha colpiti, la guerra tra la Russia e l’Ucraina e le crescenti tensioni tra l’occidente e la Cina. Tutte queste difficoltà farebbero pensare che solo lavorare ad una classifica mondiale per catalogare i paesi, tra i più felici e i più infelici del mondo, potrebbe essere anche anacronistico e fuori luogo. In realtà, come la storia ci ha insegnato, il mondo va avanti nonostante il genere umano si sforzi, giorno e notte, di pensare come arrivare all’apocalisse, in quanto esiste un flusso di positività che non si esaurisce, che lavora, nonostante tutte le forze siano avverse, per cercare la felicità. E, probabilmente, partendo da queste irriducibili correnti positive, che il World Happiness Report 2023 ha redatto l’ultima classifica sulla felicità dei paesi del mondo. La raccolta dei dati è stata fatta sulla base di interviste in 137 paesi, coinvolgendo più di 100.000 persone, alle quali è stato chiesto di esprimere un punteggio da 1 a 10 in merito alla propria soddisfazione, rispetto ad alcuni parametri cardini, come il sostegno sociale, il reddito, la salute, la libertà, la generosità e l'assenza di corruzione. Ovviamente la felicità e la sua percezione sono parametri soggettivi, ma la miscelazione dei dati su un’utenza ampia e il confronto con i valori espressi gli anni precedenti alle medesime domande, ha dato ai ricercatori un quadro interessante. Nei paesi che sono rientrati all’interno dei primi 20 classificati si è potuto notare come la benevolenza, quel sentimento condiviso da molte popolazioni, che si traduce in azioni singole od espresse tramite il volontariato, nell’assistenza a vari livelli del prossimo, esprimendo l’attenzione ai bisogni degli altri, gratuitamente e senza scopi differenti che non siano quello di aiutare e sostenere chi ha bisogno, sia aumentata. Da qui si può cominciare ad intuire dalle interviste fatte, cosa possa essere per alcune persone la felicità, infatti, molti hanno identificato la felicità come la possibilità di poter contare sull’aiuto di qualcuno e, visto, che in alcuni paesi circa l’80% della popolazione dichiara che può contare su altre persone al bisogno, si può trarre alcune interessanti indicazioni dei gradi di felicità che compongono il paniere. In questa speciale classifica che, come abbiamo detto, comprende molti parametri, al primo posto troviamo, ancora una volta, la Finlandia, seguita da un gruppetto di paesi nordici come fa Danimarca e l’Islanda, poi Israele, per poi ricominciare con le latitudini nordiche, trovando la Svezia, la Norvegia, la Svizzera, il Lussemburgo e la Nuova Zelanda. Restando sempre al nord buoni progressi li ha fatti, per esempio la Lituania, che è entrata tra i primi venti in classifica, recuperando dal 52° posto, ma anche altri paesi baltici come l’Estonia e la Lettonia hanno avuto ottimi progressi. Parlando dei paesi in cui, più che esprimere un grado di felicità, si può parlare di paesi più infelici, troviamo al primo posto l’Afganistan dei talebani, seguito dal Libano, entrambi paesi dilaniati da guerre intestine e condizioni di vita molto difficili. Questa classifica ha rimarcato quanto la popolazione mondiale sia, comunque, resiliente, e che una buona parte della popolazione vive con animo aperto e lavora per migliorare la propria vita, adoperandosi per migliorare, in qualche modo, anche il contesto sociale in cui vive, nonostante le pandemie, le guerre, la corruzione e le disuguaglianze socio-economiche. I dati sono anche supportati dall’indice di disponibilità al volontariato in netto aumento in molti paesi presi in esame, e dall’aumento delle donazioni materiali che, nonostante l’incertezza del momento, non vede flessioni. Per parlare di numeri vediamo i paesi considerati dal World Happiness Report tra i più felici e tra i più infelici: La Top 20 dei paesi più felici del mondo 1. Finlandia 2. Danimarca 3. Islanda 4. Israele 5. Paesi Bassi 6. Svezia 7. Norvegia 8. Svizzera 9. Lussemburgo 10. Nuova Zelanda 11. Austria 12. Australia 13. Canada 14. Irlanda 15. Stati Uniti 16. Germania 17. Belgio 18. Repubblica Ceca 19. Regno Unito 20. Lituania La Top 20 dei paesi più infelici del mondo 1. Afghanistan 2. Lebanon 3. Sierra Leone 4. Zimbabwe 5. Congo 6. Botswana 7. Malawi 8. Comoros 9. Tanzania 10. Zambia 11. Madagascar 12. India 13. Liberia 14. Etiopia 15. Jordan 16. Togo 17. Egitto 18. Mali 19. Gambia 20. Bangladesh Categoria: Slow life - vita lenta - felicità
SCOPRI DI PIU'Dall'imballaggio ai campi, esplorando le vie della contaminazione e le strategie per un futuro agricolo privo di sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche (PFSA) di Marco ArezioLa ricerca svolta dalla Rete di Azione Europea sui Pesticidi (PAN Europe) rivela un inquietante aumento della contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche (PFAS), comunemente note come "sostanze chimiche per sempre", negli ortofrutticoli consumati nell'Unione Europea. Questi composti chimici, caratterizzati dalla loro incredibile resistenza alla degradazione ambientale e dai loro potenziali rischi per la salute umana, sono stati segnalati per la loro presenza sempre più frequente nei raccolti a seguito dell'utilizzo nei pesticidi, nonostante la Commissione Europea abbia rinunciato ai piani di proibirli l'anno scorso. L'uso in Agricoltura dei PFAS L'uso dei composti per- e polifluoroalchilici (PFAS) in agricoltura, sebbene non sia l'applicazione più nota o diffusa di queste sostanze chimiche, può verificarsi in varie forme, spesso legate indirettamente attraverso l'utilizzo di prodotti industriali che contengono PFAS o la contaminazione ambientale piuttosto che un impiego diretto sui raccolti. Questi composti sono utilizzati in numerosi settori per le loro proprietà uniche, tra cui la resistenza al calore, la capacità di respingere olio e acqua, e la stabilità chimica. Vediamo alcuni modi in cui i PFAS possono trovarsi coinvolti in contesti agricoli: Imballaggi Alimentari: I PFAS sono spesso utilizzati negli imballaggi alimentari per le loro proprietà antiaderenti e resistenti all'acqua e agli oli. Questi imballaggi possono essere utilizzati per trasportare e conservare prodotti agricoli, aumentando il rischio di contaminazione indiretta dei prodotti alimentari. Prodotti per il Trattamento del Suolo e dei Raccolti: Alcuni prodotti utilizzati per migliorare la resistenza dei raccolti agli elementi o per il trattamento dei suoli potrebbero contenere PFAS. Queste applicazioni sono generalmente più rare e sottoposte a regolamentazione in molte giurisdizioni. Acqua Contaminata: L'uso di acqua contaminata da PFAS per l'irrigazione è una delle vie principali attraverso cui questi composti possono entrare nel sistema agricolo. I PFAS, a causa della loro resistenza alla degradazione, possono accumularsi nell'ambiente, comprese le fonti d'acqua utilizzate in agricoltura. Biosolidi come Fertilizzanti: I biosolidi, che sono sottoprodotti trattati di acque reflue, possono essere utilizzati come fertilizzanti in agricoltura. Se le acque reflue contengono PFAS, questi composti possono accumularsi nei biosolidi e, quando applicati ai campi, possono contaminare il suolo e, di conseguenza, i prodotti agricoli. L'uso specifico dei PFAS in agricoltura è limitato, ma la loro presenza diffusa nell'ambiente e in vari prodotti può portare a contaminazioni indirette. La consapevolezza crescente dei rischi per la salute e l'ambiente associati ai PFAS, ha portato a un esame più attento e a richieste di regolamentazione e limitazione del loro utilizzo. Ridurre l'esposizione ai PFAS in agricoltura e in altri settori richiede un approccio olistico che includa il monitoraggio e la pulizia delle fonti di contaminazione, lo sviluppo di alternative più sicure e la regolamentazione dell'uso di questi composti chimici persistenti. Crescita della presenza dei PFAS in agricoltura L'analisi temporale del decennio 2011-2021 mostra che la presenza di residui di PFAS nei prodotti agricoli è drasticamente aumentata, evidenziando una crescita del 220% nella frutta e del 274% nella verdura contaminata. L'uso di queste sostanze in applicazioni industriali diverse, come i rivestimenti antiaderenti, i materiali resistenti al calore e impermeabili, oltre agli imballaggi alimentari, contribuisce significativamente alla loro diffusione nell'ambiente e, di conseguenza, nella catena alimentare. Il fenomeno è tanto più preoccupante se si considera che nel 2021 il 20% della frutta prodotta nell'UE era contaminata da residui di almeno un PFAS. L'allarme è stato ulteriormente rafforzato dall'appello di quattro Stati membri dell'UE e della Norvegia, all'Agenzia Europea delle Sostanze Chimiche (ECHA) per una nuova valutazione del rischio associato a questi composti all'inizio del 2023. Nonostante l'introduzione di una "strategia chimica per la sostenibilità" da parte della Commissione Europea nel 2020, volta a eliminare progressivamente i PFAS a meno che non risultino essenziali per la società, non sono stati ancora presi provvedimenti concreti per limitarne l'uso. Ciò mette in luce le lacune nelle attuali valutazioni dei rischi dei pesticidi e la necessità di un'azione più decisa per proteggere la salute pubblica e l'ambiente. La persistenza e le proprietà tossiche dei PFAS avrebbero dovuto accelerare il loro divieto, secondo Angeliki Lysimachou, capo scienziato del PAN Europe. I dati più allarmanti provengono da Austria e Grecia, dove si registrano i maggiori incrementi di contaminazione da PFAS. Le sostanze più frequentemente rilevate includono il fungicida fluopyram, l'insetticida flonicamid e il fungicida trifloxystrobin. La distinzione tra frutta e verdura mostra che, benché una minor percentuale di verdure (12%) risulti contaminata rispetto alla frutta (20%), alcune verdure presentano tassi di contaminazione comparabili a quelli dei frutti più colpiti. In particolare, cicoria, cetrioli e peperoni mostrano alti livelli di residui PFAS, così come fragole, pesche e albicocche tra i frutti. Soluzioni per ridurre l'impatto ambientale e sanitario dei PFSA Per affrontare il problema dei PFAS e ridurne l'impatto ambientale e sanitario, è necessaria un'azione coordinata che includa: Rafforzamento della legislazione: Imporre restrizioni più severe sull'uso dei PFAS nei prodotti industriali e agricoli, promuovendo alternative più sicure. Valutazione del rischio più approfondita: Migliorare le metodologie di valutazione per considerare l'effetto cumulativo e a lungo termine dei PFAS sulla salute umana e sull'ambiente. Sviluppo di tecnologie di depurazione: Investire nella ricerca di metodi efficaci per rimuovere i PFAS dall'acqua e dal suolo, limitando così l'esposizione attraverso il consumo di alimenti e acqua potabile. Promozione dell'agricoltura biologica: Incoraggiare pratiche agricole che non fanno affidamento su sostanze chimiche pericolose, offrendo ai consumatori alternative più salutari. Per difendersi dai Perfluoroalchilici e Polifluoroalchilici (PFAS), è fondamentale adottare un approccio multidimensionale che coinvolga sia la prevenzione della contaminazione sia il trattamento degli inquinanti già presenti nell'ambiente e negli organismi viventi. Inoltre, una comprensione dettagliata degli effetti dei PFAS sulla salute umana e animale è cruciale per sviluppare strategie di mitigazione efficaci. Effetti sui PFAS sull'Uomo e sugli Animali I PFAS sono stati associati a una serie di effetti negativi sulla salute umana e animale. Questi effetti sono dovuti alla loro capacità di resistere alla degradazione ambientale e biologica, accumulandosi negli organismi viventi. Effetti sulla Salute Umana Disfunzioni del Sistema Immunitario: L'esposizione ai PFAS può ridurre la risposta immunitaria, rendendo gli individui più suscettibili alle infezioni. Effetti sulla Riproduzione: Alcuni studi hanno collegato l'esposizione ai PFAS a ridotti tassi di fertilità, ritardi nello sviluppo prenatale e alterazioni ormonali. Impatto sul Metabolismo: Esiste una correlazione tra i PFAS e l'aumento del colesterolo, modificazioni nel metabolismo dei lipidi e potenziale sviluppo di obesità e diabete di tipo 2. Cancro: L'acido perfluoroottanoico (PFOA), un tipo di PFAS, è stato classificato come possibile cancerogeno per l'uomo, con studi che suggeriscono un legame con alcuni tipi di cancro, come il tumore ai reni e ai testicoli. Effetti sugli Animali Tossicità Acuta e Cronica: Gli animali esposti ai PFAS possono soffrire di effetti tossici acuti e di accumulo a lungo termine che porta a disfunzioni di organi vitali. Alterazioni del Comportamento e della Riproduzione: L'esposizione ai PFAS può influenzare negativamente la riproduzione degli animali e causare cambiamenti nel comportamento, potenzialmente compromettendo la sopravvivenza delle specie. Impatti sugli Ecosistemi Acquatici: Gli animali acquatici, come pesci e molluschi, sono particolarmente vulnerabili agli effetti dei PFAS, che possono alterare la catena alimentare e l'equilibrio degli ecosistemi. La lotta contro i PFAS richiede un'azione coordinata a livello globale, incentrata su prevenzione, innovazione e mitigazione. La riduzione dell'esposizione umana e animale ai PFAS e la ricerca di alternative più sicure sono passaggi cruciali per proteggere la salute pubblica e l'integrità degli ecosistemi.
SCOPRI DI PIU'C’è chi spinge l’opinione pubblica e i governi in questa crociatadi Marco ArezioCi sono manovratori, adepti, teorici, finanzieri, governi assetati di tasse, tuttologi, odiatori, cannibali della rete, finti ambientalisti, uomini addetti al greenwashing, maleducati sociali, opportunisti e ignoranti. Tutti insieme pensano che speculare sulla plastica sia una giusta crociata. Nel 1095 Papa Urbano II, durante il concilio di Clermont, tenne un esplicito discorso in cui incoraggiava i fedeli ad unirsi militarmente all’Imperatore Alessio I che si stava battendo contro i Turchi in Anatolia. L’intento ufficiale del Papa era garantire il libero accesso dei fedeli Cristiani alla Terrasanta, ma gli studiosi attribuiscono a Urbano II un più ampio e segreto disegno, quello di poter annettere la chiesa orientale con quella occidentale, dopo lo il grande scisma del 1054, sotto il suo dominio. Mai niente di grande è come lo si vede dall’esterno, chi si nasconde dietro alla crociata contro la plastica? Il mondo della plastica sta subendo da alcuni anni attacchi di una grande durezza, attribuendo all’elemento stesso, sotto forma di materia prima o prodotto finito, la bolla di untore ambientale. Sgombriamo subito il campo da ogni dubbio, dichiarando apertamente che l’invenzione della plastica è da annoverare tra le più grandi scoperte del secolo scorso, con un contributo quotidiano così tangibile, ad un osservatore attento, ma che può anche facilmente sfuggire alla gente comune in quanto fa parte della nostra vita come l’aria che respiriamo. Quale partita stiano giocando i sobillatori della teoria della “plastic free” e a quale scopo, nessuno dotato di ragione riesce a capirlo e nemmeno si può intuire come sia stato facile, attraverso i media, ingigantire un odio verso un prodotto indispensabile per la nostra vita. Non ci sono gli spazi in questo articolo per elencare i vantaggi dell’uso della plastica nella produzione di milioni di prodotti che usiamo ogni giorno, in termini di costo, di funzionalità, di risparmio di CO2 in fase di produzione e di trasporto dei prodotti finiti, in termini igienici, isolanti, protettivi, riciclabili, impermeabili, durevoli e molte altre cose. Ci vorrebbe un intero libro per fare questo, ma mi vorrei soffermare sul motivo, visibile ai nostri occhi, per il quale si è scatenato il mondo intero contro il settore della plastica e vorrei introdurmi nei labirinti dei motivi che non vediamo, che stanno sotto traccia. Ciò che vediamo è la dispersione dei rifiuti in plastica (non solo quelli) nei fiumi, nei mari e negli oceani, che stanno creando uno scempio ambientale e una minaccia per i pesci e per l’uomo tramite la catena alimentare. Un problema vero, del quale, ogni persona che pensa razionalmente alla propria sopravvivenza, dovrebbe, non solo indignarsene, ma farsi carico e agire per modificare questo stato assurdo delle cose, secondo le leggi. Ma su questo argomento non mi soffermerei tanto, nonostante sia l’unico motore delle proteste popolari che vengono strumentalizzate, perché una persona di un’intelligenza normale capisce che nei fiumi, nei mari e negli oceani, la plastica non ci va da sola e, quindi, è ridicolo prendersela con lei come causa del problema, dimenticandosi facilmente della responsabilità umana. La cosa che mi interessa di più è capire quali motivazioni recondite ci possano essere dietro questo odio sviscerato per la filiera della plastica. Vediamo alcuni comportamenti di soggetti attivi in queste campagne su cui ognuno può riflettere per conto proprio: I Media. Fenomenale strumento di diffusione di informazioni (e di fake news), dove spesso non conta analizzare in modo tecnico e scientifico il problema dell’inquinamento, ma fare notizia fine a se stessa, aumentare i likes. Scrivere su un post “plasticfree”, corredandolo con una foto che rappresenta le bottiglie di acqua che galleggiano nel mare o un pesce intrappolato in un pezzo di plastica, si ottiene solo di moltiplicare in modo esponenziale la disinformazione senza proporre nulla per risolverlo, se non attraverso una visione utopica di rinuncia alla plastica. Chi semina questo odio, indiscriminato, dovrebbe avere la coscienza pulita e iniziare una vita rinunciando alla plastica, cominciando da casa sua e dalle sue abitudini. Inoltre ci sono emittenti televisive di primo piano che creano spot di grande impatto, utilizzando immagini forti, raccogliendo fondi, non si sa bene per quali finalità, portando avanti la propria crociata. Tutto questo ha il sapore del greenwashing. Pechè? I Divulgatori. Siamo tutti diventati scienziati, ogni spazio comunicativo è presidiato da sedicenti esperti che saltano da una trasmissione all’altra, da un giornale all’altro, da un libro all’altro, da un social all’altro, parlando, parlando, parlando. Di cosa? Di quello che vedono tutti e quasi mai inserendo il problema in una cornice più ampia, per capire se esistono opinioni diverse, per sentire le loro proposte migliorative o mettendosi a disposizione per un confronto diretto con scienziati e tecnici preparati. Cosa vogliono ottenere? Non ha il sapore di una strumentalizzazione a fini pubblicitari? Stare alla finestra e guadagnare sui dolori degli altri? I Governi. Sono responsabili della nostra salute e dell’ambiente in cui viviamo e troppe volte, quasi sempre, si sono attivati, nei loro compiti istituzionali, dopo che sono stati sollecitati dall’opinione pubblica. Certamente la gente ha ragione a preoccuparsi nel vedere i mari riempirsi di plastica o avere il dubbio che il pesce che finisce sulle loro tavole sia pieno di micro e nano plastiche. Ma sono gli enti governativi che si devono attivare per creare un impianto normativo adeguato per gestire la problematica dei rifiuti, porgendo un orecchio alla gente e l’altro agli scienziati. Troppi ritardi, pochi investimenti e poca competenza governano questo mondo, che dovrebbe normare e soprattutto far rispettare le leggi, per tutti. Perché tassare in modo esagerato i settori vitali della nostra economia invece che premiare, dal punto di vista fiscale, il riciclo e la produzione di materiali che hanno un impatto ambientale minore rispetto ad altri? Quali sono i veri obbiettivi politico-finanziari? Se in molti paesi esiste una sanità pubblica, che cura le nostre malattie, perché non deve esistere una economia circolare pubblica, sulla quale nessun governo dovrebbe fare business, ma investire per tutelare, indirettamente, la nostra salute e la nostra vita? L’Istruzione. Senza conoscenza non si ha la capacità di fare delle corrette analisi autonome dei problemi che ci circondano. Perché le scuole non investono nella formazione degli studenti in campo ambientale, nella conoscenza dell’economia circolare e delle energie alternative, in modo da creare una coscienza che possa salvaguardare del loro futuro? Perchè i giovani partecipano alla vita sociale attraverso le manifestazioni sull’ambiente condividendo slogan senza avere una conoscenza più approfondita dei problemi? Che ruolo vogliono dare i governi all’istruzione? La cultura è solo nozionismo o una spinta per accompagnare i ragazzi nel mondo complicato che li aspetta, dotandogli di una ragione critica? Le Aziende del Packaging. Chi tira le file del mondo del packaging in plastica sono le multinazionali delle bibite, dei detersivi e dei prodotti per la cura della persona. Hanno sempre utilizzato milioni di tonnellate di materia prima vergine, per decenni, per produrre i loro imballi, sapendo che la plastica è durevole, nel bene e nel male. Hanno pensato sempre al loro business senza capire che i loro prodotti venivano smaltiti in modo scorretto e hanno lasciato che l’opinione pubblica si rivoltasse contro i loro imballi. Perché non hanno interpretato il malessere della gente molti anni fa e, oggi, si spendono in campagne green confondendo i consumatori, facendo a gara a chi è più amico dell’ambiente? Non ha, anche qui, un sapore di greenwhasing? I Petrolieri. Come per le multinazionali del packaging, la produzione dei polimeri plastici vergini andava a gonfie vele, mentre il mondo si riempiva di rifiuti plastici. Perché sono stati così miopi da non vedere che stavano rappresentando un prodotto che sarebbe entrato in conflitto con l’utilizzatore finale? Perché hanno trovato la soluzione più sbrigativa di acquisire i produttori e riciclatori di materia plastica riciclata per dare un nuovo aspetto ecologico al loro business? Perché non hanno sostenuto l’industria della plastica, i loro clienti, attraverso iniziative concrete che evitassero, insieme ai governi, il tracollo ecologico dei nostri mari con la concreta possibilità di mettere a rischio il loro business? Il mondo non può rinunciare alla filiera della plastica nonostante si siano fatti molti errori e molte speculazioni, di cui conosciamo solo alcuni risvolti, ma molto si può fare per migliorare le cose. Non possiamo più permetterci, che una risorsa così preziosa per il nostro pianeta sotto forma di rifiuto, sia dispersa nell’ambiente da incoscienti e ignoranti che, con le loro azioni mettono, in pericolo l’ecositema e la vita di tutti.Vedi maggiori informazioni sul riciclo
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