rMIX il Portale del Riciclo: il Dono della Sintesi e della Fiduciadi Marco ArezioTutti noi, ogni giorno, utilizziamo internet per fare molte cose importanti per la nostra azienda. Comunichiamo, ricerchiamo, promuoviamo, acquistiamo, informiamo, ecc..La rete è una fonte inesauribile di informazioni che ci invita a navigare nella speranza di trovare quello che cerchiamo. Molto spesso utilizziamo i motori di ricerca per scovare potenziali clienti, fornitori, consulenti, imbattendoci in un lavoro ciclopico che impegna due variabili: il tempo e la fiducia. Il problema nasce proprio dal fatto che, per quanto si cerchi di restringere il campo delle ricerche, le informazioni sono sempre maggiori rispetto al tempo a nostra disposizione e che, i contatti trovati, specialmente quelli non conosciuti, possono essere sempre motivo di dubbio sull’affidabilità di chi si propone. Abbiamo quindi visto che il tempo e la fiducia governano i risultati del nostro lavoro nella rete e credo sia importante rendere meglio visibile questi due fattori. Il Tempo Immaginiamo di essere una ditta che utilizza un granulo di polipropilene riciclato per la produzione di alcuni articoli e che vogliamo trovare nuovi fornitori rispetto a quelli che già abbiamo, digitiamo così su Google le parole chiave: • Polipropilene: i risultati che il computer ci restituisce, in una sola lingua scelta, sono circa 4,7 milioni. Decisamente troppi per analizzarli tutti, quindi operiamo una prima scrematura. • Polipropilene riciclato: i risultati che ci appaiono sono scesi a 129.000 circa, sempre troppi rispetto al tempo di analisi che posso investire per una ricerca, quindi scremiamo ancora. • Polipropilene riciclato in granuli: i posts da leggere sono arrivati a circa 20.400, il che significa che, aprendo gli annunci e spendendo un tempo medio per analizzare il contenuto di 2 minuti per contatto, impiegherò circa 4 mesi, lavorando tutto il giorno, per selezionare i fornitori. Decisamente impossibile. La Fiducia Supponendo che siamo riusciti a trovare alcuni fornitori, a noi sconosciuti, che potrebbero soddisfare apparentemente le nostre esigenze, nasce il problema di verificarne l’affidabilità. I sistemi di verifica sono decisamente pochi, in quanto quello che compare in rete può essere frutto di manipolazioni fatte ad arte per migliorare l’aspetto dell’azienda o creare una facciata ex novo, specialmente se non verificabile in sede direttamente. Anche i portali web del settore, con libero accesso agli iscritti, poco possono fare per limitare il fenomeno delle truffe di identità su internet, che causano tanti problemi alle aziende che si avventurano nei contatti commerciali con questi soggetti iscritti. Tempo e Fiducia sono le chiavi con cui lavora il portale del riciclo rMIX.Utilizzando la piattaforma troverai già una scrematura di aziende, nel mondo, che offrono o cercano prodotti o servizi già divisi per famiglia di appartenenza (plastica, metalli, carta, legno, tessuti, gomme, vetro, scarti edili, macchine, prodotti fatti con materiali riciclati, consulenze, lavori conto terzi, distributori, trasporti…). Ovviamente non ci sono 4,7 milioni di contatti, ma se non trovi quello che cerchi puoi postare una richiesta e puoi essere contattato da chi è interessato. Per quanto riguarda la Fiducia, sul portale del riciclo rMIX nessuno si può iscrivere in modo automatico, deve inviarci prima i propri dati e, solo dopo una valutazione interna, la direzione deciderà se ammetterlo nel portale. Questo viene fatto per cercare di ridurre al minimo il rischio di frodi e di scambio di identità. Inoltre, nel portale troverete una serie di aziende che sono state e/o sono conosciute personalmente dalla nostra società, nel corso delle attività commerciali a livello internazionale svolte nel passato e al lavoro di consulenza che svolgiamo attualmente. Fare l’abbonamento al portale ti allevierà di tante incombenze, perdite di tempo e rischi nel tuo lavoro. Iscriviti al portale rMIX
SCOPRI DI PIU'LDPE Riciclato da Post Consumo: 60 Tipologie di Odori Ostacolano la Venditadi Marco ArezioLa raccolta differenziata degli imballi della plastica, specialmente per quelli in LDPE, è una conquista moderna che permette, attraverso il riciclo, il riutilizzo degli imballi esausti con il duplice vantaggio di ridurre l’impronta carbonica e il prelievo di risorse naturali dalla terra per creare nuovi prodotti. Molto si deve ancora fare però nel settore del riciclo in quanto la quota di plastica che viene raccolta e riutilizzata è ancora largamente inferiore a quella che viene prodotta ogni giorno. Questo scompenso quantitativo tra quanto si ricicla e quanto si produce di nuovo ha molte cause: • Limitata diffusione della raccolta differenziata nel mondo • Difficoltà nel riciclo di molti imballi plastici multistrato • Bassa qualità della materia prima riciclata • Mancanza di una cultura del riciclo Nei paesi dove la raccolta differenziata è avviata e funziona stabilmente, la produzione di materia prima riciclata soffre di un giudizio abbastanza negativo sulla qualità della stessa, causata da fattori che dipendono anche, ma non solo, dalla filiera del riciclo meccanico. Questa valutazione negativa incide in maniera rilevante sulle vendite della materia prima riciclata, relegando il suo uso solo ad alcuni settori di impiego, riducendone quindi i quantitativi vendibili e abbassando il prezzo medio per tonnellata, che comporta, a sua volta, un basso margine economico per le aziende che riciclano. Inoltre, meno granulo riciclato si vende, meno rifiuto plastico si può riciclare e più grande diventa il problema del suo smaltimento, rischiando di far finire in discarica la preziosa materia prima che potrebbe essere riutilizzata. Tra i problemi di cui soffre la materia prima riciclata, nonostante l’enorme sviluppo impiantistico del settore, quello dell’odore è tra i più sentiti dai clienti che potrebbero utilizzarla per produrre film, imballi rigidi, materiali per il settore edile, per l’automotive, giardinaggio, mobili e molti altri prodotti. Ad oggi la percezione dell’odore di una materia prima plastica proveniente dal post consumo è affidata, in modo del tutto empirico, ad una sensazione nasale di chi la produce e di chi la utilizza, che valutano in modo estremamente soggettivo sia la tipologia che l’intensità degli odori presenti nella plastica riciclata. Valutazione che poi si può scontrare con il cliente finale che comprerà il prodotto realizzato e darà un’ulteriore valutazione, personale, dell’odore. Il naso umano è sicuramente uno strumento eccellente ma ogni persona percepisce le sollecitazioni odorose in modo del tutto personale, ed è per questo che, in casi particolari, si assoldano gruppi di persone che insieme fanno valutazioni sugli odori da intercettare. Se prendiamo ad esempio la filiera del riciclo delle materie plastiche, partendo dalla raccolta differenziata, si è visto che i sacchi in LDPE e gli imballi flessibili che vanno al riciclo, portano con sé un numero elevatissimo di sostanze chimiche che generano odori nella filiera del riciclo. La rilevazione delle fonti degli odori non è stata studiata attraverso metodi sensoriali empirici, quindi attraverso il naso umano, ma attraverso un’indagine chimica svolta da uno strumento di laboratorio che consiste in un gascromatografo con uno spettrometro a mobilità ionica. Questo strumento ha analizzato i componenti chimici, all’interno di una larga campionatura di LDPE riciclato proveniente dalla raccolta differenziata, andando ad individuare 60 tipologie di sostanze chimiche che generano odori. La campionatura analizzata proveniva dal ciclo meccanico tradizionale di riciclo in cui il materiale viene selezionato, triturato e lavato con una permanenza in acqua di circa 15 minuti. Gli odori più comuni percepiti dal naso umano, di questa campionatura sono stati:• Muffe • Urina • Formaggio • Terra • Fecale • Sapone • Caffè • Sudato • Peperone Queste famiglie di odori percepite sono create da circa 60 composti chimici che si associano durante la fase di raccolta e lavorazione della plastica riciclata. Si sono individuati alcuni punti critici: Il sacco della raccolta differenziata che contengono gli imballi plastici domestici da selezionare in cui troviamo diverse tipologie di polimeri, possono contenere residui di sostanze come detersivi, cibo, oli, disinfettanti, prodotti chimici, creme e molti altri. Questo miscuglio di elementi chimici diversi si può legare alla superficie della plastica ma, in funzione del tempo di sodalizio, potrebbe anche penetrare al suo interno. La selezione tra le varie plastiche, attraverso macchine a lettori ottici, crea una certa percentuale di errore che si traduce nella possibilità di avere quantità di plastiche miste all’interno della frazione selezionata. La fase di lavaggio del macinato plastico ha la funzione di dividere ulteriormente, per densità, le plastiche immesse e ha lo scopo di pulirle dai residui di prodotti che gli imballi hanno contenuto o sono venuti in contatto. Ad eccezione del PET, gli altri polimeri provenienti dalla raccolta differenziata, vengono generalmente lavati in acqua fredda, processo che non incide in maniera rilevante nel processo di pulizia al fine di abbattere gli odori. La fase di estrusione del materiale lavato, per la formazione del granulo, potrebbe comportare un degradamento della materia prima in cui sono presenti frazioni di polimeri diversi da quella principale che quindi fonderanno a temperature diverse. Questo può causare la formazione di elementi chimici che daranno origine ad odori. Intervenire su queste fasi porterebbe a miglioramento significativo della qualità dei polimeri da post consumo prodotti, non solo attraverso un abbattimento delle tipologie e dell’intensità degli odori, ma ne migliorerebbe anche le performace tecniche. Il controllo analitico degli odori, attraverso strumenti che ne rilevino le genesi chimiche, può aiutare non solo in fase di certificazione del livello odoroso della materia prima finale in modo inequivocabile e non più empirico, ma darebbe un importante supporto anche in fase di creazione di ricette sulle tipologie di materia prima da usare durante le fasi di riciclo del rifiuto plastico, sull’individuazioni delle fonti migliori e sui risultati dei processi produttivi nello stabilimento (selezione, lavaggio ed estrusione). Ridurre gli odori e migliorare la qualità del granulo da post consumo porterebbe all’apertura di nuovi mercati nei quali si potrebbe impiegare la materia prima riciclata al posto di quella vergine con un vantaggio ambientale, economico e industriale.Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - LDPE - post consumo - odoriVedi maggiori informazioni sul riciclo dell'LDPE
SCOPRI DI PIU'Spendere il tuo tempo per raggiungere in modo ossessivo solo i tuoi obbiettivi ti fa perdere il senso della vitadi Marco ArezioAvevo la vita davanti, il tempo non era nulla, un’entità astratta che guardavo sull’orologio per scandire la mia esistenza frenetica, fatta di impegni, occasioni e traguardi. Dopo la scuola ero pronta a misurarmi con me stessa, prima che con gli altri, e quale miglior occasione poteva esserci nell’entrare nel mondo del lavoro. Conobbi subito la gerarchia culturale, lo snobismo delle etichette e la lunga fila di gradini professionali davanti a me che mi attiravano, come le api sul miele. Avevo inconsciamente deciso che non esisteva niente che mi potesse distrarre nel perseguire quell’ascesa, una scala costruita più nella mia mente che nella vita reale. Sgomitando, spingendo, impiegando ogni mia risorsa emotiva ho dedicato una parte dei miei primi anni come lavoratrice nell’iniziare a percorrere la mia strada, salendo su scale diverse in base alle occasioni aziendali che cercavo in modo incessante. Poi l’impegno delle mie giornate dedicate al lavoro non fu più sufficiente per continuare a salire gli scalini, e mi accorsi ben presto che avrei dovuto conseguire una laurea per poter fare uno scatto in avanti che in quel momento mi era precluso. Così diventai una studentessa lavoratrice, lavorando di giorno e studiando di sera, consumando cinque anni della mia vita tra l’azienda e lo studio, relegando la mia vita sentimentale ad una effimera e fragile esistenza, fatta di occasioni posticipate, frequentazioni frettolose e consumo a tempo. Ho raggiunto la laurea, senza accorgermi che il tempo passava e che il mio isolamento era aumentato, chiusa in me stessa, protesa verso la ricerca di una nuova scala da risalire. Mi guardavo indietro ma vedevo solo ciò che mi interessava, cercando di mettere a fuoco il divario che avevo messo tra la mia vita precedente e quella che avrei potuto vivere adesso. Il mio compagno alla soglia dei 30 anni intavolava discorsi sulla famiglia, sul piacere che ci avrebbe dato avere dei figli, di progettualità e di una vita normale, fatta di affetti e condivisione, per costruire finalmente qualche cosa insieme. Già, sottolineava spesso la parola insieme, perché di progetti in comune ne avevamo avuti davvero pochi, anche a letto le cose non andavano tanto bene, perché io non volevo fermare il cervello, non riuscivo a lasciarmi andare, sempre occupata a pensare cosa fare di più intelligente e costruttivo in azienda rispetto ai miei colleghi. Il tempo passava e a fronte di sue richieste precise su cosa volessi fare da grande, ogni volta si apriva un solco sempre più grande tra noi, di solitudini in coppia, di interessi diversi e di ricordi sbiaditi della nostra unione. Passò anche il tempo naturale per fare i figli e, alla fine passò anche lui, dopo averlo spinto a cercare un’altra strada per la sua vita, visto che la mia era sempre più occupata nel raggiungere traguardi che vedevo solo io. Se ne è andato, voltandosi indietro più di una volta, ma io non lo stavo più guardando, in realtà non lo guardavo da parecchi anni, quindi non ho colto il suo ultimo gesto di tregua. Un giorno, la vita mi presenta la morte di mia mamma, prematura, improvvisa, alla quale non ero preparata e, per la prima volta, non avevo la solita risposta pronta, il solito efficientismo da manager che risolve ogni cosa, perché in questa occasione, non si poteva più risolvere nulla. La perdita di un affetto così diretto mi ha aperto un senso di inquietudine, un continuo richiamo al perché l’avessi trascurata, con visite fugaci, con il telefonino sempre in mano durante i miei incontria casa sua, sempre pronta a rispondere a qualche email di lavoro, come se questo assillante senso di impegno mi facesse pensare che potevo sembrarle una persona arrivata, realizzata e quindi potesse essere fiera di me. Quanti appuntamenti saltati, quanti compleanni disattesi, quante promesse fatte e non rispettate hanno corollato il nostro rapporto, quanto volte le ho detto: adesso non ho tempo, domani, forse. Dopo qualche anno dalla sua perdita, passati i 55 anni, nella mia casa vuota, con le avvisaglie di una parabola lavorativa discendente, ho cominciato, lentamente e senza volerlo a guardarmi indietro, scorrendo la mia vita, cercando l’orgoglio di cosa avevo fatto e di cosa potevo rappresentare per tutte le persone che avevo incontrato, diretto e, forse un po' plasmato per ammirarmi. Ho trovato solo tristezza, rimpianto, solitudine e occasioni perse, quello per cui avevo corso tutta la vita non aveva il valore che mi sarei aspettata, ad ogni montagna scalata mi sono accorta, tardi, che ce n’erano altre, e poi altre ancora, fino a che non cadevi sfinita dalla fatica. Nessuno ti raccoglie, nessuno ti soccorre, altri più in forze di te ti sorpassano, ti calpestano e tu cadi rovinosamente a terra, nella bufera dei tempi, consumata dalle ripide pareti della vita. Non c’è la possibilità di scendere al campo base per rifocillarsi, per riprendere le forze, per tornare a combattere, perché la discesa è più impervia della salita e le energie ormai ti mancano per camminare. Resto sola, sdraiata sulla neve gelata, con altri che reclamano i miei gradini saliti, ridendo soddisfatti mentre chiudo gli occhi e mi abbandono all’oblio.Categoria: Slow life - vita lenta - felicità
SCOPRI DI PIU'Preparativi, Speranze, Sfide e Tragedie al Cospetto del Nanga Parbat. Capitolo 2: Preparazione e Partenzadi Marco ArezioMentre il richiamo del Nanga Parbat risuonava nelle loro menti e nei loro cuori, i fratelli Messner sapevano che la strada verso la cima della Parete del Rupal sarebbe stata costellata di sfide inimmaginabili. La preparazione per una tale impresa richiedeva molto più che una semplice resistenza fisica e abilità tecniche; necessitava di una forza mentale indomita, di una comprensione profonda della natura e di un rispetto quasi sacro per la montagna che si apprestavano a scalare. Reinhold e Günther erano consapevoli che il successo della loro spedizione dipendeva in larga misura dalla loro preparazione. Giorni, settimane e mesi furono dedicati a migliorare la loro condizione. La Scelta dell'Equipaggiamento In un'epoca in cui la tecnologia alpinistica era ancora in fase di evoluzione, la selezione dell'equipaggiamento giusto era cruciale. La scelta dell'equipaggiamento per l'ascesa della Parete del Rupal del Nanga Parbat da parte dei fratelli Messner rifletteva un approccio meticoloso e innovativo, che anticipava molte delle pratiche ora comuni nell'alpinismo moderno. In un periodo di transizione tecnologica nell'attrezzatura da montagna, Reinhold e Günther Messner dovettero bilanciare il bisogno di leggerezza con la necessità di resistenza e affidabilità. Vediamo più nel dettaglio come affrontarono queste scelte: Scarponi e Abbigliamento Termico La selezione degli scarponi era critica, dato che dovevano fornire isolamento dal freddo intenso, offrire una buona aderenza su ghiaccio e neve, e allo stesso tempo permettere una certa agilità durante l'arrampicata. I Messner optarono per scarponi con una costruzione robusta ma relativamente leggera, che incorporava i migliori materiali isolanti disponibili all'epoca. Per l'abbigliamento, la scelta ricadde su piumini termici innovativi, che utilizzavano materiali all'avanguardia per trattenere il calore corporeo pur essendo sorprendentemente leggeri. Questo tipo di abbigliamento era fondamentale per sopravvivere alle temperature notturne estreme senza aggiungere un peso eccessivo al loro carico. Piccozze e Corde Le piccozze scelte dovevano essere versatili, adatte tanto per l'arrampicata su ghiaccio quanto per superare tratti rocciosi. I fratelli Messner preferirono modelli che bilanciavano efficacemente robustezza, leggerezza e design ergonomico, per consentire una presa sicura e ridurre la fatica durante l'uso prolungato. Le corde rappresentavano un altro elemento vitale dell'equipaggiamento. Data l'importanza della sicurezza in montagna, fu data priorità a corde di alta qualità, che combinassero resistenza e flessibilità. Anche qui, la scelta si orientò su prodotti che offrissero il miglior compromesso tra peso e performance, optando per corde in nylon capaci di resistere alle abrasioni e alle basse temperature senza diventare rigide o difficili da maneggiare. Zaini e Sistemi di Idratazione Gli zaini dovevano essere sufficientemente capienti per trasportare tutto il necessario, ma anche comodi da portare e facili da accesso durante la marcia. I Messner scelsero zaini con sistemi di sospensione avanzati che distribuivano equamente il peso, riducendo il rischio di affaticamento. L'idratazione era un'altra considerazione cruciale, specialmente data la difficoltà di trovare acqua liquida a quelle altitudini. Portarono quindi termos speciali che potevano mantenere l'acqua da fusione del ghiaccio liquida il più a lungo possibile.Considerazioni Finali La scelta dell'equipaggiamento per la spedizione sul Nanga Parbat dimostrò l'intuizione e la prospettiva innovativa dei fratelli Messner. Non si trattava solo di selezionare l'attrezzatura più avanzata disponibile all'epoca, ma anche di comprendere profondamente le proprie necessità fisiche e psicologiche in condizioni estreme. Questo approccio olistico all'equipaggiamento, che bilancia performance, peso e affidabilità, ha influenzato generazioni future di alpinisti, contribuendo a spostare l'industria dell'attrezzatura outdoor verso soluzioni sempre più sofisticate e specifiche per le varie discipline alpinistiche. La Strategia di SalitaLa strategia di ascesa adottata dai fratelli Messner per la loro storica salita della Parete del Rupal sul Nanga Parbat nel 1970 rappresentò un punto di svolta nell'alpinismo himalayano. La loro approccio innovativo si basava su una profonda comprensione delle dinamiche della montagna, così come su una filosofia personale che privilegiava l'autonomia, la leggerezza e l'impatto minimo sull'ambiente. L'Analisi Preliminare Reinhold e Günther Messner dedicarono mesi alla preparazione della loro spedizione, parte della quale consisteva nello studio dettagliato delle condizioni della Parete del Rupal. Attraverso l'esame di relazioni di spedizioni precedenti e l'analisi di fotografie aeree, cercarono di mappare le caratteristiche chiave della parete: zone di accumulo di neve, crepacci, pendii ghiacciati inclinati e pareti rocciose esposte. Questo lavoro preparatorio era fondamentale per pianificare una rotta che massimizzasse la sicurezza e l'efficienza. La Scelta dello Stile Alpino La decisione di adottare lo stile alpino per l'ascesa fu, a quel tempo, una vera e propria rivoluzione nell'alpinismo himalayano. A differenza delle tradizionali spedizioni himalayane, che si basavano su ampi team di supporto, campi fissi lungo la rotta, e l'uso di ossigeno supplementare, lo stile alpino enfatizzava la velocità, l'agilità e l'autosufficienza. I Messner portarono solo l'essenziale, rinunciando ai portatori di alta quota e procedendo senza ossigeno supplementare. Questo approccio riduceva il peso e consentiva una maggiore flessibilità e capacità di adattamento alle condizioni in rapido cambiamento della montagna. I Rischi e le Sfide Adottare una strategia di ascesa in stile alpino sulla Parete del Rupal comportava significativi rischi. Senza il supporto di campi fissi lungo la salita, i fratelli Messner dovevano portare tutto il necessario per sopravvivere alle estreme condizioni ambientali, aumentando il carico fisico e mentale. Inoltre, procedendo senza ossigeno supplementare, dovevano affrontare direttamente gli effetti dell'altitudine, che includevano il rischio di mal di montagna, edema polmonare e cerebrale.L'approccio dei Messner alla Parete del Rupal non solo dimostrò che era possibile scalare le più alte vette himalayane in stile alpino, ma influenzò profondamente l'evoluzione dell'alpinismo nelle decadi successive. Essi dimostrarono che, con una preparazione adeguata e un profondo rispetto per la montagna, gli alpinisti potevano ridurre l'impatto ambientale delle loro spedizioni e allo stesso tempo affrontare sfide che molti ritenevano impossibili. La Partenza della Spedizione verso il Nanga ParbatQuando finalmente tutto fu pronto, i fratelli Messner e la loro squadra si avviarono verso il Nanga Parbat, carichi di speranza e di determinazione, ma consapevoli delle difficoltà che li attendevano. La partenza fu un momento di forte emozione: un misto di eccitazione per l'avventura che li attendeva e di tensione per le incognite del viaggio. La decisione di lasciare la famiglia, gli amici e la sicurezza della loro casa in Alto Adige per affrontare una delle montagne più pericolose del mondo fu un atto di coraggio, ma anche una profonda espressione del loro spirito avventuroso e della loro ricerca di significato oltre i confini del conosciuto. La preparazione e la partenza dei fratelli Messner per la Parete del Rupal del Nanga Parbat si rivelano non solo come fasi preliminari dell'ascesa, ma come parte integrante del loro viaggio spirituale. La loro meticolosa preparazione fisica e mentale, la selezione consapevole dell'equipaggiamento e la pianificazione strategica dell'ascesa riflettevano una profonda comprensione del fatto che il successo in montagna richiede più di mera forza o coraggio; necessita di rispetto, di connessione con la natura e di una consapevolezza acuta delle proprie capacità e limiti. Questi primi passi verso la Parete del Rupal furono dunque il preludio di una storia di sfida, scoperta e trasformazione nella storia dell'esplorazione umana. Mentre i fratelli Messner e la loro squadra si avvicinavano alla base della Parete del Rupal, ogni passo li portava non solo fisicamente più vicini alla loro meta, ma li immergeva ulteriormente in un contesto di isolamento e di sfida estrema. L'avvicinamento al campo base era un rito di passaggio, un distacco graduale dal mondo conosciuto verso un ambiente in cui la natura comandava con indiscussa autorità. La consapevolezza di questo distacco era palpabile tra i membri della spedizione. Con ogni chilometro che li separava dalla civiltà, si rendevano conto che stavano entrando in una sfera di esistenza dove la sopravvivenza dipendeva dalla loro abilità, dalla loro forza interiore e, in misura non trascurabile, dalla loro capacità di adattarsi e rispondere come un'unica entità coesa. La coesione del gruppo, la fiducia reciproca e la condivisione di una visione comune erano essenziali quanto l'equipaggiamento che portavano sulle spalle. Arrivo al Campo BaseL'arrivo al campo base fu un momento di profonda riflessione per Reinhold e Günther. L'immensità della Parete del Rupal si ergeva davanti a loro, un gigante di roccia e ghiaccio che sfidava le loro ambizioni e sogni. Ma più che intimidirli, la vista della parete rafforzava la loro determinazione. In questo luogo remoto, lontano dall'effimero clamore del mondo, i fratelli Messner si confrontavano con la loro essenza più autentica, con quel nucleo indomito che li spingeva verso l'alto, nonostante i rischi. La sera prima dell'inizio dell'ascesa, il campo base era pervaso da un senso di quiete anticipazione. Mentre i preparativi finali venivano completati, ogni membro della spedizione si ritrovava immerso nei propri pensieri, forse meditando sulle sfide imminenti o semplicemente assaporando gli ultimi momenti di calma prima della tempesta. Era un tempo sospeso, un interludio di silenzio carico di promesse e pericoli. Reinhold e Günther, consapevoli più di chiunque altro della portata della loro impresa, trascorsero quelle ore contemplando la montagna, parlando a bassa voce dei possibili scenari che avrebbero potuto incontrare nei giorni a venire. In questi momenti, la loro relazione fraterna divenne una fonte di forza incalcolabile. La fiducia e l'intesa che li legava erano il risultato di anni di condivisione, di sfide affrontate insieme, di successi e insuccessi che avevano plasmato il loro legame in qualcosa di indistruttibile. Scalata della Parete Rupal al Nanga Parbat fino all'Ultimo Campo La mattina seguente, con l'alba che illuminava la Parete del Rupal di una luce eterea, i fratelli Messner, accompagnati dalla loro squadra, iniziarono l'ascesa. Questo passo rappresentava l'incarnazione di mesi di preparativi, di speranze e di sogni. Ma al di là delle ambizioni personali e del desiderio di conquista, c'era la consapevolezza di essere parte di qualcosa di più grande di loro stessi, di un'avventura che sfidava i limiti dell'umano e cercava un contatto più profondo con l'immenso e indomabile spirito della montagna. La preparazione e la partenza verso la Parete del Rupal si rivelano come una metafora del viaggio della vita, dove il successo dipende dalla capacità di affrontare l'ignoto con coraggio, preparazione e un profondo senso di comunione con il mondo che ci circonda. Mentre i fratelli Messner e la loro squadra si avventuravano verso l'alto, portavano con sé non solo il peso fisico del loro equipaggiamento, ma anche il peso delle loro aspirazioni, delle loro paure e delle loro speranze più profonde. Era l'inizio di un'ascesa che avrebbe messo alla prova ogni fibra del loro essere, ma che anche avrebbe offerto l'opportunità di trascendere i limiti conosciuti, di esplorare nuovi orizzonti dell'esistenza umana e di confrontarsi con la grandezza indomabile della natura.Con ogni metro conquistato sulla parete, la squadra si avvicinava non solo alla vetta ma anche a una maggiore comprensione di sé stessi e della loro relazione con il mondo. Questa ascesa, con i suoi momenti di gioia pura e di estrema difficoltà, diventava un microcosmo della vita stessa, ricordando loro che ogni traguardo raggiunto è il risultato di perseveranza, fiducia reciproca e un profondo rispetto per l'ambiente che li circonda. L'ascesa attraverso la Parete del Rupal si rivelò essere un'esperienza trasformativa. Ogni passo avanti richiedeva una decisione, ogni scelta un calcolo non solo delle condizioni fisiche ma anche del morale della squadra. Le sfide tecniche dell'ascesa, le condizioni meteorologiche imprevedibili e la costante minaccia di valanghe o cadute di sassi mettevano alla prova la loro determinazione e richiedevano una risposta collettiva, unendo la squadra in un obiettivo comune. Durante la salita, i momenti di dubbio e paura erano inevitabili. Tuttavia, in questi momenti, la forza del legame tra i fratelli Messner e il loro impegno verso la squadra brillavano più luminosi. La loro leadership, fondata sull'esempio piuttosto che sull'autorità, ispirava fiducia e coraggio, permettendo a tutti di superare i momenti difficili e di continuare l'ascesa. In queste circostanze estreme, la squadra imparò il valore dell'umiltà di fronte alla grandezza della montagna. Ogni progresso sulla parete era un ricordo della piccolezza dell'uomo di fronte alla vastità della natura, ma anche della straordinaria capacità umana di superare ostacoli apparentemente insormontabili con spirito di squadra, ingegno e coraggio. Quando finalmente raggiunsero il campo più alto prima del tentativo finale per la vetta, il senso di realizzazione era palpabile, ma c'era anche la consapevolezza che la sfida più grande ancora li attendeva. La vetta era vicina, ma la montagna non aveva ancora rivelato tutti i suoi segreti o messo alla prova la squadra con le sue ultime difese. In questo momento, i fratelli Messner si trovarono di fronte alla definitiva prova di fede: nella loro preparazione, nel loro spirito di squadra, nella loro capacità di affrontare l'ignoto. Erano pronti a fare l'ultimo push verso la vetta, armati con le lezioni apprese durante l'ascesa e con una determinazione rinforzata dalle sfide superate. La Parete del Rupal, con la sua bellezza crudele e la sua sfida imponente, era diventata un catalizzatore per la crescita personale, un'arena dove i limiti dell'individuo e del collettivo venivano messi alla prova e, infine, superati. Avevano affrontato le loro paure, stretto legami indissolubili e scoperto una forza interiore che li avrebbe sostenuti ben oltre la montagna. Il Nanga Parbat, nella sua imponente indifferenza, aveva impartito le sue lezioni più preziose: la grandezza della natura, il valore del rispetto e l'importanza dell'umiltà. Queste lezioni, incise nei cuori dei fratelli Messner e della loro squadra, li avrebbero guidati non solo verso la vetta, ma attraverso tutte le sfide della vita.
SCOPRI DI PIU'La piattaforma passa di mano in un’ottica di riorganizzazione della comunicazione tecnica PlastiCare, nata nel 2018 come portale specializzato nel mondo della plastica riciclata, ha allargato i propri orizzonti privilegiando la comunicazione su ambiente, economia circolare, energie rinnovabili e articoli tecnici. Nel corso degli ultimi due anni PlastiCare ha assunto un ruolo centrale nel proprio business nel campo della comunicazione e della formazione sul mondo del riciclo, mondo che contemplava aspetti informativi generali, tecnici, applicazioni, ricerca e progettualità. Il portale PlastiCare era nato, inizialmente, come portale di interscambio di offerte e richieste sui polimeri, macchine, stampi, servizi conto terzi, prodotti fatti in plastica riciclata e lavoro, basato su una piattaforma multilingue in cui i clienti postavano le loro offerte e richieste nelle 5 principali lingue (I, ENG, D, F, ESP) e chi leggeva i posts lo faceva nella loro lingua madre, così da ridurre le barriere linguistiche e facilitare i rapporti cliente/fornitore. Nel corso del tempo le attività di comunicazione hanno incrementato il valore del portale diventando, per qualità e argomenti, prioritarie nell’interesse dell’utenza, potendo contare su migliaia di iscritti che usufruivano degli articoli presenti sulla parte delle NEWS. Una specializzazione che ha coinvolto la struttura aziendale nella creazione giornaliera di argomenti e di approfondimenti per un’utenza sempre più attenta alla qualità dell’informazione e alla competenza settoriale. PlastiCare si è quindi creato un target di lettori quotidiani, che è risultato lontano da quello per cui il portale è stato fondato nel 2018, cambiando così l’indirizzo del business e gli obbiettivi iniziali, sviluppando un’informazione specifica nel settore dell’economia circolare, della plastica riciclata, dell’ambiente e delle energie rinnovabili in 154 paesi nel mondo. La decisione dei soci è stata quella di cedere l’attività ad una società di consulenza e comunicazione nel medesimo settore, in modo che dall’unione delle utenze delle rispettive società si potesse creare un bacino informativo maggiore e un mantenimento degli standard del servizio. La cessione di PlastiCare alla società di consulenza e comunicazione sull’economia circolare e sulla plastica riciclata Arezio Marco, ne ha garantito la continuità comunicativa richiesta dai clienti. Il portale verrà, nei prossimi mesi, integrato con il sito della società di consulenza Arezio Marco, che porterà avanti i servizi di comunicazione e di informazione tipici dell’attività di PlastiCare con i servizi di promozione come banner, newsletter e articoli sponsorizzati. Inoltre, attraverso rMIX, è possibile postare offerte e richieste in modo gratuito, inerenti il settore della plastica, legno, metalli, vetro, carta, gomma, tessuti, macchine, prodotti finiti, servizi e lavoro. Per ogni ulteriore informazione potete visitare il portale www.rmix.it.it o scrivete a info@rmix.itCategoria: notizie - plastica - economia circolare - PlastiCare
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