Come in tutte le attività anche nel campo del riciclo esistono correnti avverse che cercano di screditare o minimizzare il mercato concorrentedi Marco ArezioNel settore del riciclo della carta è emerso uno studio pubblicato nell’ ottobre del 2020 su Nature Sustainability a cura dell’università di Yale e dell’University Colleage di Londra, secondo il quale la produzione di carta riciclata utilizzerebbe maggiori quantità di energia proveniente da fonti fossili rispetto a quella prodotta da fibre vergini. Secondo i ricercatori le emissioni dirette di CO2 per la produzione di un cartone Invercote ammontano mediamente a 33 kg. per tonnellata, mentre lo stesso prodotto realizzato attraverso l’utilizzo di carta riciclata produrrebbe mediamente circa 294 kg. per tonnellata di CO2. Bisogna però fare notare alcuni cose importanti per inquadrare questa analisi:• La carta riciclata supporta il mercato mondiale del prodotto finito in modo inequivocabile in termini quantitativi e di contenimento dei prezzi. • La circolarità della produzione della carta passa anche dall’utilizzo di energie rinnovabili che abbattono in modo consistente l’impronta carbonica. • Il riciclo della carta è un pilastro fondamentale nella gestione responsabile dei rifiuti al quale non si può rinunciare. • Il conteggio dell’impatto ambientale del riciclo della carta non è da imputare solo al prodotto finito, ma al sistema riciclo che è un’attività industriale irrinunciabile, su cui si può e si deve lavorare per ridurre l’impatto carbonico. • Anche in altri settori del riciclo, la plastica per esempio, ci sono esempi in cui il prezzo della materia prima vergine costa meno di quella rigenerata e, se contiamo l’impatto ambientale per produrre un kg. di granulo vergine rispetto a quello rigenerato, probabilmente vedremmo che il granulo riciclato potrebbe avere un impatto carbonico maggiore. Ma se nel conteggio di quanto è veramente l’impronta carbonica di un granulo vergine, conteggiando anche la produzione della materia prima proveniente dalla raffinazione del petrolio, i conti sarebbero diversi. Alla fine il mercato del riciclo deve essere spinto, sostenuto e migliorato in quanto, senza la gestione corretta dei rifiuti, i conti sugli impatti carbonici sarebbero ben più critici di quelli attuali.Categoria: notizie - carta - economia circolare - rifiutiVedi maggiori informazioni sul riciclo
SCOPRI DI PIU'Un atteggiamento a volte dettato dalla fretta, dalla superficialità e dall’idea di essere fortiPer offendere le persone, creare una insanabile distanza, costruire piano piano dei muri, non sempre è necessario farlo con argomentazioni o con azioni eclatanti e nette. Il linguaggio del corpo, la mancanza di attenzione, il dare per scontato una serie di rapporti e di posizioni, il non rivolgere la parola e, soprattutto, la mancanza di una disponibilità concreta nello stare ad ascoltare gli altri crea distanza, frustrazione e irriconoscenza.L’eccessiva concentrazione su noi stessi, sui nostri progetti, sui nostri obbiettivi, marginalizzano le persone che abbiamo intorno, gli amici, anche chi ci vuole bene. Se ci fermiamo a pensare quante volte può esserci capitato nella vita, sia di subire che di far subire questi comportamenti, forse riflettendo potremmo migliorare noi stessi. Questo esercizio lo fece anche Charles Plumb, un pilota di aerei nella guerra del Vietnam. Dopo molte missioni di combattimento, il suo aereo fu abbattuto da un missile. Plumb si paracadutò, fu catturato e trascorse sei anni in una prigione nordvietnamita. Al suo ritorno negli Stati Uniti, ha iniziato a tenere conferenze raccontando la sua esperienza in prigione e ciò che aveva imparato. Un giorno, in un ristorante, fu accolto da un uomo: - Ciao, sei Charles Plumb, eri un pilota in Vietnam e sei stato abbattuto, vero? "Sì, come fai a saperlo?" chiese Plumb. - Sono stato io a piegare il tuo paracadute. Sembra che abbia funzionato bene, vero? Plumb quasi annegò di sorpresa e rispose con gratitudine: "Certo che ha funzionato, e ti sono grato, altrimenti non sarei qui oggi." Essendo solo quella notte, Plumb non riusciva a dormire, pensando e chiedendosi: Quante volte ho visto quest'uomo sulla portaerei e non gli ho mai detto buongiorno? Io ero un pilota arrogante e lui un semplice marinaio. Pensò anche alle ore che il marinaio trascorreva umilmente in barca avvolgendo i fili di seta di diversi paracadute, tenendo tra le mani la vita di qualcuno che non conosceva. Ora, Plumb inizia le sue lezioni chiedendo al suo pubblico: - Chi ha piegato il tuo paracadute oggi? Quante volte nella nostra giornata siamo arroganti, ignoranti, maleducati a causa della fretta del lavoro, delle faccende domestiche o dei problemi personali? Spesso questo accade a persone che amiamo e che vogliono il nostro bene o anche con un semplice sconosciuto.Sconosciuto
SCOPRI DI PIU'Ricevette il Premio Nobel per aver inventato il polipropilene Conosciamolo megliodi Marco ArezioAttraverso lo studio delle macromolecole e dei “catalizzatori dei polimeri” Giulio Natta intuì la potenzialità della chimica applicata alla plastica. Giulio Natta nacque a Porto Maurizio (I) il 26 Febbraio del 1903 da Francesco Maria, magistrato e da Elena Crespi che si adoperò per l’educazione di Giulio nella tenera età. Si diplomò con largo anticipo all’età di 16 anni al liceo classico di Genova specializzandosi successivamente in matematica. Nel 1921 si iscrisse alla facoltà di ingegneria industriale presso il Politecnico di Milano dove fu assistente del professor Bruni presso il dipartimento di chimica generale. Sempre in anticipo sui tempi nel 1924 si laureò a soli 21 anni. Accettò poi nel 1925 una borsa di studio a Friburgo in Germania, presso il laboratorio del professor Seemann, occupandosi di macromolecole. E’ qui che natta intuì l’importanza e la potenzialità delle macromolecole che continuò a studiare al suo ritorno a Milano studiando la struttura cristallina dei polimeri. Tra il 1925 e il 1932 fu professore di chimica al politecnico di Milano e nel 1933 vinse il concorso per diventare professore di chimica generale presso l’università di Pavia e nel 1935 passò a all’università La Sapienza di Roma e nel 1937 al Politecnico di Torino. L’anno successivo ritornò al Politecnico di Milano che lasciò dopo 35 anni nel 1973. Durante questa lunga carriera Natta poté sperimentare numerosi studi come la produzione di Butadiene, collaborò con la ditta Montecatini dedicandosi quasi esclusivamente alla chimica industriale. Dal 1952 Natta cominciò ad interessarsi alle scoperte di Karl Ziegler il quale nel 1953 riuscì a sintetizzare il polietilene lineare, mentre l’anno successivo Natta riuscì a produrre i primi campioni di polipropilene. La Montecatini a questo punto patrocinò la collaborazione tra i due scienziati portando alla creazione di un laboratorio internazionale che coinvolse molti studiosi che portò alla scoperta dei polimeri isotattici, registrati con il nome commerciale di Moplen. La scoperta dei catalizzatori Ziengler-Natta fruttò ad entrambi il premio Nobel per la chimica nel 1963. Ma cosa scoprirono esattamente i due scienziati tanto da vincere il premio Nobel? Nel 1953 Karl Ziegler scopri che una miscela di TiCl4 e AlEt3 (alluminio trietile) catalizzava la polimerizzazione dell’etilene in polietilene. Giulio Natta scoprì che questo catalizzatore non era utilizzabile per la produzione di polimeri del polipropilene, infatti, con questo catalizzatore si ottenevano solo oligomeri del propilene ad elevato contenuto atattico. Nel 1954 Natta e Ziegler scoprirono una nuova ricetta di Dietil Alluminio Cloruro e DEAC che dava una elevata resa di polipropilene isotattico. A questo punto la Montecatini iniziò la produzione industriale con un notevole successo commerciale.Categoria: notizie - tecnica - plastica - giulio natta - PP - storia
SCOPRI DI PIU'Le componenti caratteriali dei managers, a tutti i livelli, sono fondamentali per la buona salute dell’aziendadi Marco ArezioIn una realtà imprenditoriale moderna ed efficiente, di qualsiasi dimensione essa sia, la componente umana fa sempre la differenza. Questa situazione non appare, solitamente, nella breve vita delle aziende, dove la tecnologia e i mezzi di comunicazioni digitali assicurano una parte importante del successo delle attività, ma se consideriamo un arco di tempo più ampio, in cui la concorrenza ha un certo equilibrio in campo, entrano in gioco le risorse umane a fare la differenza. Una volta acquisita una certa posizione nel mercato, ci si deve confrontare con le altre realtà imprenditoriali, cercando di rimanere il più a lungo possibile in una situazione di relativa competitività e sopravvivenza aziendale. Le risorse umane, attraverso le loro catene di comando, portano motivazioni, idee, impegno, dedizione e forza al marchio, imprimendo piccoli ma costanti scostamenti di posizione tra azienda e azienda. Questi piccoli successi o insuccessi sono determinati dalla qualità dei componenti dei team aziendali che, attraverso il loro impegno, la loro capacità e il loro singolo carattere, determineranno miglioramenti o peggioramenti delle posizioni sul mercato. Il carattere dei managers gioca un ruolo fondamentale, a tutti i livelli di comando, non solo quelli apicali, ma molto spesso, quelli intermedi, hanno un ruolo fondamentale. I teams di lavoro hanno leaders che devono saper indirizzare i componenti, spronarli, consigliarli e buttarsi nella mischia con loro, mantenendo la leadership, creando un clima positivo e carismatico che galvanizza il lavoro. Deve saper premiare e punire, con la giusta moderazione ed imparzialità, i componenti del team senza eccedere in favoritismi o perdoni eccessivi, così da dare un’immagine equidistante del suo lavoro e sottolineando l’importanza del gruppo prima che del singolo. Questa azione sottintende un carattere del manager sicuro e risoluto, flessibile ma imparziale, determinato ed indipendente, che ha ben chiaro quali siano gli obbiettivi che gli sono stati affidati dall’azienda. Ma cosa succede se in una posizione di leader troviamo una persona poco sicura di sé? Il primo problema da affrontare è la sua necessità di continue conferme della legittimazione sua posizione, sia nei confronti dei superiori che delle persone che dal lui dipendono. Se nel primo caso, a volte è meno impattante, invece, la ricerca di conferme tra i collaboratori che deve dirigere crea una commistione di ruoli e un indebolimento della sua posizione. Il leader insicuro ha bisogno di un gruppo di collaboratori che lo elogino, che lo rassicurino, che lo facciano sentire al centro del progetto e che colmino quella sua mancanza di sicurezza. Questa situazione però, spesso spacca i gruppi di lavoro, in quanto ci sono collaboratori che si aspettano di essere guidati e protetti dal manager e non il contrario, mettendo in cattiva luce chi crea un rapporto di eccessiva confidenza con i leaders. Inoltre, capita spesso che durante le difficoltà a raggiungere gli obbiettivi previsti dall’azienda, questa punti il dito sul leader del gruppo che, per tutelarsi, non proteggerà l’intero team, ma potrebbe scaricare le colpe verso quella parte di persone che non lo sostengono apertamente come lui vorrebbe. Qui scatta il meccanismo contrario per cui il leader cerca di difendersi, assecondando i suoi superiori, al fine di salvaguardare la sua posizione a discapito degli altri. Passata la tempesta il manager insicuro metterà, probabilmente, al margine le persone a lui non favorevoli, puntando solo su chi lo sostiene, in quanto, spesso, rimane una persona rancorosa, che vorrebbe avere un appoggio esteso ed incondizionato che lo rassicurasse. Si creeranno rapporti ambigui, non sinceri, piccole vendette, un certo lassismo, una strisciante rassegnazione a fare il minimo indispensabile da una parte del team, creando inefficienza, perdita di competitività e valore aziendale. Per superare questi rapporti dolorosi e inefficienti per l’azienda è necessario creare gruppi di lavoro o di ascolto, in cui vengano mischiate le risorse umane, seguiti da leaders che abbiano competenza con la gestione delle risorse umane o abbiano una estrazione di carattere psicologica e relazionare, in modo da liberare le persone, attraverso il confronto su altri temi, della paura di venire allo scoperto. Questo serve per indagare i lati positivi e quelli negativi o pericolosi che aleggiano nei gruppi di lavoro dell’azienda, in modo da raccogliere le maggiori informazioni possibili, confrontarle, incrociarle e intervenire.
SCOPRI DI PIU'Il SAF (Sustainable Aviation Fuel) miscelato con il normale carburante JetA1 testato su un volo intercontinentaleSi è parlato molte volte dell'impatto ambientale che il traffico aereo mondiale produce, sia per il numero di voli giornalieri nelle tratte bervi, medio lunghe ed intercontinentali, sia per il consumo di carburante per viaggiatore che un aereo esprime. Nell'ottica di trovare delle soluzioni compatibili, tra l'esigenza di movimento della popolazione mondiale e la necessità di contenere l'inquinamento, si è testato un carburante 100% di derivazione vegetale, prodotto in Italia, che potesse, attraverso la miscelazione con il normale carburante jetA1, esprimere livelli di emissioni inquinanti più basse.Una collaborazione che è nata tra un'azienda Italiana e una compagnia aerea Africana che stanno portando avanti un progetto che non solo porti a completare la fase dei test su voli a lungo raggio, ma permetta una più proficua collaborazione anche per le fonti di approvvigionamento della materia prima vegetale utilizzata. A questo test si è sottoposta la compagnia aerea Kenya Airways, che ha compiuto il primo volo in partenza dall'aeroporto internazionale Jomo Kenyatta di Nairobi, con arrivo ad Amsterdam Schiphol con un Boeing 787-800 (B787-8) Dreamliner. Per questo volo, il JetA1 è stato miscelato con Eni Biojet prodotto nella raffineria di Livorno distillando le bio-componenti prodotte nella bioraffineria di Gela in Siciclia. “La collaborazione con Eni Sustainable Mobility per questo primo volo con il SAF (Sustainable Aviation Fuel) ci mette sulla rotta per testare l'uso del carburante per l'aviazione sostenibile in Africa. I dati e le informazioni generati dal volo pilota saranno preziosi per le decisioni politiche, i quadri normativi e le best practice del settore relative al SAF. Si tratta di un’importante pietra miliare per Kenya Airways e per il più ampio settore dell'aviazione africana” dichiara Allan Kilavuka, amministratore delegato di Kenya Airways. “La fornitura di Eni Biojet all’aeroporto di Nairobi è un passo importante per Eni Sustainable Mobility perché conferma come l’azienda possa sostenere, anche in ambito internazionale, compagnie aeree come Kenya Airways nel proprio percorso di decarbonizzazione” dichiara Stefano Ballista, Amministratore delegato di Eni Sustainable Mobility. Eni Biojet contiene il 100% di componente biogenica ed è idoneo ad essere utilizzato in miscela con il jet convenzionale (JetA1) fino al 50%. Dal 2025, per tutti i voli in partenza dagli aeroporti europei, una quota di SAF sarà obbligatoria. Per questo KQ sta lavorando per trarre vantaggio dall’attuale diffusione dei carburanti sostenibili per l'aviazione, in conformità con la direzione indicata dall'Unione Europea con il regolamento ReFuelEU Aviation, che stabilisce obiettivi di miscelazione dei carburanti tradizionali con carburanti più sostenibili in quantità crescenti. Eni commercializza anche un carburante per il settore avio contenente il 20% di componente biogenica, il JetA1+Eni Biojet, per la cui fornitura ha sottoscritto accordi con compagnie aeree nazionali e internazionali, oltre che con aeroporti e operatori del settore della logistica. Dal 2024 le bioraffinerie di Venezia e Gela inizieranno la produzione di Eni Biojet a partire da materie prime rinnovabili che arriverà a oltre 200 mila tonnellate/anno. Questo obiettivo richiede un’importante fornitura di materie prime, per la quale Eni sta sviluppando sia una filiera in Kenya per la raccolta degli UCO (oli di cucina esausti), lavorando con aziende e operatori del settore food e contribuendo a gestire un rifiuto alimentare in un’ottica di economia circolare, sia una rete di agri-hub in Kenya e altri Paesi africani, per produrre oli vegetali da terreni marginali che non sono in competizione con la produzione alimentare.Info by ENI
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