Hanno contrastato e cercato di controllare il mercato del riciclo ed ora sembrano i professori dell’ambiente di Marco ArezioIl gruppo di società attive nella chimica derivante dal petrolio si sono riunite in un gruppo di lavoro e stanno utilizzando i canali di comunicazione attraverso i social e internet per divulgare il loro verbo. Come si sa, queste società, sono pesantemente contestate in tutto il mondo dagli ecologisti che le reputano le maggiori responsabili dello stato di profondo inquinamento in cui versa il pianeta e le principali devastatrici delle risorse naturali disponibili sulla terra. Sicuramente il punto di non ritorno che ha costretto l’Alleanza a darsi un’immagine diversa da quella che gli ecologisti gli hanno sempre attribuito è stato la nascita del movimento, diffuso in tutto il mondo, che ha sollevato il problema della situazione in cui versano gli oceani, i mari, i fiumi. Un inquinamento visibile alla popolazione a cui in qualche modo devono dare risposta essendo loro la fonte da cui parte il ciclo della plastica. Non tutti la pensano ovviamente come gli ecologisti e non tutti vedono le società che compongono l’Alleanza come il diavolo sulla terra. In realtà per dirla con un motto “non si può colpevolizzare la pianta del tabacco se ti è venuto un tumore ai polmoni fumando”. I produttori di polimero vergine hanno sicuramente creato una domanda sul mercato e hanno offerto prodotti che i consumatori hanno, per cinquant’anni, comprato volentieri in quanto la plastica dava degli indubbi vantaggi rispetto ad altri prodotti in circolazione. Restando a considerare il problema in un’area molto ampia possiamo dire che vi sono altri prodotti, considerati inquinanti o potenzialmente mortali, che conosciamo tutti, ai quali non stiamo facendo, a livello di opinione pubblica, una guerra senza quartiere. Mi riferisco, per esempio, ai carburanti fossili per la circolazione, o per la produzione di energia, che giorno dopo giorno uccidono a causa delle loro emissioni. La differenza sta che l’inquinamento dell’aria è molto meno visibile e comunicativo rispetto alle isole di plastica nei mari o agli animali che muoiono per la plastica ingerita. Probabilmente l’Alleanza vede questa operazione come una normale attività di marketing che porterà consenso o eviterà di non perderne troppo, al fine di consolidare i fatturati delle loro attività. Che ci sia da parte dell’Alleanza, interesse vero sulle conseguenze della plastica nei mari, sarà da vedere nel tempo. Quello che è certo che le aziende fanno business e non beneficenza, quindi, l’opinione pubblica si deve rendere conto che, con i propri comportamenti commerciali, può incidere sul fatturato delle stesse prima che ci impongano una linea sui consumi. Questo non è solo applicabile alle società dell’Alleanza ma a tutte quelle che possono incidere negativamente sull’ambiente, anche se in regola con le normative governative in fatto di inquinamento. Ghandi predicava la non violenza, ma con questo non si può dire che non sia stato un uomo determinato e testardo, infatti ha creato un movimento pacifista mondiale che aveva una capacità di pressione molto elevata. Se prendiamo spunto, con tutto il rispetto che si deve a Ghandi, dalla sua attività, provate a pensate se la popolazione mondiale un giorno si svegliasse e decidesse che un tale modello di auto, un bicchiere per il caffè, o la deforestazione per aumentare la produzione di carne, per fare solo alcuni esempi, non siano più onestamente in linea con i principi della conservazione del pianeta e della sopravvivenza naturale della vita. Cosa pensate che possa succedere se si dovessero sospendere i consumi di un prodotto o di un altro? Nessun politico può imporvi di bere il caffè in un bicchiere che non vi piace più, nessuna società può influenzare gli acquisti se la popolazione non vuole farlo. Siamo sicuramente noi padroni del nostro destino, quindi non serve fare la guerra a chi produce prodotti o servizi che comportano un danno alla salute di tutti, quindi anche alla tua, basta non comprate o non usare più quel prodotto/servizio. Senza estremizzare basterebbe ridurre i consumi in modo convincente per portare alla ragione chi non vuole ascoltare. Il problema dell’inquinamento, oggi, non è solo la plastica, quindi bisogna ripensare il nostro modello di vita e investire sicuramente in cultura ed istruzione per rendere autonome le menti delle persone che, per il loro stato culturale, sono gli elementi più influenzabili ai quali imporre scelte attraverso la persuasione o la bugia. Vedi maggiori informazioni sulla comunicazione green
SCOPRI DI PIU'Nel controllo qualitativo delle materie plastiche riciclate, riveste grande importanza il test di laboratorio sulla trazionedi Marco ArezioQuando ci approcciamo alla produzione di un manufatto plastico, abbiamo bisogno di raccogliere una serie di informazioni per quanto riguarda la qualità e le caratteristiche della materia prima riciclata che dobbiamo utilizzare.E’ necessario acquisire dati certi sulla composizione della materia prima, attraverso tests di laboratorio come il DSC, la densità, la fluidità, la presenza di cariche, l’umidità e altre ancora, ma ci sono anche delle informazioni che riguardano la meccanica della materia prima. Queste ci aiutano a sapere come si comporterà il prodotto finito quando sarà sottoposto a sollecitazioni di tipo meccanico, come la trazione, la flessione, il taglio o la compressione. Ogni volta che applichiamo una forza ad un corpo questo tende a deformarsi, a volte anche in modo impercettibile all’occhio umano, come risposta alla sollecitazione ricevuta. Se il corpo, al termine della sollecitazione ritorna nella condizione primaria, questa deformazione viene definita elastica. In questo tipo di deformazione tutto il lavoro fatto per deformare il pezzo viene immagazzinato sotto forma di energia elastica che viene poi restituita una volta eliminata la sollecitazione. I tests di laboratorio servono per capire in anticipo, cioè prima che il prodotto venga realizzato, quale sarà in comportamento elastico del corpo e quali saranno i suoi limiti meccanici. Tuttavia bisogna tenere presente che comportamento di un materiale reale può essere diverso da quello idealmente elastico: la presenza di grandi deformazioni porta infatti a una risposta di tipo plastico del materiale. Ma come avviene in laboratorio una prova di trazione su un provino di materiale plastico riciclato? Innanzitutto è necessario creare dei provini secondo le normative vigenti, che avranno una forma tipica ad osso di cane, ed avranno dei parametri geometrici e dimensionali precisi. I campioni preparati, ottenuti dallo stampaggio a iniezione, secondo la norma UNI EN ISO 527, devono essere esenti da torsione e devono avere coppie di superfici parallele, bordi privi di incisioni, difetti, infossature superficiali o bave, con una lunghezza totale di 149 mm. e uno spessore di 4 mm. La macchina di laboratorio, rappresentata da un estensimetro, misurerà graficamente e analiticamente la deformazione del campione sottoposto ad esame e ci darà le indicazioni del futuro comportamento del prodotto che vorremmo realizzare. Questo dato, insieme agli altri indispensabili indicatori, ci fotografano in modo approfondito la tipologia di materia prima che utilizzeremo e ci aiuteranno a compiere eventuali correzioni sia sulla miscela che, eventualmente, sul processo di produzione. Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - test di trazione - qualità
SCOPRI DI PIU'Piccoli suggerimenti per migliorare lo stampaggio a iniezionedi Marco ArezioAbbiamo già affrontato negli articoli presenti sul portale, alcuni argomenti riguardanti i difetti che si creano in fase di stampaggio, e le soluzioni che si suggeriscono, sia per quanto riguarda la gestione degli stampi, che per i difetti che si possono riscontrare sul prodotto finito. Come sapete lo stampaggio delle materie plastiche è una scienza imperfetta in quanto il buon esito del lavoro di stampaggio è influenzato da una quantità davvero importante di fattori. Possiamo partire dalla tipologia della macchina, dai suoi componenti e dal loro stato di usura, dalla progettazione dello stampo e dal suo mantenimento in buone condizioni, dalle materie prime utilizzate, con particolare attenzione a quelle rigenerate, alla regolazione dei parametri macchina e stampo. Tutte queste cose messe insieme vanno, alla fine, ad influire sul buon esito del lavoro e, con esso, sul buon esito finanziario del vostro lavoro. Infatti, anche questo aspetto, che forse i tecnici puri trascurano, è da tenere in considerazione tanto quanto la qualità e la tecnica in produzione. Vediamo brevemente alcuni difetti che possono capitare frequentemente: Striature sulle pareti dei prodotti Sono dette anche linee di flusso che comprendono strisciate, macchie e colorazioni differenti che possono essere causate dal profilo di raffreddamento e del percorso che compie la plastica per raggiungere le parti dello stampo. Ci sono alcuni modi per ovviare a questo inconveniente che riguardano l'aumento della velocità di iniezione per migliorare il riempimento delle cavità, oppure lo smorzamento di alcune angolature dello stampo in cui passa il flusso. Piccole cavità sulle superfici dei prodotti Si formano normalmente sulle pareti dei prodotti delle piccole depressioni o avvallamenti specialmente nelle aree dove lo spessore è maggiore o dove il flusso subisce dei restringimenti. In questi casi si consiglia di ridurre la temperatura dello stampo, aumentare la pressione di iniezione e il tempo di stampaggio per migliorare la polimerizzazione e il raffreddamento. Se fosse possibile, al fine di migliorare il raffreddamento, si consiglia di ridurre lo spessore delle pareti ove il manufatto lo consenta. Vuoti Se precedentemente abbiamo parlato di piccole cavità o piccoli avvallamenti che si possono riscontrare sulle superfici qui possiamo parlare di veri e propri vuoti caratterizzati da un'incompleta finitura della parete. Il motivo per cui si creano questi vuoti possono essere molteplici. Normalmente sono originati da sacche d'aria che si oppongono al buon deflusso dell'impasto nello stampo, le cui cause si possono riscontrare in un'eccessiva presenza di gas all'interno, formato per esempio dalla degradazione del polimero nella vite della macchina, che non viene correttamente sfogato. Cosa che può capitare facilmente se si utilizzano polimeri composti, come il PP/PE e non si tiene in giusta considerazione il rapporto tra temperatura di estrusione e composizione del materiale. Un'altra causa potrebbe essere l'eccessiva viscosità della materia prima utilizzata su cui si può intervenire con una idonea scelta della fluidità del prodotto. Anche il mantenimento del corretto allineamento dello stampo in fase di iniezione può aiutare a ridurre queste problematiche. Delaminazione delle superfici Può capitare che le pareti del prodotto stampato presentino piccoli strati che si possono sfogliare. Le cause sono da attribuire, tra gli altri, ad alcuni fattori quali l'eccessiva presenza di umidità o l'utilizzo di polimeri rigenerati nei quali sono presenti polimeri con gradi di fusione diversi dal principale. E' sempre consigliabile, specialmente se si usano granuli rigenerati, asciugarli in silos prima di metterli in macchina. Inoltre la corretta scelta dei granuli riciclati passa dalla conoscenza del DSC dei polimeri che si usano, in quanto, maggiore è la percentuale di polimeri con gradi di fusione diversa, maggiore è la possibilità di creare stress termici nei polimeri. Un altro consiglio è quello di aumentare la temperatura dello stampo. Linee di saldatura In prossimità delle linee di saldatura si possono creare imperfezioni estetiche a causa delle diverse direzioni di movimento della plastica liquida. In primo luogo la corretta chiusura di uno stampo permette una buona performace non solo del polimero all'interno ma anche una migliore finitura dei prodotti. Inoltre la corretta scelta della fluidità del prodotto e del tonnellaggio della macchina, in funzione del prodotto finale che si deve produrre, permette una produzione corretta senza sforzare ne lo stampaggio che il polimero, a tutto vantaggio della qualità dell'elemento stampato. Infine il design dello stampo che tiene conto dei corretti flussi del polimero in presenza della saldatura del prodotto sono da tener presente quando si dovessero verificare problemi estetici sulla saldatura e, in questo caso, valutare un intervento sullo stampo che possa essere risolutivo al problema.Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - stampi - difetti di produzione
SCOPRI DI PIU'Scopri Come la Tecnologia Avanzata Trasforma l'Anidride Carbonica in Risorse Sostenibili per il Futuro di Marco ArezioIl processo di trasformazione dell'anidride carbonica (CO2) atmosferica in etilene mediante l'uso di catalizzatori in rame rappresenta un'avanzata significativa nella chimica sostenibile e nell'economia circolare. Questa tecnologia non solo promette di ridurre i livelli di CO2, un potente gas serra, ma offre anche un metodo per produrre etilene, un importante composto chimico utilizzato in varie applicazioni industriali, in modo più sostenibile. La conversione tecnica dell'anidride carbonica (CO2) in etilene avviene attraverso un processo elettrochimico che utilizza catalizzatori a base di rame. Questo processo si inserisce nel più ampio contesto della decarbonizzazione, offrendo una strategia per ridurre le emissioni di CO2, trasformandole in prodotti chimici utili, come l'etilene, un idrocarburo utilizzato in molte applicazioni industriali. Processo Elettrochimico di Riduzione della CO2 Il processo di riduzione della CO2 in etilene avviene in un elettrolizzatore che contiene un elettrodo positivo (anodo) e uno negativo (catodo), immersi in una soluzione elettrolitica che contiene ioni per condurre l'elettricità. La CO2 è disciolta in questa soluzione e, quando viene applicata una tensione elettrica, avviene la riduzione della CO2 all'elettrodo negativo (catodo), mentre l'ossigeno si evolve all'anodo. Riduzione della CO2: All'elettrodo di rame (catodo), la CO2 disciolta reagisce con elettroni per formare vari prodotti, tra cui l'etilene, secondo la reazione semplificata: CO2+4H++4e−→C2H4+2H2O Questo processo è facilitato dalla superficie del catalizzatore di rame che assorbe le molecole di CO2 e le riduce a etilene. Ossigeno: All'anodo avviene la reazione di ossidazione dell'acqua, che genera ossigeno e ioni idrogeno (protoni) che contribuiscono al ciclo dell'elettrolita: 2H2O→O2+4H++4e− Ruolo dei Catalizzatori in Rame I catalizzatori in rame sono cruciali per la selettività del processo verso l'etilene. La superficie del rame può essere ingegnerizzata a livello nanoscopico per aumentare la sua efficacia e selettività verso la produzione di etilene. La modifica della superficie può includere l'aggiunta di promotori, la creazione di leghe con altri metalli, o l'introduzione di nanoparticelle o nanostrutture specifiche che cambiano le proprietà elettrocatalitiche del rame. Come è Fatto un Catalizzatore di Rame Un catalizzatore di rame è composto principalmente da rame metallico, che può essere utilizzato in diverse forme e strutture per catalizzare specifiche reazioni chimiche, tra cui la riduzione dell'anidride carbonica (CO2) in composti chimici utili come l'etilene. La preparazione e la strutturazione di questi catalizzatori sono cruciali per la loro efficienza e selettività nelle reazioni. Ecco come possono essere fatti e strutturati i catalizzatori di rame: 1. Forme Fisiche Nanoparticelle: Il rame può essere sintetizzato in nanoparticelle, che presentano una grande area superficiale rispetto al volume, aumentando così l'attività catalitica per la riduzione della CO2. Film sottile: Il rame può essere depositato come film sottile su supporti conduttivi attraverso tecniche come la deposizione fisica da vapore (PVD) o la deposizione chimica da vapore (CVD). Schiume o reti metalliche: Queste strutture porose di rame offrono un'elevata superficie per la reazione e possono essere utilizzate come elettrodi in processi elettrochimici. 2. Trattamenti Superficiali e Leghe Trattamenti superficiali: La superficie dei catalizzatori di rame può essere modificata chimicamente o fisicamente per migliorare la selettività verso specifici prodotti, come l'etilene. Leghe con altri metalli: Il rame può essere combinato con altri metalli (come l'oro, l'argento o lo zinco) per formare leghe che modificano le proprietà catalitiche del rame, migliorando l'efficienza e la selettività. 3. Supporti e Promotori Supporti: I catalizzatori di rame possono essere supportati su vari materiali (come carbonio, ossidi metallici, o polimeri) per migliorare la dispersione del catalizzatore e la stabilità termica. Promotori: Sostanze chimiche aggiuntive possono essere aggiunte per promuovere specifiche vie reattive o per stabilizzare il catalizzatore, migliorando ulteriormente la selettività e l'attività. 4. Sintesi e Caratterizzazione Sintesi: La preparazione di catalizzatori di rame può avvenire attraverso metodi chimici, come la precipitazione, la riduzione chimica, o metodi elettrochimici. Questi metodi consentono un controllo preciso sulle dimensioni, la forma e la composizione del catalizzatore. Caratterizzazione: Dopo la sintesi, i catalizzatori di rame sono caratterizzati usando tecniche come la microscopia elettronica (SEM, TEM), la spettroscopia (XPS, FTIR), e la diffrazione dei raggi X (XRD) per analizzare la struttura, la composizione e la morfologia. Questi catalizzatori sono studiati e ottimizzati per specifiche reazioni, come la riduzione elettrochimica della CO2, dove l'efficacia del catalizzatore di rame dipende fortemente dalla sua struttura, composizione, e dalla natura del processo catalitico. Utilizzo per la Decarbonizzazione L'utilizzo di questo processo per la decarbonizzazione si basa sulla capacità di trasformare la CO2, un sottoprodotto industriale e un potente gas serra, in un prodotto chimico prezioso come l'etilene. Ciò offre un doppio vantaggio: ridurre le emissioni di CO2 e produrre elementi chimici di valore da una fonte sostenibile. Per massimizzare l'impatto sulla decarbonizzazione, è essenziale che l'energia utilizzata per l'elettrolisi provenga da fonti rinnovabili, come il solare o l'eolico, per minimizzare l'impronta di carbonio complessiva del processo. Vantaggi Ambientali ed Economici La conversione della CO2 in etilene non solo aiuta a mitigare il cambiamento climatico riducendo la concentrazione di CO2 nell'atmosfera, ma offre anche benefici economici. L'etilene è una materia prima chiave per la produzione di plastica, solventi, e altri prodotti chimici. Attualmente, l'etilene è prodotto principalmente dal petrolio e dal gas naturale, processi che rilasciano ulteriori gas serra. Utilizzando la CO2 come materia prima, il processo riduce la dipendenza dalle fonti fossili e si muove verso un'economia più circolare e sostenibile. Problematiche e Prospettive Future Nonostante i notevoli progressi, ci sono ancora problematiche da superare prima che la tecnologia possa essere implementata su larga scala. Queste includono l'aumento dell'efficienza energetica del processo, la riduzione dei costi dei catalizzatori e dell'infrastruttura necessaria, e l'integrazione di fonti di energia rinnovabile per alimentare l'elettrolisi in modo sostenibile. La ricerca continua nel campo della catalisi e dell'ingegneria dei processi è fondamentale per superare queste sfide. Conclusione La conversione dell'anidride carbonica atmosferica in etilene utilizzando catalizzatori in rame rappresenta una frontiera promettente per l'industria chimica sostenibile. Questo approccio non solo ha il potenziale per ridurre l'impatto ambientale della produzione chimica ma anche per contribuire significativamente alla lotta contro il cambiamento climatico. Con ulteriori ricerche e sviluppo, questa tecnologia potrebbe diventare un pilastro dell'economia circolare, offrendo una soluzione efficace per trasformare i rifiuti di CO2 in risorse preziose.
SCOPRI DI PIU'Si parla in modo ricorrente dell’attualità di certe teorie marxiste alla luce delle precarie condizioni ambientali della terra di Marco ArezioIn un’epoca in cui la sofferenza dell’ambiente e la diminuzione dell’equilibrio tra gli elementi della natura, come li abbiamo sempre conosciuti, stanno mettendo in difficoltà l’uomo e la sua sopravvivenza, si ricomincia a parlare di ecologia sociale. In questo periodo e nel recente passato, a causa della situazione ambientale compromessa, della crescita delle disuguaglianze economiche che creano sempre più poveri e migranti ecologici e del consumismo portato all’estremo, in cui la merce vale forse più del lavoro dell’uomo, il ritorno alla lettura della filosofia classica e dei grandi pensatori, come Platone, Gandhi e Karl Marx ci hanno fatto ritrovare riferimenti precisi sul rapporto tra l’uomo e la natura. Marx ne inizia a parlare prendendo spunto da una situazione precisa successa tra il 1830 e il 1870, periodo in cui sia in Europa che in Nord America si verificò una diffusa perdita di fertilità nei suoli coltivati. A sottolineare la gravità della situazione è il fatto che a partire dal 1835 iniziarono ad arrivare in Inghilterra le prime navi di grano per soccorrere la malata agricoltura Europea, arrivando ad importare nel 1847 ben 220.000 tonnellate. L’allarme creato da questa situazione non sfugge ad un accorto osservatore come Marx, che sviluppa una teoria sullo sfruttamento capitalistico dell’agricoltura, basato sull’impoverimento dei suoli senza preoccuparsi della loro rigenerazione e del loro equilibrio produttivo a sfavore delle generazioni future. Citando un passaggio estratto dal capitolo “Genesi della rendita fondiaria capitalistica” che fa parte del terzo libro del Capitale Marx dice: «La grande proprietà fondiaria riduce la popolazione agricola al minimo, a una percentuale continuamente decrescente, e le contrappone una popolazione industriale in continua crescita e concentrata nelle grandi città; in tal modo crea condizioni che provocano una frattura incolmabile nel complesso equilibrio del metabolismo sociale prescritto dalle leggi naturali della vita. Crea così le condizioni che provocano lo spreco delle energie del suolo, spreco che il commercio trasferisce molto oltre le frontiere del paese considerato. La grande industria e la grande agricoltura industriale agiscono nello stesso senso. In origine si distinguono perché l’industria devasta e rovina soprattutto la forza lavoro e dunque la forza naturale dell’essere umano, mentre l’agricoltura rovina più direttamente la forza naturale della terra, ma poi, sviluppandosi, finiscono per darsi la mano: il sistema industriale in campagna finisce così per debilitare anche i lavoratori, e l’industria e il commercio, dal canto loro, forniscono all’agricoltura i mezzi per sfruttare il terreno.» Inoltre Marx fa un accenno anche alla mancata circolarità dell’economia, mettendo in rapporto la bassa fertilità delle campagne con l’avvelenamento dei fiumi perpetrato nelle grandi città. Infatti scrive: «A Londra, per esempio, del letame prodotto da quattro milioni e mezzo di persone non si è trovato di meglio da fare che usarlo per avvelenare, con un costo enorme, il Tamigi.» «I residui derivanti dai processi fisiologici naturali degli esseri umani avrebbero potuto, come quelli della produzione industriale e del consumo, essere reintrodotti nel ciclo produttivo, chiudendo il ciclo metabolico». Marx parla più volte di un nuovo rapporto tra la natura e l’uomo, dove l’agricoltura non poteva subire un approccio di sfruttamento industriale e capitalistico basato sul profitto immediato, così da debilitare la terra senza preoccuparsi di creare una corretta armonia con essa. Nei suoi scritti troviamo una citazione in merito: «Il fatto di dipendere, per la coltivazione dei diversi prodotti del suolo, dalle fluttuazioni dei prezzi di mercato, che determinano un continuo cambiamento di quelle colture, e lo spirito stesso della produzione capitalistica, centrato sul profitto più immediato, sono in contraddizione con l’agricoltura, che deve gestire la produzione tenendo conto dell’insieme delle condizioni di esistenza permanenti delle generazioni umane che si susseguono.» L’aspetto della sostenibilità in chiave moderna la troviamo spesso quando Marx sottolinea che la terra non può appartenere all’uomo contemporaneo che si permette di operare uno sfruttamento intensivo a suo beneficio, ma deve pensare alle generazioni future. Questo aspetto viene trattato qui di seguito: «Uno sviluppo che risponde alle necessità del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare le loro.» Per Marx, è necessario che la terra sia «trattata coscientemente e razionalmente come una proprietà perpetua della collettività, condizione inalienabile di esistenza e riproduzione della serie di generazioni successive.» Nonostante Marx abbia ricevuto sostenute critiche che sostenevano il suo disinteresse al valore della natura, lui stesso a più volte espresso il concetto che la vera ricchezza consiste nei valori d’uso, che caratterizzano la produzione in generale, al di là della sua forma capitalistica, di conseguenza la natura, che contribuisce alla produzione di valori d’uso, è una fonte di ricchezza quanto il lavoro.
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