Il commercio online sta avanzando in modo prepotente nelle abitudini dei consumatori, forte di alcune peculiarità che aiutano il fenomenodi Marco ArezioVelocità di consegne, semplicità nell’acquisto, cataloghi molto ampi, economicità dei prezzi e comodità rispetto all’acquisto in un negozio fisico, specialmente in periodi come questi dove vi sono restrizioni nella mobilità. Una corsa alle vendite on line è fatta anche da produttori di articoli che fino a poco tempo fa non utilizzavano questo canale e, quindi, il bacino dell’offerta è diventato veramente enorme. Tra migliaia di offerte per articoli simili, il marketing ha affinato tecniche persuasive verso i clienti sapendo cosa i consumatori si aspettano di trovare in un prodotto. La Commissione Europea e le autorità nazionali di tutela dei consumatori hanno indagato sulle offerte di alcuni prodotti nel mercato on line e hanno notato una massiccia presenta di messaggi fuorvianti, esagerati e, a volte, falsi, in merito al greenwashing. Poiché i consumatori che utilizzano il servizio degli acquisti on line sono anche clienti che richiedono generalmente prodotti più sostenibili, le informazioni sui prodotti in vendita da parte dei produttori o la pubblicità sull’articolo, sono spesso intrise di affermazioni che richiamano la sostenibilità e la riciclabilità dello stesso. Termini come riciclato, verde, green economy, ecologico, biologico, impatto zero, e molti altri spesso si trovano sulle confezioni ma, in realtà, non rispecchiano sempre la filiera produttiva dell’articolo, dando al cliente informazioni non corrette e senza supportare le affermazioni con prove. Uno studio della Comunità Europea ha valutato 344 dichiarazioni di sostenibilità "apparentemente dubbie" fatte online dalle aziende, la maggior parte delle quali nei settori dell'abbigliamento e dei tessuti, dei cosmetici, della cura della persona e delle apparecchiature domestiche. Nel 42% dei casi le autorità di controllo nazionali hanno appurato che le affermazioni stampate sugli imballi fossero false, ingannevoli o potenzialmente ingannevoli per i consumatori, quindi da considerare come una pratica sleale secondo il diritto dell’Unione Europea. Queste informazioni che il consumatore trova sugli imballi non sono sufficienti per permettere una corretta scelta del prodotto e, nel 37% dei casi, vengono utilizzati termini volutamente vaghi senza dati a supporto chiari e certificati. Il commissario europeo per la giustizia Didier Reynders, ha affermato che mentre alcune aziende si sforzano di produrre prodotti realmente eco-compatibili, altre prendono una strada più breve e senza costi, attraverso l’uso di affermazioni vaghe, false o esagerate. Per parlare di un settore in cui il fenomeno è sotto gli occhi di tutti, possiamo citare il comparto della produzione e raffinazione dei carburanti fossili, le cui società stanno spendendo enormi risorse economiche per crearsi una reputazione più verde. Ma interessante è anche notare, per esempio, le informazioni che i consumatori possono trovare su un flacone di detersivo, in cui si legge spesso la frase: Prodotto Riciclabile. Non vi è dubbio che sia una affermazione corretta, un flacone in HDPE fatto con polimero vergine è riciclabile, ma è fuorviante, se anche abbinato a sigle o disegni che fanno immaginare la natura e la cura dell’ecosistema, inducendo il consumatore ad acquistare un flacone che non segue i principi dell’economia circolare. Infatti, il flacone per rispettare i canoni della circolarità delle materie prime deve essere fatto in plastica riciclata e, sull’etichetta, ci dovrà essere riportata una frase simile a: flacone fatto con materiale riciclato che può essere riciclato nuovamente. La Commissione Europea ha inviato agli stati membri un avviso di attenzione verso queste pratiche scorrette con l’esortazione di vigilare e punire chi trasgredisce le regole. Da parte del consumatore è sempre importante informarsi prima di effettuare un acquisto, cercando di farsi un quadro chiaro di cosa è riciclato, riciclabile o falsamente tale, mettendo a confronto più prodotti e le informazioni che i produttori distribuiscono al mercato.
SCOPRI DI PIU'La fiera internazionale Fakuma per la lavorazione delle materie plastiche è attesa con impazienza da tutti gli operatori del settore, perché la fiera leader mondiale per il settore dello stampaggio a iniezione promette nuovo slancio in numerosi settori.E' considerata anche un barometro tecnologico per i settori della tecnologia di estrusione, termoformatura e stampa 3D.Anche quest’anno l’evento di punta si concentrerà sulle sfide della digitalizzazione, dell’automazione dei processi, dell’efficienza energetica e dell’economia circolare. Un altro obiettivo importante di Fakuma è la presentazione della lavorazione della plastica nella fabbrica intelligentemente interconnessa di domani.Fakuma dimostrerà ancora una volta che il tema altamente complesso della plastica può essere integrato nella protezione del clima, nell'economia circolare e che è orientato al futuro in un modo molto particolare. Gli espositori stanno lavorando alle sfide dell’economia circolare e della sostenibilità con una straordinaria spinta e dinamica innovativa.Per maggiori informazioni consultate il sito della fiera: https://www.fakuma-messe.de/en/
SCOPRI DI PIU'Slow Life: Il DonoVoglio darti qualcosa, bambino mio, perché stiamo andando alla deriva nella corrente del mondo. Le nostre vite verranno separate, il nostro amore, dimenticato. Ma non sono così sciocco da sperare di comprare il tuo cuore con i miei doni. Giovane è la tua vita, il tuo sentiero, lungo, e tu bevi d’un sorso l’amore che ti portiamo, e ti volgi, e corri via da noi. Tu hai i tuoi giochi, e i tuoi compagni di gioco. Che male c’è se non hai il tempo di pensare a noi. Abbiamo abbastanza tempo nella vecchiaia per contare i giorni passati, per nutrire in cuore ciò che le nostre mani hanno perduto per sempre. Veloce corre il fiume con un canto, travolgendo tutte le barriere. Ma la montagna rimane e ricorda e lo segue con il suo amore. Tagore Categoria: Slow life - vita lenta - felicità
SCOPRI DI PIU'La combinazione di utilizzo di granuli plastici e macinati impone delle valutazioni e delle scelte sulla miscelazione automaticadi Marco ArezioNella produzione di compounds polimerici riciclati o nel riutilizzo degli scarti della propria attività di lavorazione delle materie plastiche, sia essa di stampaggio, soffiaggio, estrusione o termoformatura, il riutilizzo dei macinati necessita di un’attenta valutazione nell’ambito delle ricette finali. I macinati plastici possono essere aggiunti al polimero principale per migliorare la fluidità, ridurre il prezzo, modificare il DSC, alzare o abbassare l’Izod, modificare il modulo o, semplicemente, riutilizzare gli sfridi di lavorazione che si generano nell’attività quotidiana. Per poter immettere nel fuso principale un macinato plastico, è necessario utilizzare un dosatore che possa simulare una ricetta studiata per soddisfare le esigenze estetiche e qualitative del polimero di cui abbiamo bisogno. In questo caso, ci avvaliamo di un dosatore che ha la funzione di rendere automatico il principio di miscelazione nelle dosi che riteniamo opportune al fine di realizzare il nostro lavoro. Non c’è dubbio che questa operazione potrebbe essere svolta anche a mano, inserendo nella tramoggia la quantità di macinato stabilita, ma, questa attività, impone la presenza costante di una risorsa umana che compia un’operazione facilmente automatizzabile. I dosatori di cui parleremo oggi sono quelli definiti volumetrici e gravimetrici. In linea generale sono entrambi impianti che sono deputati a rilasciare nel fuso plastico, in modo continuativo, la percentuale scelta di macinato che abbiamo stabilito nella nostra ricetta. Il dosatore volumetrico, come dice la parola, una volta caricato, intuisce quale possa essere la massa in volume di materiale da rilasciare che l’operatore ha stabilito preventivamente per realizzare il compound. Questo calcolo, da impostare nel dosatore, è frutto di una serie preventiva di tests che portano a calcolare quale possa essere il volume corretto di macinato da miscelare con la materia prima principale. E’ una vera e propria calibrazione del dispositivo di dosaggio utilizzato per il materiale da misurare, attraverso esercizi di cronometraggio, pesatura e rappresentazione grafica dei risultati. Questo è un passaggio critico che richiede abilità per garantire che le impostazioni del timer inserite nel controllo del mixer forniscano il volume corretto di ciascun materiale in base al tempo. Il principio di funzionamento invece dei dosatori gravimetrici lavora sul valore del peso del materiale da immettere, quindi calcola automaticamente la quantità di macinato che l’operatore macchina ha impostato, senza dover ricorrere al lavoro di calibrazione della macchina. Quali sono le differenze pratiche, tra i due sistemi, nel dosaggio e i problemi utilizzando i macinati? Possiamo dire che un dosatore volumetrico è impostato per calcolare ed immettere un certo volume di materiale sempre costante, questo è fattibile, esprimendo una certa precisione, se il macinato utilizzato è composto sempre da materiale uniforme e costante. Ma come sappiamo il macinato utilizzato, specialmente se deriva dal riciclo del post consumo, può avere una certa instabilità sia dimensionale che di densità, mettendo probabilmente in crisi il sistema di dosaggio. Il problema si riduce, ovviamente, se il macinato che proviene dagli scarti di produzione è uniforme e costante, così da dare una certa corretta ripetitività al calcolo della macchina che esegue sul volume della plastica. I dosatori gravimetrici, invece, utilizzano il valore del peso per verificare praticamente ogni dose calcolata, infatti, la macchina si accorge delle differenze tra un richiamo e l’altro di materiale, andando a correggere le differenze durante il richiamo successivo. Tutte le variazioni di portata, massa, tempo sono calcolate dal dosatore gravimetrico in modo da esprimere la massima precisione ed aderenza alla ricetta impostata in modo automatico. Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - dosatori - polimeri plastici
SCOPRI DI PIU'Produzione, recupero, riciclo e riuso degli pneumaticidi Marco ArezioSembra incredibile ma nel 2019 sono stati venduti nel mondo circa 3 miliardi di pneumatici, un volume enorme di materie prime impiegate, il cui prodotto finale deve essere riciclato nel rispetto delle regole dell’economia circolare. Siamo abituati a vedere gli pneumatici nella nostra vita quotidiana, sulle auto, bici, moto e su tutti gli altri mezzi della mobilità che incontriamo ogni giorno, ma dobbiamo anche pensare, in un’ottica di economia circolare, come dare una seconda vita agli pneumatici e come far diventare sostenibile il prodotto che usiamo. Per fare questo dovremmo conoscere un pò di storia del prodotto, di come viene realizzato e quali metodi oggi conosciamo per il loro smaltimento. La Storia La storia degli pneumatici è da far risalire al brevetto depositato a Londra dallo scozzese Robert William Thomson, nel 1846, ben prima della diffusione delle auto, camion, corriere e delle moto. Erano anche gli anni in cui la gomma naturale si affacciava al mondo industriale, (vedi articolo), e si provava a modellarla in forme differenti a varie temperature, per saggiarne la consistenza a caldo e a freddo. Negli Stati Uniti, nello stesso periodo, Charles GoodYear, dopo lunghi studi iniziati nel 1839 che si occupavano delle reazioni tra gomma con lo zolfo, riuscì a brevettare nel 1844, un compound attraverso il quale si potevano gestire le deformazioni elastiche della gomma sotto l’effetto delle temperature. Ma l’invenzione dei due ricercatori rimase lettera morta finché si arrivò ad inventare la camera d’aria che potesse sopportare, all’interno del pneumatico, il peso e le torsioni impresse dal mezzo in movimento. I vantaggi della ruota “ad aria” erano riassunti in una minore forza necessaria al movimento del mezzo, più silenziosità, maggiore confort e maggiore manovrabilità. Nonostante questi indubbi successi, dal punto di vista industriale non ci fù seguito e la ruota ad aria fu dimenticata rapidamente. Si dovette aspettare il 1888 quando John Boyd Dunlop brevettò nuovamente un pneumatico ad aria per biciclette e l’anno successivo lo applicò alla bicicletta di William Hume, un ciclista mediocre, che con questa rivoluzionaria bicicletta vinse, a Belfast, tutte e tre le competizioni a cui si era iscritto. Il successo fu tale che iniziò la produzione in serie di queste biciclette equipaggiate con il rivoluzionario pneumatico. Gli studi in quel periodo non si concentrarono solo sugli pneumatici, ma anche sui cerchioni che dovevano contenerli, sulle mescole per ispessire parti in cui gli sforzi del rotolamento erano superiori, sui problemi legati al surriscaldamento dei fili di orditura e, infine, per proteggere la ruota dalle forature. Nel 1912 gli pneumatici passarono dai colori chiari al nero, in quanto si era scoperto che l’aggiunta di nero fumo alla mescola, aumentasse la resistenza all’usura della gomma. Durante questi anni la produzione delle auto aumentò e l’adozione della gomma ad aria è da attribuire ai fratelli Michelin, che la testarono nella corsa Parigi-Brest-Parigi, del 1891, che vinsero con solo 5 forature. Processo di vulcanizzazione della gomma Il cuore del processo di produzione degli pneumatici sta nel principio di vulcanizzazione della materia prima, che consiste nel riscaldamento della gomma con lo zolfo. La vulcanizzazione tra il poliisoprene e lo zolfo provoca una modifica della struttura molecolare del polimero creando un aumento dell’elasticità e della resistenza a trazione del prodotto, riducendo l’abrasività e l’appicicosità iniziale. La realizzazione del processo di vulcanizzazione si ottiene attraverso una mescola tra l’elastomero, lo zolfo e altri additivi chimici quali acceleranti, attivatori, rinforzanti, antiossidanti, inibitori e anti invecchianti. Il Riciclo degli pneumatici Come abbiamo visto in precedenza, nel solo 2019 sono stati venduti circa 3 miliardi di pneumatici, che avranno un’usura in un certo lasso temporale, per poi venire sostituiti con altri articoli nuovi. Questo succede ogni anno, da anni, così da generare un’immensa quantità di pneumatici esausti che fino a poco tempo fà finivano in discarica o in centri di stoccaggio, perchè il loro riciclo era complicato a causa del mix di componenti che il prodotto contiene. Oggi disponiamo di alcuni processi di recupero degli pneumatici che possono ridurre la pressione tra produzione e riciclo. Possiamo elencare tre procedimenti di riciclo: Triturazione Meccanica Il processo prevede la triturazione grossolana degli pneumatici con pezzature intorno a 70 o 100 mm. per lato, passando poi attraverso il processo di asportazioni delle parti metalliche, la granulazione, con un’ulteriore pulizia e il processo finale di micronizzazione in cui il prodotto risulterà, pulito e diviso in differenti granulometrie. Processo Criogenico Il processo prevede una prima fase di triturazione grossolana degli pneumatici con relativa asportazione delle parti metalliche. Successivamente il macinato viene sottoposto ad un raffreddamento con azoto liquido, in modo da ricreare una struttura cristallina e fragile che permette facilmente una nuova triturazione fine. Il materiale di risulta viene poi trattato attraverso il processo di polverizzazione con mulini a martelli o dischi. Processo ElettrotermicoIl processo prevede la prima riduzione meccanica dimensionale del prodotto per poi essere inseriti in forni verticali ad induzione magnetica. In questi forni avviene il distaccamento delle parti metalliche dalla gomma sotto l’effetto di una temperatura di circa 700 gradi. Alla fine di questa operazione, la parte di gomma viene raccolta ed avviata alla de-vulcanizzazione che consiste nel riportare, l’elemento recuperato, ad una forma chimica simile all’elastomero originale, attraverso processi termochimici in autoclavi. Quali sono le caratteristiche della materia prima riciclata e quali i suoi impieghi? I granuli in gomma riciclata, vengono impiegati per la realizzazione di conglomerati resino-gommosi utilizzandoli in mescola al 60/70%, impiegando macchine a stampaggio a freddo. Per quanto riguarda il polverino, il suo impiego può essere abbinabile ad impasti con l’elastomero vergine ed impiegato attraverso i processi di pressofusione o altri tipi di stampaggio a caldo. C’è però da constatare che il riciclo degli pneumatici risulta ancora molto ridotto rispetto al totale raccolto, il che fa aumentare i costi per lo smaltimento, lasciando aperto il problema della loro gestione post vita. Le principali applicazioni dei granuli e del polverino le possiamo trovare nella produzione di superfici drenanti per campi con erba sintetica, asfalti, superfici che attutiscono le cadute nei capi gioco, pavimenti antiscivolo, isolanti acustici, accessori per l’arredo urbano, materassi per allevamenti e altri articoli. Nuovi studi sul riciclo Attualmente gli studi in corso, per cercare di aumentare la percentuale di riutilizzo degli pneumatici esausti, si indirizzano sui processi di scomposizione dei legami chimici che l’elastomero, lo zolfo e gli additivi creano tra di loro. I ricercatori dell’Università Mc Master hanno sviluppato, a livello sperimentale, un sistema che possa tagliare i legami polimerici orizzontali spezzando la maglia che tiene insieme, chimicamente, i vari componenti, riportandoli allo stato primario.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiuti - pneumatici
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