La scelta di chi presidierà una zona commerciale dipende da molti fattori interni ed esterni l’aziendadi Marco ArezioCreare una presenza commerciale in una zona, o migliorare quella esistente, che possa seguire una serie di clienti o da una determinata un’area geografica, più o meno ampia, comporta affidarsi, in alcuni casi, a venditori o distributori che possano presentare, vendere e gestire localmente la vendita e il post vendita. Prendiamo in considerazione, tra i molti esempi che potremmo citare, un’azienda che produce beni rappresentati da materie prime o prodotti finiti, come per il settore dell’edilizia, dell’idraulica, del giardinaggio ecc.. Un’area nuova deve essere preventivamente analizzata nel complesso, cioè capire la presenza e l’incidenza della concorrenza, i prodotti che vengono maggiormente richiesti, la dimensione dei clienti, il possibile fatturato, il taglio economico degli acquisti medi, le problematiche e i costi per la logistica, i canali distributivi e la solvibilità media della zona. Una prima macro selezione la possiamo fare sapendo se il nostro prodotto, che necessita di un trasporto dalla nostra sede al cliente finale, può essere venduto direttamente e nei tempi che si aspetta il cliente ad un prezzo favorevole per entrambi. Se vendiamo prodotti che non necessitano di un magazzino locale, in quanto il valore e la quantità di merce trasportata giustifica il costo del viaggio, possiamo pensare ad una vendita azienda – cliente finale. Se, viceversa, le quantità, l’assortimento alto o la tempistica di approvvigionamento collide con i costi e le tempistiche di consegne dirette, potrebbe essere necessario aprire depositi locali per la distribuzione. Queste due ipotesi possono già dar un’indicazione se, localmente, può essere necessario un agente di vendita o se si deve optare per un distributore che possa acquistare e rivendere, nelle quantità e nei tempi che il cliente finale chiede. La scelta di avere un distributore locale comporta una certa perdita di marginalità sui prodotti, in quanto bisogna assicurare all’azienda che fa il servizio, un guadagno sulle operazioni di logistica e di vendita. In caso non ci fossero queste marginalità, si può optare per l’apertura di un magazzino decentrato presso un corriere o un trasportatore, che terrà a deposito le nostre merci e ci assicurerà le consegne locali a prezzi inferiori rispetto all’attività di un distributore. Un altro aspetto da considerare è l’importanza della presenza del marchio dell’azienda produttrice nell’area di riferimento, in quanto attraverso l’azione di vendita di un agente, libero professionista o dipendente, l’interlocuzione tra cliente finale e produttore è sempre diretta, nel caso ci si appoggiasse ad un distributore la presenza del marchio e dei contatti diretti verrebbero meno. C’è poi da considerare, in linea generale, la differenza di gestione del parco clienti tra una vendita diretta tramite un agente o tramite un distributore. Il fatturato che risulta nell’area di competenza del distributore, è la somma di attività di più clienti, senza distinzioni tra uno o l’altro, senza informazioni sul grado di fiducia del cliente, sulle sue potenzialità e sulle sue necessità. Diciamo che questo approccio alla vendita potrebbe essere un modo più semplice per l’azienda produttrice, perché può evitare un maggior lavoro di gestione commerciale dei singoli clienti, con le problematiche che ne possono scaturire se moltiplichiamo l’impegno per un certo numero di aree in cui opera l’azienda. Dall’altro lato, il non avere un contatto diretto con il cliente può essere un deficit nell’imposizione del proprio marchio, per avere informazioni di come si muove la concorrenza, di quali politiche di prezzo applicano, delle campagne di incentivazione che vengono proposte, e molte altre cose. Dal punto di vista prettamente finanziario, invece, esiste un rischio che riguarda l’esposizione sulle vendite, infatti, considerando una dilazione tra acquisto e pagamento delle merci, il distributore lavora con esposizioni finanziarie più alte rispetto al singolo cliente, quindi con un maggior rischio per il produttore, e quando dovessero esserci dei problemi legati agli incassi, diventerebbe difficile non continuare a fornirlo, in quanto i clienti del distributore potrebbero essere ignari dei motivi per cui il produttore potrebbe fermare le forniture. In questo caso si creerebbe un danno diretto al produttore in quanto, non essendo in contatto diretto con il cliente, potrebbe rischiare di perderlo, o peggio, il distributore potrebbe continuare a servire i clienti finali attraverso un altro produttore. La scelta se affidare un’area a un agente diretto o ad un distributore passa quindi dall’analisi delle problematiche logistiche, commerciali, finanziarie e di marketing, riuscendo a prendere una decisione soppesando i pro e i contro delle strade che si prospettano. Infatti, ci sono prodotti che non possono essere venduti senza un distributore locale, altri che permettono maggiore flessione lasciando aperte varie ipotesi, scegliendo la migliore per quell’area, e, infine, merci che possono essere vendute direttamente senza necessità del distributore locale. Non è una scelta sbagliata farsi anche un’idea del sistema di vendita che applica in zona la concorrenza, la quale probabilmente, partita prima a vendere in zona, può avere, a parità di prodotti, già analizzato le problematiche. Infine c’è un aspetto prettamente tecnico, in quanto se il prodotto per la sua collocazione ha bisogno di un supporto tecnico sostanziale, la presenza di un agente diretto che può aiutare i clienti in situazioni di difficoltà a risolvere i problemi, può anche essere una discriminante.
SCOPRI DI PIU'Innovazione e Sostenibilità: La Rivoluzione dell'Idrogeno Verde attraverso la Fotoelettrolisidi Marco ArezioL'idrogeno verde rappresenta una delle fonti energetiche più promettenti e sostenibili del nostro futuro energetico. La sua produzione attraverso il fotoelettrolisi dell'acqua utilizza fonti di energia rinnovabile, riducendo significativamente l'impatto ambientale rispetto ai metodi convenzionali basati sui combustibili fossili. Un componente chiave in questo processo è il fotoelettrolizzatore, una tecnologia innovativa che svolge un ruolo cruciale nella conversione dell'energia solare in idrogeno verde. Cos'è un Fotoelettrolizzatore? Un fotoelettrolizzatore è un dispositivo che scompone molecole d'acqua (H2O) in ossigeno (O2) e idrogeno (H2) utilizzando la luce solare come fonte di energia. Questa tecnologia combina i principi della fotoelettrochimica con quelli dell'elettrolisi, permettendo di ottenere idrogeno in modo efficiente e sostenibile. Come Funziona Il processo di fotoelettrolisi si basa sull'utilizzo di semiconduttori sensibili alla luce, noti come fotoelettrodi, che assorbono l'energia solare e la convertono in energia elettrica. Questa energia elettrica viene poi utilizzata per scomporre le molecole d'acqua in idrogeno e ossigeno attraverso una reazione elettrochimica. Il processo può essere riassunto in tre fasi principali: Assorbimento della luce solare: I fotoelettrodi assorbono la luce solare e generano coppie di elettrone-lacuna. Generazione di corrente: Le coppie di elettrone-lacuna generano una corrente elettrica quando si muovono verso gli elettrodi. Elettrolisi dell'acqua: La corrente elettrica stimola la scomposizione dell'acqua negli elettrodi, producendo idrogeno all'anodo e ossigeno al catodo. Costi dell'Idrogeno Verde La produzione di idrogeno verde è storicamente stata considerata costosa a causa dell'alto costo dei fotoelettrolizzatori e dell'energia rinnovabile necessaria per alimentarli. Tuttavia, con il miglioramento delle tecnologie e l'aumento dell'efficienza, i costi stanno diminuendo. Attualmente, il costo dell'idrogeno verde è influenzato da vari fattori, tra cui il costo dell'energia solare, l'efficienza del fotoelettrolizzatore, e i costi operativi e di manutenzione. Perché non si è ancora Sviluppato Completamente l'Idrogeno VerdeNonostante il suo potenziale, lo sviluppo dell'idrogeno verde tramite fotoelettrolisi è limitato da sfide tecniche, economiche e infrastrutturali. Le principali barriere includono l'alto investimento iniziale per la produzione e lo stoccaggio, la necessità di ulteriori ricerche per aumentare l'efficienza dei fotoelettrolizzatori, e la mancanza di infrastrutture dedicate al trasporto e all'utilizzo dell'idrogeno. Vantaggi sull'Ambiente Riduzione delle emissioni di CO2: L'utilizzo dell'energia solare per produrre idrogeno verde elimina le emissioni di gas serra associate alla produzione di idrogeno da combustibili fossili. Sostenibilità: L'idrogeno verde è prodotto utilizzando risorse rinnovabili e abbondanti, come l'acqua e la luce solare. Versatilità: L'idrogeno può essere utilizzato in una varietà di applicazioni, inclusa la generazione di energia, il riscaldamento e come carburante per i veicoli. Svantaggi sull'Ambiente Costi iniziali elevati: Lo sviluppo delle infrastrutture necessarie per la produzione e distribuzione dell'idrogeno verde richiede investimenti significativi. Efficienza: Le attuali tecnologie di fotoelettrolisi hanno efficienze inferiori rispetto ad altri metodi di produzione dell'idrogeno, sebbene vi sia un potenziale di miglioramento. Conclusioni Il fotoelettrolizzatore gioca un ruolo fondamentale nella produzione sostenibile di idrogeno verde, offrendo una soluzione promettente per un futuro energetico pulito. Nonostante le difficoltà esistenti, gli investimenti nella ricerca e nello sviluppo, insieme ai miglioramenti tecnologici, stanno rendendo la produzione di idrogeno verde sempre più fattibile e conveniente. Con un impegno continuo verso l'innovazione, l'idrogeno verde ha il potenziale per diventare una componente chiave del nostro mix energetico sostenibile.
SCOPRI DI PIU'Miliardi di informazioni, aziende, prodotti e servizi che devi aprire, leggere, valutarne l’affidabilità e trovare ciò che stai cercando. Prova il portale del riciclo rMIX e guadagna tempoSe il tuo tempo e quello dei tuoi collaboratori hanno costo zero, allora i motori generalisti fanno per te, puoi passare o far passare a chi lavora con te, ore, giorni e settimane. Ma se, come credo, il tuo tempo e quello di chi lavora con te costano soldi, forse è meglio affidarsi a motori di ricerca specializzati, con il portale del riciclo rMIX. Il portale rMIX è un aggregatore di aziende, prodotti e servizi nel campo dell’economia circolare, che ti aiuta a trovare, velocemente e in modo esaustivo, quello che stai cercando. Il portale è diviso in due grandi aree di lavoro: - Annunci Offerte e Richieste - Cerca Aziende Nella sezione degli Annunci offerte/richieste troverai i prodotti e servizi dettagliati che le aziende stanno offrendo sul portale, o che abbiamo caricato in quanto direttamente o indirettamente conosciute dalla redazione, la ricerca la puoi fare tu scegliendo le sottocategorie di tuo interesse, fino ad arrivare al paese o ai paesi per te importanti. Ovviamente qui potresti esserci anche tu e la tua azienda se vuoi farti trovare dal mercato, inserendo il tuo annuncio, in modo gratuito o attraverso i vari abbonamenti a pagamento che migliorano la tua visibilità. Nella sezione “Cerca Aziende” puoi partire dalla ricerca delle aziende, selezionando le sottocategorie che ti interessano, fino ad arrivare a una o più aziende di tuo interesse, nelle quali potrai trovare le loro offerte/richieste dettagliate. Il portale del riciclo rMIX lavora con quattro lingue, Italiano, Inglese, Francese e Spagnolo, e ti offre, una volta iscritto, una tua area riservata dove potrai inserire o cancellare le tue offerte/richieste, rinnovare gli abbonamenti a pagamento, sottoscriverne altri e rimanere aggiornato sulla loro scadenza. Inoltre, tramite i servizi di marketing del portale, potrai promuovere la tua azienda o il tuo prodotto o il tuo servizio, tramite banner, annunci sulla newsletter, link building nei post di rMIX in prima pagina su Google, articoli sponsorizzati e molte altre opportunità. Il portale del riciclo rMIX si occupa di materiali riciclati e servizi abbinati, nel settore della carta, plastica, biopolimeri, vetro, metalli, legno, tessuti, RAEE, materiali edili, lubrificanti ed oli usati, rifiuti organici, consulenza, lavori conto terzi, macchine e stampi, distribuzione, lavoro e riuso. L’iscrizione, tramite l’abbonamento rMIX Zero, è gratuita e ti da diritto a inserire le tue offerte/richieste, ricevere la newsletter informativa. Per gli altri servizi puoi accedere tramite gli abbonamenti a pagamento. Ti aspettiamo sul portale del riciclo rMIX nella forma di iscrizione che più ti aggrada.
SCOPRI DI PIU'Un’attività di marketing del tutto deplorevole ed ingannevole che ha mosso anche i vertici Europeidi Marco ArezioSecondo l’Unione Europea circa il 40% della comunicazione verso i consumatori, che sia fatta attraverso la pubblicità diretta che attraverso le informazioni sugli imballi dei prodotti, è spesso priva di fondamento e facilmente ingannevole verso le scelte di acquisto. Siamo circondati da parole come “verde”, “green”, “ecosostenibile”, “bio”, “riciclabile”, “rispettoso dell’ambiente” e via dicendo, ma dietro queste parole si cela davvero un prodotto all’altezza di quanto dichiarato? Sembrerebbe che spesso non lo sia, tant’è vero che il Parlamento Europeo darà indicazioni agli stati membri di adottare delle azioni dissuasive verso questo fenomeno, imponendo sanzioni al fine di non alterare il mercato. L’obbiettivo della proposta di legge è quello di aiutare i consumatori a fare scelte consapevoli e ridurre la concorrenza sleale, tra le aziende che producono prodotti ecocompatibili, da quelle che non lo fanno ma lo dicono. Infatti, i consumatori nella maggior parte dei casi, non dispongono di informazioni corrette quando acquistano un prodotto, in quanto le etichette non sempre rispecchiano le indicazioni reali del contenuto, ma quello che il consumatore vorrebbe ci fosse all’interno. Una sottile strategia di marketing che tende a dare ai clienti ciò che desiderano senza, per altro, fare nulla dal punto di vista industriale per realizzare ciò che si scrive sugli imballi, creandosi delle scorciatoie con pochi sforzi. L’Unione Europea pensa di istituire un controllo indipendente, fatto da enti terzi, che possano verificare ciò che le imprese dichiarano sui loro prodotti, per evitare, ed eventualmente sanzionare, con interventi efficaci, proporzionati e dissuasivi, chi fa dichiarazioni ecologiche quando in realtà non lo sono. Le sanzioni dovrebbero essere stabilite sulla base di criteri comuni, considerando "la natura e la gravità dell'infrazione", nonché "i benefici economici che ne derivano" e il potenziale danno ambientale causato. Il ruolo dell’autorità di vigilanza, in fatto di commercio ed ambiente, è sempre più importante per dare, sia ai consumatori la giusta protezione che si meritano, sia alle imprese un corretto mercato, con una competizione onesta ed equivalente per tutti i paesi dell’Unione Europea. Bisogna però considerare che tra la proposta e l’entrata in vigore di una legge Europea passerà ancora del tempo, in quanto, attualmente, nel mercato comune ci sono circa 200 attestati o marchi di “qualità ecologica”, ognuno dei quali nasce da legislazioni nazionali e si basa su metodologie di controllo differenti paese per paese. Gran parte del dibattito è incentrato sulla metodologia Product Environmental Footprint (PEF), che la Commissione Europea vuole estendere gradualmente a una gamma sempre più ampia di prodotti, dando una sorta di patente agli stessi, seguendoli dalla loro nascita fino alla loro fine. L’utilizzo della metodologia PEF ha creato dei malumori tra i produttori di alcuni settori, in quanto sembrerebbe che non tenga in considerazione tutti gli aspetti produttivi e commerciali relativi alla sostenibilità. Infatti, per quanto riguarda gli imballaggi, ad esempio, i produttori di vetro si sono lamentati del fatto che la metodologia PEF prevista, fosse eccessivamente focalizzata sulle emissioni di CO2, senza tener conto del fatto che il vetro può essere riciclato più e più volte. Nel frattempo, altri vantaggi del vetro, come l'assenza di sostanze chimiche tossiche nella sua composizione, non sono stati debitamente rispecchiati, secondo la Federazione europea dei produttori di imballaggi in vetro (FEVE). L’Unione Europea si è detta disponibile a trovare una strada che possa considerare le esigenze di tutti i settori produttivi, cercando di ottenere una legge che rappresenti le aziende, i consumatori e tuteli l’ambiente. Un capitolo importante sarà poi dedicato alla comunicazione da parte delle aziende verso il mercato, il quale dovrà essere monitorato e sanzionato in caso di atteggiamenti che rispecchino il greenwashing. Quest’attività sanzionatoria dovrebbe avere un aspetto anche sociale, dichiarando l’impresa che utilizza questi sistemi degna di ricevere un “certificato di vergogna”, oltre che ad una multa, in modo da compensare le informazioni fraudolente con un’immagine negativa nei confronti dei consumatori. Traduzione automatica. Ci scusiamo per le eventuali inesattezze. Articolo originale in Italiano.
SCOPRI DI PIU'Siamo tutti Greta Thunberg quando parliamo con gli amici di ambiente, di sostenibilità, di riciclo, di futuro per i giovani e i nostri figlidi Marco ArezioCi dilunghiamo in discussioni sulla mobilità sostenibile, sulla necessità impellente di una riconversione energetica, di protestare contro i produttori di combustibili fossili che inquinano l’ambiente, di elogiare l’uso dei monopattini e di ridurre l’impronta carbonica. Siamo accaniti odiatori sui social e durante gli aperitivi serali, quando si parla di inquinamento dei mari dalla plastica, dei pesci che muoiono e delle barriere coralline che soffrono per l’aumento della temperatura delle acque. Ci scagliamo contro la deforestazione in Brasile e nel sud est asiatico, prendendocela apertamente contro l’industria del legno, la proliferazione degli allevamenti di animali da macello e dell’agricoltura intensiva per produrre il foraggio necessario a sostenere il business internazionale della carne. Ci indigniamo quando sentiamo che i bambini sono impiegati nell’estrazione di minerali pregiati in Congo, necessari per l’industria moderna e addossiamo la colpa a questa o quella nazione che detiene la proprietà delle miniere. Esibiamo con orgoglio ai tavoli degli spritz serali l’ultima borraccia, rigorosamente di alluminio, per stigmatizzare, al di là di qualsiasi dubbio, che noi abbiamo fatto già molto per l’ambiente e che tutti devono sapere da che parte si sta. Esibiamo il rifiuto del sacchetto in cui riporre lo spazzolino da denti acquistato in negozio, come messaggio forte al negoziante dell’attenzione che abbiamo sul problema dei rifiuti, uscendo con il tubetto in tasca, tanto poi il dentifricio lo compriamo su internet, con consegna immediata, che arriverà a casa prima di noi. Ma finiti gli aperitivi con gli amici, spenti i computers, i momenti di socialità quotidiana in cui confrontarsi con la necessità di appartenere a qualche schieramento, capita che si debbano fare delle scelte, in autonomia, che possano toccare il proprio portafoglio e che possano avere dei risvolti sulla sostenibilità della collettività. Ed è proprio in queste occasioni che ci si accorge di come siamo a volte falsi, di come abbiamo un anima come quella di Pinocchio, di come parliamo attraverso le parole degli altri e di come siamo incoerenti. Quando queste scelte toccano direttamente, profondamente e singolarmente noi stessi, il risultato tra ciò che si dice e ciò che si fa è spesso molto diverso. Gli esempi da fare sono così tanti che non saprei veramente da che parte iniziare, così ne prendo uno solo, che può rappresentare il mondo variegato di questo problema, ed è l’emblema del fare il contrario di quello che sempre si sostiene. Un cliente chiede informazioni su un pavimento in plastica riciclata per l’esterno, decantandone poi la funzione sociale del prodotto in quanto riutilizza i rifiuti che diversamente finirebbero nell’ambiente, ne elogia la funzionalità tecnica, vedendo che il prodotto raggiunge standard qualitativi e meccanici superiori, in certi casi, ad un pavimento in cemento tradizionale che ha un impatto ambientate molto più alto. Intuisce che è un prodotto innovativo, ecocompatibile, fortemente adatto a ridurre l’impronta carbonica, leggero così da risparmiare in trasporti ed inquinamento. Ha perfettamente presente che la produzione del massello in cemento divora risorse naturali, come la sabbia, l’acqua, i composti e l’enorme quantità di energia termica e meccanica per produrre il cemento. Si è informato sulla difficoltà attuale del riciclo dei prodotti cementizi e che la maggior parte di essi, a fine vita, finiscono in discarica, con un impatto ambientale molto alto, mentre il massello in plastica, può essere riciclato in ogni caso, sempre. A questo punto, la bilancia pende totalmente a favore del prodotto riciclato quindi, come ultimo tassello si parla di prezzo, già quindi convinto che davanti a casa si poseranno i masselli ecocompatibili in plastica riciclata, convinto dai buoni risultai tecnici del prodotto, dalle certificazioni ufficiali di cui gode e dall’indubbio basso impatto ambientale.Già ci immaginiamo con quale enfasi possa raccontare agli amici della sua scelta personale di posare un pavimento carrabile fatto con materiali riciclati, che sia del tutto rispettoso dei principi dell’economia circolare. Chiudendo la trattativa per l’acquisto, il prezzo del pavimento in materiale riciclato si rilevò allineato con quello in cemento e, a questo punto, come fosse un colpo di teatro, un effetto speciale dei film di Hollywood, il cliente dichiara: “ma se un prodotto fatto di rifiuti plastici costa come uno fatto in cemento, compro quello in cemento”.L’oblio…Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiuti Vedi ulteriori informazioni sul riciclo
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