Il mondo, nel 2020, ha attraversato una situazione di generale difficoltà umana, economica e sociale con ricadute pesanti per tutti noidi Marco ArezioLe ripetute restrizioni alle libertà personali dovute al Covid stanno cambiando il nostro approccio anche nel mondo degli affari con le limitazioni dei contatti umani e l’uso massiccio delle tecnologie di comunicazione internet. Questo ha portato vantaggi e svantaggi, ma sicuramente non vi erano possibilità diverse per continuare a lavorare e a preservare le aziende e il lavoro. Nel mondo dell’economia circolare, attività di cui ci occupiamo, il settore della plastica riciclata ha pesantemente risentito della caduta delle quotazioni petrolifere, con la conseguenza di comprimere i prezzi delle materie prime riciclate ad un punto pericoloso per la sostenibilità finanziaria delle aziende. L’annullamento del divario, in molti casi, tra il prezzo delle materie prime vergini e quelle riciclate, ha comportato, in alcuni settori non legati al food o alla detergenza, una caduta degli ordinativi delle materie prime riciclate rispetto al passato. Le aspettative al rialzo dei prezzi delle materie prime vergini, non sono ben chiare, in quanto, in un quadro macroeconomico, la crisi planetaria ha ridotto in modo sostanziale il consumo di carburanti (aerei, macchine, navi, camion, industrie) favorendo l’incremento di produzione delle materie plastiche vergini a prezzi molto compressi. Inoltre, in una situazione come quella descritta, paesi in cui il problema del riciclo non è così sentito, la mancanza di un divario di prezzo sostanziale tra la materia prima vergine e quella rigenerata, ha comportato uno spostamento degli acquisti verso le materie prime vergini con la perdita di interi mercati del comparto delle materie prime riciclate. Ma il 2020 non è però passato invano, ci sono stati visibili progressi tecnologici che fanno ben sperare per il prossimo anno in un nuovo corso per le plastiche da post consumo. La ricerca ha portato a buoni traguardi sullo sviluppo dell’uprecycling, che ha l’obbiettivo di incrementare la qualità e l’utilizzo delle plastiche da post consumo, in settori e su prodotti che fino a poco tempo fa non erano producibili con queste tipologie di plastiche da riciclo. Selezionatori, lavaggi, estrusori, cambiafiltri, degasaggi e impianti per controllo analitico degli odori hanno portato una ventata di qualità nella filiera del riciclo, migliorandone in modo sostanziale la materia prima. Ed è proprio sul controllo degli odori che si giocherà la battaglia per incrementare l’utilizzo delle plastiche da post consumo in settori che ancora oggi non le usano. Se fino a ieri la definizione di un disturbo legato all’odore era, non solo empirica, ma soggettiva, in quanto veniva fatta attraverso la sensazione percepita dal naso umano, oggi, attraverso lo strumento da laboratorio che esegue un’analisi chimica dei volatili prodotti dai campioni, niente sarà più soggettivo e incerto. Chi utilizza questo strumento, chiamato naso elettronico in maniera riduttiva, crea una patente certificata dell’odore della propria materia prima o prodotto finale, i cui valori, analitici e incontrovertibili, non lasciano adito a discussioni. Chi compra e chi vende materia prima riciclata o prodotti fatti dalla plastica da post consumo ha oggi la possibilità di certificare i livelli dei prodotti contenuti che generano odore. I motivi per vedere con un certo cauto ottimismo il 2021 nel settore della plastica riciclata da post consumo credo che ci siano, quindi il regalo che ci possiamo fare è un atteggiamento propositivo che ci accompagni a migliorare la nostra vita, il nostro lavoro e l’ambiente in cui viviamo.Categoria: notizie - plastica - economia circolare Vedi maggiori informazioni sulle materie plastiche
SCOPRI DI PIU'Il costo del gas è sempre più alto, l’Europa tentenna sulle soluzioni. Una cartiera Italiana ha deciso di risolvere il problema da soladi Marco ArezioIl comparto della carta ha attraversato, in anni recenti, molte prove dolorose, nelle quali ha sempre cercato di mantenere dritta la barra facendo leva su risorse proprie, l’internazionalizzazione, la diversificazione ed l’eccellenza. Oggi, dopo il Covid, la mancanza di materia prima, i prezzi alle stelle per gli ormai conosciuti problemi sulla catena di approvvigionamento, è entrato a gamba tesa l’esplosione dei prezzi del gas. Problema non sempre risolvibile, questa volta, dall’estro e dalla capacità imprenditoriale dei managers aziendali, in quanto l’energia è un bene primario che si compra e si utilizza direttamente, ma che ricopre, settimana dopo settimana, un peso sempre più importante nei costi di produzione. Costi che incidono sul prodotto semilavorato o finito in modo esponenziale, con difficoltà nelle vendite e nella catena di produzione e consegna dei beni. Oggi, il cliente finale, è abituato a sentirsi dire che il prezzo è aumentato, ma da domani si sentirà dire anche “non so quando posso produrre e consegnare la merce”, perché l’approvvigionamento di energia, oltre ad essere ingestibile economicamente, diventa difficile da programmare, in quanto gli stessi operatori dell’energia sono in difficoltà nella vendita. Senza energia non si fa business, e senza business non servirà più l’energia, in quanto, molte aziende sono seriamente a rischio di chiusura e con esse la filiera da cui dipendono. Per uscire da questo corto circuito è necessario ed auspicabile che si possano trovare le risorse, anche tramite il PNRR, per rendere energeticamente indipendenti le grandi fabbriche produttrici, attraverso l’autoproduzione di energia rinnovabile. Un esempio in merito ce lo sta dando la cartiera Burgo che ha deciso di percorrere questa strada attraverso l’ampliamento della produzione di energia solare nei propri stabilimenti, attraverso un nuovo parco fotovoltaico da 12 Mw e la progressiva dismissione dell’utilizzo di combustibili fossili. Inoltre, al fine di proseguire la strada intrapresa dal mercato che riguarda la riconversione del packaging di plastica con quello in carta, la direzione ha sul tavolo di alimentare le fabbriche anche con l’idrogeno verde. In attesa dei bandi del PNRR che finanzierà il progetto dell’idrogeno, le macchine e le turbine della Burgo sono già pronte per essere alimentate a biofuel e idrogeno e continuerà, da parte dell’azienda gli investimenti sul fotovoltaico nelle varie fabbriche. La necessità di affrancarsi dalla dipendenza del gas sarà la chiave per la sopravvivenza delle cartiere, ma anche delle altre aziende energivore, come il settore dell’acciaio, della chimica, della plastica e di molti altri settori.
SCOPRI DI PIU'Qualità e tecnologia nelle materie plastiche al servizio dei clientiEREMA Engineering Recycling Maschinen und Anlagen Ges.m.b.H, comunemente nota come EREMA, è un'azienda leader a livello globale nello sviluppo e nella produzione di sistemi di riciclaggio della plastica. Fondata nel 1983 in Austria, EREMA ha iniziato la sua attività con l'obiettivo di progettare e costruire macchinari innovativi per il riciclaggio dei rifiuti di plastica, trasformandoli in risorse preziose. La società si è specializzata nella creazione di soluzioni tecnologiche avanzate per il trattamento di vari tipi di plastica, inclusi i rifiuti post-consumo e post-industriali, contribuendo significativamente all'economia circolare nel settore dei polimeri. Fondazione e Sviluppo Iniziale Nel corso degli anni '80, all'inizio della sua storia, EREMA si è concentrata sulla progettazione di impianti di riciclo in grado di processare plastiche miste e contaminati, un compito impegnativo data la varietà e la complessità dei materiali plastici. L'innovazione e l'efficienza hanno guidato lo sviluppo dei primi sistemi, che hanno rapidamente guadagnato attenzione e riconoscimento nel mercato del riciclaggio delle plastiche. Innovazione Tecnologica EREMA è diventata famosa per il suo approccio innovativo nella tecnologia di riciclaggio, sviluppando sistemi come il processo brevettato di Cutter-Compactor, che ha rivoluzionato il trattamento preliminare dei rifiuti di plastica, migliorando l'efficienza del processo di riciclaggio. Questa tecnologia permette di ridurre, compattare e pre-riscaldare i rifiuti plastici prima della fase di estrusione, ottimizzando il processo di riciclaggio. Espansione Globale Con l'aumentare della consapevolezza globale sull'importanza del riciclo della plastica, EREMA ha espanso la sua presenza a livello internazionale, stabilendo filiali e partner in diversi paesi. Questa espansione ha permesso all'azienda di servire un mercato globale, offrendo soluzioni su misura per le esigenze specifiche di ogni cliente e contribuendo alla diffusione delle pratiche di economia circolare nel mondo. Contributo all'Economia Circolare EREMA si è specializzata nella produzione di sistemi di riciclo che supportano il concetto di economia circolare, promuovendo l'uso efficiente delle risorse e minimizzando i rifiuti. La società offre una gamma completa di macchinari per il riciclo, inclusi sistemi per il lavaggio, la separazione, la decontaminazione e la rigenerazione dei materiali plastici. Queste tecnologie permettono ai clienti di EREMA di trasformare i rifiuti plastici in nuovi prodotti di qualità, riducendo l'impatto ambientale e promuovendo la sostenibilità. Ricerca e Sviluppo Il successo di EREMA è dovuto anche al suo forte impegno nella ricerca e sviluppo. L'azienda continua a investire significativamente in R&D per migliorare le sue tecnologie esistenti e per sviluppare nuove soluzioni in risposta alle sfide emergenti nel campo del riciclaggio della plastica. Ciò include la ricerca su nuovi metodi per trattare tipi di plastica difficili da riciclare e lo sviluppo di sistemi che possono produrre materiali riciclati di alta qualità, adatti anche per applicazioni sensibili. Visione Futura Guardando al futuro, EREMA rimane impegnata nella sua missione di promuovere il riciclo della plastica e l'economia circolare attraverso l'innovazione tecnologica. L'azienda continua a esplorare nuove possibilità per migliorare l'efficienza del processo di riciclaggio e per creare soluzioni sostenibili che possano affrontare le sfide ambientali del nostro tempo. In conclusione, EREMA Engineering Recycling Maschinen und Anlagen Ges.m.b.H è un esempio eccellente di come l'innovazione tecnologica possa contribuire significativamente alla sostenibilità ambientale e all'economia circolare. Con il suo impegno continuo nella ricerca, sviluppo e innovazione, EREMA si posiziona come leader nel campo del riciclaggio della plastica, offrendo soluzioni che non solo rispondono alle esigenze attuali ma anche future del settore. Perchè i clienti apprezzano Erema I clienti apprezzano EREMA per vari motivi che si riflettono nella qualità dei suoi prodotti, nell'innovazione tecnologica e nell'impegno verso la sostenibilità e l'economia circolare. Ecco alcuni dei motivi principali per cui EREMA si distingue e viene apprezzata dai suoi clienti: Innovazione e Tecnologia Leader nel Settore EREMA è riconosciuta per la sua continua innovazione e per lo sviluppo di tecnologie all'avanguardia nel campo del riciclaggio della plastica. I suoi sistemi di riciclaggio, come il famoso processo Cutter-Compactor, offrono soluzioni efficienti per la trasformazione dei rifiuti plastici in risorse preziose, ottimizzando il processo di riciclaggio e garantendo prodotti finali di alta qualità. Alta Efficienza e Riduzione dei Costi I macchinari EREMA sono progettati per massimizzare l'efficienza del processo di riciclaggio, riducendo il consumo energetico e i costi operativi per i clienti. Questo aspetto è particolarmente apprezzato dalle aziende che cercano di migliorare la loro sostenibilità ambientale riducendo al contempo i costi. Versatilità e Flessibilità Le soluzioni di EREMA sono adatte a una vasta gamma di applicazioni e possono essere personalizzate per soddisfare le specifiche esigenze di riciclaggio dei suoi clienti. Questo include la capacità di trattare diversi tipi di materiali plastici, dai rifiuti post-consumo ai residui post-industriali, rendendo i sistemi EREMA estremamente versatili. Supporto e Servizio Clienti Eccezionale EREMA è nota per fornire un eccellente supporto e servizio clienti, dalla consulenza iniziale alla manutenzione post-vendita. L'azienda offre formazione approfondita, assistenza tecnica e accesso a pezzi di ricambio per garantire che i suoi sistemi operino con la massima efficienza. Impegno verso la Sostenibilità L'orientamento di EREMA verso la sostenibilità e l'economia circolare risuona profondamente con le aziende che cercano di ridurre il loro impatto ambientale. Collaborare con EREMA permette ai clienti di contribuire attivamente alla riduzione dei rifiuti plastici e alla promozione di un futuro più sostenibile. Riconoscimento Globale e Affidabilità La reputazione globale di EREMA come leader nel campo del riciclaggio della plastica offre ai suoi clienti la sicurezza di collaborare con un'azienda riconosciuta per la sua affidabilità, qualità e innovazione. In sintesi, i clienti apprezzano EREMA per la sua capacità di offrire soluzioni innovative e sostenibili che non solo rispondono alle loro esigenze specifiche di riciclaggio ma promuovono anche una maggiore efficienza operativa e un impatto ambientale positivo.
SCOPRI DI PIU'Preparativi, Speranze, Sfide e Tragedie al Cospetto del Nanga Parbat. Capitolo 1: Il Richiamo della Montagnadi Marco ArezioL'alpinismo, nella sua essenza più pura, è sempre stato più di una semplice conquista fisica. Per molti, rappresenta un profondo viaggio interiore, un dialogo tra l'uomo e la natura che trascende i confini della mera avventura fisica. Nessuna storia incarna meglio questa verità di quella della prima salita del Nanga Parbat nel 1970 attraverso la sua imponente parete nord del Rupal da parte dei fratelli Reinhold e Günther Messner. Questa epica ascesa non solo segnò un capitolo cruciale nella storia dell'alpinismo ma anche nel cuore e nell'anima di chi osò affrontarla.Cosa è la Parete Nord del Ruplal sul Nanga Parbat La Parete Nord del Rupal sul Nanga Parbat, spesso descritta come la "parete più alta della Terra", rappresenta una delle sfide più formidabili e impressionanti nell'ambito dell'alpinismo. Con un'altezza verticale di circa 4.600 metri dalla sua base fino alla cima, questa parete è situata sul lato sud della montagna e fa parte del massiccio del Nanga Parbat, che è il nono più alto del mondo, elevandosi a 8.126 metri sul livello del mare.Negli anni '60, la parete nord del Rupal era considerata da molti alpinisti un "ultimo problema dell'Himalaya", un obiettivo estremamente ambito ma altrettanto temuto per le sue difficoltà tecniche, i rischi oggettivi e le sfide logistiche. La parete presentava (e presenta ancora) una combinazione formidabile di ostacoli, tra cui pendii ghiacciati estremamente ripidi, pareti rocciose quasi verticali, e il pericolo costante di valanghe e cadute di sassi. La sua immensità e il suo isolamento aggiungevano ulteriori livelli di difficoltà, rendendo ogni tentativo di scalata un'impresa seria e rischiosa.La percezione degli alpinisti negli anni '60 era fortemente influenzata dalle storie di precedenti spedizioni che avevano tentato di conquistare il Nanga Parbat, alcune delle quali avevano avuto esiti tragici. Tuttavia, questa reputazione contribuiva anche ad alimentare il fascino e l'attrazione verso il Nanga Parbat, poiché alpinisti di tutto il mondo vedevano nella sua conquista non solo una sfida sportiva estrema, ma anche un'opportunità per testare i limiti dell'endurance umana e della capacità tecnica. Profilo dei Principali Alpinisti Reinhold Messner: Considerato uno dei più grandi alpinisti di tutti i tempi, Reinhold era noto per la sua straordinaria forza fisica, la sua volontà di ferro e la sua filosofia di vita avventurosa. Pioniere dello stile alpino nelle grandi montagne, la sua visione dell'alpinismo enfatizzava la purezza dell'esperienza e il rispetto profondo per la natura. Oltre alla sua carriera in montagna, è un difensore appassionato della conservazione ambientale e un autore prolifico, con numerosi libri che esplorano la filosofia dell'avventura e dell'esplorazione. Günther Messner: Fratello minore di Reinhold, Günther condivideva la passione per l'alpinismo e l'avventura. Sebbene meno conosciuto del fratello, la sua competenza tecnica e la sua resistenza erano fondamentali per il successo delle loro imprese congiunte. La loro stretta relazione fraterna e la fiducia reciproca erano evidenti in tutte le loro scalate, con Günther che svolgeva un ruolo cruciale nel supportare le ambizioni alpinistiche di Reinhold.La squadra era composta anche da altri alpinisti di talento, ognuno dei quali portava competenze e esperienze vitali alla spedizione. Tuttavia, il focus emotivo e narrativo rimane sui fratelli Messner, il cui legame profondo e la visione condivisa erano al cuore dell'impresa. Il Nanga Parbat, noto anche come la "Montagna Assassina", si erge maestoso tra le vette dell'Himalaya, sfidando gli alpinisti con le sue pendici inospitali e le sue condizioni estreme. Eppure, fu proprio questa montagna a richiamare i fratelli Messner, attirandoli con la promessa di un'avventura che avrebbe messo alla prova, non solo il loro coraggio e la loro resistenza, ma anche la loro volontà e il loro spirito. La decisione di affrontare la parete nord del Rupal, la più alta parete rocciosa del mondo, era emblematica del loro desiderio di esplorare i limiti dell'essere umano, di sfidare se stessi contro le forze della natura in una delle sue forme più incontaminate e temibili. L'attrazione di Reinhold e Günther Messner verso il Nanga Parbat non era motivata semplicemente dal desiderio di successo o dalla fame di riconoscimenti, piuttosto, rifletteva una connessione spirituale con la montagna, una comprensione che la scalata era tanto un viaggio verso l'interno quanto un'ascesa fisica. Vedevano la montagna come un luogo di prova e rivelazione del sé, un'arena dove potevano confrontarsi con i loro limiti più profondi, superare le loro paure e scoprire la propria essenza più autentica. Questa visione dell'alpinismo, radicata in una cultura che valorizza l'autenticità dell'esperienza e il rispetto profondo per la natura, li distingueva in un'epoca in cui l'esplorazione delle grandi vette era spesso dominata dalla conquista piuttosto che dalla comprensione. Il loro approccio era antitetico alla nozione di dominio sull'ambiente; piuttosto, cercavano un dialogo, una sorta di comunione con la montagna, che li vedeva come ospiti piuttosto che come conquistatori.La scelta di scalare la Parete del Rupal del Nanga Parbat era dunque un'affermazione di principi e valori. Non si trattava solo di affrontare una sfida fisica estrema, ma di intraprendere un percorso di ricerca interiore che li avrebbe trasformati. La montagna, con le sue impervie pareti e il suo ambiente inospitale, era il medium attraverso il quale i Messner cercavano risposte a questioni esistenziali, un luogo dove la lotta per la sopravvivenza esterna si specchiava in una battaglia interna per la comprensione di sé. In questa luce, il Nanga Parbat non era semplicemente una montagna da scalare, ma un passaggio verso una più profonda consapevolezza di sé. La loro ascesa si proponeva di esplorare non solo i confini geografici dell'Himalaya, ma anche i confini interiori dell'anima umana. La Parete del Rupal diventava così un simbolo potente della ricerca umana di significato, un luogo dove la fisicità della scalata si intrecciava indissolubilmente con lo spirito di chi osava affrontarla. Le Motivazioni alla Base della Spedizione Al centro dell'organizzazione della spedizione c'erano diverse motivazioni. Primo, vi era il desiderio di superare una delle sfide alpinistiche più ardue e pericolose dell'epoca. La Parete del Rupal del Nanga Parbat era considerata la "parete assassina", un muro di 4500 metri che rappresentava uno degli ultimi problemi irrisolti dell'alpinismo himalayano. La sua conquista prometteva non solo un posto nella storia dell'alpinismo ma anche un'opportunità per i fratelli Messner di testare i loro limiti fisici e psicologici. Secondo, c'era una spinta verso l'innovazione tecnica e tattica nell'alpinismo. I fratelli Messner erano pionieri dello stile alpino nell'Himalaya, un approccio che privilegiava la leggerezza, la velocità e l'autosufficienza rispetto alle spedizioni pesanti e assai supportate che erano la norma. Questo stile rifletteva un rispetto più profondo per la montagna e una ricerca di un'esperienza più pura e diretta. Terzo, la spedizione rappresentava un viaggio interiore, una ricerca di significato oltre i confini del mondo conosciuto. Per i Messner, come per molti alpinisti, la montagna era un luogo di riflessione spirituale, un ambiente dove confrontarsi con le proprie paure, dubbi e aspirazioni più profonde. La decisione di intraprendere la scalata della Parete del Rupal era quindi il risultato di una complessa interazione di motivazioni personali, professionali e filosofiche. Per i fratelli Messner e per i loro compagni di squadra, la spedizione rappresentava l'apice di una vita dedicata alla ricerca dei limiti dell'umano possibile, sia fisicamente che spiritualmente. La montagna chiamava, e loro rispondevano non solo con i loro corpi e le loro menti, ma con tutto il loro essere. In questo primo capitolo della loro straordinaria avventura, il richiamo della montagna emerge non solo come una sfida fisica ma come una chiamata alla scoperta di sé, un invito a entrare in un dialogo con l'infinito.Alla vigilia della partenza, mentre i fratelli Messner ultimavano i preparativi, si trovavano di fronte a una confluenza di emozioni. L'entusiasmo per l'imminente avventura si mescolava a un senso di riverenza e umiltà davanti alla maestosità del Nanga Parbat. Era chiaro che ciò che stavano per affrontare non era un semplice traguardo fisico; era una peregrinazione verso gli abissi più profondi della loro esistenza. La montagna, con la sua imponenza e la sua ineludibile presenza, li chiamava a una sfida che era tanto contro se stessi quanto contro gli elementi naturali. La notte prima della partenza, sotto un cielo stellato che sembrava quasi un presagio del percorso insidioso che li attendeva, Reinhold e Günther condivisero un momento di quiete riflessione. Consapevoli del fatto che il viaggio che stavano per intraprendere avrebbe potuto cambiarli in modi che allora potevano solo immaginare, si promisero l'un l'altro di affrontare ogni difficoltà con coraggio e determinazione, mantenendo sempre un profondo rispetto per la montagna che si apprestavano a scalare. Questa connessione quasi mistica con il Nanga Parbat non era solo una testimonianza del loro amore per l'alpinismo, ma rifletteva anche una comprensione più ampia del loro posto nel mondo. Vedevano la montagna non solo come un avversario da conquistare, ma come un maestro severo e imparziale, capace di impartire lezioni di vita profonde e durature.Avvicinamento al Campo BaseLa spedizione sarebbe iniziata con l'arrivo dei fratelli Messner e del resto del team all'aeroporto di Rawalpindi, vicino a Islamabad, che all'epoca era il principale aeroporto internazionale che serviva la capitale del Pakistan.Dopo l'arrivo, la squadra avrebbe organizzato il trasferimento verso il nord del Pakistan, direzione Gilgit o Chilas. Data l'epoca, è probabile che abbiano viaggiato per strada, affrontando un lungo e arduo viaggio attraverso la Karakoram Highway (KKH), che era in fase di costruzione in quegli anni e non completamente operativa come oggi. Questo viaggio avrebbe offerto loro la prima vera visione della maestosità e della sfida rappresentata dalle montagne dell'Himalaya e del Karakorum.Da Gilgit o Chilas, il team avrebbe proseguito verso il villaggio di Tarashing, situato alla base del versante. Questa parte del viaggio avrebbe potuto essere compiuta utilizzando mezzi di trasporto locali disponibili come camion o jeep adattati per gestire le strade di montagna.L'ultima parte del viaggio verso il campo base del Nanga Parbat avrebbe comportato un trekking di più giorni attraverso paesaggi montani imponenti. Questo percorso avrebbe messo alla prova la loro resistenza e avrebbe segnato l'inizio del loro adattamento all'altitudine. I fratelli Messner e il loro team avrebbero portato con sé attrezzature, cibo e altri materiali necessari, affidandosi anche all'aiuto di portatori locali per trasportare i pesi più ingenti.Il capitolo si conclude con i fratelli Messner che si avviano verso la base della Parete del Rupal, le loro figure piccole ma risolute contro l'immenso sfondo della montagna. In questo momento di partenza, erano pienamente consapevoli della grandezza della sfida che avevano scelto di affrontare, ma erano guidati da un irriducibile spirito di avventura e da una sete insaziabile di conoscenza.Il loro passo era fermo, il cuore pieno di speranza e la mente aperta alle infinite possibilità che il Nanga Parbat aveva da offrire. Era l'inizio di una leggendaria impresa alpinistica, ma anche di una profonda odissea personale che avrebbe lasciato un'impronta indelebile sulla loro vita e sull'intero mondo dell'alpinismo.
SCOPRI DI PIU'I materiali per gli imballi alimentari in commercio hanno caratteristiche, qualità, costi di smaltimento e riciclabilità differentidi Marco ArezioNel mondo del packaging alimentare troviamo materie prime estremamente differenti tra loro, alcune di esse, come la carta e il vetro, hanno una storia millenaria, mentre la plastica e l’alluminio hanno una storia più recente. Non vogliamo entrare volutamente in un duello di marketing sulla preferenza tra un materiale o l’altro, ma vorremmo analizzare alcuni aspetti che riguardano la conservazione dei beni contenuti, la durabilità dell’imballo, la riciclabilità. In verità a queste analisi dovremmo aggiungere quella relativa ai costi di produzione comparati e all’impatto ambientale sulla logistica, che verranno affrontati in altra sede. Se diamo uno sguardo al passato possiamo dire che il vetro è stato il materiale principe del packaging con cui si contenevano gli alimenti liquidi, latte, vino, liquori, olio e altri generi alimentari, mentre a partire dal boom economico degli anni 60 del secolo scorso, anche l’acqua minerale e le bibite avevano trovato una loro quota di mercato attraverso la confezione nelle bottiglie. Per quanto riguarda le scatole alimentari in metallo possiamo riferirci al XIX° secolo come inizio in America e in Inghilterra delle prime produzioni industriali, nonostante i costi per realizzarle risultassero molto elevati e il cibo in scatola era quindi un lusso per pochi. A spingere la loro diffusione arrivarono però le guerre mondiali, in quanto gli eserciti trovarono comodo e logisticamente utile affidare il rancio dei soldati a questa tipologia di imballo. Con l’avvento delle lattine di alluminio iniziò una larga diffusione a partire dalla metà degli anni ’50 del secolo scorso, del cibo e delle bevande confezionate nel metallo morbido. Per quanto concerne l’uso degli imballi in carta, dobbiamo arrivare alla metà degli anni ’50 del secolo scorso per vedere l’avvio, in Svezia, dei primi imballi per liquidi alimentari in confezioni di cartone e film plastici. A partire dal 1973, quando l’azienda Du Pont brevetta il PET possiamo dire che sono nati gli imballi alimentari su larga scala, con l’intento di erodere quote di mercato a quelli di vetro. Se vogliamo fare un paragone delle qualità fisico chimiche dei principali imballi alimentari possiamo elencare alcune comparazioni generali: Cessioni possibili di sostanze costituenti l’imballo • Vetro: sodio e calcio già presenti negli alimenti • Plastica: componenti degli additivi specialmente se presenti grasso o alcool • Carta o Cartone: additivi e coloranti • Metallo: Stagno e piombo entro i limiti di legge. Sostanze tossiche dalle vernici (ad alta temperatura) Impermeabilità ai liquidi, gas ed agenti microbiologici • Vetro: 100% • Plastica: variabile a seconda del polimero • Carta o Cartone: solo se assenti abrasioni superficiali • Matallo: solo se assenti abrasioni superficiali Corrosione dell’imballo • Vetro: Solo acido fluoridrico e soluzioni alcaline a Ph superiore a 8 • Plastica: può rilasciare microplastiche in corrispondenza delle piegature • Carta o Cartone: attaccabile da insetti e topi • Metallo: generata da eventuali imperfezioni della struttura Sterilizzabilità • Vetro: 100% a secco ed a umido • Plastica: con particolari additivi batteriostatici • Carta o Cartone: in fase di confezionamento con acqua ossigenata o UV o agenti chimici • Metallo: 100% anche ad alte temperature Trasparenza • Vetro: perfetta con vetro chiaro • Plastica: dipende dal polimero, difficile con polimeri riciclati in HDPE • Carta e Cartone: no • Metallo: no Protezione alla luce Attinica • Vetro: buona nei verti colorati • Plastica: buona con additivi specifici • Carta o Cartone: opaco • Metallo: opaco Sanificazione • Vetro: ottima • Plastica: monouso da riciclare • Carta o Cartone: monouso da riciclare • Metallo: monouso da riciclare Riciclabilità • Vetro: continua e senza degrado. Economica solo con il vuoto a rendere • Plastica: possibile un certo numero di volte con qualche degrado qualitativo. Difficile il riciclo dei poliaccoppiati • Carta e Cartone: riciclabile con degrado. Difficile il riciclo dei poliaccoppiati carta-plastica • Metallo: buono In conclusione, a questa analisi andrà aggiunta una comparazione economica dell’imballo alimentare in funzione della durabilità del prodotto sugli scaffali e il costo del riciclo o dello smaltimento dell’imballo a fine vita, nonché dell’impatto ambientale sia della produzione, che della logistica che della circolarità o meno del rifiuto.Categoria: notizie - tecnica - vetro - riciclo - qualità - rottame
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