Il tallone d'Achille delle energie rinnovabili è quello della produzione in condizioni ambientali non favorevoli per produrla e quello della difficoltà di immagazzinarla quando la produzione supera il consumo. Esiste una tecnologia chiamata CryoBattery che ovvia a questo annoso problema di accumulo.L’energy storage britannico mette a segno un nuovo punto. A Manchester sono iniziati, infatti, i lavori per uno dei più grandi impianti di accumulo di energia elettrica in Europa. Il progetto porta il nome di CRYOBattery ™ e la firma di due società: la Highview Power e la Carlton Power. A giugno di quest’anno, Highview Power ha ricevuto una sovvenzione da 10 milioni di sterline dal Dipartimento britannico per le imprese, l’energia e la strategia industriale (BEIS) con cui finanziare la realizzare di un innovativo stoccaggio criogenico. La centrale sorgerà a Trafford Energy Park, poco distante da Manchester, e a regime vanterà una potenza di 50 MW e una capacità di 250 MWh. E come spiega Javier Cavada, CEO e presidente della società “fornirà alla rete nazionale un accumulo a lunga durata pulito, affidabile ed efficiente in termini di costi. La CRYOBattery™ aiuterà il Regno Unito a integrare l’energia rinnovabile e stabilizzare la rete elettrica regionale per garantire la sicurezza energetica futura durante i blackout e altre interruzioni”. Al di là delle dimensioni, l’elemento più rappresentativo dell’impianto è la tecnologia impiegata. CRYOBattery si basa su un processo chiamato liquefazione dell’aria. Quando vi è un surplus di produzione, l’energia elettrica viene impiegata per aspirare, comprimere e quindi raffreddare l’aria fino a temperature di -196°C. In questo modo, dallo stato gassoso si passa a quello liquido, e la miscela può essere immagazzinata in serbatoi isolati a bassa pressione. Quando aumenta la domanda di energia in rete, l’aria liquida può essere riscaldata e rapidamente espansa in gas, per azionare una turbina elettrica. I vantaggi di questo approccio sono la scalabilità e la possibilità d’offrire uno stoccaggio energetico a lungo termine rispetto alle batterie tradizionali. Da programma, nel primo trimestre del 2021 verrà inaugurato il centro visitatori per permettere a tutti di seguire “da vicino” lo stato di avanzamento dei lavori ed effettuare tour virtuali. La CRYOBattery ™ entrerà, invece, in funzione nel 2023 e utilizzerà le sottostazioni e le infrastrutture di trasmissione esistenti. L’impianto di accumulo criogenico offrirà anche preziose funzionalità tra cui il controllo della tensione, il bilanciamento della rete e l’inerzia sincrona. info: Rinnovabili
SCOPRI DI PIU'Come Riciclare il Supporto delle Etichette nel Settore del Packagingdi Marco ArezioRecuperare e riciclare non significa solo occuparsi del prodotto a fine vita che è stato acquistato dal consumatore, portato per esempio a casa, utilizzato il suo contenuto e poi buttato nei rifiuti.Questo è il concetto tradizionale di un prodotto che deve essere avviato al riciclo, ma i consumatori non vedono altre tipologie di rifiuti che vengono generati per produrre quell'imballo. Per esempio i supporti delle etichette che vengono applicate ai prodotti, generano, in maniera continuativa, rifiuti che possiamo definirli non di consumo ma di produzione. Come ci racconta Tiziano Polito di un'iniziativa portata avanti dalla società Americana Avery Dennison, che recupererà i rifiuti dai materiali adesivi che immette sul mercato in otto paesi Europei nella prima metà del 2021. 470.000 tonnellate: questo è il volume del supporto per etichette prodotto in Europa nel 2019 secondo la società di consulenza AWA. Solo un terzo di questa quantità viene riciclato. I dorsi - chiamati da alcuni "liner" o "protector" sono usati, per veicolare l'etichetta, chiamata "front", diventano poi rifiuti una volta applicata l'etichetta sul prodotto. Da diversi anni i produttori di materiali adesivi si propongono di recuperarli nell'ambito di programmi che rispondono ad un approccio di economia circolare. Avery Dennison è uno di loro. Il produttore americano lancia, con AD Circular, un nuovo progetto di recupero e riciclo per i paesi europei. Con un inizio previsto nella prima metà del 2021 in Francia, Spagna, Belgio, Polonia, Danimarca, Svezia, Germania e Regno Unito, il programma coinvolgerà altri paesi europei nella seconda metà dell'anno. Il progetto riguarda il recupero e il riciclo del supporto in carta e il film plastico. Per realizzare il progetto, Avery Dennison cha reato un sistema semplice: le aziende hanno a disposizione un'applicazione Web per pianificare la raccolta dei propri rifiuti. Inoltre fornisce loro dati utili sotto forma di analisi e certificati, quantità di materiali riciclati, quantità di emissioni di CO2 evitate, ecc.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti - etichette - packagingVedi maggiori informazioni sul riciclo
SCOPRI DI PIU'I materiali per gli imballi alimentari in commercio hanno caratteristiche, qualità, costi di smaltimento e riciclabilità differentidi Marco ArezioNel mondo del packaging alimentare troviamo materie prime estremamente differenti tra loro, alcune di esse, come la carta e il vetro, hanno una storia millenaria, mentre la plastica e l’alluminio hanno una storia più recente. Non vogliamo entrare volutamente in un duello di marketing sulla preferenza tra un materiale o l’altro, ma vorremmo analizzare alcuni aspetti che riguardano la conservazione dei beni contenuti, la durabilità dell’imballo, la riciclabilità. In verità a queste analisi dovremmo aggiungere quella relativa ai costi di produzione comparati e all’impatto ambientale sulla logistica, che verranno affrontati in altra sede. Se diamo uno sguardo al passato possiamo dire che il vetro è stato il materiale principe del packaging con cui si contenevano gli alimenti liquidi, latte, vino, liquori, olio e altri generi alimentari, mentre a partire dal boom economico degli anni 60 del secolo scorso, anche l’acqua minerale e le bibite avevano trovato una loro quota di mercato attraverso la confezione nelle bottiglie. Per quanto riguarda le scatole alimentari in metallo possiamo riferirci al XIX° secolo come inizio in America e in Inghilterra delle prime produzioni industriali, nonostante i costi per realizzarle risultassero molto elevati e il cibo in scatola era quindi un lusso per pochi. A spingere la loro diffusione arrivarono però le guerre mondiali, in quanto gli eserciti trovarono comodo e logisticamente utile affidare il rancio dei soldati a questa tipologia di imballo. Con l’avvento delle lattine di alluminio iniziò una larga diffusione a partire dalla metà degli anni ’50 del secolo scorso, del cibo e delle bevande confezionate nel metallo morbido. Per quanto concerne l’uso degli imballi in carta, dobbiamo arrivare alla metà degli anni ’50 del secolo scorso per vedere l’avvio, in Svezia, dei primi imballi per liquidi alimentari in confezioni di cartone e film plastici. A partire dal 1973, quando l’azienda Du Pont brevetta il PET possiamo dire che sono nati gli imballi alimentari su larga scala, con l’intento di erodere quote di mercato a quelli di vetro. Se vogliamo fare un paragone delle qualità fisico chimiche dei principali imballi alimentari possiamo elencare alcune comparazioni generali: Cessioni possibili di sostanze costituenti l’imballo • Vetro: sodio e calcio già presenti negli alimenti • Plastica: componenti degli additivi specialmente se presenti grasso o alcool • Carta o Cartone: additivi e coloranti • Metallo: Stagno e piombo entro i limiti di legge. Sostanze tossiche dalle vernici (ad alta temperatura) Impermeabilità ai liquidi, gas ed agenti microbiologici • Vetro: 100% • Plastica: variabile a seconda del polimero • Carta o Cartone: solo se assenti abrasioni superficiali • Matallo: solo se assenti abrasioni superficiali Corrosione dell’imballo • Vetro: Solo acido fluoridrico e soluzioni alcaline a Ph superiore a 8 • Plastica: può rilasciare microplastiche in corrispondenza delle piegature • Carta o Cartone: attaccabile da insetti e topi • Metallo: generata da eventuali imperfezioni della struttura Sterilizzabilità • Vetro: 100% a secco ed a umido • Plastica: con particolari additivi batteriostatici • Carta o Cartone: in fase di confezionamento con acqua ossigenata o UV o agenti chimici • Metallo: 100% anche ad alte temperature Trasparenza • Vetro: perfetta con vetro chiaro • Plastica: dipende dal polimero, difficile con polimeri riciclati in HDPE • Carta e Cartone: no • Metallo: no Protezione alla luce Attinica • Vetro: buona nei verti colorati • Plastica: buona con additivi specifici • Carta o Cartone: opaco • Metallo: opaco Sanificazione • Vetro: ottima • Plastica: monouso da riciclare • Carta o Cartone: monouso da riciclare • Metallo: monouso da riciclare Riciclabilità • Vetro: continua e senza degrado. Economica solo con il vuoto a rendere • Plastica: possibile un certo numero di volte con qualche degrado qualitativo. Difficile il riciclo dei poliaccoppiati • Carta e Cartone: riciclabile con degrado. Difficile il riciclo dei poliaccoppiati carta-plastica • Metallo: buono In conclusione, a questa analisi andrà aggiunta una comparazione economica dell’imballo alimentare in funzione della durabilità del prodotto sugli scaffali e il costo del riciclo o dello smaltimento dell’imballo a fine vita, nonché dell’impatto ambientale sia della produzione, che della logistica che della circolarità o meno del rifiuto.Categoria: notizie - tecnica - vetro - riciclo - qualità - rottame
SCOPRI DI PIU'A partire dal 1937 con l’invenzione della fibra di vetro, si sono sviluppate nuove ed ardite soluzioni polimeriche di notevole interesse tecnico-commercialidi Marco ArezioL’evoluzione delle materie plastiche nel periodo successivo alla fine della seconda guerra mondiale, ha portato il settore ad una continua innovazione scientifica in competizione con sé stessa. La scoperta di nuovi legami polimerici e di nuove applicazioni commerciali, ha rivoluzionato il campo industriale facendo nascere nuovi prodotti, sostituendone altri fatti in materiali tradizionali e migliorando il rapporto qualità prezzo dei manufatti. Oltre a scoprire nuovi polimeri, si sono scoperte soluzioni tecniche che hanno portato ad un’esaltazione delle performances del polimero base, riuscendo a creare nuovi campi applicativi fino ad allora sconosciuti. Infatti, la capacità di resistenza che si è raggiunta, attraverso i polimeri e i compositi a matrice polimerica, è risultata, fino a pochi anni fa, impensabile. In particolare, il settore delle Fibre HP, progettate per fornire prestazioni che le fibre tessili tradizionali non erano in grado di raggiungere, soprattutto per quel che riguarda le capacità meccaniche, termiche e chimiche, hanno creato una vera rivoluzione tecnologica. Materiali che, oltre ad essere in grado di soddisfare requisiti particolari, devono mostrare una buona attitudine ad essere inseriti nei cicli tessili, anche se modificati. Nate circa 30 anni fa sulla spinta di alcuni settori strategici – soprattutto militare e aeronautico - sono oggi sfruttati nei campi più diversi, da quello ambientale al comparto dell’abbigliamento protettivo: • geotessili per il contenimento dei terreni in grado di contrastare fortissime pressioni • tessuti per la protezione balistica capaci di ammortizzare l’energia dei proiettili • filati per indumenti protettivi resistenti all’energia generata da un fulmine • rinforzi tessili da usare nei materiali compositi per impieghi strutturali nel campo dell’edilizia. La prima fibra ad elevate prestazioni sia tensili che termiche è stata la fibra di vetro (1937) prodotta da Owens e Corning Glass, costituita prevalentemente di silice, ossido di calcio, ossido di alluminio, ossido di boro. Appartenente alla famiglia delle fibre inorganiche, ha avuto una crescita annua del 15-25% fino agli anni ’60 - ‘70, quando sono comparse sul mercato le fibre di carbonio e le fibre aramidiche, anche se a tutt’oggi la fibra di vetro detiene, come fibra di rinforzo, il primo posto in termini di volumi impiegati. Le fibre di carbonio, scoperte nel 1879 da Edison, sono state commercializzate solo dal 1960, secondo un procedimento messo a punto da William Watt per la Royal Aircraft in UK. Ma la vera rivoluzione nel mondo delle fibre ad alte prestazioni è cominciata con la comparsa sul mercato (1965) delle fibre aramidiche sviluppate dalla DuPont, inizialmente come meta-aramidiche (Nomex), fibre con un'elevatissima temperatura di fusione e di decomposizione (600°- 800°C) e ottime caratteristiche di isolamento elettrico. Queste proprietà le rendono particolarmente adatte alla produzione di tessuti o feltri con i quali realizzare indumenti protettivi (la maggior parte delle tute dei piloti di Formula 1 sono realizzate in Nomex, proprio per le sue proprietà ignifughe, così come quelle degli operatori delle piattaforme petrolifere) e per la filtrazione di gas caldi. Sotto forma di carta o cartone, sono utilizzate per isolamento elettrico e, conformate a nido d'ape, per la realizzazione di materiali compositi. Pochi anni più tardi (1972) sempre la DuPont introdusse sul mercato le fibre pararamidiche (Kevlar) aprendo così la nuova era dei filati ad elevate prestazioni tensionali e termiche: • ottima resistenza meccanica • rigidità • elevato assorbimento delle radiazioni • resistenza all’urto • al calore • alla fiamma. Con i compositi rinforzati con fibra di Kevlar, cinque volte più resistenti dell’acciaio a parità di peso, sono stati realizzati gli airbag che hanno consentito l’atterraggio delle sonde su Marte e il paracadute della sonda Galileo, spedita su Giove. Una copertura realizzata con compositi rinforzati con Kevlar riveste le pareti della Stazione Spaziale Internazionale, in orbita intorno alla terra, per proteggerle dai danni provocati dalle micro meteoriti. La fibra di Kevlar – commercializzata in forma di filamento, fiocco e polpa, sostituisce l’amianto nel rivestimento delle frizioni e dei freni in tutte le automobili provenienti dalle linee di produzione europee. Accanto alle fibre aramidiche sono comparse sul mercato le fibre di poliestere aromatiche, quelle prodotte con polimeri eterociclici aromatici, o realizzate con l’impiego di molecole flessibili (come il polietilene ad alto peso molecolare), per la produzione di fibre con elevato orientamento molecolare lungo il loro asse, usando un processo di filatura nuovo, denominato gel spinning. Nella realizzazione di prodotti industriali dove la resistenza deve abbinarsi alla leggerezza e alla flessibilità, le fibre tessili HP sono una valida soluzione, quello che a tutt’oggi frena un loro impiego più estensivo è l’alto costo, conseguenza soprattutto di alcuni problemi tecnici legati alla loro lavorabilità. Generalmente maggiori sono le prestazioni del materiale, tanto più elevate sono le difficoltà legate alla sua trasformazione. Ciò risulta più evidente per le fibre ad altissima resistenza meccanica, infatti per conferire loro questa prestazione la metodologia di produzione normalmente seguita è quella di sottoporre il materiale, dopo la filiera, a stiri assai elevati. Con questa tecnica si ottiene l’alta tenacità desiderata ma a spese degli allungamenti, di conseguenza le fibre hanno una scarsa deformabilità e risultano rigide, ciò comporta difficoltà di filatura. Viceversa un eccezionale aumento dell’allungamento, dunque dell’elasticità, si ottiene a scapito della tenacità e della capacità di assorbimento dell’umidità, così come un’elevata resistenza agli agenti chimici rende l’assorbimento dell’umidità quasi nullo e crea difficoltà alla tingibilità delle fibre.Categoria: notizie - tecnica - plastica - fibre di rinforzo polimeriche Fonti Cecilia Cecchini
SCOPRI DI PIU'Calcestruzzo Riciclato: Un uso ancora troppo Limitatodi Marco ArezioNella produzione industriale le linee guida sull’economia circolare stanno entrando in modo prepotente e stabilmente in tutte le aziende.Questo è dovuto a diversi fattori: un nuovo approccio culturale della popolazione che è sempre più attenta all’ambiente, un fattore politico che sposa in pieno le aspettative della gente, nuove regole di carattere finanziario-assicurativo che valuta il livello di rischio delle aziende in base al loro scostamento rispetto ad una impronta carbonica media e, infine, ad una reale necessità di una maggiore sostenibilità dei consumi. Nel campo delle costruzioni la quota dei materiali che vanno in discarica rimane estremamente alta con conseguenze ambientali importanti, non solo per la quantità dei rifiuti che non vengono rimessi in circolazione come nuove materie prime, ma anche a causa del continuo approvvigionamento di nuove materie prime incidendo sulle risorse naturali dell’ambiente. A partire dalla progettazione, gli edifici dovrebbero essere pensati per poter essere costruiti con la quota maggiore di materiali riciclati e, una volta a fine vita, alla demolizione dovrebbe seguire un’attività di recupero di tutti quei materiali che potranno nuovamente essere impiegati per nuove costruzioni. Quali sono i vantaggi nel riciclare il calcestruzzo? A differenza di altri materiali da riciclare, come per esempio le plastiche, la provenienza dello scarto del calcestruzzo contempla la presenza di inerti di cui si conosce la provenienza naturale. Quindi, il riciclo del materiale proveniente dalle demolizioni di edifici può essere facilmente gestito e, la quota che se ne ricava nell’ambito di una demolizione, è generalmente elevata. Il riutilizzo del materiale riciclato porta a una serie di vantaggi: • Minor costo dell’inerte riciclato rispetto a quello naturale • Minor materiale da avviare alla discarica • Inferiore impronta carbonica per un edificio realizzato con calcestruzzi riciclati rispetto ad uno realizzato con inerti naturali • Costi e impatti ambientali dei trasporti inferiori Nelle composizioni delle ricette di calcestruzzo con elementi riciclati possiamo annoverare i seguenti materiali: • Frantumato di demolizione, pulito e di colore uniforme • Frantumato di mattoni, pulito e non inquinato • Frantumato di vetro da post consumo • Ceneri volanti espresse in aggregati leggeri • Frantumati in pietra come massicciate o muri di contenimento • Sabbie di fonderia solo se pulita ed uniforme Ma vediamo quale può essere il comportamento di un calcestruzzo realizzato con inerti riciclati rispetto ad uno con inerti naturali:• L’impiego di inerti riciclati fino ad una quota del 20% non ha effetti sulla resistenza a compressione del calcestruzzo, mentre una miscela del 100% di inerti riciclati porta ad una resistenza di circa il 20% della resistenza a compressione • La durabilità nel tempo, a parità di resistenza, non ha influenza sulla percentuale di uso degli inerti riciclati rispetto a quelli naturali • La rigidità del manufatto con un impiego entro il 20% di inerti riciclati non subisce modifiche sostanziali, mentre per un uso al 100% si dovrà considerare una riduzione della rigidità intorno al 10% • Per quanto riguarda la lavorabilità della miscela non sono state notate riduzioni della stessa utilizzando inerti riciclati fino ad una quota del 20%. • Utilizzando quote superiori al 20% di inerti riciclati la caduta della lavorabilità della pasta cementizia può essere sostanziale, la cui conseguenza principale è la maggior richiesta di acqua per rendere lavorabile l’impasto. Questo a causa dell’irregolarità degli inerti che aumentano la loro superficie specifica, del maggior assorbimento di acqua dell’inerte frantumato e per la presenza di particelle di cemento non idratate. In questo caso è importante l’uso di additivi plastificanti per ridurre l’uso dell’acqua nell’impasto così da non compromettere la resistenza meccanica. Per quanto riguarda l’impatto ambientale degli aggregati naturali bisogna considerare che la loro escavazione richiede 20 MJ/t di energia da combustione e 9 MJ/t di energia elettrica, mentre la loro frantumazione ne richiede, rispettivamente, 120 MJ/t e 50 MJ/t. Mentre l’impatto ambientale degli aggregati riciclati da rifiuti di demolizione può essere valutato in 40 MJ/t di energia da combustione e 15 MJ/t di energia elettrica. In merito alle resistenze meccaniche tra un calcestruzzo realizzato con aggregati riciclati e uno con aggregati naturali, che possiamo vedere nella tabella in fondo all’articolo , fatto salvo quanto detto sopra i dati tecnici sono molto simili.Categoria: notizie - rifiuti edili - economia circolare Vedi maggiori informazioni sull'argomento
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