Il governo ha avviato un nuovo piano di elettrificazione sostenibile del paese attraverso l'energia solareL’Africa è considerata, dall’agenzia internazionale per le energie rinnovabili IRENA, la centrale elettrica per le energie rinnovabili e la riprova sta nel fatto che molti paesi, come il Togo, hanno avviato programmi di elettrificazione sostenibili. Il Togo, piccolo paese nell’Africa sud occidentale, il cui nome, nella lingua ewe significa “andare all’acqua”, conta una popolazione di circa 5,5 milioni di abitanti che vivono prevalentemente nei villaggi e si occupano di agricoltura e pastorizia. La popolazione soffre della difficoltà di accesso all’energia, infatti la copertura della rete, fino al 2016, riguardava solo il 30% del suo territorio con problematiche relative allo sviluppo sociale ed economico. Il governo togolese ha deciso di stanziare 1,5 miliardi di dollari per portare la copertura elettrica, entro il 2030, al 100% del suo territorio, scegliendo l’energia solare come fonte energetica sostenibile. La scelta di questa fonte rinnovabile ha trovato largo appoggio nel governo, in quanto sia il territorio che la distribuzione della popolazione per km. quadrato imponeva un progetto che rendesse fruibile a tutti il servizio al minor costo possibile e realizzabile in tempi corretti. L’energia solare viene prodotta in presenza di sole o con cielo nuvoloso e permette di generare corrente elettrica, riscaldamento e desalinizzazione delle acque anche nei villaggi più remoti senza necessità di particolari strutture. Oggi il fotovoltaico è una delle tecnologie energetiche sostenibili più flessibile, di veloce istallazione, con costi contenuti dopo la caduta dei prezzi dei pannelli e di lunga durata, se si considera che un pannello solare dura mediamente 30 anni. Probabilmente oggi questa forma di energia è diventata la più economica in relazione alla lontananza del consumatore dalle reti di trasmissione di energia.Traduzione automatica. Ci scusiamo per eventuali inesattezze. Articolo originale in Italiano.Vedi maggiori informazioni
SCOPRI DI PIU'Una buona selezione dello scarto di PVC determina una migliore qualità del granulo riciclato per produrre i raccordi stampati per i tubiCome accade per la produzione dei tubi lisci per il convogliamento dell’acqua fatti con granuli in PVC riciclato, anche la produzione dei raccordi dei tubi segue delle regole di produzione consigliabili. Tubi e raccordi in PVC, adatti per far defluire le acque dagli edifici, senza pressione, hanno un buon alleato che si sta rapidamente diffondendo nel mondo. Il materiale riciclato sta prendendo sempre più piede in questo campo dando una grande mano all’economia circolare e soprattutto all’ambiente. Il riutilizzare degli scarti in PVC per trasformarli in altri prodotti, non solo crea un’indipendenza dall’industria petrolifera che, per quanto utile, è la maggiore responsabile dell’effetto serra e del prosciugamento delle risorse naturali. Ove fosse possibile, l’evitare di sostenere ulteriormente l’industria dei polimeri vergini, di derivazione petrolifera, costituirebbe di certo un grande regalo all’ambiente e quindi a noi stessi. C’è poi da considerare l’aspetto dell’inquinamento creato dai rifiuti solidi, che la società produce ad un ritmo impressionante a causa di un consumismo senza freni. Questi rifiuti, attraverso i principi dell’economia circolare, sono da riutilizzare per ridurne il loro impatto sulla nostra vita. Nel mondo della produzione dei tubi e raccordi in PVC, gli scarti hanno assunto un ruolo importante in quanto, attraverso una corretta selezione di essi, si possono estrudere tubi ed iniettare raccordi senza utilizzare il materiale vergine. Per i raccordi, che vengono realizzati in forme e diametri differenti, gioca un ruolo molto importante l’origine del materiale che vogliamo riciclare e che destineremo alla produzione dei manufatti. Ci sono alcune tipologie di rifiuti che possono essere usati per questa tipologie di prodotto: I profili dei serramenti che devono essere completamente puliti da gomme, siliconi, guarnizioni e ogni parte metallica presente nelle finestre.Le tapparelle che devono presentare la completa asportazione dei meccanismi di movimento in metalloI tubi di scarico prodotti o raccolti, devono essere macinati senza essere mischiati con altri tubi (PP-LD o HD)Carte di credito come scarti di produzioneAnime per avvolgere prodotti in carta o film plasticiManufatti per la tornitura a forma cilindrica piena o con altre forme, risultanti dallo scarto di lavorazione da materiali vergini o riciclati La scelta di utilizzare sempre materiali altamente selezionati e provenienti da una filiera che non sia quella del post consumo, garantisce un vantaggio qualitativo alla fonte e, soprattutto, si evita il pericoloso problema dell’inquinamento dei macinati da estrusione o stampaggio con altre tipologie di plastiche che non sono distinguibili ad occhio nudo. Se non si dispone di un controllo diretto dell’input del PVC in entrata, ma si acquista il macinato o il granulo finito, prima di utilizzarlo è importante poter fare un’analisi di laboratorio per capire la composizione della materia prima in entrata. Sarebbe inoltre una buona regola disporre di un piccolo estrusore da laboratorio per simulare una produzione campione, verificando i comportamenti del materiale in fase di fusione.Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - pvc
SCOPRI DI PIU'Come riciclare un materiale dai molteplici impieghi proveniente dai settori del packaging, edilizia e foodL’EPS o più comunemente chiamato polistirolo espanso, è ottenuto dal polistirene per mezzo di un processo di polimerizzazione che si realizza attraverso una reazione chimica dello stirene. In fase di polimerizzazione, al polistirene vengono aggiunti degli additivi espandenti come il pentano, favorendo la nascita dell’EPS, che si presenta in piccole palline dall’aspetto vetroso e di granulometria differente. Portando poi le palline ad una temperatura di circa 90 °C attraverso l’uso del vapore, il gas in esse contenuto, innesca la loro espansione volumetrica pari a 20 - 50 volte il volume delle stesse. Terminata la fase espansiva si passa alla sinterizzazione delle palline, che consiste, sempre attraverso l’impiego di vapore a 110 - 120 °C, nella capacità di agglomerarsi tra loro, con la possibilità di creare blocchi monolitici. L’EPS così prodotto viene impiegato in molteplici settori, quali quelli degli isolanti in edilizia, per la protezione degli oggetti durante le fasi di imballo, e nel settore alimentare per la produzione di contenitori di varie tipologie. Questo larghissimo impiego multisettoriale, porta alla creazione di una grande quantità di rifiuti che devono essere correttamente gestiti, avviandoli al riciclo, in quanto l’EPS può essere un prodotto circolare.Come si ricicla l’EPS con il sistema meccanico La prima criticità che si incontra parlando di riciclo dell’EPS è il suo volume in rapporto con il suo peso, due elementi che determinano costi per il deposito degli scarti e per il loro trasporto. Infatti è un materiale molto leggero, circa 15-25 Kg. /m3 e molto voluminoso. Per questi motivi la prima fase del riciclo dell’EPS risiede nella sua riduzione volumetrica, attraverso la frantumazione degli scarti per via meccanica, in modo da ricavare pezzi irregolari con dimensioni da 2 a 10 cm. Terminata la fase della frantumazione si passa a quella della macinazione, che consiste nell’impiegare mulini a martelli o mulini a coltelli con alberi controrotanti, che hanno la capacità di ridurre l’EPS alle dimensioni desiderate. In alternativa alla macinazione, gli scarti di EPS frantumati possono essere compattati con presse specifiche, così da ridurne in modo monolitico il volume, portando il peso specifico tra i 300 e gli 800 Kg/m3. Se si opta per la macinazione degli scarti si ottiene una materia prima che può essere utilizzata per le fasi di estrusione, creando poi un polimero cristallo granulare con una fluidità alta, intorno a 14-18, utilizzabile per lo stampaggio ad iniezione. Per estrudere l’EPS è necessario dotarsi di un impianto di alimentazione forzata in quanto il materiale è molto leggero, inoltre è consigliabile dotarsi di un impianto di degasaggio per togliere i gas presenti all’interno della struttura cellulare. Se gli scarti macinati o compattati provengono dalla raccolta differenziata, quindi post consumo, sul nastro trasportatore è consigliabile inserire un magnete che possa intercettare eventuali elementi metallici presenti nel macinato. Inoltre è sempre opportuno setacciare il macinato in modo da eliminare eventuali impurità costituite da legno, carta, elementi non ferrosi che non vengono intercettati dai magneti. Ci sono altri sistemi di riciclo non meccanici per l’EPS che possono essere elencati qui di seguito: • Sistema del cracking molecolare per via termomeccanica • Sistema a microonde e infrarossi che genera un processo pirolitico controllato • Sistema di dissoluzione liquida che permette il recupero dell’EPS non contaminato
SCOPRI DI PIU'A che punto è la ricerca e lo sfruttamento energetico e quali sono le potenzialità dell’energia rinnovabile? Solare, eolico, idroelettrico.Da qualche anno ci siamo accorti, in modo definitivo, che l’energia per muoverci, illuminare le nostre case, far funzionare gli impianti industriali e sostenere la rete informatica che regola la nostra vita, può non dipendere totalmente dal petrolio. Il tempo che abbiamo perso, in tutti i campi, per creare uno stile di vita circolare, si è ripercosso sul problema dei rifiuti, sull’inquinamento dell’aria e delle acque, sullo sfruttamento intensivo delle risorse delle terra che siano nelle sue viscere che sulla sua superficie. Oggi abbiamo la consapevolezza di dover trovare delle alternative al petrolio, anche se la politica vive, spesso, di inerzia decisionale e di pressioni lobbistiche quando si affronta questo argomento. Dal punto di vista scientifico si sono fatti passi avanti nelle tecnologie di creazione, immagazzinamento e distribuzione dell’energia elettrica proveniente dai settori eolici, solare e idroelettrico. Ma serve sicuramente più energia a disposizione e a costi bassi, se vogliamo arrivare a sostituire completamente le fonti fossili che hanno una scadenza temporale di disponibilità. Anche l’oceano (o il mare) rientra in questa possibile fonte energetica di cui si sa poco e il cui sfruttamento è, per ora, molto marginale, ma che da ottime speranze di riuscire a catturare l’enorme quantità di energia che i moti ondosi, le correnti, le differenze del gradiente salino e le temperature delle acque generano. Gli scienziati hanno calcolato che sarebbe possibile ricavare dagli oceani un valore energetico pari a 2 Terawatt, che corrisponde a circa il consumo totale di energia che produce il pianeta. Ma come si genera l’energia e come è possibile utilizzarla? Dobbiamo considerare, per esempio, che le onde sono la più grande fonte di energia rinnovabile disponibile, con una densità energetica elevata, superiore a quella del sole e del vento. Inoltre, il moto che genera energia non è saltuario ma regolare e prevedibile, con un’estensione geografica diffusa. Esistono, allo stato attuale, degli studi fatti dall’università di Torino negli anni passati che hanno portato alla costruzione di apparecchiature sperimentali, in collaborazione con l’ENI, che consistono in due giroscopi che convertono il moto ondoso in energia elettrica. Su questi apparecchi è possibile istallare anche dei pannelli fotovoltaici creando un sistema ibrido inerziale. La caratteristica di queste macchine, chiamate Iswec, è quella di adattarsi alla direzione delle correnti e delle onde, per sfruttare al massimo l’energia che esse producono. In termini di potenza nominale, sono macchine che sono state progettate per creare circa 50 Kw di energia in presenza di un’onda di almeno 1,5 metri. Tra i tanti effetti negativi che il riscaldamento globale sta imprimendo al nostro pianeta, uno può essere considerato positivo. Si è scoperto che l’aumento delle temperature in atmosfera incrementerà l’energia delle onde. Secondo uno studio di Nature Communications, pubblicato il 14 Gennaio 2019, l’altezza delle onde dal 1948 ad oggi ha avuto in incremento dello 0,4%. Iswec, non è l’unico esperimento che l’uomo ha fatto nel tentativo di sfruttare l’energia prodotta dal mare, infatti i primi studi risalgono al secolo scorso ma sono naufragati a causa della difficoltà ad operare nell’ambiente marino, delle tecnologie non all’altezza e dei costi allora proibitivi. Nel corso della crisi energetica tra il 1973 e il 1974, questi studi sono stati ripresi con lo scopo di trovare soluzioni tecniche ed economiche compatibili con i costi delle fonti energetiche fossili. Si dovrà però aspettare fino al 2000, quando entrò in funzione il primo impianto, collegato ad una rete di utenze, che generava 500 Kw ma poi venne smantellata nel 2012. Così anche l’impianto portoghese, nel nord del paese, entrato in funzione nel 2008, che aveva una capacità di 2,25 Megawatt, durò soli pochi mesi a causa di numerosi problemi tecnici e forse anche economici. Un altro interessante esperimento di generazione energetica in mare è stato effettuato nel 1996 alle Hawaii, costruendo una centrale che frutta la differenza di temperatura tra le acque di superficie e quelle profonde, che può arrivare anche a 25 gradi. Dopo anni di studi e tentativi, sembra che entro il 2050 si potrebbero installare nel mondo impianti che sarebbero in grado di generare energia elettrica pari a 350 Terawatt/ora dalle maree e dalle onde. L’idea sarebbe quella di posizionare le centrali energetiche al largo, dove le onde sono massime, considerando che la superficie degli oceani è pari al 71% di quella terrestre, quindi si potranno avere fonti energetiche diffuse in tutti i continenti senza limitazione di spazio.Vedi maggiori informazioni
SCOPRI DI PIU'Porsi il problema di come trattenere le migliori risorse umane è indice di attenzione verso la propria aziendaIl mondo del lavoro si sa è sempre stato fluido, sia in situazioni di prosperità che di crisi, in quanto sono sempre le persone che traghettano le aziende, in qualsiasi condizione si trovi il mare, calmo o tempestoso. Se da un lato le professionalità meno qualificate o meno collaborative sono un po' in balia delle situazioni economiche interne ed esterne, quelle potenzialmente migliori possono essere una risorsa in qualsiasi condizione si possa trovare l’azienda. Ma i futuri leaders sono capricciosi, attenti alle dinamiche interne, ambiziosi, sono facilmente disposti a sgomitare, ma anche a sacrificarsi infondendo all’azienda spinte importanti. Sono sempre un po' irrequieti, giudicano e fanno paragoni, mettono sotto esame i collaboratori e i diretti superiori, possono essere fuori dagli schemi e assetati di sfide, sono dinamici e competitivi. Sono persone ricche di potenzialità, ma devono avere un contesto lavorativo che li comprenda, li faccia crescere, gli dia soddisfazioni e riconoscimenti, costantemente nel tempo, perché sono un po' narcisi. I managers da cui dipendono devono accorgersi delle loro potenzialità e devono saper valutare, caso per caso, i rischi di perderli, perché queste figure professionali cercano soddisfazioni nel mercato. Non tutte sono uguali e non tutte sono alla ricerca di affermazioni con la stessa intensità. C’è chi cerca la progressione del proprio stipendio come autocertificazione delle proprie qualità professionali, chi cerca maggiori responsabilità, chi cerca entrambi, chi un percorso di formazione manageriale di alto livello. Tutte aspettative che non si possono soddisfare sempre con il vecchio adagio dell’incremento di stipendio, in quanto non tutti lo mettono in cima alle proprie priorità, anzi direi che se un manager punta solo su quello può incorrere in diversi rischi. Come si sa, gli ambiziosi che rincorrono salari sempre più alti e ne fanno una priorità della loro vita lavorativa, difficilmente si accontentano, nel tempo, dei gradini che hanno raggiunto. Sono gli elementi più difficili da trattenere in quanto hanno, normalmente, un ego piuttosto importante e la soddisfazione del raggiungimento di un aumento, muore dopo poco tempo, in quanto l’aumento stesso certifica in loro il riconoscimento della “necessità” dell’azienda nel trattenerlo. Si possono sentire indispensabili e riconosciuti come elementi importanti e quindi ne possono fare una questione di continua trattativa con l’azienda, sondando anche il mercato per valutare quando o come richiedere il prossimo aumento. Le risorse umane che cercano maggiori responsabilità sono quelle che ricavano dal proprio lavoro una soddisfazione personale, alimentano la loro autostima nella consapevolezza del loro ruolo nella società. Si riconoscono utili, ma non per forza indispensabili, al progresso dell’azienda e considerano le loro competenze un collante nei rapporti con la società, ricercando all’interno della stessa, o sul mercato se non ve ne fossero le opportunità, posizioni di prestigio. Sono persone normalmente meno impulsive, più equilibrate, ma sempre ambiziose e necessitano di trovare quello che cercano, in un arco di tempo ragionevole, difficilmente barattano il loro futuro e, se delusi, sono disposti a rivolgersi al mercato. Esistono poi elementi che cercano uno sviluppo professionale legato al miglioramento delle competenze manageriali, che sono disposti a barattare delle affermazioni economiche nel breve-medio periodo con un percorso di formazione, anche internazionale, che possa diventare un biglietto da visita indiscutibile per il futuro. Anche queste sono figure professionali che si possono perdere facilmente se, assunti, non gli si offre un percorso di crescita di un livello importante, con il conseguente rischio di perderli in breve tempo. Come abbiamo visto le risorse umane da assumere o presenti in azienda hanno esigenze diverse e i managers, se vogliono trattenerli in azienda devono incominciare a capire come sono di carattere, quali siano le loro ambizioni e quali strade da prendere, per creare loro un clima di soddisfazione per trattenerli.
SCOPRI DI PIU'