Non ci sono solo fonti conosciute di produzione del PM 2,5 come i motori termici o le caldaie, ma anche molti altri aspetti che dovremmo conoscere megliodi Marco ArezioNonostante abbiamo imboccato la strada della consapevolezza ambientale, l’enorme massa di interventi che dobbiamo fare per rendere l’aria che respiriamo, non eccelsa ma almeno meno nociva, è ancora da sbrogliare. Ad ogni passo avanti, come le normative europee per l’elettrificazione della mobilità privata e commerciale, la produzione di energia rinnovabile eolica, idraulica, solare e l’idrogeno verde, sembra si compia anche un passo indietro, a causa delle crisi internazionali che hanno minato l’indipendenza energetica di molti stati, con il ricorso alla produzione di elettricità con sistemi, come il carbone, che erano sulla via dello smantellamento. Purtroppo, nel frattempo, dobbiamo registrare il protrarsi di situazioni ambientali negative, specialmente nelle grandi città, che rendono l’aria un killer per la salute pubblica, causa di numerosi tumori per la popolazione. Questo perché lo smog contiene agenti riconosciuti come cancerogeni, come le particelle sottili di PM 2,5 e PM 10, idrocarburi policiclici aromatici, benzene, formaldeide e metalli pesanti come l'arsenico, il cadmio e il nichel. Per quanto i comuni delle grandi città europee e, soprattutto, quelli nella pianura Padana italiana, tra le zone più inquinate d’Europa, stiano facendo molti sforzi per ridurre la concentrazioni di inquinanti in atmosfera attraverso la creazione di aree pedonali, le zone a traffico limitato, la riduzione della velocità veicolare in città, il potenziamento del trasporto pubblico, l’incentivazione del bike sharing, la creazioni di piste ciclabili ove possibile, le restrizioni delle emissioni delle caldaie e la facilitazione al traffico delle auto elettriche, quello che ancora manca è la mentalità dei cittadini a fare concretamente qualche cosa che possa aiutare la collettività e la propria salute. In molti paesi e in molte città il traffico privato non perde sostenitori, muovendoci così all’unisono con le nostre auto private, creando congestione e inquinamento inutile. Cosa è il PM 2,5Dal punto di vista chimico il particolato, è composto da tre classi principali: - gli ioni inorganici: solfati (SO42-), nitrati (NO3-), ammonio (NH4+) - la frazione carboniosa (TC) formata dal carbonio organico e dal carbonio elementare - il materiale crostale che può presentarsi o associato al pulviscolo atmosferico (Si, Ca, Al, ecc.) o a elementi in traccia (Pb, Zn, ecc.); - una frazione non meglio identificata che spesso corrisponde all'acqua ma non solo. Questi componenti, che insieme costituiscono il particolato, presentano dimensioni diverse e quindi contribuiscono in maniera differente alla produzione di PM 2,5 o PM 10. Parlando del PM 2,5 possiamo dire che sono particelle atmosferiche con un diametro di 2,5 micrometri o meno, queste frazioni, infatti, sono estremamente piccole e possono essere inalate profondamente nei polmoni ed entrare perfino nel flusso sanguigno. Da dove nasce il PM 2,5 Il traffico veicolare privato e le caldaie per il riscaldamento sono una componente importante per la generazione del PM 2,5, ma dobbiamo anche considerare le zone industriali vicino alle città, il traffico pesante e commerciale che viaggia a ridosso di esse e al suo interno, e l’annoso problema del traffico aereo che incide in maniera importante in un’area urbana, in quanto ogni grande città ha solitamente un aeroporto nelle vicinanze. Vi sono poi dei comportamenti del tutto personali, come il fumo di sigaretta, che possono accumularsi ad altri fattori di rischio che abbiamo visto, rendendo più precaria la vita delle persone. La sintesi di questi problemi sulla salute dell’uomo, legati allo smog, possiamo banalmente sintetizzarlo nella presenza del particolato PM 10 e PM 2,5 che si forma nell’aria, tra cui il PM 2,5 è sicuramente il più pericoloso. Ci sono anche da considerare aspetti inquinanti meno conosciuti che incidono sulle polveri sottili dei centri urbani, infatti, quando si parla di PM 2,5 prodotte dal traffico veicolare si è portati a pensare subito alle emissioni dei motori termici, ma esistono anche altre fonti di inquinamento che dobbiamo tenere presente. Produzione di PM 2,5 dagli pneumatici Gli pneumatici delle auto o di altri mezzi di trasporto sono una somma di prodotti, di diversa natura che, attraverso il loro rotolamento permettono di far muovere un veicolo. Questo rotolamento comporta un’abrasione continua della superficie dell’pneumatico rilasciando piccole o piccolissime particelle di composti. Per capire cosa possiamo inalare dagli pneumatici, sotto forma di polveri sottili da usura come il PM 2,5, vediamo come è composto: La gomma è la componente primaria degli pneumatici, che può essere una miscela di gomma naturale e gomma sintetica. Quella naturale offre elasticità e flessibilità, mentre la gomma sintetica può migliorare la resistenza all'usura e all'invecchiamento. Il nero carbonio è una forma di carbonio particellare, aggiunto alla miscela di gomma per migliorare la resistenza all'usura e le proprietà di trazione dell’pneumatico. Serve anche come rinforzo e come agente colorante. La silice è utilizzata come rinforzo alternativo o in aggiunta al nero di carbonio, migliorando la trazione sul bagnato e la resistenza al rotolamento, portando quindi una maggiore efficienza nel consumo di carburante. Nella "carcassa" dell'pneumatico, cioè la struttura interna che dà forma e flessibilità all'pneumatico, vengono spesso utilizzati materiali tessili come il poliestere, il nylon o il rayon. Nella "cintura" dell'pneumatico, esistono una serie di strati posti tra la carcassa e il battistrada, in cui vengono spesso posizionati fili d'acciaio per fornire rinforzo e stabilità. Il solfuro è utilizzato nel processo di vulcanizzazione, aiutando a stabilizzare la struttura molecolare della gomma, rendendola quindi più resistente ed elastica. Inoltre, sono utilizzati vari additivi chimici per migliorarne le proprietà generali, tra questi possiamo citare gli antiossidanti per prevenire l'invecchiamento, i plastificanti per migliorare la flessibilità, e gli acceleratori che aiutano nel processo di vulcanizzazione. Inoltre è possibile trovare altri materiali come lo zinco, lo zolfo e altri composti organici Produzione di PM 2,5 dai freni degli autoveicoli Anche per i freni valgono le stesse considerazione degli pneumatici, in quanto la rotazione del disco del freno sulle pinze dello stesso, crea un attrito con il relativo consumo delle due parti a contatto, che causano il rilascio di polveri sottili PM 2,5. Il particolato ultra sottile che viene rilasciato da una serie di frenate potrebbe essere liberato nell’aria e respirato dall’uomo, per questo vediamo come è composto un impianto frenante per capire le scorie che produce: In primo luogo dobbiamo considerare che anche il sistema frenante, dichi e pastiglie, sono composti da molti e materiali differenti. Per quanto riguarda le pastiglie dei freni contenute nelle pinze, i componenti sono legati tra loro dalle resine termoindurenti, materiali duri e resistenti che hanno la capacità di contenere vari prodotti. Quando le pastiglie sono sottoposte a calore durante il processo di frenata, i leganti aiutano a mantenere la loro integrità strutturale. Per l’alto sforzo esercitato dall’impianto frenante tra pastiglia e disco, rende necessario l’utilizzo di prodotti di rinforzo, si tratta spesso di fibre, come la fibra di vetro, la fibra di aramide o la fibra di carbonio. Questi rinforzanti danno una maggiore resistenza meccanica alle pastiglie e aiutano a prevenire la rottura e la fessurazione. Inoltre, componenti come la grafite o vari tipi di metalli come il rame, lo zinco o il bronzo, vengono aggiunti per migliorare le prestazioni di attrito della pastiglia. Questi materiali aiutano a mantenere una superficie ruvida e pulita sul disco dei freni. Durante una frenata l’attrito genera calore, ed è per questo che si prevede l’uso in miscela di vari metalli, come il rame, lo zinco, l'alluminio o il ferro. I metalli servono per vari scopi, tra cui la conduzione del calore, il miglioramento dell'attrito e la resistenza all'usura. Per quanto riguarda la stabilizzazione e la riduzione del rumore vengono usati materiali come il molibdeno, disolfuro o la grafite. Produzione di PM 2,5 dall’usura del manto stradale Anche il manto stradale, subisce uno sforzo di attrito da parte degli pneumatici causando un logoramento e un consumo del tappetino finale, sotto forma di micro particelle di composti bituminosi che si possono liberare nell’aria, causando la possibile respirazione delle particelle di PM 2,5 da parte dell’uomo. Per capire cosa possiamo respirare nei pressi di un’arteria stradale vediamo come è fatto un manto stradale per capire quali componenti si liberano nell’aria. Tralasciano la stratificazione più profonda che difficilmente viene in contatto con gli pneumatici, concentriamoci su quello che viene definito il tappetino finale, la superficie in cui avviene l’attrito con i mezzi di trasporto. Il tappetino finale è composto prevalentemente da bitume, un materiale viscoso, nero e adesivo derivato dalla distillazione del petrolio grezzo. Il bitume agisce come legante, mantenendo insieme gli altri componenti del manto stradale e fornendo impermeabilità. Questo strato di bitume ingloba una serie di additivi chimici quali: Plastificanti: per migliorare la flessibilità del manto stradale Stabilizzatori: per migliorare la resistenza all'usura e alla deformazione Agenti anti-invecchiamento: per aumentare la durata del manto stradale Agenti rigeneranti: materiali riciclati, come l'asfalto fresato, che possono essere reintrodotti nella miscela Quali sono gli effetti del PM 2,5 sulla salute dell'uomoL'inalazione di PM 2,5 può causare irritazione alle vie respiratorie e aggravare patologie croniche come asma, bronchite e altre malattie polmonari. Infatti, a seconda della capacità di attraversare il sistema respiratorio umano, le polveri sottili si possono scomporre in: - "frazione inalabile", che può raggiungere la faringe e la laringe proprio in seguito a inalazione attraverso la bocca o il naso, e comprende praticamente tutto il particolato - "frazione toracica", che è in grado di raggiungere la trachea e i bronchi - "frazione respirabile" per indicare la classe di particelle più piccole che è in grado di raggiungere gli alveoli e attraverso questi trasmettersi nel sangue Inoltre, ci sono evidenze che collegano l'esposizione al PM 2,5 a malattie cardiovascolari, compresi infarti, ictus e altre malattie cardiache, compromettere il sistema immunitario, rendendo le persone più vulnerabili alle infezioni. Ma come descritto in precedenza, il PM 2,5 contiene agenti cancerogeni e l'esposizione a lungo termine è stata collegata a un aumento del rischio di tumori, in particolare il tumore del polmone e alla prostata. Un’incidenza sul sistema nervoso dell’inquinamento da PM 2,5 è stata notata attraverso alcune ricerche, volte a considerare il rapporto di questo inquinante con l’incremento dei casi di Alzheimer. Anche da punto della riproduzione, ci sono evidenze per cui il particolato così sottile, incamerato per lunghi periodi, possa portare ad un aumento delle nascite premature. Per quanto riguarda gli aspetti più negativi, alcuni studi epidemiologici hanno mostrato che le zone con livelli elevati di PM 2,5 tendono ad avere tassi di mortalità più alti. Possiamo comunque dire che gli effetti del PM 2,5 sulla salute dell’uomo possono variare in base all'età, alla salute generale e ad altri fattori individuali. I bambini, gli anziani e le persone con condizioni di salute critiche possono essere particolarmente vulnerabili.
SCOPRI DI PIU'Si discute su ciò che è naturale e su ciò che è artificiale, seguendo più le mode che i fattidi Marco ArezioSe guardiamo in po' indietro nella nostra storia l’uomo ha prevalentemente usato, per la fabbricazione degli oggetti, ciò che aveva pronto e disponibile, come la pietra, il legno, la pelle e le ossa. In una fase successiva, l’unione tra le materie prime disponibili, l’energia e la conoscenza, ha portato alla creazione di materiali naturali trasformati, facendo nascere il vetro, i metalli e la terracotta per citarne solo alcuni. Questi ultimi, che vengono largamente utilizzati anche al giorno d’oggi, sono comunemente ed erroneamente considerati materiali naturali, frutto di millenari utilizzi da parte dell’uomo, ma che in natura non esistono allo stato del nostro impiego, ma sono frutto della convergenza tra le materie prime naturali e l’ingegno dell’uomo. In epoca molto più recente, a partire dagli anni ’60 del secolo scorso, la proliferazione degli oggetti in plastica nel mercato mondiale, ha cambiato per sempre le abitudini di acquisto e utilizzo dei materiali, sia nell’ambito famigliare che industriale. La plastica, si sa, racchiudeva in sé una serie di vantaggi inarrivabili da parte di altri prodotti, in termini di leggerezza, resistenza, durabilità, colorabilità, economicità, isolamento elettrico, resistenza agli agenti chimici e molti altri vantaggi, che ne hanno fatto un elemento trainante dell’industria e onnipresente nella nostra vita. Durante gli ultimi 60 anni l’uso della plastica ha fatto nascere anche un risvolto di preoccupazione ambientale per la stupidità, l’ignoranza e l’inefficienza dell’uomo nel gestire, come per altri prodotti, il rifiuto che ne derivava dalla fine del suo uso. Non solo questo, ma dobbiamo anche considerare quanto sia stato sbagliato, a volte, l’approccio industriale e commerciale dell’uso della plastica, in cui si è privilegiato l’aspetto economico ad altri, creando quindi oggetti durevoli venduti come usa e getta. Il mondo del packaging, per esempio, ha incarnato perfettamente questa dicotomia, creando imballi con materiali quasi immortali, venduti per un uso di poche ore o pochi giorni. Ma la plastica è un materiale artificiale? L’opinione pubblica considera la plastica il prodotto artificiale per eccellenza, dove vede nella chimica la responsabilità della creazione di un mostro di cui non riusciamo a liberarci. In realtà, le materie prime che compongono la plastica sono naturali quanto il vetro o il metallo, infatti la sua origine è organica, composta da sale, carbone, gas e petrolio, anch’esso naturale, che proviene dalle sedimentazioni millenarie, frutto della decomposizione di animali e vegetali vissuti milioni di anni fa e possono condurre ad una lettura dei materiali plastici del tutto opposta a quella reale. L’aspetto artificiale della plastica è dato esclusivamente, come per molti altri materiali che vengono considerati “naturali”, dalla lavorazione delle materie prime naturali attraverso processi chimici e termici. Dal punto di vista comparativo, la rinnovabilità del vetro, del metallo, dei laterizi, dei legni composti, materiali consideranti antichi e naturali, è identica a quella della plastica, ma un aspetto emotivo e visibile del suo inquinamento ambientale, non causato dal prodotto ma dal suo distorto uso, ne fa un materiale avverso ai più. Quindi, molti materiali considerati naturali, hanno subito trasformazioni, artifizi, attraverso i quali non possono più tornare alla natura autonomamente e in tempi bervi, per cui è necessario che vengano riciclati per tornare in vita molte altre volte. Come abbiamo visto non stiamo solo parlando solo della plastica, ma di una gamma enorme di materiali, nati come naturali e diventati, quasi tutti, artificiali, adattati alle esigenze dell’uomo, con ingegno e sapienza. Quello che non va bene è creare discriminazioni tra elementi, frutto di lobbies, ignoranza e convenienza. Categoria: notizie - tecnica - plastica - materiale artificiale - naturale
SCOPRI DI PIU'Il settore del riciclo dei cascami tessili non riesce a fornire ai produttori di capi di abbigliamento sostenibili le quantità richiestedi Marco ArezioSembra un controsenso, ma la realtà è che le case di produzione di indumenti ed accessori per la moda stanno virando il timone, fortemente, verso le materie prime di riciclo e chiedono sempre più rifiuti tessili da riciclare. Per andare incontro alle richieste dei clienti, che vogliono acquistare indumenti ed accessori di moda che possano rispecchiare la loro voglia di ecosostenibilità, si sono studiate linee senza compromessi, con percentuali di materiali riciclati dichiarati e verificabili.Ma il mercato del riciclo è pronto a questa transizione? La risposta potrebbe essere in un dato, abbastanza sconfortante, che indica il tasso di riciclo dei cascami tessili, nel mondo, intorno al 3%, valore molto più basso della vituperata plastica o del vetro o della carta o dei metalli. Questo significa che, nonostante l’industria tessile sia tra quelle con il maggior impatto ambientale, vengono prodotti ogni anno milioni di vestiti che finiscono in discarica o, peggio, bruciati, ad un ritmo medio di un autotreno ogni secondo. In questa percentuale media di riciclo, troviamo i paesi occidentali sopra il tre percento e i paesi del sud est asiatico, dove sono concentrate molte produzioni, sotto questa soglia, con un picco negativo in India che racimola appena l’1,5%. Un grave problema, anche dal punto industriale e dell’immagine delle aziende che vivono di moda, in quanto le richieste dei clienti sono chiare ma la loro soddisfazione resta complicata.Cosa si può fare per incrementare il sistema riciclo? La filiera del riciclo dei cascami tessili è abbastanza arretrata rispetto a quelle sopra citate, come la plastica, il vetro, la carta o i metalli, ed è necessario spingere per recuperare il gap.Tra le principali e più urgenti azioni da compiere possiamo suggerire: - Incrementare la raccolta post consumo dei tessuti usati come avviene per gli altri prodotti da riciclo- Migliorare la raccolta differenziata evitando di inserire i capi vecchi nel sacco del rifiuto indifferenziato che andrà bruciato - A fronte di una domanda in crescita, industrializzare e incrementare i punti di raccolta dei cascami tessili meccanizzando la loro separazione - Incrementare la ricerca chimica e meccanica, in modo da rendere sempre più disponibile ed ampia la gamma di tessuti recuperati - Fare sistema, quindi responsabilizzare chi deve emettere normative sul riciclo dei cascami tessili, migliorare la comunicazione con i cittadini, rendere accattivante e profittevole il settore della raccolta, smistamento e riciclo dei tessuti. Secondo il report di “Circular Fashion Index 2023” di Kearney, che ha preso in considerazione circa 200 imprese del settore prevalentemente della moda e del lusso, vi sono aziende più virtuose di altre, in termini di riciclo dei cascami tessili, comunicazione sulla circolarità relativa al brand, la qualità per la manutenzione del prodotto e la possibilità di offrire una riparazione del capo con lo scopo di allungargli la vita. Inoltre si sono considerati alcuni servizi post vendita come l’offerta di capi usati, il servizio di noleggio e la raccolta del cascame tessile a fine vita del capo. La classifica stilata della Top Ten delle aziende più sostenibili è la seguente: 1. Patagonia 2. Levi’s 3. The North Face 4. OVS 5. Gucci 6. Madewell 7. Coach 8. Esprit 9. LululemonAthletica 10. Lindex
SCOPRI DI PIU'Nella lavorazione dei polimeri riciclati ci siamo spesso imbattuti nel problema della formazione dell’elettricità staticadi Marco ArezioLa formazione di questa carica, durante le fasi di riciclo dei polimeri plastici, può causare un cattivo funzionamento della miscelazione tra la materia prima e gli additivi o coloranti, oppure un pericolo per i lavoratori che si avvicinano ai miscelatori, tramogge, nastri trasportatori ed essiccatori. Il movimento del polimero, in condizioni ambientali in cui vi sia una bassa percentuale di umidità, uno scorrimento e contatto dei granuli tra loro e lungo le pareti delle macchine che li contengono, possono generare elettricità statica, di intensità diversa in base al percorso che il polimero ha condotto e alle ambientali condizioni esterne. La presenza di cariche statiche può portare ad una miscelazione dei componenti anomala, infatti può succedere che si verifichino delle separazioni tra i granuli di polimero e quelli colorati, questo a causa della diversa carica elettrostatica che assorbono. Questa separazione indotta potrebbe aumentare la presenza dei granuli, che assorbono la stessa carica, verso le pareti delle tramogge o dei tubi di alimentazione o delle bocche di scarico. Il fenomeno si accentua quando abbiamo un granulo correttamente essiccato o la presenza di un’umidità dell’aria contenuta, infatti, con una maggiore umidità, l'acqua, che è polare, dissipa la carica. Un classico esempio nella nostra vista lo puoi vedere in casa, quando generi elettricità statica camminando su un tappeto in presenza di una bassa umidità dell’aria. Gli umidificatori aggiungono acqua all'aria e riducono al minimo l'accumulo di elettricità statica. La soluzione del problema vede due fattori concomitanti: • Assicurarsi che le macchine che trasportano, lavorano ed essiccano il polimero abbiano un corretto impianto di dispersione delle cariche elettriche.• Per quanto riguarda il polimero in produzione è consigliabile utilizzare un additivo antistatico, che ha la funzione di interrompere l’accumulo di elettro-staticità tra i diversi granuli, permettendo un trasporto e una miscelazione senza problemi. Sul mercato sono presenti numerosi additivi che risolvono il problema in modo facile, economico ed efficiente, senza influenzare le proprietà dei polimeri. Ad per esempio il Polietilenglicole 400 da miscelare in quantità molto ridotta (0,010%), ha un costo economico e una resa soddisfacente. Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - elettricità statica - produzione - polimeri
SCOPRI DI PIU'I prezzi dei granuli, macinati, densificati, balle e materozze in plastica da post consumodi Marco ArezioIl mercato dei polimeri plastici riciclati da post consumo comprende un elevato numero di famiglie di prodotti e un’estesa gamma di forme, da poter utilizzare come materie prima nelle fasi di riciclo. Ogni famiglia di polimeri è caratterizzata da numerose sottofamiglie che ne identificano applicazioni particolari e, quindi, anche prezzi differenti. Per esempio, nel campo dell’HDPE in granulo, possiamo trovare le seguenti sottofamiglie che caratterizzano ricette diverse in base all’applicazione: • HDPE da estrusione • HDPE da film • HDPE da soffiaggio • HDPE da stampaggio Queste sottofamiglie hanno ulteriori livelli di sottoprodotti, con prezzi differenti, in base all’elemento specifico da realizzare. Per esempio, un granulo di HDPE da estrusione avrà livelli di prezzi differenti se viene impiegato per la realizzazione dell’interno del tubo corrugato, se utilizzato per la produzione dello stato esterno dello stesso, se si vuole produrre un tubo da irrigazioni rigido o un tubo con una certa pressione per il trasporto dei liquidi. Così, anche le altre sottofamiglie di HDPE avranno dei prezzi differenti al variare della filtratura, dell’MFI, della densità, del colore di base o finale, dell’Izod, del modulo ecc.. Quindi, non sarà il polimero generico, come succede in quelli vergini, ad avere un prezzo di riferimento, ma saranno le applicazioni finali che determineranno i costi della materia prima. Se poi prendiamo in considerazione l’estesa gamma dei polimeri riciclati da post consumo, entreranno in gioco anche altre caratteristiche, come la composizione della ricetta, le percentuali dei vari polimeri contenuti, le cariche e gli additivi necessari. Per quanto riguarda i macinati plastici da post consumo, nei prezzi bisogna considerare il tipo di taglio, la composizione, il grado di deferrizzazione, il colore prevalente, il lavaggio o meno e gli eventuali residui del taglio. Le balle dei materiali plastici riciclati avranno dei prezzi differenti in base alla selezione realizzata, tanto più accurata in termine di mono plastiche, tanto maggiore sarà il prezzo, inoltre si deve tener presente la loro pulizia e il loro imballo. Anche nel campo dei densificati i prezzi possono variare in base alla forma e alla loro dimensione, al grado di pulizia che esprime il prodotto, al migliore DSC proposto e al colore di base. Come si può vedere da quanto detto, non è possibile esprimere attraverso un listino generico le variabili di prezzo, in quanto sono molto numerose, quindi, per sapere un prezzo di riferimento sul mercato, in un certo momento dell’anno, è necessario fare un’analisi specialistica sul canale di interesse per il cliente. La società Arezio Marco si occupa di analizzare i prezzi della plastica riciclata sul mercato di interesse per il cliente, individuando la ricetta utile e verificando l’andamenti dei prezzi dai maggiori players nazionali ed internazionali sul mercato. I polimeri plastici da post consumo principalmente trattati sono: HDPE, LDPE, MDPE, PS, PVC, PP, PP/PE, ABS. Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiuti - prezzi
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