I Rifiuti RAEE sono tra quelli meno riciclati ma con più alto valore aggiuntodi Marco ArezioProviamo a pensare quanti telefonini ci passano nelle mani nel corso della nostra vita, quante volte portiamo a riparare un ferro da stiro e ci viene detto, non ne vale la pena buttalo e compratene un altro. Facciamo scorrere i pensieri nella nostra mente e mettiamo a fuoco quante volte abbiamo sostituito un computer, un asciugacapelli, una stampante e molti altri elettrodomestici che sono invecchiati prematuramente o perché volevamo l’ultimo modello dell’anno. Il frutto negativo del nostro benessere porta alla creazione di milioni di tonnellate di rifiuti nel mondo che restano, ad oggi, di difficile gestione se comparati con altri rifiuti di più facile riciclo. Ma i cosiddetti RAEE, sono in realtà di altissimo valore se fossimo capaci di estrarre i componenti preziosi che contengono, parliamo di oro, argento, palladio e rame, solo per fare qualche esempio. Invece, la maggior parte delle volte finiscono in discarica, o vanno ad alimentare il riciclo clandestino in paesi poveri, con implicazioni ambientali e di salute per i lavoratori molto serie. In Italia, Iren Ambiente, una società del gruppo Iren, realizzerà un impianto per il trattamento dei rifiuti RAEE, con lo scopo di estrarre tutti i materiali preziosi che i rifiuti elettrici ed elettronici contengono. L'impianto effettuerà due fasi di lavoro: la prima dedicata al disassemblaggio delle schede, la seconda alla separazione e affinazione dei metalli preziosi tramite un processo idrometallurgico. Il processo, oggetto di un articolo comparso qualche settimana fa sul portale del riciclo rMIX, avrà un ciclo di lavoro con un basso impatto ambientale e un dispendio contenuto di CO2, rispetto alla tradizionale estrazione di minerali preziosi in miniera. L’impianto di lavorazione dei RAEE, con l’estrazione dei metalli preziosi, sarà collocato in Toscana e dovrebbe essere operativo nella seconda metà del 2023, con il preciso scopo di favorire la filiera delle lavorazioni orafe attive nella regione. Categoria: notizie - RAEE - economia circolare - riciclo - rifiuti - metalli preziosi
SCOPRI DI PIU'La sua associazione, nata nel 1892, ha anticipato di quasi un secolo il WWF, Greenpeace e molte altre sigledi Marco Arezio"Nessun tempio fatto dalle mani umane può competere con Yosemite", e "lo Yosemite è il più grande di tutti i templi della Natura." John Muir era un uomo testardo, precursore in tempi non sospetti, della necessità di preservare la natura, senza compromessi e senza piegarsi alle logiche del denaro. Un amante fedele delle montagne americane, in particolar modo della valle dello Yosemite, nell’area montuosa della Sierra Nevada, dove Muir scoprì un paradiso naturale, già allora messo in pericolo dallo sfruttamento dei suoi prati per l’allevamento. John Muir nasce a Dunbar, sulla costa Scozzese, non lontano da Edimburgo il 21 Aprile del 1828 ed emigrò negli Stati Uniti, con la sua famiglia, nel 1849 con l’intento di aprire una fattoria che desse sostentamento e benessere a tutti. Frequentò l'Università del Wisconsin-Madison, ma rimase folgorato dalle lezioni di botanica e decise di percorrere un viaggio a piedi, di migliaia di chilometri, dall’Indiana alla florida negli anni 1866-67. Nel Marzo del 1868 venne a conoscenza di un luogo chiamato Yosemite e volle visitarlo, creando in lui uno stupore così grande da convincerlo a ritornarci in modo stabile, trovando un’occupazione presso le ferrovie locali. Nel 1880 sposò Louisa Wanda Strentzel ed entrò stabilmente nel ranch di famiglia in cui lavorò in modo continuativo, proseguendo ad occuparsi attivamente anche della protezione della natura. Il 30 Settembre del 1890 riuscì a far promulgare una legge, per la tutela ambientale, inserendo l’area dello Yosemite come zona di interesse naturalistico nazionale, facendo così costituire il parco nazionale dello Yosemite Valley, sotto il controllo dello stato della California. Due anni più tardi, nel 1892, John Muir, costituisce l’associazione ambientalista Sierra Club, di cui divenne il primo presidente, carica che mantenne fino alla sua morte nel 1914. Nella sua vita fu un vero combattente nella difesa integrale delle aree montane, tanto che fu costretto più di una volta a scomodare amicizie influenti, come il presidente degli Stati Uniti Roosevelt, per tentare di bloccare progetti che potessero modificare l’habitat naturale. Oltre all’avanzare delle ferrovie, in quell’epoca venne progettata la costruzione di una diga sul fiume Toulumne, che avrebbe permesso di creare una riserva d’acqua per la città di San Francisco, comportando però lo scavo e l’allagamento della valle di Hetch Hetchy, che Muir paragonò per bellezza alla Yosemite Valley. Attraverso l’associazione Sierra Club diede battaglia legale per fermare il progetto, esortando il presidente degli Stati Uniti a bloccare l’iniziativa. Le cause legali si susseguirono negli anni, ma con l’elezione del nuovo presidente americano, Woodrow Wilson, Muir perse la battaglia e la costruzione della diga si tramutò in legge il 19 Dicembre 1913. I sostenitori del Sierra Club ricorderanno la morte di Muir, avvenuta l’anno successivo nel 1914, come conseguenza del dolore, che gli spezzò il cuore, per aver perso la sua battaglia ambientalista, ma clinicamente morì per una polmonite. John Muir operò in periodo in cui l’industrializzazione, la chimica e lo sviluppo demografico ed economico non aveva ancora creato un abbraccio di morte con la natura, ma lui capì, quasi un secolo prima che nascessero le più conosciute sigle ambientaliste moderne, a partire dal WWF o da Greenpeace e molte altre, che la natura va protetta senza compromessi.
SCOPRI DI PIU'Come il mercato e la politica stanno cambiando il mercato del riciclo della plasticadi Marco ArezioIl mercato del riciclo della plastica, e le sue imprese, stanno soffrendo sotto il fuoco incrociato di amici, veri o presunti e di nemici dichiarati, con la conseguenza che un intero comparto dell’economia circolare rischia di sparire o ridursi notevolmente con tutte le implicazioni ambientali che possiamo immaginare. I riciclatori sono gente un po' controcorrente, hanno iniziato la loro attività raccogliendo la plastica che veniva gettata come rifiuto dalla società, visti un po' come un comparto sporco, povero e senza importanza. Hanno trasformato questo business da poveri in un mercato maturo economicamente, tecnologicamente ed ecologicamente virtuoso, molto prima che i nomi altisonanti della filiera produttiva se ne attribuisse i meriti. Hanno sopportato gli sterili attacchi dell’opinione pubblica, invaghita dei messaggi sull’abolizione della plastica che cavalcava la crociata contro il mare inquinato, come se fosse colpa della plastica e non di chi la disperde nell’ambiente. Hanno continuato a riciclare, dare lavoro, pagare le tasse e ripulire il pianeta, in silenzio, con ostinata convinzione che fossero sulla strada giusta, nonostante tutto. Ma quando le loro attività hanno assunto una dimensione importante nel mercato della plastica, dopo grandi investimenti, fatica, studi e progressi, si sono trovati difronte a ostacoli difficili da sormontare: • Il prezzo delle materie prime vergini è crollato ad un punto per cui alcune materie prime riciclate costano di più di quelle vergini, con la conseguenza del crollo della domanda. • A causa della riduzione di redditività del comparto del riciclo gli investimenti rimangono limitati e il rifiuto plastico sul mercato non trova sempre la giusta collocazione. • I costi per il ciclo del riciclo rimangono elevati, anche a causa dell’alto costo dell’energia, impedendo un maggiore ampliamento delle vendite della materia prima. • La competizione di prezzo con le materie prime vergini non imprime una spinta all’economia circolare nei paesi in via di sviluppo con conseguenze ambientali negative. • Una carenza politica diffusa a supporto del riciclo delle materie plastiche che impongano l’uso della plastica riciclata sempre più ampia nei prodotti in cui è possibile usarla. • Una mancanza di sostegni economici al comparto del riciclo che gli permetta di sostenersi e di compiere quell’opera sociale e ambientale di cui i cittadini hanno diritto. Ma risolvere questi problemi non esaurisce i compiti per arrivare all’applicazione della circolarità dei rifiuti plastici, se non si spinge ulteriormente sul riciclo chimico, per quella percentuale di plastica non riciclabile, sulla creazione di imballi al 100% riciclabili e sull’energia rinnovabile che deve essere a disposizione dell’industria a costi contenuti.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti Vedi maggiori informazioni sul riciclo
SCOPRI DI PIU'Il problema delle bolle di calore nelle città fortemente cementificate, ha bisogno di risposte tecnico-politiche efficacidi Marco ArezioLe estati, sempre più roventi, stanno portando, soprattutto nelle città, un livello di temperatura molto elevato e distribuito, non solo nelle ore diurne, ma anche durante la notte, rendendo invivibile la vita ai cittadini.Urbanistica e calore urbano L’urbanizzazione delle città storiche, ha visto la crescita di edifici abitativi e attività commerciali in nuclei sempre più stretti tra loro, erodendo il tessuto verde per far posto alla cementificazione continuativa. Oltre alla costruzione di edifici, anche di grandi dimensioni e molto vicini tra loro, se addirittura in una sorta di continuità edificativa, si è provveduto a pavimentare le strade, i parcheggi e le arre di collegamento tra un complesso e l’altro, con elementi impermeabili e assorbenti il calore come l’asfalto. In un contesto di cambiamento climatico, dove le ondate di calore colpiscono duro i centri abitati, la tipologia urbanistica e costruttiva odierna è del tutto inadeguata ad attenuare i fenomeni estremi. Strade ed edifici si caricano di calore durante il giorno, per poi restituirlo dalle ore serali in tutta la sua veemenza, impedendo una tregua dalla calura al calar del sole. La progettazione di soluzioni a queste problematiche, vede la necessità di ridurre le aree impermeabili che trattengono e rilasciano il calore, come da depavimentazione da asfalto o coperture stradali continue, per aumentare le aree verdi, le superfici drenanti al fine di mitigare l’effetto dell’accumulo di calore. Cosa è la depavimentazione urbana La depavimentazione urbana è un concetto che riguarda la rimozione di pavimentazioni in aree urbane per scopi specifici. L'obiettivo principale di questa pratica è quello di riqualificare spazi urbani per migliorare la qualità della vita delle persone, aumentare la sostenibilità ambientale e creare aree più piacevoli e funzionali per la comunità. Questo processo può riguardare diverse azioni: Rimozione di pavimentazioni asfaltate o cementate, come, strade, parcheggi e piazze che sono coperti da asfalto o cemento. Il lavoro comporta la rimozione di queste superfici dure e impermeabili, restituendo alla zona uno stato più naturale e permeabile.L’asportazione di queste sovrastrutture può essere utilizzata per creare parchi, giardini e spazi verdi in aree precedentemente pavimentate. Questi spazi possono favorire la biodiversità, migliorare la qualità dell'aria e fornire un ambiente più salutare per gli abitanti della città.La rimozione di pavimentazioni impermeabili può contribuire a prevenire allagamenti e migliorare il drenaggio delle acque piovane, permettendo loro di essere assorbite dal suolo e ricaricare le falde acquifere. Inoltre, le superfici impermeabili assorbono e trattengono il calore, contribuendo all'effetto noto come "isola di calore urbana". Rimuovendo alcune pavimentazioni continue e d impermeabili, è possibile migliorare il comfort termico delle zone urbane. Come risolvere il problema delle isole di calore urbane Il problema delle isole di calore urbane può essere affrontato adottando diverse strategie, tra cui la depavimentazione urbana svolge un ruolo importante. Ci sono diversi aspetti da affrontare per favorire questo fenomeno: Rimuovere parti di pavimentazione e sostituirle con spazi verdi, come parchi, giardini e aree alberate, può contribuire a ridurre l'accumulo di calore nelle città. Le superfici verdi assorbono meno calore rispetto al cemento e all'asfalto, fornendo un ambiente più fresco. Utilizzare coperture vegetali su edifici (tetti verdi) o materiali a bassa capacità termica (tetti freschi) può ridurre l'assorbimento di calore e aiutare a raffreddare gli edifici e le aree circostanti. Promuovere la mobilità sostenibile riducendo il traffico veicolare e creando aree pedonali e piste ciclabili può diminuire le emissioni di calore generate dai veicoli e ridurre l'effetto dell'isola di calore. Le decisioni di pianificazione urbana possono influenzare l'intensità dell'isola di calore. Ad esempio, aumentare la densità di edifici e ridurre gli spazi aperti può aumentare l'effetto dell'isola di calore, mentre una pianificazione oculata può promuovere una migliore circolazione dell'aria e una maggiore presenza di aree verdi. Utilizzare materiali più chiari e riflettenti per pavimentazioni e coperture può aiutare a ridurre l'assorbimento di calore. Allo stesso tempo, promuovere superfici permeabili può facilitare il drenaggio delle acque piovane e ridurre il surriscaldamento. Inoltre, alcune città stanno sperimentando sistemi di raffreddamento urbano, come l'utilizzo di acqua riciclata o impianti di raffreddamento evaporativo per ridurre le temperature nelle zone densamente popolate. Infine, è possibile proteggere e ampliare le aree naturali circostanti, contribuendo a mantenere un microclima più favorevole e ridurre l'impatto dell'urbanizzazione sul riscaldamento. Perché le pavimentazioni impermeabili assorbono e rilasciano il calore più di quelle permeabili Le pavimentazioni impermeabili e permeabili influenzano l'effetto delle isole di calore urbano in modo significativo. Vediamo come funzionano e quali sono le differenze tra queste due tipologie di pavimentazione: Pavimentazioni Impermeabili Le pavimentazioni impermeabili, come l'asfalto e il cemento, hanno una bassa capacità di assorbire l'acqua. Quando il sole colpisce queste superfici, esse riscaldano notevolmente, assorbendo il calore e accumulandolo. Di conseguenza, durante le giornate calde, queste superfici possono diventare estremamente calde, contribuendo all'effetto di riscaldamento dell'isola di calore urbano. Inoltre, l'acqua piovana scorre rapidamente sulle pavimentazioni impermeabili, accumulando in modo limitato e creando problemi di allagamento e scarico nelle città. Pavimentazioni Permeabili Le pavimentazioni permeabili, come il pavimento in porfido, mattoni porosi, calcestruzzo poroso, i grigliati in plastica e cemento e molti altri prodotti, consentono all'acqua di penetrare attraverso la loro superficie e raggiungere il suolo sottostante. Questo tipo di pavimentazione ha una capacità di drenaggio superiore rispetto alle pavimentazioni impermeabili, consentendo all'acqua piovana di essere assorbita nel terreno, ricaricando le falde acquifere e riducendo il rischio di allagamenti. Inoltre, le pavimentazioni permeabili riflettono meno calore rispetto a quelle impermeabili, poiché l'acqua presente sulla superficie evapora e raffredda l'ambiente circostante. Riduzione del Calore Urbano Le pavimentazioni impermeabili contribuiscono all'effetto di riscaldamento delle isole di calore urbano, mentre le pavimentazioni permeabili possono aiutare a ridurlo. La presenza di pavimentazioni permeabili aumenta la quantità di evaporazione dell'acqua e favorisce una migliore circolazione dell'aria, aiutando a raffreddare l'ambiente circostante. Inoltre, le aree verdi, come i parchi e i giardini, che spesso includono pavimentazioni permeabili, contribuiscono ulteriormente a ridurre il calore urbano attraverso il processo di traspirazione delle piante e l'ombreggiamento. Quali sono i progetti più importanti di depavimentazione urbana Non esistono ancora molti progetti di depavimentazione urbana su vasta scala, ma ci sono stati alcuni progetti pilota e iniziative locali interessanti. Ecco alcuni esempi di progetti di depavimentazione urbana significativi: Progetto Depave Portland, Oregon, USA Il progetto Depave si concentra sulla rimozione di pavimentazioni impermeabili per creare spazi verdi nelle aree urbane di Portland. L'iniziativa mira a creare parchi e giardini, nonché a prevenire inondazioni e proteggere l'ecosistema locale. Progetto Sponge City – Cina Le Sponge Cities sono un progetto sperimentato in diverse città cinesi, come Shanghai e Chengdu, per affrontare problemi di inondazioni e gestione delle acque. Questi progetti incorporano la depavimentazione urbana attraverso l'uso di pavimentazioni permeabili, aree verdi e sistemi di raccolta delle acque piovane per prevenire allagamenti e migliorare la gestione delle risorse idriche. Progetto Green Infrastructure - Città Europee Diverse città europee stanno implementando progetti di green infrastructure che includono la depavimentazione urbana. Ad esempio, Copenaghen in Danimarca ha creato piste ciclabili, aree verdi e parchi su ex parcheggi e strade asfaltate per promuovere uno stile di vita più sostenibile e ridurre l'impatto delle isole di calore. Progetto Raining Street - Tokyo, Giappone A Tokyo, è stato lanciato il progetto "Raining Street" che mira a promuovere l'uso dell'acqua piovana per scopi diversi, come il raffreddamento urbano e l'irrigazione. Ciò include la depavimentazione di alcune aree per consentire il drenaggio dell'acqua piovana e il suo riutilizzo. Progetto Urban Heat Islands - Melbourne, Australia Melbourne ha avviato diverse iniziative per affrontare gli effetti delle isole di calore urbane, tra cui la depavimentazione per creare spazi verdi e piste ciclabili e l'utilizzo di materiali a bassa capacità termica per le coperture degli edifici. Progetto Growsmart - Boston, Massachusetts, USA Growsmart è un programma di depavimentazione urbana avviato a Boston per trasformare ex parcheggi e spazi pavimentati in parchi e aree verdi pubbliche. L'iniziativa mira a migliorare la qualità della vita, la salute e la sostenibilità della città.
SCOPRI DI PIU'Nuovi compounds con carbonio elettricamente conduttivi per batterie flessibilidi Marco ArezioIl mondo della ricerca industriale è freneticamente al lavoro per poter costruire nuove batterie con capacità prestazionali sempre maggiori, studiando nuovi polimeri e nuovi elementi flessibili. I campi di applicazione sono i più svariati: dalla mobilità sostenibile, agli impianti di generazione di energia pulita fino ad arrivare ai piccoli apparecchi che utilizziamo tutti i giorni. L’imperativo è riuscire a concentrare in una batteria la massima durata, il più basso tenore possibile di composti inquinanti, la massima potenza possibile, in funzione delle dimensioni, e infine la praticità d’uso. I ricercatori, in questo caso, si sono spinti molto in là, studiando e progettando una batteria totalmente flessibile che si possa adattare a nuovi usi, forse ancora impensabili. Come riporta la rivista Advance Material, i ricercatori del politecnico di Zurigo hanno messo a punto una batteria molto sottile che può essere piegata, arrotolata, schiacciata senza mai perdere il potere di trasmissione della corrente. Questa novità può essere utilizzata in apparecchiature piccole, di uso comune, ma anche in oggetti decisamente sottili come gli abiti da lavoro e per lo svago. Il cuore di questo prodotto è costituito da un polimero composito flessibile, contenente anche carbonio e quindi elettricamente conduttivo, che compone i due collettori per il catodo e l’anodo e la struttura esterna della batteria. L’interno è costituito da scaglie d’argento sovrapposte in modo tale che si possano adattare alla flessibilità dei movimenti dell’elastomero con cui la batteria è stata progettata, garantendo così il passaggio di corrente anche in condizioni elastiche. Inoltre, su catodo e anodo, si sono posizionati delle polveri di litio-ossido di manganese e ossido di vanadio. Per quanto riguarda l’elettrolita, quell’elemento che permette il passaggio degli ioni di litio, sia durante la fase di utilizzo dell’energia sia in fase di ricarica, è stato costituito con un gel a base di acqua contenente sale di litio che è risultato meno inquinante di altri elementi presenti nelle batterie attuali.Categoria: notizie - tecnica - batterie - polimeri
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