Il disastro ambientale di Seveso rappresenta un tragico promemoria dell'importanza della sicurezza industriale e delle possibili conseguenze di incidenti chimici di Marco ArezioNel Luglio del 1976, la popolazione lombarda stava vivendo un periodo difficile, come del resto tutti gli Italiani, stretti tra il terrorismo, che faceva della lotta armata un mezzo per destabilizzare le istituzioni e la vita sociale, tra la crisi economica che metteva a rischio i posti di lavori e faceva aumentare l’inflazione, tra i litigi politici che si riproponevano puntuali, dando un senso di sfiducia e smarrimento ai cittadini e tra la tristezza per le vittime e gli sfollati del terremoto in Friuli, avvenuto due mesi prima. Il luglio del 1976 era un mese caldo, afoso, dove le attività quotidiane erano rese più difficili dalle alte temperature, mitigate solo dall’idea che dopo poche settimane gli Italiani sarebbero andati in ferie. Ma il 10 Luglio, a Seveso, un paese nell’hinterland milanese successe l’impensabile, in una fabbrica che produceva prodotti chimici, l’ICMESA, una filiale della società chimica svizzera Hoffmann-La Roche. In un reattore dell’azienda si crea una reazione incontrollata che ha portato alla liberazione di un'ampia quantità di diossina TCDD (tetraclorodibenzo-p-diossina) nell'atmosfera. La diossina si disperde velocemente nelle zone circostanti la fabbrica, estendendosi per circa 18 Km. quadrati, contaminando il suolo, l’aria, gli animali e la popolazione. Come si sa, l’hinterland di Milano ha una densità di popolazione molto elevata e Seveso che ne faceva parte, fu investito dalla diossina, esponendo circa 37.000 persone al contagio. L’Italia si trovò vulnerabile agli incidenti industriali di questa portata, ma in realtà, anche in Europa si guardò con apprensione alle tutte le attività industriali che trattavano prodotti pericolosi. Molti animali morirono nei giorni successivi alla fuoriuscita del veleno, i terreni e le coltivazioni agricole furono impregnate dalla diossina e le persone, a distanza di pochi giorni, iniziarono a manifestare allergie cutanee, note come "cloracne", che un chiaro sintono di esposizione alla diossina. L’impatto di un disastro chimico di questa dimensione, spinse il governo al trasferimento della popolazione che viveva nei pressi della fabbrica, verso altre aree abitative, all’asportazione dei terreni contaminati e all’abbattimento dei capi di bestiame destinati alla produzione di carne. Cosa è la diossina, come si produce e perché è pericolosa La diossina è un termine generico che si riferisce a un gruppo di composti chimici organici clorurati che tendono a persistere nell'ambiente per lunghi periodi di tempo. Possono essere prodotte come sottoprodotto indesiderato in vari processi industriali, come la produzione di cloro e alcuni derivati del cloro, come componente per la produzione di erbicidi e pesticidi, nella produzione di carta e polpa attraverso processi a base di cloro. Ma le diossine si possono formare anche durante l’incenerimento dei rifiuti, specialmente se contengono cloro. Ciò include l'incenerimento di rifiuti solidi urbani, rifiuti medici e rifiuti pericolosi. Sono tossiche per gli esseri umani e possono causare una serie di problemi di salute. Anche a basse dosi, con un esposizione a lungo termine, può portare a problemi immunitari, endocrini, nervosi e riproduttivi. L'esposizione alla diossina, come è successo a Seveso nel 1976, ha avuto vari effetti sulla salute della popolazione locale. Mentre gli effetti immediati furono piuttosto evidenti, quelli a lungo termine sono diventati chiari solo attraverso studi e monitoraggi effettuati nel corso di molti anni. Cloracne Questa è una delle manifestazioni più evidenti e immediate dell'esposizione alla diossina, infatti la cloracne è una grave forma di acne causata da sostanze chimiche Problemi di salute a lungo termine Studi successivi hanno dimostrato un aumento del rischio malattie cardiovascolari, diabete e ipertensione. Cancerogenicità Studi condotti negli anni successivi hanno dimostrato un leggero aumento di alcuni tipi di cancro, in particolare il linfoma non-Hodgkin, tra le persone che vivevano nelle zone più contaminate. Effetti riproduttivi Ci sono state alcune evidenze di un leggero aumento delle nascite premature e con neonati di sotto peso, tra le donne esposte alla diossina. Alterazioni endocrine Le diossine sono conosciute come interferenti endocrini, il che significa che possono provocare disfunzioni sul normale funzionamento del sistema endocrino. Ciò può portare a una serie di problemi, compresi quelli riproduttivi e dello sviluppo. Effetti immunitari La diossina può avere un effetto soppressivo sul sistema immunitario, il che può aumentare la crescita di diverse malattie. Permanenza Una volta rilasciate nell'ambiente, le diossine sono estremamente stabili e possono permanere per lunghi periodi di tempo. Questo significa che possono accumularsi nella catena alimentare, soprattutto nei tessuti grassi degli animali. Bioaccumulo Le diossine tendono ad accumularsi negli organismi viventi, quindi, mangiando animali contaminati, gli esseri umani possono accumulare concentrazioni tossiche di diossine nel proprio corpo. Quali leggi ambientali sono state adottate in seguito al disastro di Seveso L’incidente avvenuto nella fabbrica dell’ICMESA ha avuto un impatto profondo sulla percezione dei rischi industriali e ha portato a un rafforzamento della normativa ambientale, soprattutto in Europa. Il cambiamento legislativo più noto e diretto, in Italia, è stato la promulgazione della Direttiva Seveso dell'Unione Europea. Direttiva Seveso I (82/501/CEE) Adottata nel 1982, fu la prima risposta legislativa a livello europeo al disastro di Seveso. Essa obbligava gli Stati membri a identificare gli impianti industriali con un elevato rischio di incidenti gravi e a garantire che questi impianti avessero piani di emergenza adeguati, informando anche le comunità circostanti sui rischi. Direttiva Seveso II (96/82/CE) Introdotta nel 1996, la Direttiva Seveso II estese e rafforzò le disposizioni della Direttiva Seveso originale. In particolare, ampliò la gamma di attività industriali coperte dalla direttiva e introdusse nuovi requisiti per la prevenzione degli incidenti e la pianificazione delle emergenze. Ha anche posto una maggiore enfasi sulla comunicazione con il pubblico e sulla partecipazione del pubblico alla pianificazione delle emergenze. Direttiva Seveso III (2012/18/UE) Adottata nel 2012, la Direttiva Seveso III ha ulteriormente aggiornato e rafforzato le norme relative alla prevenzione degli incidenti industriali gravi. Tra le principali novità, la nuova direttiva ha introdotto cambiamenti nella classificazione delle sostanze pericolose e ha rafforzato le disposizioni relative all'accesso del pubblico alle informazioni e alla partecipazione pubblica.
SCOPRI DI PIU'Le influenze degli industriali del carbone e delle attività collegate che non volevano una legge che minasse i loro interessiSappiamo dalla storia che un motivo, tra i tanti, della grandezza dell’Inghilterra a cavallo tra il XIX° e il XX° secolo fu la propria indipendenza energetica, basata sul carbone, che permetteva all’industria di lavorare, alle case di scaldarsi e poter cucinare e ai trasporti navali di funzionare. Il risvolto della medaglia di tutto questo progresso fu l’inquinamento che pervadeva le città, Londra compresa, creando fitte coltre di nebbie composte da inquinanti dannosi derivanti alla combustione del carbone. Non si comprese, in quel periodo storico, la correlazione tra le emissioni in atmosfera causate dal carbone domestico ed industriale, e la letalità della nebbia inquinata che veniva respirata dagli uomini de dagli animali, portando a patologie respiratorie spesso inquadrate come influenza. Nonostante già nel 1880, il meteorologo Rollo Russell iniziò a credere che lo smog che si formava nelle città potesse avere un’influenza sull’aumento delle malattie e delle morti, poco si fece per risolvere il problema. Tuttavia, verso la fine del XIX° secolo iniziò ad emergere la consapevolezza che lo smog potesse essere deleterio per la salute, e che la principale causa della nebbia densa e persistente venisse proprio dalla combustione del carbone. In ogni caso, la politica cercò di non fare emergere il problema di carattere socio-sanitario, anche perché una soluzione avrebbe imposto una drastica cura, che riguardava la sostituzione del carbone sia domestico che industriale, mettendo mano ad una riforma energetica costosa e avversa agli industriali del carbone. Il silenzio proseguì fino al Dicembre 1952 quando per condizioni meteorologiche particolari, Londra fu avvolta da una nebbia fitta e maleodorante che si impossessò della città per qualche giorno. In quel periodo si verificò un repentino aumento dell’inquinamento atmosferico causato dallo stazionamento dell’anticiclo delle Azzorre che creò un’inversione termica sulla città, creando uno strato di aria fredda al suolo e uno di aria calda superiore con l’assenza di vento. L’aria calda a contatto con quella fredda creava una rugiada, facendo nascere una massiccia quantità di umidità che si mescolava agli inquinanti della combustione del carbone presenti nell’ambiente. Inoltre, la permanenza dell’aria fredda spinse ad aumentare l’uso del carbone per il riscaldamento peggiorando la situazione. Un altro fattore concomitante da tenere presente è che il carbone disponibile in Inghilterra era di pessima qualità, in quanto il migliore veniva venduto all’estero, e questo faceva si che bruciando un combustibile con alto contenuto di zolfo si liberasse nell’aria una grande quantità di anidride solforosa. Si creò quindi una coltre spessa dai 100 ai 200 metri che ammorbò l’aria sia all’esterno degli edifici che all’interno, riducendo la visibilità nei trasporti ma anche per la circolazione dei pedoni. Le vittime, nell’immediata vicinanza ai giorni del grande smog, furono 4000 solo a Londra ma, nei periodi successivi ne furono censiti circa 12.000 che potevano essere ricondotte a questo fenomeno, con l’aggiunta di circa 100.000 ammalati. Nei quattro giorni sopra detti furono rilasciate nell'atmosfera enormi quantità delle seguenti sostanze impure: - 1 000 tonnellate di particelle di fumo - 140 tonnellate di acido cloridrico - 14 tonnellate di composti di fluoro - 370 tonnellate di anidride solforosa convertite in 800 tonnellate di acido solforico Nel 1954 il ministero della salute, a fronte dell’aumento statisticamente così consistente dei morti e degli ammalati di malattie respiratorie, avanzò l’ipotesi che potesse trattarsi di un’influenza. Questi ipotesi, non si sa se spinta da interessi economici di parte, fu smentita successivamente attraverso l’osservazione della medicina generale della zona di Londra e della situazione vaccinale della popolazione, portando ad una conferma che il fenomeno era stato causato dallo smog. Il governo di allora, presieduto da Winston Churchill, cercò una via d’uscita difronte alle informazioni scientifiche presentate dal ministero della salute, per evitare una trasformazione sociale ed industriale che non sarebbe stata gradita agli elettori.Questa trasformazione contemplava: - l’abbandono dell’uso del carbone nelle abitazioni e nelle fabbriche per passare al gas, che avrebbe comportato la fine del particolato proveniente dal carbone e presente nell’aria, con una qualità della stessa in deciso miglioramento- la conversione del combustibile nelle macchine industriali - lo spostamento delle fabbriche fuori dalle città. Il 5 Luglio 1956 il parlamento Britannico promulgò la legge denominata Clean Act, che fu firmata dalla Regina Elisabetta, restando in vigore fino al 1964. Questa legge, in quanto la prima di carattere ambientale, resterà una pietra miliare nel campo del controllo della qualità dell’aria e delle emissioni inquinanti, nonostante, nei decenni successivi, fu oggetto più volte di implementazione e aggiornamento.
SCOPRI DI PIU'Abbiamo parlato negli articoli scorsi di come gli pneumatici riciclati vengano raccolti e riciclati per creare nuova materia prima e nuove applicazioni che aiutino la circolarità dei rifiutidi Marco ArezioCi siamo soffermati sui sistemi di riciclo che attualmente vengono impiegati per la trasformazione degli pneumatici a fine vita, ma anche di alcune applicazioni nel campo dell’edilizia, in particolare nel settore dell’isolamento acustico. Rotoli, lastre e polverino vengono impiegati per la fono-assorbenza e la fono-impedenza del rumore in modo da dare alle nostre case un confort abitativo migliore. Nell’esplorazione dei vari campi di applicazione della materia prima che deriva dal riciclo degli pneumatici oggi vediamo l'utilizzo nelle scuderie dei cavalli. Nei maneggi, il mantenimento della salute e il confort dei cavalli è un fatto cruciale e di importanza primaria per la buona gestione dell’impresa e degli animali. Questi due obbiettivi, spesso, si raggiungono evitando l’insorgere di problemi legati alle articolazioni e ai legamenti dei cavalli e all’eccessiva presenza di polvere nell’ambito di lavoro. Nelle stalle si sta diffondendo l’uso di pavimentazione realizzate con materiali elastici provenienti dalla lavorazione degli pneumatici esausti che vengono posati sotto forme di piastrelle o di agglomerati monolitici. I manufatti possono essere alloggiati sopra il normale pavimento in cemento di supporto, riducendo la presenza dei materiali da lettiera ed aumentando l’igiene del locale e dell’animale in quanto è molto più semplice ed efficace la pulizia. Anche nelle aree di trotto e corsa dei cavalli, che notoriamente sono composte solo da sabbia, si può sostituire una miscela di sabbia e granulo di gomma riciclata che ha lo scopo di abbattere la dispersione delle polveri nell’aria, polveri che possono creare patologie respiratorie sia per gli animali che i lavoratori che li accudiscono giornalmente. Queste patologie possono presentarsi sotto forma di silicosi a seguito di una prolungata inspirazione delle micro polveri causate dall’azione dinamica degli zoccoli dei cavalli sui terreni sabbiosi. Un confort, un’igiene e uno stato di salute migliore per animali e lavoratori dei maneggi, attraverso l’uso delle pavimentazioni e dei compound contenenti gli pneumatici riciclati, è un fatto importante, ma molto più lo è, come per tutti i rifiuti che produciamo, quello di riutilizzarli, sotto forma di nuovi prodotti riciclati per ridurre i materiali destinati alla discarica o alla termovalorizzazione, per il benessere di tutti e del pianeta.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiuti - pneumatici - cavalli Vedi maggiori informazione sui cavalli
SCOPRI DI PIU'Come i paesi si stanno convertendo alle energie rinnovabili spinti dalla crisi Russo-Ucraina.La corsa verso le energie rinnovabili è fortemente sostenuta dalla crisi energetica che si potrebbe verificare se, la Russia, dovesse ridurre ulteriormente o chiudere definitivamente la vendita di gas all'Europa. Ogni paese sta compiendo gli sforzi necessari per dotarsi di strutture di produzione di energie verdi, che siano attraverso il vento, il sole o altri sistemi rinnovabili. Tra questi sistemi ci sono anche quelli misti, tra cui l'idrogeno verde, che sposa la produzione di energia sostenibile per la produzione di idrogeno, il combustibile del futuro.L'idrogeno, ha infatti bisogno di molta energia per essere prodotto e, quindi, sarebbe un paradosso che questa venisse da fonti fossili, così la produzione di idrogeno attraverso l'energia rinnovabile permette di non creare impatti ambientali negativi.TotalEnergies e Ørsted hanno unito le forze per presentare congiuntamente offerte per le due gare eoliche offshore olandesi "Holland Coast West" con l'obiettivo di ottenere un impatto positivo netto sulla biodiversità e sul sistema energetico olandese. I parchi eolici di Holland Coast West si trovano a circa 53 km al largo della costa olandese e hanno una capacità combinata di quasi 1,5 gigawatt (GW). In qualità di leader mondiali nelle energie rinnovabili e nell'eolico offshore, Ørsted e TotalEnergies uniranno i loro punti di forza in queste gare al fine di contribuire all'obiettivo dei Paesi Bassi di sviluppare oltre 70 GW di capacità eolica offshore entro il 2050, per la produzione di energia associata a grandi produzioni di idrogeno. In qualità di più grande sviluppatore di parchi eolici offshore al mondo, Ørsted ha un'esperienza leader del settore nello sviluppo e nella costruzione di parchi eolici offshore, nel modo più sostenibile ed ecologico. Ørsted mira a un impatto netto positivo sulla biodiversità entro il 2030. Inoltre, Ørsted ha una significativa esperienza globale nella fornitura di energia verde su larga scala a comunità e industrie. La realizzazione di successo, nei tempi e nei limiti del budget durante una pandemia mondiale, del parco eolico Borssele 1&2 dimostra che Ørsted è un partner affidabile per la trasformazione verde dei Paesi Bassi. TotalEnergies, da parte sua, sfrutterà la sua comprovata esperienza nelle operazioni offshore e la sua posizione unica come società energetica integrata nei Paesi Bassi, attraverso un ambizioso programma di investimenti di energia verde e produzione di idrogeno per decarbonizzare le sue attività industriali nella provincia della Zelanda. TotalEnergies garantirà inoltre la stabilità della rete elettrica olandese, ponendo allo stesso tempo lo sviluppo sostenibile in tutte le sue dimensioni al centro dei suoi progetti e delle sue operazioni per contribuire al benessere delle persone. Olivier Terneaud, VP Offshore Wind di TotalEnergies, afferma : “La transizione energetica porta nuove sfide, sia in termini di impatto ambientale che di integrazione dell'energia verde nel sistema elettrico. È proprio per affrontare queste sfide che partecipiamo a queste gare, insieme a Ørsted, per sostenere la transizione energetica nei Paesi Bassi, dove attingiamo a oltre mezzo secolo di esperienza operativa offshore olandese per essere un partner energetico affidabile. In qualità di azienda globale multi-energia, che pone lo sviluppo sostenibile al centro della sua strategia, saremmo lieti di realizzare questi progetti innovativi”. Rasmus Errboe, Head of Region Continental Europe di Ørsted, afferma: “Siamo molto soddisfatti della nostra partnership con TotalEnergies per le prossime gare d'appalto olandesi. Con le nostre offerte congiunte vogliamo garantire che i Paesi Bassi possano accelerare la costruzione di impianti eolici offshore verso il 2030 e oltre, in modo ecologico all'avanguardia e come parte di un sistema energetico integrato. Ørsted non vede l'ora di dare un contributo significativo alla transizione energetica nei Paesi Bassi, insieme a TotalEnergies". La Zelanda è il più grande cluster di idrogeno nei Paesi Bassi. Con 600 MW di capacità di elettrolisi, diventerà il più grande cluster di idrogeno verde al mondo entro il 2027, alimentato esclusivamente dal parco eolico Holland Coast West. Integrando, tra le altre cose, il trasporto elettrico, le batterie e l'elettrificazione diretta del settore, raggiungeremo la massima integrazione del sistema. I vincitori delle gare dovrebbero essere annunciati dal governo olandese nell'autunno 2022. Info: TotalEnergy
SCOPRI DI PIU'Parlare oggi di energie rinnovabili sfondiamo solo porte aperte, in quanto la transizione energetica verso una produzione più green dell’elettricità è ormai nei programmi dei governi, delle aziende e anche dei cittadini.Abbiamo conosciuto però anche i minus che il sistema di gestione della distribuzione dell’energia prodotta con le fonti rinnovabili portava con sé. Mi riferisco in particolar modo all’accumulo del surplus energetico, da impiegare nei momenti in cui gli impianti solari ed eolici non hanno una performance elevata a causa delle condizioni metereologiche o nelle ore notturne. Il collo di bottiglia della conversione energetica su larga scala stava proprio nel poter disporre di corrente in modo continuativo e senza interruzioni, anche quando la produzione era bassa rispetto alla domanda. Ci ha pensato una start up, la Magaldi Green Energy, che ha proposto una batteria, per l’accumulo dell’energia in surplus, attraverso un brevetto per una batteria a “sabbia”. Il sistema brevettato, si basa su una tecnologia di accumulo realizzato attraverso un letto di sabbia fluidizzato, che viene alimentato, a sua volta, da energie rinnovabili. La batteria a sabbia può essere caricata con energia elettrica o termica, in modo che vengano immagazzinate per un tempo variabile dalle 4 ore ad alcune settimane, senza registrare una perdita importante, per essere restituite alla rete quando ce ne fosse bisogno, soprattutto quando il sole e il vento non ne producono in modo efficiente attraverso gli impianti dedicati. I vantaggi della fluidizzazione della sabbia sono molto evidenti, secondo Letizia Magaldi, vicepresidente dell’azienda e riguardano le grandi capacità di accumulo termico, l’efficienza termica elevata, con la possibilità di migliorare la disponibilità in rete di energia e la riduzione delle emissioni di Co2 in atmosfera.
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