Additivi, prove di laboratorio, differenze ed impieghi commerciali ed industriali dei polimeri flame retard (autoestinguenti) di Marco ArezioLe plastiche flame retardant (resistenti al fuoco o autoestinguenti) sono materiali polimerici modificati per resistere all'ignizione e rallentare la propagazione delle fiamme. Questa proprietà è particolarmente importante in numerosi ambiti applicativi, come l'elettronica, l'edilizia e i trasporti, dove la resistenza al fuoco è cruciale per la sicurezza. L'aggiunta di additivi flame retardant è il metodo più comune per conferire alle plastiche proprietà resistenti al fuoco. Tipi di Additivi Flame Retardant Gli additivi flame retardant si classificano in diverse categorie, a seconda della loro composizione chimica e del meccanismo d'azione: Additivi Alogeni: Comprendono composti a base di bromo e cloro. Funzionano rilasciando alogeni che interferiscono con la reazione di combustione nella fase gassosa. Additivi Fosforati: Operano principalmente nella fase solida, promuovendo la carbonizzazione e riducendo la quantità di materiale infiammabile vaporizzato. Idrossidi di Metallo: Come l'idrossido di alluminio e di magnesio, questi additivi rilasciano acqua quando si scaldano, che aiuta a raffreddare il materiale e a diluire i gas combustibili. Additivi Intumescenti: Formano una schiuma carboniosa protettiva sulla superficie del materiale quando esposti al calore, isolando il materiale sottostante dalla fonte di calore. Funzionamento dell'Inibizione della Fiamma L'inibizione della fiamma nelle plastiche funziona attraverso vari meccanismi, a seconda del tipo di additivo utilizzato: Diluizione dei Gas Combustibili: Alcuni additivi rilasciano gas inerti che diluiscono i gas combustibili nell'area della fiamma, riducendo la combustione. Barriera Fisica: Gli additivi intumescenti formano una barriera carboniosa che isola termicamente il materiale e impedisce l'accesso dell'ossigeno. Raffreddamento: L'acqua rilasciata dagli idrossidi di metallo assorbe calore, abbassando la temperatura della combustione. Interferenza Chimica: Alogeni e altri composti possono interferire con le reazioni radicaliche nella zona di combustione, rallentando la reazione. Prove di Laboratorio per Catalogare le Plastiche Non Infiammabili Vediamo quali sono le prove principali per catalogare il grado di infiammabilità e come si eseguono:Test UL 94 Il test UL 94, gestito da Underwriters Laboratories (UL), è uno dei metodi più riconosciuti e ampiamente utilizzati per valutare le proprietà di infiammabilità dei materiali polimerici utilizzati in dispositivi elettrici ed elettronici. Questo test classifica i materiali in base alla loro capacità di estinguere le fiamme dopo essere stati accesi in condizioni controllate. Il test viene eseguito applicando una fiamma a un campione del materiale per un periodo specificato e osservando il comportamento del materiale in termini di tempo di combustione dopo la rimozione della fiamma, il gocciolamento di materiale infiammabile e la lunghezza della combustione.In base ai risultati, i materiali sono classificati in diverse categorie, come V-0, V-1, V-2, HB, 5VB, e 5VA:V-0, V-1, V-2: Indicano che il materiale si autoestingue entro un certo tempo dopo l'accensione. La distinzione tra le classi dipende dal tempo di autoestinguenza e dalla presenza di gocciolamento di particelle infiammate. HB: La classificazione più bassa, indica una velocità di combustione orizzontale in un certo intervallo. 5VB e 5VA: Sono test più severi che valutano la resistenza all'accensione quando il campione è sottoposto a un carico termico elevato. 5VA rappresenta la massima resistenza alla fiamma senza gocciolamento di materiale, mentre 5VB: permette un certo gocciolamento. Test di Ossigeno Limitante (LOI) Il test di Ossigeno Limitante (LOI) misura la percentuale minima di ossigeno nell'atmosfera necessaria per sostenere la combustione di un materiale polimerico. Viene eseguito in un'apposita apparecchiatura dove il campione viene posto in una colonna di vetro e esposto a una miscela controllata di azoto e ossigeno, aumentando gradualmente la concentrazione di ossigeno fino a quando il materiale non continua a bruciare per un tempo prestabilito dopo l'accensione. Il valore di LOI è una misura diretta dell'infiammabilità del materiale: maggiore è il valore di LOI, minore è l'infiammabilità del materiale. Materiali con valori di LOI superiori al 21% (la percentuale di ossigeno nell'aria) sono considerati più resistenti al fuoco. Questo test è particolarmente utile per confrontare la resistenza al fuoco di diversi materiali sotto un'unica metrica standardizzata. Test di Infiammabilità a Cono Calorimetrico Il test di infiammabilità a cono calorimetrico è un metodo avanzato che fornisce dati dettagliati sulla risposta di un materiale all'esposizione al calore. Durante il test, un campione del materiale viene esposto a un flusso radiante crescente in presenza di una sorgente di accensione, simulando gli effetti di un incendio in fase iniziale. Il cono calorimetrico misura la velocità di rilascio di calore, la produzione di fumo e la perdita di massa del campione nel tempo, fornendo un profilo completo della sua reattività al fuoco. Questi dati aiutano a comprendere come il materiale contribuirà alla crescita e alla propagazione dell'incendio, consentendo agli ingegneri di progettare materiali e prodotti con prestazioni migliorate di sicurezza antincendio. Questo test è particolarmente utile nella valutazione di materiali per l'edilizia e l'ingegneria dei trasporti Rendere Flame Retardant un Polimero Riciclato Il processo di rendere flame retardant un polimero riciclato, sia da post-consumo che da post-industriale, richiede attenzione nella selezione degli additivi compatibili con il tipo di polimero e nel mantenimento delle proprietà meccaniche del materiale riciclato. Il processo include: Analisi del Materiale: Identificazione della composizione del polimero riciclato per scegliere gli additivi più adatti. Incorporazione degli Additivi: Gli additivi possono essere miscelati meccanicamente con il polimero durante il processo di estrusione o possono essere applicati come rivestimenti superficiali. Mantenimento delle Caratteristiche dopo il Riciclo Meccanico Il riciclo meccanico può influenzare le proprietà flame retardant dei polimeri a causa della degradazione termica o meccanica del polimero e degli additivi durante il processo di riciclo. La stabilità delle proprietà flame retardant in un polimero riciclato dipende da: - La stabilità termica degli additivi flame retardant. - La compatibilità degli additivi con il processo di riciclo. - La capacità di ridistribuire uniformemente gli additivi nel polimero durante il riciclo. Per mantenere le caratteristiche flame retardant, può essere necessario aggiungere ulteriori additivi o stabilizzatori durante il processo di riciclo. La valutazione delle proprietà del materiale riciclato attraverso test di laboratorio è cruciale per garantire che il materiale riciclato soddisfi i requisiti di sicurezza e di prestazione. Impiego dei Polimeri Autoestinguenti per la Produzione di Articoli ad uso Industriale e Civile I polimeri flame retardant sono utilizzati in una vasta gamma di applicazioni, specialmente in edilizia, dove la resistenza al fuoco è cruciale per la sicurezza degli edifici. Questi materiali sono progettati per ridurre la velocità di combustione, limitare la diffusione delle fiamme e contribuire a prevenire incendi. Nell'edilizia, i polimeri flame retardant trovano applicazione in numerosi prodotti, tra cui isolanti termici, rivestimenti, cavi elettrici, e componenti strutturali. Polimeri Flame Retardant Utilizzati in Edilizia Polistirene Espanso (EPS) e Polistirene Estruso (XPS): Sono ampiamente utilizzati come isolanti termici per cappotti esterni e per l'isolamento di pavimenti, tetti e muri. Possono essere trattati con additivi flame retardant per ridurre l'infiammabilità. Polietilene Espanso (EPE): Utilizzato per l'isolamento termico e l'ammortizzazione degli impatti, l'EPE può essere modificato per migliorare la resistenza al fuoco, rendendolo adatto per applicazioni in edilizia. Polimeri Intumescenti: Questi materiali si espandono quando esposti al calore, formando una barriera carboniosa che protegge il materiale sottostante dalle fiamme. Sono utilizzati in vernici, mastici, e rivestimenti per cavi elettrici. Polivinilcloruro (PVC) Flame Retardant: Il PVC è utilizzato in una varietà di applicazioni in edilizia, inclusi i rivestimenti per cavi e i tubi. Il PVC può essere reso flame retardant attraverso l'aggiunta di additivi specifici. Polimeri Fenolici: Questi materiali sono noti per le loro eccellenti proprietà di resistenza al fuoco e sono utilizzati in schiume isolanti e compositi. Applicazioni di Articoli Autoestinguenti in Edilizia Isolamento Termico: I materiali isolanti flame retardant sono essenziali per prevenire la diffusione del fuoco attraverso le cavità dei muri e altri spazi isolati negli edifici. Rivestimenti e Vernici: Forniscono una protezione passiva contro il fuoco a strutture, travi e colonne, contribuendo a mantenere l'integrità strutturale in caso di incendio. Cavi elettrici e Tubi: L'utilizzo di materiali flame retardant in questi componenti riduce il rischio di incendi elettrici e limita la diffusione del fuoco. Differenze nelle Resistenze al Fuoco degli Isolanti per Cappotti Termici Gli isolanti termici possono variare significativamente nella loro resistenza al fuoco a seconda del materiale, della densità, e della presenza di additivi flame retardant. Ecco alcune differenze chiave: Resistenza Termica: Alcuni isolanti, come quelli a base di fibra minerale (lana di roccia, lana di vetro), offrono migliori prestazioni di resistenza al fuoco rispetto a quelli organici (EPS, XPS) a causa della loro natura incombustibile. Emissione di Fumi e Gas Tossici: I materiali organici tendono a produrre fumi densi e gas tossici quando bruciano, mentre i materiali inorganici hanno prestazioni migliori in questo aspetto. Classificazione di Reazione al Fuoco: I materiali isolanti sono classificati secondo norme europee (ad esempio, Euroclassi A1, A2, B, C, ecc.) che indicano la loro reattività al fuoco. Materiali classificati come A1 sono non combustibili, mentre quelli in classe B, C, ecc., hanno crescenti livelli di infiammabilità. Applicazione e Spessore: La resistenza al fuoco di un isolante può anche dipendere dall'applicazione specifica e dallo spessore del materiale. Maggiore è lo spessore, migliore può essere la resistenza al fuoco, ma questo dipende anche dalla composizione del materiale e dalla presenza di additivi flame retardant. Per esempio, un isolante più spesso può offrire un tempo di resistenza al fuoco maggiore perché richiede più tempo per essere completamente compromesso dalle fiamme. Tuttavia, non è solo lo spessore a determinare l'efficacia, la qualità del materiale e la sua capacità di resistere alla propagazione del fuoco sono altrettanto cruciali. Nei materiali isolanti, gli additivi flame retardant possono agire in sinergia con lo spessore per migliorare la resistenza al fuoco. Materiali con densità maggiore o trattati con specifici additivi chimici possono esibire prestazioni superiori anche con spessori minori. Pertanto, la scelta del materiale isolante adeguato per un'applicazione specifica richiede un'attenta considerazione non solo delle proprietà fisiche come lo spessore ma anche della composizione chimica e della capacità di resistere al fuoco. Nell'ambito dell'edilizia, la normativa vigente spesso specifica requisiti minimi per la resistenza al fuoco degli isolanti, tenendo conto sia dello spessore che della composizione del materiale. Questi standard garantiscono che i materiali utilizzati negli edifici offrano un livello adeguato di protezione in caso di incendio, contribuendo così alla sicurezza degli occupanti e alla preservazione della struttura stessa.
SCOPRI DI PIU'Come si Stanno Muovendo le Importazioni di PE in Cina?Nonostante una situazione internazionale molto critica in termini di approvvigionamento di polimeri a causa della scarsità dell’offerta, della difficoltà a reperire i containers e a causa dei prezzi ormai asfissianti, il colosso cinese, la cui economia nel 2020 è cresciuta nonostante la pandemia, continua a macinare record anche nel campo delle importazioni dei polimeri plastici.Nell’analisi fatta da Pinar Polat il mercato cinese del PE ha avuto ottime performance in termini di quantità soprattutto per quanto riguarda l’LDPE. Infatti le importazioni cinesi di PE hanno raggiunto un nuovo record a Gennaio e Febbraio, secondo i dati dell'Amministrazione generale delle dogane. L'ufficio doganale ha elaborato questi dati per i primi due mesi dell'anno (2021) tenendo conto delle distorsioni causate dalla festività del capodanno lunare di una settimana, che quest'anno era a metà Febbraio. La Cina è stata l'unica grande economia che ha registrato una crescita per il 2020, riuscendo ad espandersi del 2,3%. Il successo del paese nel controllo del COVID-19, le misure di stimolo e i bassi tassi del denaro, dopo la revoca del blocco ad Aprile, hanno aumentato la sua quota di scambi e di investimenti globali. Di conseguenza, le importazioni cumulative di PE del paese hanno raggiunto un nuovo record nei primi due mesi del 2021, superando i volumi del 2019. Le importazioni totali di PE nel periodo Gennaio-Febbraio hanno registrato un aumento annuo dell'8,3%, superando i 2,5 milioni di tonnellate, il dato più alto nelle statistiche di importazione ChemOrbis risalente al 2001. Nonostante i volumi di PE di Febbraio sono diminuiti durante le festività natalizie, i valori totali di Gennaio-Febbraio rimangono elevati. Infatti il rallentamento di Febbraio, era ampiamento atteso poiché le attività commerciali sono normalmente ridotte durante le celebrazioni del capodanno cinese. Milioni di lavoratori tornano nella loro città natale per trascorrere le vacanze in modo tradizionale, tuttavia, a causa della pandemia da COVID-19, i viaggi per le vacanze di quest'anno sono stati meno frenetici. D'altra parte, le importazioni cumulative di PE nei primi due mesi del 2021 erano ancora in positivo in un confronto annuale. Tra tutti i prodotti in PE, le importazioni cinesi di HDPE hanno registrato un leggero calo annuale in questo periodo, mentre le importazioni di LDPE e LLDPE hanno registrato incrementi. HDPE I volumi totali di HDPE nel periodo Gennaio-Febbraio hanno registrato una leggera diminuzione del 3,3% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, attestandosi a 1.097.065 tonnellate. In questo periodo, l'Arabia Saudita è stata il principale fornitore di HDPE in Cina con oltre 230.000 tonnellate. L'Iran ha seguito l'Arabia Saudita con 202,838 tonnellate. LDPE Le importazioni totali di LDPE nel periodo Gennaio-Febbraio, invece, sono aumentate di circa il 24% su base annua, raggiungendo le 544.676 tonnellate. L'Iran è rimasto il principale fornitore di LDPE in Cina con quasi 125.000 tonnellate. LLDPE Pe quanto riguarda l’ LLDPE nei primi due mesi del 2021, i volumi sono aumentati del 17% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, attestandosi a 920.985 tonnellate. In questo periodo, l'Arabia Saudita è stata il primo fornitore della Cina con oltre 200.000 tonnellate, mentre Singapore è stato il secondo fornitore principale con 174.046 tonnellate. Vedi maggiori informazioni sull'economia Cinese e sui riflessi nella nostra vita
SCOPRI DI PIU'Agli albori del consumismo parlavano già di tutela dell’ambiente, frugalità e sostenibilità di Marco ArezioIl movimento hippy è emerso negli anni '60 del secolo scorso, come una controcultura giovanile che abbracciava valori di pace, amore, libertà individuale e una critica al consumismo e alla guerra.I suoi membri, chiamati hippy, cercavano di creare una società alternativa basata sull'amore, la consapevolezza e l'armonia con la natura.Nascita del movimento Hippy Il movimento hippy non ha avuto un singolo fondatore o leader, ma si è sviluppato come un movimento collettivo e spontaneo. È stato influenzato da diverse correnti culturali, filosofiche e sociali dell'epoca. Alcuni dei principali precursori e influenze del movimento si possono cercare nei seguenti correnti di pensiero: Beat Generation I poeti e scrittori della Beat Generation, come Allen Ginsberg e Jack Kerouac, hanno contribuito a sviluppare un'etica contro-culturale basata sulla libertà personale, l'esplorazione del mondo interiore e la critica della società di consumo. Movimento per i diritti civili Il movimento per i diritti civili negli Stati Uniti, guidato da figure come Martin Luther King Jr., ha ispirato gli hippies nella loro lotta per l'uguaglianza, la giustizia sociale e l'opposizione al razzismo. Movimento pacifista Il movimento pacifista che si è sviluppato durante la guerra del Vietnam e ha avuto un impatto significativo sugli hippies, che si sono uniti alle proteste contro la guerra e hanno adottato il pacifismo come valore centrale. Controcultura bohémien La controcultura bohémien degli anni '50 e '60, caratterizzata da un atteggiamento ribelle nei confronti delle norme sociali e culturali, ha fornito un terreno fertile per lo sviluppo del movimento hippy. Movimento per la libertà sessuale Il movimento per la libertà sessuale e l'emergere della contro-cultura sessuale hanno influenzato gli hippy nella loro concezione di amore libero, sessualità aperta e liberazione dalle restrizioni sociali. Caratteristiche del movimento Hippy Il quartier generale del movimento hippy era concentrato nella zona di Haight-Ashbury a San Francisco, dove migliaia di giovani si riunivano in una comune ricerca di libertà e sperimentazione. Altre comunità hippy emersero in varie parti degli Stati Uniti e in altri paesi del mondo. Gli hippies si vestivano in modo informale, spesso con abiti colorati, gonne lunghe, fiori nei capelli e simboli pacifisti. La musica svolgeva un ruolo centrale nella cultura hippy, con artisti come Bob Dylan, The Beatles, Janis Joplin e Jimi Hendrix che ispiravano e incantavano il movimento. Tuttavia, alla fine degli anni '60, il movimento hippy iniziò a declinare a causa di vari motivi, tra cui la commercializzazione della cultura hippy, la diffusione di droghe più pericolose, il deterioramento delle condizioni di vita nelle comuni e la repressione delle autorità. Nonostante la sua breve durata, il movimento hippy ha lasciato un impatto duraturo sulla società, influenzando la musica, la moda, l'arte e le questioni sociali. I valori di pace, amore e libertà promossi dagli hippies continuano a ispirare e ad affascinare molte persone ancora oggi. Il movimento hippy e l’ecologia Il movimento hippy ha avuto una forte connessione con l'ecologia e l'ambiente. Gli hippies erano spesso profondamente preoccupati per la salute del pianeta e la conservazione della natura. Molte delle loro convinzioni e pratiche si basavano su una visione di armonia con l'ambiente naturale. Gli hippies promuovevano uno stile di vita semplice e sostenibile, cercando di ridurre l'impatto sull'ambiente attraverso scelte consapevoli. Si impegnarono nell'agricoltura biologica, nell'alimentazione vegetariana o vegana, nel riciclo e nel riutilizzo dei materiali. Inoltre, erano spesso coinvolti in operazioni di attivismo ambientale, partecipando a proteste contro la distruzione dell'ambiente, come la deforestazione o la costruzione di dighe. Avevano una forte convinzione che l'equilibrio ecologico dovesse essere preservato per il bene delle future generazioni. Il movimento hippy ha contribuito a diffondere un'attenzione crescente verso le questioni ambientali e ha contribuito alla formazione dell'attuale movimento ecologista. Anche oggi, i valori ecologici e il desiderio di proteggere l'ambiente continuano ad essere parte integrante della cultura e delle preoccupazioni di molte persone, anche al di fuori del movimento hippy. Ideali del movimento hippy sul consumismo Il movimento hippy si opponeva al consumismo e promuoveva uno stile di vita semplice e anti-materialista. Credevano che la società fosse troppo focalizzata sull'acquisizione di beni materiali e che questo portasse a una mancanza di significato, alienazione e distruzione dell'ambiente. Invece di concentrarsi sul possesso di oggetti materiali, gli hippies valorizzavano esperienze, relazioni interpersonali, creatività e spiritualità. Cercavano di trovare la felicità e il significato nella condivisione, nell'amore, nella musica, nella natura e nella ricerca interiore. Inoltre, spesso adottavano uno stile di vita frugale, cercando di ridurre il proprio impatto ambientale e di consumare meno risorse. Erano sostenitori del riutilizzo e del riciclo, incoraggiando l'uso consapevole delle risorse e promuovendo l'auto-sufficienza.
SCOPRI DI PIU'Gassificazione e pirolisi. Tecnologie innovative per la valorizzazione energetica dei rifiutidi Marco ArezioIl costo economico della produzione di energia da combustibili fossili ha ormai raggiunto valori insostenibili rendendo necessaria la ricerca di nuovi combustibili e la messa a punto di alternative di processo e tecnologiche realmente sostenibili. Tra i “nuovi” combustibili che, previo pre-trattamento e/o trasformazione, possono integrare quelli tradizionali vi sono diverse categorie di rifiuti di varia origine (urbana o industriale). Lo sviluppo di processi in tale direzione nasce dall’esigenza di coniugare una produzione energetica più sostenibile con la necessità di una gestione dei rifiuti più efficiente. Gli obiettivi della ricerca applicata attuale Negli ultimi anni si è fatta sempre più forte la ricerca verso nuove soluzioni tecnologiche che, utilizzando vari processi, anche in combinazione tra loro, mirano a garantire un’efficiente trasformazione dei rifiuti promuovendo nel contempo il massimo recupero di materia ed energia e la massima riduzione delle emissioni gassose, liquide e solide. La gestione dei rifiuti eco-sostenibile La valorizzazione dei rifiuti come materia di base per produrre combustibili pregiati, quali il metanolo e l’idrogeno, è obiettivo della ricerca applicata in tutti i Paesi più industrializzati. L’utilizzo dei rifiuti non come combustibili “tal quali” ma come materia da trasformare in prodotti di maggiore qualità o pregio consente di risalire i gradini della “piramide dell’ecosostenibilità”. La spinta verso un’economia energetica basata sulla conversione di combustibili gassosi o al più liquidi (metano, idrocarburi leggeri, oli) e dell’idrogeno è legata alla possibilità di realizzare, grazie ad essi, una combustione più pulita e più efficiente. La trasformazione dei rifiuti in tali combustibili è possibile grazie a processi di natura termochimica quali quelli di pirolisi e gassificazione, che inducono una variazione della struttura chimica della materia tramite l’azione del calore. Non si tratta quindi di effettuare processi di “selezione e pre-trattamento” come la produzione di combustibili solidi come il CDR ma di realizzare veri e propri processi chimici dei quali va accuratamente valutata l’affidabilità, l’efficienza ed il costo. I processi termochimici Pirolisi: in cui ha luogo una degradazione termica del materiale in totale assenza di aria/ossigeno attraverso l’apporto diretto o indiretto di calore. Il potere calorifico dei prodotti ottenuti è pertanto elevatissimo. Gassificazione: in cui avviene una un’ossidazione parziale dei rifiuti in un ambiente in difetto di ossigeno. I prodotti finali non sono completamente ossidati e posseggono pertanto un potere calorifico minore del rifiuto di partenza. Combustione: in cui si realizza la ossidazione completa della frazione organica del rifiuto/combustibile, in presenza di un adeguato eccesso di ossigeno e con il risultato di ottenere prodotti completamente ossidati privi di potere calorifico. La produzione di energia “Realizza l’ossidazione totale e molto veloce della frazione combustibile alimentata, in presenza di un eccesso di aria che è tanto maggiore quanto più difficile il contatto comburente-combustibile. La reazione è esotermica è quindi accompagnata da uno sviluppo di calore che dipende dal potere calorifico inferiore (PCI) del combustibile e dall’efficienza di combustione.” Processi termochimici alternativi alla combustione: Pirolisi E’ un processo che si svolge in assenza di ossigeno ed a temperature superiori ai 400°C, raggiunte attraverso l’apporto diretto o indiretto di calore, durante il quale ha luogo esclusivamente una degradazione termica del materiale organico, eventualmente supportata dall’azione di catalizzatori. I prodotti principali del processo sono gas combustibili di pirolisi, liquidi organici ed un residuo solido, non vetrificato, contenente il char e la frazione inorganica dei rifiuti. La pirolisi dei rifiuti plastici La composizione dei prodotti di pirolisi è estremamente variabile con la temperatura di processo e con la presenza di catalizzatori quali i metalli di transizione e i materiali contenenti siti acidi quali i silico-alluminati, le zeoliti, le argille. I catalizzatori possono, così come l’aumento di temperatura, favorire la deidrogenazione, ovvero la perdita di idrogeno intramolecolare dalla catena polimerica con conseguente aumento del grado di insaturazione dei radicali ottenuti. La deidrogenazione si accompagna inevitabilmente con la elevata produzione di composti insaturi ed aromatici (benzene, toluene, xilene, ecc.) e solidi carboniosi amorfi o cristallini (grafite, micro e nano-fibre). La possibilità di rompere i legami molecolari dei polimeri tramite l’azione del calore (termolisi) o tramite attacco chimico (solvolisi) ha aperto la strada all’utilizzo del prodotto di decomposizione come feedstock per l’industria petrolchimica (feedstock recycling). La pirolisi di biomasse La pirolisi delle biomasse può essere differenziata in base al tempo di residenza: un elevato tempo di residenza porta alla produzione di charcoal; un basso tempo di residenza porta alla formazione di liquidi con rese elevate. La produzione di bio oli (come normalmente vengono chiamati i liquidi della pirolisi delle biomasse) avviene a temperature moderate ovvero al di sotto di 600°C. Pirolisi al plasma di rifiuti pericolosi La pirolisi al plasma avviene a temperature elevatissime (circa 20,000°C) grazie all’azione dell’arco elettrico che si forma tra due elettrodi. L’energia dell’arco è talmente elevata che il gas presente tra gli elettrodi ionizza. Su questo principio si basa il processo di “destrutturazione” di un piro-lizzatore al plasma. Infatti in questo impianto l’arco viene ad essere generato all’interno di una camera dove l’intenso calore generato dall’arco degrada le molecole organiche più resistenti (oli, vernici, solventi) fino ad ottenere i singoli atomi (plasma). In un processo successivo gli atomi si ricombinano per formare composti non pericolosi gassosi (anidride carbonica ed acqua prodotta dall’ossidazione in un letto di materiale ceramico) o solidi. Questi ultimi sono totalmente vetrificati ed inglobano i metalli che risultano non più lisciviabili: sono quindi riutilizzabili come materiale da costruzione. Gli elettrodi utilizzati sono in carbonio e vengono continuamente inseriti senza dover fermare il processo per la manutenzione. Pirolisi di rifiuti solidi urbani Il rifiuto eterogeneo è composto da diverse categorie merceologiche combustibili che però, con un processo di estrema schematizzazione, sono riconducibili a polimeri (plastiche, gomme, resine) e biomasse (carta, cartone, legno, frazione organica, tessili). Tecnologie di pirolisi L’applicazione della pirolisi dei rifiuti urbani è in Europa in uno stadio ancora da sviluppare e non ha quindi raggiunto la maturità commerciale anche se la spinta ad ottemperare a quanto stabilito dal protocollo di Kyoto ha fatto nascere molti progetti dimostrativi. Se l’utilizzo della pirolisi come processo per la produzione di chemicals è ancora molto limitato, la pirolisi intesa come stadio preliminare ad un successivo stadio di combustione o gassificazione è già applicata su grande scala. Fra i processi più interessanti che utilizzano la pirolisi come processo di trasformazione di vari rifiuti (plastiche miste, residui delle demolizioni di automobili, rifiuti elettronici, rifiuti solidi urbani e speciali) possiamo indicare quelli realizzati da WasteGen (UK), Texaco, Compact Power ed Ebara. Conclusioni La massima parte dei processi commerciali di pirolisi si svolge a bassa temperatura, cioè tra 450 e 600°C in modo da evitare di dover pagare un onere eccessivo in termini energetici (ed economici), anche se ciò comporta un aumento del tempo di permanenza nel reattore (che può arrivare anche alle 2h) e la riduzione della frazione di rifiuto completamente degradata all’interno del forno. Per migliorare il rendimento energetico complessivo del processo il gas di pirolisi, ed eventualmente anche il char, sono inviati ad un processo di combustione che consente, se questo è condotto a temperature maggiori di 1200°C, di sfruttare appieno la temperatura adiabatica di fiamma del gas di pirolisi. Il char proveniente da un processo di pirolisi può: • essere inviato a discarica dopo essere stato privato dei metalli che, a valle del processo, sono recuperabili in forma non ossidata • essere inviato a combustione eventualmente assieme al gas di pirolisi; in questo caso non sarà possibile recuperare i metalli (che in questo modo vengono ossidati) • essere inviato a gassificazione (opzione che permette di recuperare i metalli in forma non ossidata ed aumentare la CCE del sistema globale trasformando il carbonio fisso del char in ulteriore syngas).Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - pirolisi - rifiutiMaria Laura Mastellone e Umberto Arena Seconda Università degli Studi di Napoli Dipartimento Scienze Ambientali
SCOPRI DI PIU'Quali danni si verificherebbero con l'ingresso delle nanoplastiche nel cervello?di Marco ArezioL’impatto emotivo sulle persone, inerente problema della plastica che si riversa nei nostri mari e nei nostri oceani, è stato così forte negli ultimi anni che ha permesso la creazione di una mobilitazione mondiale su un fenomeno tanto odioso, quanto pericoloso, per la salute degli animali ma anche per l’uomo. L’opinione pubblica è passata in due fasi di conoscenza del problema: La prima fase è stata la scoperta delle isole di plastica che si sono formate in alcune aree degli oceani, frutto delle correnti marine e dei venti, di dimensioni così estese da costituire, oltre ad un problema ambientale, un pugno nell’occhio e un grido di denuncia verso le attività e i comportamenti dell’uomo. Ci siamo commossi vedendo i pesci, gli uccelli marini e le tartarughe impigliati nei sacchetti di plastica o che avevano ingerito frammenti di plastica scambiati per cibo.La seconda fase è stata la scoperta che le bottiglie, i flaconi, le forchette e tanti altri prodotti che vengono versati negli oceani, con il tempo si decompongono in microplastiche. Queste assumono dimensioni così piccole da entrare nella catena alimentare dei pesci e quindi anche in quella dell’uomo. Un nemico subdolo in quanto non lo vediamo e ce ne cibiamo regolarmente. Secondo le ricerche dell’Universitàdi Lund, esiste un nemico ancora più insidioso per l’uomo, che è rappresentato dalle nanoplastiche, portando il problema delle plastiche nel mare ad una terza fase. Infatti, i ricercatori hanno studiato il degrado chimico e fisico di alcuni tappi di plastica utilizzati per la copertura delle tazze del caffè, seguendo tutte le fasi di disgregazione che il prodotto subisce in mare. E’ stato dimostrato che l’azione congiunta del mare e del sole, porta il rifiuto plastico da una dimensione visibile, alle microplastiche, per poi trasformarsi in nanoplastiche, che hanno una dimensione di pochi milionesimi di millimetri, permettendogli facilmente di essere assorbito dagli essere viventi, uomo compreso. Uno studio della stessa università ha dimostrato che le nanoplastiche possono entrare nel cervello dei pesci apportando dei danni cerebrali. Quello che ancora ci sarà da stabilire, riguarda quali potrebbero essere i danni che le nanoplastiche possono causare nell’uomo e quale potrebbe essere la quantità definibile pericolosa per la salute. Infatti si è capito che, a causa della loro composizione chimica a base di carbonio, le nanoplastiche sono difficili da individuare e potrebbero facilmente passare nel sangue ed arrivare fino al cervello dell’uomo.Vedi il rapporto tra il cibo e la salute
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