di Marco ArezioIl settore della produzione del cemento è uno tra quelli energivori e, oggi, con l’aumento del prezzo del gas, il costo di produzione è esploso.Nei forni per la produzione di cemento è possibile utilizzare, come combustibile, quella parte dei rifiuti proveniente dalla raccolta differenziata che, attraverso il riciclo meccanico, vengono scartati perché non più riciclabili. Questo rifiuto del rifiuto, inutilizzabile in ottica di un reintegro nella circolarità dei prodotti può avere tre strade: • Il riciclo chimico (poco)• La discarica • L’utilizzo come combustibile Secondo i dati elaborati dalla Federbeton Confindustria i costi per produrre il cemento sono aumentati del 50% a causa del costo dell’energia, infatti il gas è aumentato di otto volte e il petcoke, combustibile utilizzato negli impianti, è aumentato di tre volte rispetto al gennaio 2020. Come mitigare il problema? Qui entra in gioco il CSS, sigla che indica appunto quella massa di rifiuti non più riciclabile, che da una buona resa termica negli impianti per la produzione di cemento in sostituzione dei combustibili fossili. Il CSS è considerato un combustibile a kilometro 0 in quanto prodotto abbondantemente in ogni paese, non soggetto a ricatti internazionali ed è economico. Nonostante questa massa di rifiuti combustibili vada ancora a finire nelle discariche o trasportato all’estero per il suo utilizzo, con costi in termini economici per il loro smaltimento e di produzione di inquinamento nelle fasi di trasporto, il loro impiego in modo strutturale è ancora abbastanza relativo in Italia. Se consideriamo che l’utilizzo del CSS in Europa varia tra il 60 e l’80%, in base ai paesi, in Italia ci fermiamo intorno al 20% o poco più. L’incremento dell’utilizzo del CSS nelle cementerie aiuterebbe sicuramente a ridurre l’impatto ambientale che i rifiuti non riciclabili hanno, riducendo lo scarico degli stessi nelle discariche, in attesa che si sviluppi, in modo consistente, il riciclo chimico dei rifiuti non riciclabili. Secondo il laboratorio REF, che ha elaborato una stima sul possibile utilizzo del CSS in Italia, la percentuale di sostituzione delle fonti fossili come combustibile attraverso i rifiuti potrebbe essere del 66%, il che comporterebbe una mancata emissione di CO2 di circa 6,8 milioni di tonnellate. Perché non decolla questo carburante?In Italia, nonostante la tecnologia degli impianti permetta un uso ampio del CSS, e nonostante gli standard emissivi possano essere controllati attraverso impianti di filtrazione comuni con quelli di altri impianti Europei, permane una diffidenza di base, sia a livello politico che sociale all’utilizzo dei rifiuti come combustibile. In alcuni paesi del nord Europa, notoriamente green, sugli impianti di incenerimento rifiuti che producono energia elettrica, si può sciare, inserendo così nel contesto urbano queste attività industriali. In Italia questi impianti sono ancora oggi, nonostante la diversificazione energetica attuale molto carente, oggetto di discriminazione da parte di alcune forze politiche. Il CSS può essere considerato una fonte rinnovabile come il vento, il sole o l’acqua, che producono energia elettrica e che dovranno sostituire le fonti fossili nel modo più rapido possibile, se vogliamo che le fabbriche continuino a funzionare, le nostre case possano ricevere la corrente per i nostri consumi e le nostre macchine elettriche possano circolare.
SCOPRI DI PIU'La lunga storia che parte dalla grafite ed arriva al moderno grafenedi Marco ArezioAbraham Gottlob Werner nasce a Wehrau, in Prussia, l’attuale Polonia, il 15 Settembre 1749 in una famiglia che era occupata nell’industria mineraria, infatti il padre lavorava in una fonderia dello stesso paese. Werner durante gli studi seguì le orme famigliari e si iscrisse all’Accademia Mineraria di Freiberg, per poi ottenere una specializzazione presso l’università di Lipsia in Paleontologia nel 1771. Il suo interesse verso le rocce si manifestò precocemente tanto che nel 1774 pubblicò un manuale descrittivo di mineralogia, che fu considerato il primo manuale moderno in materia. Nel 1775 fu nominato ispettore e docente di Mineralogia Technische Universität Bergakademie Freiberg, divenendo in seguito membro di alcune istituzioni scientifiche Europee. Il suo interesse verso la grafite fu subito spiccato e ne studiò la formazione, la nascita e la conservazione dei depositi in Europa. Scoprì che la grafite era costituita da resti vegetali e carbonio che, per via della pressione dei sedimenti (minore di quella che dà origine ai diamanti) e della temperatura tra i 1500 e i 3000 gradi centigradi, diventavano, dopo un lungo processo, grafite.Oggi sappiamo che i depositi principali di grafite si trovano nel Madagascar, in Russia, nello Sri Lanka, in Messico e, in forma minore in Slovacchia e USA. Werner, fu nella vita accompagnato sempre da una salute cagionevole e morì a Dresda il 30 Giugno del 1817.La grafite viene utilizzata per produrre matite, come materiale refrattario, come lubrificante, come colorante, nelle spazzole per macchine elettriche rotanti, in molte applicazioni elettriche e nel settore dell’energia atomica. La manipolazione della grafite ha recentemente portato a scoprire l’uso del grafene, che è costituito da fogli bidimensionali di grafite, intuendone le numerose doti racchiuse in questo prodotto. Il grafene non è solo un materiale completamente trasparente alla luce (97,7%), ma anche il materiale più sottile al mondo che conosciamo e, nonostante la sua sottigliezza, può essere stirato fino al 20% della sua lunghezza, mantenendo un carico di rottura teorico di 130 GPa. Secondo i suoi scopritori, vincitori del premio Nobel nel 2010, un singolo foglio di grafene (quindi un foglio alto 1 atomo) largo 1 metro quadro sarebbe capace di sostenere il peso di un gatto di 4 kg, pesare 0,7 mg ed essere virtualmente invisibile. Un altro aspetto interessante è che il grafene è capace di immagazzinare idrogeno: se deformato, forma delle "creste", con l'idrogeno che tende ad accumularsi sulle punte di tali creste. Per rilasciare il gas è necessario eliminare la deformazione del grafene, in modo che l'idrogeno sia espulso dalle creste. Tali risultati sono frutto del lungo lavoro messo in atto dall'Adanascelo team nell'isola di Hokkaido, in Giappone. Ma l’impiego sperimentale del grafene si è diffuso in molti settori, dall’edilizia, allo sport, ai sistemi illuminanti, agli impianti di desalinizzazione, con lo scopo di applicare i vantaggi tecnici del prodotto in sostituzione di altri materiali meno performanti. Categoria: notizie - tecnica - grafene - storia
SCOPRI DI PIU'Fibra elastica in poliuretano: dagli anni 30 del secolo scorso alla chimica dell’abbigliamento elasticizzato modernodi Marco ArezioSe vogliamo dare una definizione di cosa sia la fibra di poliuretano possiamo dire che è una sostanza chimica sintetica caratterizzata da un comportamento simile alla gomma. Questa fibra è formata da una catena molecolare composta da segmenti molli, detti glicoli, intervallati da segmenti rigidi detti isocianati. La fibra di poliuretano nasce intorno al 1937 quando la tensione politica-militare in Europa rese più difficile il commercio delle materie prime, infatti fino ad allora gli elastomeri erano prevalentemente naturali, importati dal sud America e dal Sud Est Asiatico. Come si può leggere nell’articolo presente nelle NEWS sulla storia della gomma naturale, questa era un elemento conosciuto fin dai tempi dei Maya e utilizzato in tutto il mondo in diversi settori. La vera svolta nel campo dei tessuti avvenne nel 1823 quando Charles Macintosh, brevettò un composto fatto di gomma naturale e di oli, adatto all’impermeabilizzazione dei tessuti e, successivamente nel 1830, Thomas Hancock, sottopose il composto gommoso ad azioni meccaniche, mischiando additivi oleosi, cariche e pigmenti, così da rendere industrialmente lavorale in macchina il compound. Fu un tale successo che le esportazioni dal Brasile della gomma naturale aumentarono in modo esponenziale, passando da poche centinaia di tonnellate del 1846 a più di 10.000 nel 1880. Fu così che gli inglesi fiutarono il business e nel 1876 ottennero, da alcuni semi importati dal Brasile, duemila piantine di Hevea Brasilienis, che furono inviate poi nell’attuale Sri Lanka per essere ripiantate. Questo intervento botanico Inglese fece nascere una fiorente produzione, attiva ancora oggi, in Malaysia, Indonesia e Thailandia, area nella quale si produce oggi l’80% della gomma naturale. Negli anni 30 del secolo scorso, periodo nel quale la ricerca chimica stava facendo passi enormi, iniziarono i primi studi per creare una gomma sintetica replicabile in qualunque paese al mondo, senza dipendere dall’importazione della materia prima naturale. Gli studi più interessanti del periodo furono eseguiti dalla tedesca Bayer e fu così che nel 1939, Paul Schlack, sintetizò un polimero con alte proprietà elastiche, ma si dovette attendere la fine della seconda guerra mondiale per vedere la produzione, nel 1951, della prima fibra poliuretanica attraverso il processo di filatura ad umido. Anche negli Stati Uniti la ricerca portò l’azienda DuPont, a seguito di importanti investimenti fatti sulla fibra elastica in poliuretano, nel 1959, a produrre la fibra poliuretanica elastica, attraverso il processo di filatura a secco, che mise sul mercato nel 1962. La vera esplosione della produzione di questi filati avvenne alla fine degli anni 60 del secolo scorso, quando si diffuse la moda della minigonna e il relativo uso delle calze da donna. Come viene prodotta e lavorata la fibra in sintetica in Poliuretano? La fibra elastomerica sintetica è prodotta estrudendo il polimero poliuretano in soluzione o fuso, utilizzando una filiera di un impianto di filatura meccanica. Vi sono normalmente quattro metodologie per la produzione della fibra: Filatura a umido consiste nell’estrusione del polimero in bagno d’acqua calda, formando il filo per coagulazione, ed il successivo lavaggio, essiccazione, lubrificazione e avvolgimento in bobina. Filatura a secco è indubbiamente il sistema più usato al mondo e consiste nell’estrusione del polimero in una cella cilindrica verticale all’interno del quale è presente un gas caldo, che normalmente è azoto. Il filo passa dalla cella e viene successivamente lubrificato, con olio siliconico o stearato di magnesio e poi arrotolato su una bobina posta alla fine di essa. Filatura per fusione consiste nella plastificazione di granuli in un estrusore creando una messa fluida, la quale viene fatta passare attraverso una filiera in verticale che si incontra con un flusso di aria fredda che porta alla solidificazione della materia prima. Il filo in uscita, viene poi lubrificato e avvolto su bobine. La filatura per fusione, tra i quattro processi presentati, è sicuramente quello a più basso impatto ambientale in quanto non richiede solventi e ha una necessità minore di energia. Filatura reattiva consiste nell’estrusione del pre-polimero in un bagno di soluzione contenente ammine polifunzionali. Le parti di isocianato che costituiscono la materia prima reagiscono con le ammine formando un poliuretano a più alto peso molecolare. È una tecnologia oggi poco usata a causa delle basse caratteristiche elastiche del filo rispetti ad altri procedimenti produttivi. Quali sono le applicazioni principali della fibra in poliuretano? Gli utilizzi di questa fibra sono molteplici, quindi raccogliamo solo alcune indicazioni di produzione degli articoli: – Tovaglie – Copri divani – Calze per uso chirurgico – Bende elastiche – Calze a compressione graduata – Pannolini – Tute per attività sportiva – Mute da sub – Pantaloni da sci e pantacollant – Jeans e altri tessuti elasticizzati – Corsetteria – Calzini e collant – Nastri elastici – E molti altri articoliCategoria: notizie - plastica - economia circolare - PU - fibra elastica
SCOPRI DI PIU'Slow Life: Il Tempo del Fù e del Saràdi Marco ArezioEra il tempo dolce del sorriso, dei colori e della vita.Era il tempo dei progetti, della forza e della nuova indipendenza. Era il tempo della felicità, dell’amore e dell’ottimismo. Era il tempo della convinzione, della gestione della propria vita, delle scelte e dell’autonomia. In questo tempo ti ho conosciuta e in questo tempo ti ho amata, con il tuo sapore fresco di fragola di campo. Sembrava che ogni cosa intorno a noi fosse a corollario del nostro amore, che ogni bacio fosse l’ultimo, che ogni sguardo fosse un film, che ogni pensiero fosse parte noi. Siamo volati in alto, leggeri e felici verso il sole, volteggiando al suo cospetto, sicuri di vivere tra la gente non comune baciata dalla fortuna. Il sole ha però cominciato a sciogliere le nostre maschere, alterando il nostro aspetto dorato, mettendo a nudo ciò che prima era profondamente nascosto in noi. E’ arrivato il tempo del sarcasmo e del rimprovero, della durezza e dell’emarginazione, della tristezza e della solitudine. E’ arrivato il tempo dell’ipocrisia e della mancanza di coraggio, dell’attesa delle decisioni dell’atro per addossargli ogni colpa. E’ arrivato il tempo della fine, anche se nessuno riesce a dirlo. Categoria: Slow life - vita lenta - felicità
SCOPRI DI PIU'Verso un Approccio Sostenibile nel Trattamento e Riutilizzo delle Acque nell'Industria Tessiledi Marco ArezioL'industria tessile è tra i settori più inquinanti e consumatori di acqua nel panorama industriale mondiale. La necessità di ridurre l'impatto ambientale e di ottimizzare l'uso delle risorse idriche ha portato allo sviluppo di sistemi di depurazione a circuito chiuso. Questi sistemi permettono il trattamento e il riutilizzo delle acque reflue, riducendo significativamente il consumo di acqua dolce e l'immissione di inquinanti nell'ambiente. Questo articolo mira a esplorare come tali impianti vengono realizzati e come funzionano, con un focus specifico sul loro impiego nel riciclo dei cascami tessili. Principi di Depurazione delle Acque La depurazione delle acque si basa su processi fisici, chimici e biologici per rimuovere contaminanti. Questi processi vengono adattati e ottimizzati in funzione delle specifiche esigenze dell'industria tessile, dove i contaminanti possono variare ampiamente in natura e concentrazione. L'industria Tessile e l'Uso delle Risorse Idriche L'industria tessile richiede ingenti volumi di acqua per la tintura, il lavaggio e il trattamento dei tessuti. Questo consumo porta a un elevato volume di acque reflue, che se non trattate possono causare gravi danni all'ambiente. Impatti Ambientali dei Cascami Tessili I cascami tessili contengono una varietà di sostanze inquinanti, incluse sostanze chimiche tossiche utilizzate nei processi di finitura e tintura dei tessuti. La gestione inadeguata di questi rifiuti può portare alla contaminazione delle risorse idriche, del suolo e dell'aria. Tecnologie di Depurazione delle Acque a Circuito Chiuso Le tecnologie di depurazione delle acque a circuito chiuso nell'industria tessile mirano al massimo recupero e riutilizzo dell'acqua, minimizzando il consumo di risorse idriche e la produzione di acque reflue. Le principali tecnologie impiegate includono: Osmosi Inversa (OI)L'osmosi inversa utilizza membrane semipermeabili per rimuovere ioni, molecole non desiderate e particelle più grandi dall'acqua. Funziona applicando una pressione che supera la pressione osmotica naturale, permettendo così di separare l'acqua dai contaminanti. Le membrane utilizzate devono essere resistenti a sostanze chimiche, temperature elevate e attacchi biologici per garantire efficienza e durabilità. Ultrafiltrazione (UF) L'ultrafiltrazione impiega membrane porose per separare sostanze di dimensioni nanometriche, come particelle sospese, colloidi e alcune macromolecole, dall'acqua. Operando a pressioni relativamente basse, l'UF è meno energivoro rispetto all'OI e particolarmente efficace nella rimozione di patogeni e nella pretrattazione per processi di osmosi inversa. Evaporazione sotto vuoto Questo processo si basa sulla riduzione della pressione sopra una massa liquida per far abbassare il punto di ebollizione dell'acqua, permettendo l'evaporazione a temperature inferiori a quelle normali. L'acqua evaporata viene poi condensata e recuperata come distillato puro, mentre i contaminanti rimangono nel residuo concentrato. Biorattori a Membrana (MBR) I MBR combinano la biodegradazione tramite fanghi attivi con la filtrazione a membrana. Questa tecnologia è particolarmente efficace nel trattamento di acque reflue contenenti carichi organici elevati, poiché permette il mantenimento di una alta concentrazione di biomassa attiva, migliorando l'efficienza del trattamento biologico. Adsorbimento L'adsorbimento utilizza materiali adsorbenti, come il carbone attivo, per rimuovere contaminanti organici, coloranti, e alcuni metalli pesanti dall'acqua. La capacità e l'efficienza dell'adsorbimento dipendono dalla natura del materiale adsorbente, dalla dimensione dei pori, dalla temperatura e dalla presenza di altre sostanze chimiche nell'acqua. Queste tecnologie, singolarmente o in combinazione, permettono di realizzare un sistema efficiente di riciclo e riutilizzo delle acque, riducendo significativamente la dipendenza dall'acqua dolce e l'impatto ambientale dell'industria tessile. Realizzazione di un Impianto per il Trattamento delle AcqueValutazione Preliminare: È fondamentale effettuare analisi dettagliate delle caratteristiche delle acque reflue generate e delle normative ambientali applicabili. Questo passaggio include la raccolta di dati sulle quantità, la composizione chimica e la variabilità temporale delle acque reflue. Progettazione: La fase di progettazione richiede la selezione delle tecnologie più appropriate basate sui risultati della valutazione preliminare, la determinazione della capacità dell'impianto e la definizione dell'ingombro e della disposizione dei componenti. Questo passaggio include anche la stima dei costi di investimento e operativi. Costruzione: Durante la costruzione, è essenziale assicurare che tutti i componenti siano installati secondo le specifiche tecniche e che l'impianto sia conforme agli standard di sicurezza e ambientali. Avviamento: L'avviamento dell'impianto prevede il collaudo dei sistemi di trattamento, l'ottimizzazione dei processi e la formazione del personale. Questa fase è cruciale per assicurare che l'impianto operi secondo le aspettative. Manutenzione e Monitoraggio: La manutenzione preventiva e il monitoraggio continuo sono necessari per mantenere l'efficienza dell'impianto, prevenire guasti e conformarsi alle normative ambientali. Il monitoraggio include il controllo dei parametri operativi, la qualità dell'acqua in uscita e l'efficienza dei processi di trattamento. Funzionamento dell'Impianto di trattamento delle AcqueIl funzionamento di un impianto di depurazione a circuito chiuso inizia con la raccolta delle acque reflue da vari processi produttivi. Queste acque vengono poi sottoposte a trattamenti preliminari, come sedimentazione e filtrazione, per rimuovere i solidi sospesi e le particelle più grandi. Successivamente, le acque passano attraverso sistemi di trattamento più sofisticati, come UF, OI, e MBR, a seconda delle specifiche necessità di purificazione. Durante questi stadi, contaminanti come coloranti, metalli pesanti, e sostanze organiche vengono rimossi. L'acqua trattata è quindi riutilizzata nei processi produttivi, riducendo il fabbisogno di nuova acqua dolce e minimizzando la produzione di acque reflue. Il monitoraggio costante della qualità dell'acqua assicura che i parametri di riutilizzo siano sempre rispettati, garantendo sia la sicurezza operativa che la sostenibilità ambientale. Il funzionamento dell'impianto si articola in più fasi: Trattamento Preliminare: Rimozione di solidi sospesi, grassi e oli tramite sedimentazione, flottazione e filtrazione. Questo passaggio previene danni e intasamenti delle membrane e dei sistemi di trattamento successivi. Trattamento Primario e Secondario: Utilizzo di processi biologici (MBR) e fisico-chimici (UF, OI) per la rimozione di contaminanti organici, inorganici e microbiologici. Questa fase riduce significativamente la carica inquinante dell'acqua. Trattamento Terziario: Ulteriore purificazione tramite osmosi inversa, adsorbimento o altri processi specifici per rimuovere eventuali contaminanti residui e adeguare la qualità dell'acqua ai requisiti di riutilizzo. Riutilizzo dell'Acqua e Gestione dei Residui: L'acqua trattata viene riutilizzata nei processi produttivi, riducendo il consumo di acqua dolce. I residui concentrati dal trattamento sono gestiti in modo sicuro per minimizzare l'impatto ambientale. Questo approccio integrato garantisce non solo la sostenibilità ambientale ma anche l'efficienza economica dell'impianto di depurazione, rendendolo un componente chiave nella gestione sostenibile delle risorse idriche nell'industria tessile. Tipologia di Inquinanti nelle Acque di Riciclo dei Cascami Tessili e Normativa Italiana sugli Scarichi Il trattamento delle acque reflue nell'industria tessile è una questione complessa a causa della vasta gamma di inquinanti presenti, che variano a seconda dei materiali trattati e dei processi utilizzati. Questo capitolo esplora le principali tipologie di inquinanti derivanti dal riciclo dei cascami tessili e discute la normativa italiana relativa ai limiti chimici degli inquinanti autorizzati allo scarico in fognatura.Coloranti e Pigmenti Processi Fisico-chimici: L'adsorbimento su carbone attivo è ampiamente utilizzato per rimuovere i coloranti dalle acque reflue, grazie alla sua elevata superficie specifica e alla capacità di adsorbire una vasta gamma di composti organici colorati. Inoltre, processi di ossidazione avanzata, come l'ozonizzazione o il trattamento con perossido di idrogeno in presenza di UV, possono degradare i coloranti in composti meno nocivi o in acqua e anidride carbonica. Processi Biologici: Alcuni microrganismi sono capaci di degradare i coloranti. Tuttavia, questo approccio può essere limitato dalla variabilità della biodegradabilità dei coloranti e richiede tempi di trattamento relativamente lunghi. Sostanze Chimiche Ausiliarie Coagulazione/Flocculazione: Questi processi sono utilizzati per rimuovere le particelle sospese e alcuni composti disciolti, inclusi detergenti e sbiancanti, aggregandoli in fiocchi più grandi che possono essere facilmente separati dall'acqua tramite sedimentazione o flottazione. Trattamento Biologico: I biorattori a membrana (MBR) e i sistemi a fanghi attivi possono degradare efficacemente le sostanze chimiche organiche ausiliarie, trasformandole in biomassa, anidride carbonica e acqua. Metalli Pesanti Precipitazione Chimica: I metalli pesanti possono essere rimossi dalle acque reflue attraverso la precipitazione chimica, convertendoli in forme insolubili (ad esempio, solfuri, idrossidi) che possono essere facilmente separate per sedimentazione. Scambio Ionico: Questa tecnica utilizza resine scambiatrici di ioni per rimuovere selettivamente i metalli pesanti dall'acqua, sostituendoli con ioni innocui come sodio o idrogeno. Composti Organici Volatili (COV) Stripping a Vapore: I COV possono essere rimossi dalle acque reflue utilizzando lo stripping a vapore, un processo in cui l'acqua viene riscaldata e i COV vengono vaporizzati e quindi rimossi dall'acqua. Adsorbimento: L'adsorbimento su materiali come il carbone attivo è efficace anche per la rimozione dei COV dalle acque reflue, grazie alla capacità del carbone di adsorbire una vasta gamma di composti organici volatili. Per assicurare la rimozione efficace di questi inquinanti e il rispetto dei limiti normativi, gli impianti di depurazione delle acque di riciclo dei cascami tessili spesso implementano una combinazione di questi processi in un approccio multimodale. Tale strategia consente di ottimizzare il trattamento in funzione della specifica composizione delle acque reflue e degli obiettivi di qualità dell'acqua trattata, garantendo al contempo la conformità alle normative ambientali. Normativa Italiana sugli Scarichi In Italia, la normativa di riferimento per il trattamento e lo scarico delle acque reflue industriali, incluse quelle dell'industria tessile, è il Decreto Legislativo 152/2006, noto come "Codice dell'Ambiente". Questo decreto stabilisce i limiti massimi di concentrazione per gli inquinanti presenti nelle acque di scarico che possono essere immessi nella rete fognaria o negli ambienti acquatici. Per gli scarichi tessili, alcuni dei limiti specifici includono: COD (Domanda Chimica di Ossigeno): Indica la quantità di ossigeno richiesta per ossidare le sostanze chimiche organiche presenti nell'acqua. Il limite varia in base al tipo di scarico e alla capacità del corpo ricevente. Coloranti: Sebbene non esista un limite specifico per ogni colorante, lo scarico non deve causare un cambiamento significativo del colore nel corpo idrico ricevente. Metalli Pesanti: Sono stabiliti limiti specifici per ciascun metallo, ad esempio, il cromo totale ha un limite di 0,5 mg/l per lo scarico in fognatura. pH: Deve essere mantenuto entro un intervallo che non comprometta il funzionamento del sistema fognario o della stazione di depurazione, generalmente tra 6,5 e 9,5. Le aziende devono inoltre ottenere un'autorizzazione allo scarico da parte delle autorità competenti, che può includere requisiti specifici oltre ai limiti generali imposti dal Codice dell'Ambiente. È fondamentale che le industrie tessili implementino sistemi di trattamento delle acque reflue efficaci per conformarsi a queste normative e minimizzare l'impatto ambientale delle loro operazioni. Questo approccio normativo mira a bilanciare le esigenze produttive con la protezione dell'ambiente acquatico, garantendo che l'industria tessile possa operare in modo sostenibile e responsabile.
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