di Marco ArezioDa diversi anni Caldara Plast si pone sul mercato come leader nel campo del recupero e rigenerazione delle materie plastiche. È una delle poche realtà che coniuga nella stessa azienda sia la parte relativa al recupero di scarti industriali derivanti da lavorazioni tra le quali stampaggio, termoformatura, estrusione e soffiaggio, sia la produzione di compound formulati su esigenze specifiche dei clienti partendo quasi sempre dal prodotto da lei stessa rigenerato. Caldara Plast è da sempre in prima linea sulle tematiche ambientali avendo proprio nel DNA una spiccata capacità di valorizzare sul mercato un prodotto che sta diventando sempre più la prima scelta delle aziende che hanno a cuore l’ambiente. Una filosofia che si sposa perfettamente con quella del marchio Plastica Seconda Vita appena ottenuto dall’azienda lombarda che va ad esaltare ciò che Caldara Plast fa già da anni ovvero dare valore alla plastica di scarto rimettendola sul mercato come compound rigenerato pronto per nuovi utilizzi. Da un punto di vista ambientale il lavoro di Caldara Plast è encomiabile in quanto permette un notevole risparmio di materiali vergini nonché di emissioni di CO2. Il marchio recentemente ottenuto garantisce al cliente finale la completa tracciabilità dei materiali prodotti a partire dalla valorizzazione dei rifiuti plastici ed è garanzia di qualità. Caldara 2nd Life “Caldara 2nd Life” è il nuovo marchio aziendale che identifica i compound ecologici certificati realizzati negli stabilimenti di Caldara Plast derivanti da materie plastiche da scarto industriale pre-consumo. Al momento fanno parte di questa linea i materiali ABS, PC PC/ABS, PS declinati nella versione PSV Mixeco (30% minimo e massimo 59.9% di plastica da riciclo) e PSV scarto industriale (dal 60 al 100% di plastica da riciclo). “Come ci evolveremo in futuro?” - racconta Massimiliano Caldara - “Continueremo sulla strada delle certificazioni per avere prodotti sempre più affidabili e garantiti per i nostri clienti non solo dal punto di vista del materiale ma anche della sostenibilità ambientale e sociale. Proseguiremo anche nella strada della ricerca in prodotti bio con la start up “Planet Bioplastics” che abbiamo con alcuni docenti dell’Università di Pisa. Sempre in ambito formazione abbiamo finalizzato la partnership con la “Fondazione Istituto Tecnico Superiore per le nuove tecnologie della vita” che ci permetterà di collaborare con una realtà primaria nel campo della formazione post diploma riconosciuta dal Ministero dell’Istruzione e che ci consentirà di portare la nostra esperienza tra i banchi di scuola e un domani di avere professionisti formati per il settore plastico”. Un ottimismo quello di Caldara Plast che è necessario in un periodo post-lockdown in cui tante imprese subiscono ancora i contraccolpi di questo stop forzato. Un non perdersi d’animo utile anche a tenere il morale alto in tutto il settore e uno sprone ad approfittare di questa relativa calma per migliorarsi, innovarsi e affacciarsi sul mercato ancora più competitivi e performanti. Il il banco di prova saranno le due principali fiere del settore il Mecspe 2020 in ottobre e il Plast 2021 a maggio. Caldara Plast sarà presente ad entrambe (salvo annullamenti) per conoscere e farsi conoscere e per dare un segnale positivo che l’impresa italiana, anche tra le mille difficoltà del momento, trova sempre un modo per andare avanti. La strada per la ripresa è sempre più green. Maggiori Informazioni
SCOPRI DI PIU'Il PVA è un polimero ormai onnipresente nella produzione di oggetti di uso comune e di rilevanza tecnica, ma con risvolti ambientali non semplici di Marco ArezioIl poliacetato di vinile (PVA) è un polimero sintetico con eccellenti proprietà di solubilità in acqua, rendendolo un materiale di scelta in diverse applicazioni industriali e commerciali. La sua versatilità deriva dalla sua capacità di formare film trasparenti, la sua resistenza a solventi organici e oli, nonché la sua atossicità, che lo rende sicuro per l'utilizzo in applicazioni mediche e alimentari. Produzione del PVA Processo di Produzione La produzione di PVA inizia con la polimerizzazione dell'acetato di vinile in presenza di un catalizzatore. Il processo può variare, ma comunemente include le fasi di iniziazione, propagazione e terminazione, che conducono alla formazione di catene polimeriche di PVA. Successivamente, il polimero viene purificato e trasformato in varie forme per la commercializzazione, come polvere, granuli o soluzioni acquose. Dati di Produzione Mondiale La produzione di PVA a livello mondiale è influenzata da diversi fattori, tra cui la domanda nei settori chiave come l'imballaggio, la tessile, l'edilizia e l'agricoltura. L'Asia è il maggiore produttore di PVA, in particolare la Cina, che da sola contribuisce significativamente alla capacità produttiva globale. Altri paesi asiatici come Giappone, Corea del Sud e India sono anche importanti produttori di PVA. Principali Paesi Produttori di PVACina: La Cina è il leader nella produzione di PVA, con una stima di produzione che varia notevolmente, ma che può superare il milione di tonnellate annue, a seconda della domanda interna e delle esportazioni. Giappone e Corea del Sud: Questi paesi sono noti per la loro alta qualità di PVA, con una produzione combinata che può raggiungere centinaia di migliaia di tonnellate all'anno. India: L'India sta emergendo come un importante centro di produzione di PVA, con una capacità produttiva in crescita, che mira a soddisfare sia il mercato interno che quello delle esportazioni. Trend di Crescita La tendenza di crescita nella produzione di PVA riflette l'aumento della domanda in vari settori applicativi. La produzione è prevista aumentare nei prossimi anni, con un tasso di crescita annuo composto (CAGR) che può variare in base a diversi fattori economici, tecnologici e ambientali. Applicazioni ed Utilizzi del PVAIl Polivinil Alcol (PVA) è un polimero versatile con una vasta gamma di applicazioni e utilizzi in diversi settori industriali, grazie alle sue proprietà uniche quali la solubilità in acqua, la biodegradabilità (sotto certe condizioni), la resistenza chimica e meccanica, e l'atossicità. Di seguito, approfondiamo le principali applicazioni e utilizzi del PVA. Industria Tessile Nel settore tessile, il PVA è impiegato come agente di addolcimento e di finitura per migliorare la resistenza e la flessibilità dei filati e dei tessuti. Serve anche come fibra di supporto che può essere facilmente rimossa dopo il processo di tessitura, migliorando così l'efficienza della produzione. Packaging Il PVA trova ampio impiego nell'industria del packaging, in particolare nella produzione di film solubili in acqua e di imballaggi biodegradabili, come le capsule di detersivo liquido. Questi imballaggi si dissolvono completamente a contatto con l'acqua, riducendo i rifiuti di plastica. Edilizia e Costruzioni Nell'edilizia, il PVA è usato come componente in malte, intonaci, e sigillanti per migliorarne le proprietà adesive, la flessibilità e la resistenza all'umidità. Viene inoltre utilizzato in pitture e rivestimenti per aumentarne la durata e la resistenza agli agenti chimici. Industria della Carta Il PVA migliora la resistenza meccanica e la lucidità della carta e del cartone, trovando applicazione nella produzione di carta per stampa di alta qualità e imballaggi alimentari. Agisce anche come agente legante in inchiostri e vernici, migliorando la qualità di stampa. Elettronica Nel campo dell'elettronica, il PVA è utilizzato in componenti di display a cristalli liquidi (LCD) e in altri dispositivi elettronici per le sue proprietà ottiche e isolanti. Serve come strato di allineamento per i cristalli liquidi, essenziale per la qualità dell'immagine. Settore Farmaceutico e Medico Il PVA trova impiego in applicazioni mediche e farmaceutiche, tra cui la fabbricazione di capsule e film solubili per il rilascio controllato di farmaci, nonché in materiali per lenti a contatto morbide e idrogeli per applicazioni biomediche, grazie alla sua compatibilità biologica e atossicità. Agricoltura Nell'agricoltura, il PVA è usato per produrre film agricoli biodegradabili che aiutano a conservare l'umidità del suolo e a ridurre l'uso di erbicidi. Questi film si degradano naturalmente, riducendo l'impatto ambientale dell'agricoltura intensiva. Prodotti per la Cura Personale Il PVA è impiegato nella produzione di prodotti per l'igiene personale, come gli shampoo e i bagnoschiuma in forma solida, che si dissolvono in acqua, offrendo una soluzione sostenibile e riducendo l'utilizzo di plastica. Riciclo del PVA Il riciclo del PVA presenta delle sfide a causa della sua solubilità in acqua, ma esistono metodi sia fisici che chimici per il suo trattamento. La ricerca è incentrata sul miglioramento delle tecniche di recupero e sullo sviluppo di processi biologici per degradare il PVA in maniera più efficiente e sostenibile. Tecniche di Riciclo Riciclo Meccanico: Questo metodo implica la macinazione o la triturazione del PVA usato per riutilizzarlo direttamente nella produzione di nuovi articoli. Tuttavia, la sua efficacia è limitata dalla qualità del PVA riciclato, che può essere compromessa dalla degradazione termica o meccanica. Riciclo Chimico: Questa tecnica trasforma il PVA in monomeri o in altri composti chimici attraverso processi come l'idrolisi alcalina o l'alcolisi. Questi monomeri possono essere poi reimmessi nel ciclo produttivo. Il riciclo chimico ha il vantaggio di poter recuperare il PVA da miscele e compositi, superando alcune delle limitazioni del riciclo meccanico. Riciclo Biologico: Sfrutta microrganismi capaci di degradare il PVA in composti più semplici, come acqua e anidride carbonica, o in altri intermedi utili. La ricerca in questo campo è focalizzata sull'identificazione e l'ingegnerizzazione di ceppi batterici o enzimi specifici che possano effettuare questa trasformazione in modo efficiente. Solubilità in Acqua e Biodegradabilità La solubilità in acqua del PVA è sia una benedizione che una maledizione. Da un lato, facilita la sua rimozione da tessuti o altri materiali in processi industriali; dall'altro, rende la gestione dei rifiuti più complicata, specialmente in contesti in cui il PVA entra in ambienti acquatici. La biodegradabilità del PVA varia a seconda del suo grado di idrolisi e della composizione, con alcuni gradi di PVA che si degradano più facilmente in condizioni ambientali specifiche. Impatto Ambientale L'impatto ambientale del Polivinil Alcol (PVA) nelle acque reflue merita un'analisi approfondita, considerando sia le proprietà chimiche del PVA sia le dinamiche degli impianti di trattamento delle acque. Il PVA, nonostante sia generalmente considerato meno dannoso rispetto ad altri polimeri sintetici, presenta difficoltà specifiche una volta che entra nel sistema idrico, principalmente a causa della sua solubilità in acqua e della sua biodegradabilità variabile. Solubilità in Acqua e Trattamento delle Acque Reflue Il PVA è altamente solubile in acqua, il che significa che può facilmente disperdersi negli ecosistemi acquatici attraverso le acque reflue. Questa caratteristica, se da un lato facilita l'uso di PVA in applicazioni come capsule di detersivo solubili, dall'altro lato rende la sua rimozione dagli scarichi di acque reflue più complessa rispetto ai polimeri insolubili, che possono essere filtrati o fatti sedimentare con processi fisici standard. Biodegradabilità del PVA La biodegradabilità del PVA varia in base al grado di polimerizzazione e all'idrolisi. Alcune forme di PVA sono più facilmente degradabili da microrganismi presenti negli impianti di trattamento delle acque o negli ambienti naturali. Tuttavia, il processo di biodegradazione può essere lento e incompleto, portando all'accumulo di residui di PVA nelle acque, con potenziali effetti negativi sugli organismi acquatici. Effetti sugli Ecosistemi Acquatici La presenza di PVA nelle acque reflue e nei corpi idrici può influenzare la qualità dell'acqua e la salute degli ecosistemi acquatici in vari modi: Riduzione dell'Ossigeno: La biodegradazione del PVA da parte dei microrganismi consuma ossigeno disciolto nell'acqua, potenzialmente portando a condizioni di ipossia (basso contenuto di ossigeno) che possono danneggiare la vita acquatica. Effetti sulla Flora e Fauna Acquatica: Il PVA e i prodotti intermedi della sua degradazione possono avere effetti tossici su alcuni organismi acquatici, influenzando la crescita, la riproduzione e la sopravvivenza di pesci, invertebrati e piante acquatiche. Interferenze con i Processi di Trattamento: Alte concentrazioni di PVA nelle acque reflue possono interferire con i processi di trattamento biologico, riducendone l'efficacia e aumentando i costi operativi. Strategie di Mitigazione Per ridurre l'impatto ambientale del PVA nelle acque reflue, è necessario adottare una combinazione di approcci: Miglioramento dei Processi di Trattamento: Sviluppare e implementare tecnologie avanzate di trattamento delle acque in grado di rimuovere efficacemente il PVA e altri contaminanti organici. Innovazione nel Design dei Prodotti: Progettare prodotti che contengono PVA con una maggiore biodegradabilità o che rilasciano meno PVA nelle acque reflue. Regolamentazione e Monitoraggio: Stabilire limiti rigorosi per la concentrazione di PVA negli scarichi industriali e monitorare regolarmente le acque reflue per garantire il rispetto delle normative. Il caso delle capsule in PVA di detersivo per le lavatrici L'impatto ambientale delle capsule di detersivo in PVA (polivinil alcol) si concentra principalmente sulla loro solubilità in acqua e sulla biodegradabilità, oltre alla produzione e allo smaltimento. Questi aspetti influenzano direttamente gli ecosistemi acquatici e terrestri, la gestione dei rifiuti, e il consumo di risorse naturali. Impatto Ambientale delle Capsule di Detersivo in PVA Biodegradabilità: Sebbene il PVA sia tecnicamente biodegradabile, la velocità e l'efficienza di questo processo possono variare notevolmente a seconda delle condizioni ambientali, come la presenza di microrganismi specifici e la temperatura. Se non gestite correttamente, le capsule possono contribuire all'inquinamento da microplastiche negli ecosistemi acquatici. Solubilità in Acqua: La caratteristica principale del PVA è la sua solubilità in acqua, che permette alle capsule di detersivo di dissolversi completamente durante il ciclo di lavaggio. Tuttavia, ciò significa anche che residui di PVA possono finire nelle acque reflue, dove la loro completa biodegradazione non è sempre garantita, potenzialmente influenzando la qualità dell'acqua e la vita acquatica. Consumo di Risorse: La produzione di capsule in PVA richiede risorse naturali, inclusi petrolio e gas per la produzione del monomero di vinil acetato, e energia per i processi di polimerizzazione e confezionamento. Questo contribuisce all'impronta di carbonio del prodotto. Gestione dei Rifiuti: Anche se le capsule stesse si dissolvono, il packaging secondario può generare rifiuti aggiuntivi, specialmente se non è riciclabile o biodegradabile. Conclusioni Il PVA gioca un ruolo cruciale in molteplici industrie grazie alle sue proprietà uniche. Tuttavia, è fondamentale affrontare i problemi associati alla sua produzione, utilizzo e smaltimento per mitigare l'impatto ambientale. La promozione del riciclo e lo sviluppo di alternative sostenibili saranno vitali per garantire che l'uso del PVA rimanga sostenibile a lungo termine.
SCOPRI DI PIU'Le bioplastiche compostabili saranno un’alternativa alla plastica tradizionale?di Marco ArezioLe bioplastiche compostabili, di derivazione vegetale, sembravano essere la panacea di tutti i mali attribuiti alla plastica di origine fossile ma, oggi, sono sorti molti dubbi su una loro efficacia e sostenibilità relativi ai modelli di produzione della componente vegetale. C’è una grande confusione sul mercato, causata anche dalle etichette sui prodotti in cui abbondano i suffissi “Bio”,“Biodegradabile”, e “Biocompostabile”, dove il consumatore rimane spiazzato e non sempre ne capisce le differenze. Su questa velata ignoranza si fonda spesso il fenomeno del greewashing che fa sembrare un prodotto eticamente “green” quando a volte non lo è del tutto. I prodotti che troviamo negli scaffali dei negozi con l’etichetta biodegradabile e compostabile sono generalmente prodotti che partono da una materia prima vegetale, come l’amido di mais, il frumento, la barbabietola, la canna da zucchero, la tapioca e le patate. Questi elementi naturali, debitamente processati, possono essere trasformati in polimeri, comparabili per qualità, caratteristiche tecniche e lavorabilità a polimeri di origine fossile che non sono compostabili. In realtà il consumatore deve sapere che la compostabilità, che trova espressa sulle etichette dell’imballo, riguarda principalmente una trasformazione industriale dello stesso e non la possibilità di inserirlo nel composter in giardino. Quella della materia prima che costituisce un imballo biodegradabile e compostabile è effettivamente un’ottima idea, in quanto permetterebbe di recuperare molti imballi che oggi non si riciclano, o si riciclano con uno scarso valore aggiunto proprio per i residui di cibo che rimangono all’interno delle confezioni. Ma dobbiamo fare un passo indietro per vedere la sostenibilità della filiera di queste materie prime compostabili di origine vegetale. I dubbi che sorgono in modo sempre più corposo riguardano la coltivazione dei prodotti vegetali quali canna da zucchero, patate, mais, barbabietole, frumento e molti altri prodotti, che vanno ad incidere negativamente sulla produzione di derrate alimentari, sull’occupazione del suolo coltivabile già messo sotto pressione dalla produzione di cereali per l’industria della carne, dal consumo di acqua, dall’impiego di concimi chimici e pesticidi e dalla deforestazione per creare nuove terre coltivabili. Ne vale la pena? Secondo il rapporto della FAO del Luglio 2019, oltre 2 miliardi di persone, soprattutto nei paesi a basso e medio reddito, non hanno accesso regolare ad alimenti salubri, nutrienti e sufficienti. Ciò richiede una profonda trasformazione dei sistemi alimentari affinché forniscano diete sane e prodotte in modo sostenibile alla popolazione mondiale in aumento. Numero di persone affamate nel mondo nel 2018 sono circa 821,6 milioni così divise: in Asia: 513,9 milioniin Africa: 256,1 milioniin America Latina e nei Caraibi: 42,5 milioniNumero di persone in stato di insicurezza alimentare moderata o grave: 2 miliardi (26,4%)Bambini con basso peso alla nascita: 20,5 milioni (1 su 7)Bambini al di sotto dei 5 anni affetti da rachitismo (bassa statura rispetto all’età): 148,9 milioni (21,9%)Bambini al di sotto dei 5 anni che soffrono di deperimento (scarso peso rispetto all’altezza): 49,5 milioni (7,3%) Un rapporto dell’UNICEF evidenzia gli scarsi progressi compiuti nella lotta agli effetti della malnutrizione infantile sullo sviluppo dell’infanzia. Nel 2017 sono stati 151 milioni i bambini sotto i cinque anni affetti da ritardo nell’altezza dovuto alla malnutrizione (stunting), rispetto ai 165 milioni del 2012. In Africa e Asia vivono rispettivamente il 39% e il 55% di tutti i bambini affetti da questa forma di ritardo. L’incidenza del deperimento infantile (wasting) rimane estremamente elevata in Asia, dove quasi un bambino su dieci sotto i cinque anni ha un peso più basso del dovuto rispetto all’altezza: dieci volte più di quanto avvenga in America Latina e nei Caraibi, dove questa forma di malnutrizione colpisce solo 1 bambino su 100. Il rapporto bolla come “vergognoso” il fatto che una donna su tre in età fertile, nel mondo, sia affetta da anemia, circostanza che ha conseguenze pesanti sulla salute e sullo sviluppo sia per le donne stesse che per i loro bambini. Nessuna regione del pianeta ha mostrato negli ultimi anni un calo nella diffusione dell’anemia femminile, e l’incidenza del fenomeno fra le donne africane e asiatiche è quasi tripla rispetto alle donne nord-americane. Ma se l’aumento della richiesta di biopolimeri, di biocarburanti e di foraggio per l’industria della carne deve soddisfare l’aumento di una popolazione crescente, anno dopo anno, l’agricoltura non sarà in grado di produrre quanto richiesto dal mercato per soddisfare le esigenze alimentari umane. Si aggiunga inoltre che l’agricoltura, per via del cambiamento climatico, è strettamente dipendente dalle condizioni metereologiche che stanno diventando sempre più sfavorevoli con un aumento della desertificazione e della resistenza delle piante. In questo quadro, le scoperte dei biopolimeri sono sicuramente un passo avanti nella ricerca, ma se dovessimo pensare di sostituire, anche parzialmente la produzione di plastica con una bioplastica, le cui materie prime derivino da una coltivazione agricola, non credo che sia un processo in equilibrio con le esigenze globali.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - bio plasticaVedi maggiori informazioni sulla bioplastica
SCOPRI DI PIU'I Grigliati Erbosi in Plastica Riciclata. Consigli per una scelta correttadi Marco ArezioFino agli inizi degli anni ‘90 del secolo scorso i parcheggi “verdi” venivano realizzati utilizzando dei blocchi in cemento con aperture che permettevano il passaggio del traffico veicolare e nello stesso tempo la formazione di un rado prato erboso in superficie tra un setto di cemento e l’altro.In quel periodo era già stata fatta una piccola rivoluzione in quanto si era passati dai parcheggi in asfalto a quelli con un aspetto più “green”. I grigliati in cemento avevano però vantaggi e svantaggi: Nei vantaggi possiamo annoverare: - Alta resistenza al traffico veicolare - Durabilità del manufatto - Resistenza agli agenti atmosferici - Forme superficiali differenti - Alta stabilità dimensionale sotto l’effetto del sole Negli svantaggi possiamo annoverare: - Alto peso del pezzo singolo - Alti costi di posa - Alti costi di trasporto - Ridotta superficie erbosa - Alta probabilità di seccatura dell’erba in estate - Ridotta superficie drenante A cavallo del secolo si sono imposti sul mercato i grigliati erbosi carrabili in plastica riciclata (salvaprato) che hanno preso un grosso spazio nella realizzazione dei parcheggi verdi, sia per alcuni vantaggi tecnici di cui godono rispetto al prodotto in cemento, sia per le nuove normative che impongono un rapporto tra le superfici costruite rispetto al verde e sia sulla necessità di rendere il più possibile drenanti le aree orizzontali. I materiali che si usano normalmente sono di tre tipi: - L’LDPE per superfici non carrabili - L’HDPE e il PP/PE per superfici carrabili Parlando di parcheggi carrabili, l’HDPE è un materiale che permette una buona elasticità del prodotto ma nello stesso tempo una buona resistenza a compressione, a flessione e a torsione. Quest’ultimo elemento è da considerare con cura in quanto il grigliato deve sopportare la forza che una macchina ferma imprime sul manufatto girando le ruote. Inoltre ha un’ottima resistenza alle basse temperature ma, allo stesso tempo, una minore stabilità sotto l’effetto dell’irraggiamento solare se non debitamente controbilanciato con cariche minerali. Il compound PP/PE ha una buona resistenza a compressione e alle alte temperature solari, ma ha una scarsa resistenza alla torsione e alla flessione. Anche la resistenza alla flessione, oltre a quella a torsione che abbiamo visto prima, è un elemento da considerare quando il sottofondo non assolve a dovere il suo compito di portata statica e di complanarità rispetto al piano in plastica. Inoltre ha una scarsa resistenza alle basse temperature con la possibilità di sbriciolamento delle parti in plastica fuori terra. La scelta dei due materiali che hanno vantaggi e svantaggi è da farsi considerando la stagionalità, la latitudine del cantiere, la perizia nella posa e il tipo di traffico veicolare. Esistono comunque ricette correttive da utilizzare, una volta che si hanno tutti gli elementi progettuali, che tengono anche in considerazione il costo della materia prima differente tra le due famiglie, la tipologia di stampo, la macchina per la stampa del prodotto, i colori e gli additivi protettivi richiesti. Naturalmente la corretta scelta delle materie prime rigenerate non esaurisce le decisioni che si devono fare per progettare e realizzare un buon parcheggio “verde”. Possiamo qui di seguito elencare alcuni particolari da tenere presente: - La forma dell’alveolo è consigliabile sia a nido d’ape o circolare in modo che le tensioni si distribuiscano in modo omogeneo - L’aggancio tra una piastrella e l’altra deve tenere in considerazione la dilatazione termica che il prodotto subisce sotto il sole. In assenza di spazio tra gli elementi bisogna considerare di lasciare dei giunti di dilatazione in entrambi le direzioni. - I piedini nell’intradosso del grigliato dovrebbero essere di una lunghezza non inferiore ai 3,5 cm. per permettere un idoneo aggrappo al terreno sottostante - La stratificazione su cui appoggia il grigliato erboso deve prevedere due materiali inerti con granulometria diversa divisi da un tessuto non tessuto drenante, meglio se in polipropilene a filo continuo e uno di finitura adatto alla semina dell’erba. - Il livellamento meccanico attraverso pressatura è molto importante per prevenire cedimenti della pavimentazione - Dotare l’area di una irrigazione automatica e prevedere concimazioni e ripristino della terra da coltura mancante dopo l’apertura dell’area sarebbe consigliato.Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - grigliato erboso - HDPE - PP - PP/PE - edilizia Vedi il prodotto finito
SCOPRI DI PIU'Non dobbiamo cercare la sola circolarità dei componenti dei prodotti, ma verifichiamo anche la sostenibilità della catena produttiva. Un’azienda Italiana fa scuoladi Marco ArezioQuando parliamo di sostenibilità e circolarità ci riferiamo molto spesso al singolo prodotto che può essere composto con materiali riciclati e, ancor meglio, riciclabili al 100%. Questo binomio ci aiuta a capire come le nostre azioni di consumatori possano portare alla riduzione dei rifiuti che produciamo, a risparmiare le risorse naturali e a tutelare l’ambiente. Nonostante ci sia ancora molta strada da fare in questo settore, in quanto il tasso di riciclo dei rifiuti che produciamo non supera il 10% a livello mondiale e che esiste molta confusione su ciò che è riciclabile e ciò che, pur essendo composto da materiali riciclati potrebbe, infatti, essere non più riciclabile, non ci occupiamo abbastanza della sostenibilità della catena produttiva. Possiamo prendere ad esempio il mondo dell’auto elettrica, per capire il problema, dove, al recente aumento della circolazione delle auto Plugin o Full Electric, non è corrisposto un’adeguata rete di ricarica ad energia totalmente rinnovabile. Quindi, spesso, si ricarica la batteria usando una rete di alimentazione dalla quale viene fornita energia elettrica fatta con il gas naturale, o il carbone o con il nucleare. Anche nella realizzazione dei prodotti cosiddetti circolari, dobbiamo considerare non solo se sono composti da materie prime riciclate e riciclabili, ma dobbiamo sapere se il ciclo di produzione sia sostenibile, quindi se attinge ad energia da fonti rinnovabili. Non sono molte le attività industriali che possono vantare un ciclo produttivo del tutto green, ma alcuni esempi nel mondo industriale ci sono. Uno interessante lo possiamo trovare in un’azienda Italiana, la Saxagres, che produce piastrelle per pavimentazioni da esterno ed interno, la quale ha applicato l’estensione del concetto di circolarità sia sul prodotto che sulla produzione. Per quanto riguarda la circolarità del prodotto, nella produzione di ceramiche da esterno e da interno l’azienda utilizza fino al 30% di scarti di produzione, inoltre impiega le ceneri degli altiforni che si producono come scarti nell’incenerimento dei rifiuti che altrimenti finirebbero in discarica. Per quanto riguarda la circolarità della produzione l’azienda si è dotata non solo di pannelli solari ma, per essere totalmente indipendente e sostenere la grande richiesta di energia che proviene dai forni per la cottura delle piastrelle a 1200 gradi, ha realizzato, in collaborazione con altre aziende, un impianto di produzione di biogas, attraverso la gestione anaerobica dei rifiuti urbani nell’area di pertinenza dell’azienda. Così facendo possiamo parlare di circolarità di prodotto e della catena produttiva, contribuendo alla gestione dei rifiuti urbani, all’affrancamento dalle risorse fossili e all’indipendenza energetica.Categoria: notizie - carta - economia circolare - riciclo - energia rinnovabile
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