I Rifiuti Elettronici: una Filiera con Molte Incognite e Speculazionidi Marco ArezioI rifiuti elettronici sono quella massa di prodotti di uso comune come elettrodomestici, telefonini, televisori, computers e molti altri oggetti che raggiungono, più o meno velocemente, una condizione di obsolescenza, voluta dai produttori o dalla moda o per rotture tecniche, in un tempo sempre più rapido.A differenza dei rifiuti plastici, di vetro, di metallo, di carta o di tessuti, il rifiuto elettronico è un complesso articolato di componenti di varia natura e provenienza che ne fa, di per sé, un oggetto complicato per il riciclo. Inoltre un oggetto elettronico contiene molte sostanze chimiche pericolose che se non trattate in modo corretto comportano seri danni all’ecosistema e all’uomo. Ci sono molti motivi per spingere sull’industria del riciclo legale delle apparecchiature elettroniche, tra le quali possiamo annoverare il rispetto dell’ambiente, la tossicità di alcuni componenti che sono presenti all’interno delle apparecchiature, che devono essere gestiti in maniera corretta e responsabile, ma anche la crescente domanda dei materiali nobili, da parte dei produttori, per la costruzione di nuovi dispositivi. Infatti, molti minerali rari che sono necessari per le moderne tecnologie provengono da paesi che non rispettano i diritti umani. Per evitare di sostenere inconsapevolmente conflitti armati e violazioni dei diritti umani, i deputati del Parlamento europeo hanno adottato norme che impongono agli importatori europei di materiali preziosi di effettuare dei controlli sul ciclo di lavoro per garantire che non si verifichino fenomeni di sfruttamento dei lavoratori, di inquinamento delle terre e di reputazione dei fornitori. Anche per questo motivo la crescita del mercato legale del riciclo di questo settore risulta di particolare importanza. Se volessimo fare una classifica di quale siano i rifiuti elettronici più comuni possiamo dire che i grandi elettrodomestici, come le lavatrici e le stufe elettriche, sono tra i quelli più raccolti e rappresentano oltre la metà di tutti i rifiuti elettrici ed elettronici. Seguono le apparecchiature informatiche e di telecomunicazione (computer portatili, stampanti), le apparecchiature di consumo (videocamere, lampade fluorescenti) e i pannelli fotovoltaici nonché i piccoli elettrodomestici (aspirapolvere, tostapane). Tutte le altre categorie, come gli attrezzi elettrici e i dispositivi medici, rappresentano in totale il 7,2% dei rifiuti elettronici ed elettrici raccolti. Il riciclo dei rifiuti elettronici, nonostante vi siano sostanze preziose al loro interno come il rame, lo stagno, l’oro, il titanio, l’argento, l’alluminio, rimane del tutto insufficiente, in termini di volumi riciclati, rispetto alla produzione annua di apparecchiature nuove. L’ONU nel solo 2017 ha stimato in 50 milioni di tonnellate in tutto il mondo la massa di rifiuti elettronici di cui l’80% è finito nelle discariche. Quali sono i motivi per cui si ricicla così poco?Innanzitutto la complessità degli apparecchi, formati da molti elementi diversi tra loro e l’alto standard qualitativo, che impone l’uso di materie prime chimicamente complesse, che richiederebbe lo smontaggio degli apparecchi per una separazione corretta in elementi costitutivi. In realtà gli molti apparecchi non vengono smontati, specialmente quelli più piccoli, ma macinati e divisi successivamente con la perdita di molti materiali e il parziale inquinamento degli elementi riciclabili. Possiamo dire che solo alcuni produttori hanno avviato il ritiro dei propri prodotti usati a fine vita, come Apple per esempio, creando un flusso di rifiuti del tutto pulito dai quali estrae i materiali più preziosi tra cui l’oro. Inoltre il ritmo di produzione e di vendita degli apparecchi, come i telefonini, vede ogni anno un ciclo di cambio pari a circa il 25% della popolazione, inoltre nelle case sarebbero accumulati 500 milioni di apparecchi inutilizzabili che incombono sulla quota dei rifiuti elettronici globali. I sistemi di riciclo dei rifiuti elettronici - RAEE Il recupero dei componenti degli apparecchi elettronici avviene principalmente attraverso i processi di triturazione e separazione del macinato risultante, secondo la sua natura. Il vetro, la plastica i metalli e altri prodotti minori vengono separati con sistemi meccanici e per densità, creando famiglie omogenee di scarti che potranno diventare nuova materia prima. Purtroppo, all’interno di un apparecchio elettronico, una quota considerevole di materiali non può essere separato e riciclato per la complessità delle ricette chimiche richieste durante la loro produzione. Per queste difficoltà e per gli alti costi di riciclo, attualmente una quota tra il 60 e 80% dei rifiuti elettronici a fine vita vengono inviati in paesi in via di sviluppo, a volte in maniera poco trasparente, dove gli apparecchi vengono separati manualmente, con sistemi che comportano enormi problemi sanitari e ambientali in cui avviene il lavoro. Molti degli prodotti che sono avviati al riciclo o alla discarica sono strumenti ancora validi e recenti, ma attualmente la loro costituzione, strutturale e di processo per il loro funzionamento, ne rende difficile o antieconomica la riparazione, a volte volutamente impossibile dai produttori, così da creare un volano di nuovi acquisti e di conseguenza un aumento esponenziale dei rifiuti. In un’ottica generale questo consumismo sfrenato in cui la vita del prodotto viene programmata per durare il meno possibile, creando un nuovo bisogno di acquisto, va contro ogni logica di sostenibilità a cui gli organi competenti devono dare un freno.Categoria: notizie - RAEE - economia circolare - rifiuti Vedi maggiori informazioni sul riciclo
SCOPRI DI PIU'Il nuovo packaging cambia colore in base alla qualità del cibo che contiene di Marco ArezioLa ricerca universitaria e scientifica nel campo del packaging si sta concentrando sul problema della effettiva scadenza dei cibi, studiando bio pellicole che possano aiutarci a classificare, oltre all’etichetta apposta, la reale qualità del cibo contenuto. Le nuove bio pellicole sono formate da bio plastiche, realizzate dalla trasformazione dello zucchero contenuto nelle barbabietole e nel mais, alle quali vengono aggiunti additivi provenienti dagli scarti del settore agroalimentare. Questi additivi sono, a loro volta, scarti della filiera agroalimentare come la canapa, il lino, gli scarti del caffè, vari scarti di vegetazione, e altri prodotti naturali. Hanno diverse proprietà che possiamo riassumere: Buone proprietà meccaniche Resistenza al fuoco Proprietà antiossidanti Proprietà antifungine Proprietà antimicrobiche Tra gli additivi di cui abbiamo parlato prima, l’aggiunta di ossido di zinco e alluminio, nella produzione delle bio pellicole, sviluppa delle proprietà antimicrobiche che possono allungare la scadenza dei prodotti freschi, riducendo così gli sprechi dato dalla scadenza dei prodotti. Mentre l’aggiunga di un additivo come l’olio di cardarolo e una particolare molecola chiamata porfirina, attribuiscono alla pellicola proprietà antiossidanti e antifungine, che nel campo del packaging alimentare aiutano a segnalare il deterioramento del prodotto. Ma come avviene questo meccanismo? Quando la bio pellicola entra in contatto con alcuni analiti, come l’acqua, l’etanolo, l’ammoniaca o altri prodotti che derivano dalla degradazione alimentare, in combinazione con la luce, questi elementi tossici penetrano nel polimero della pellicola creando reazioni di colore. Le pellicole realizzate in laboratorio sono completamente biodegradabili e bio compostabili, questo significa che alla fine del loro ciclo di vita possono diventare concime e rientrare nel pieno rispetto della circolarità dei prodotti.Categoria: notizie - tecnica - plastica - etichetta - packaging - imballoVedi maggiori informazioni sul packaging alimentare
SCOPRI DI PIU'Gli pneumatici riciclati offrono fibre di polipropilene dal tessuto di rinforzo per aumentare la resistenza al fuoco del calcestruzzodi Marco ArezioSecondo uno studio dell’Università di Sheffield, l’utilizzo del rinforzo tessile (fibre) in polipropilene presente nei pneumatici riciclati, aiuta le strutture in calcestruzzo a resistere meglio al fuoco. Che l’uso delle fibre in polipropilene (PP) negli impasti di calcestruzzo utilizzati per una maggiore resistenza al fuoco fosse una pratica risaputa non è una novità, cosa interessante invece, nell’ottica dell’economia circolare, è che il tessuto di rinforzo contenuto nei pneumatici riciclati è stato oggetto di studi per capirne il comportamento al fuoco in una struttura di calcestruzzo. L’uso delle fibre in polipropilene, nelle ricette di calcestruzzi particolarmente resistenti al fuoco, è indicato per ridurre il fenomeno dell’esplosione del conglomerato sotto l’effetto del calore. Lo studio ha dimostrato che l’utilizzo di fibre in PP riciclate, in questo caso proveniente dagli pneumatici riciclati, svolge un lavoro equivalente alle fibre vergini, con un risparmio di energia e di risorse naturali per la loro produzione. Ma qual è il vantaggio dell’uso delle fibre in PP riciclato in caso di incendio? La struttura in calcestruzzo, sotto l’effetto del fuoco, aumenta considerevolmente la sua temperatura e, a causa dell’umidità intrappolata al suo interno, data dal rapporto acqua e cemento durante la formazione delle strutture, potrebbe far esplodere parti di calcestruzzo nel tentativo di uscire dalla struttura. In questo caso le fibre in PP, durante il riscaldamento della struttura, si sciolgono progressivamente, creando una rete di micro cunicoli che permettono all’umidità di trovare fughe verso l’esterno. Si potrebbe pensare che la creazione di queste micro vie possa ridurre la resistenza meccanica e la rigidità del calcestruzzo, ma in realtà il volume delle fibre è così limito che non influisce su questi fattori secondo l’università di Sheffield. L’uso delle fibre in PP riciclate non ha solo la funzione di proteggere il calcestruzzo dalle esplosioni causate dall’umidità intrappolata al suo interno, ma anche di proteggere i ferri di armatura. Infatti, questi, se si trovassero con le superfici a contatto diretto della fonte di calore a causa della perdita dello strato di copertura di calcestruzzo, andrebbero incontro a rapidi ammaloramenti strutturali. Il solo scopo dell’aggiunta delle fibre in PP riciclate è quella del loro scioglimento al momento del bisogno, riducendo la pressione interna del conglomerato. Gli studi continueranno con l’obbiettivo di testare diverse tipologie di impasti cementizi, con diverse granulometrie di aggregati, sottoposti a temperature differenti, con lo scopo di studiare, a livello di microstruttura, i danni provocati dal fuoco e i cambiamenti strutturali.Categoria: notizie - tecnica - calcestruzzo - riciclo - fibre - resistenza al fuocoVedi maggiori informazioni
SCOPRI DI PIU'Sabic e Plastic Energy Insieme per un Nuovo Impianto di Riciclo ChimicoL'attenzione per l'ambiente, l'economia circolare e i rifiuti si concretizza nell'analisi di soluzioni che possano realmente utilizzare i rifiuti dei rifiuti, cioè quei prodotti che escono dagli impianti di riciclo meccanico come scarti e che sarebbero destinati alla discarica o all'incenerimento. Il riciclo chimico è sicuramente una strada per riutilizzare questi scarti trasformandoli, come faranno Sabic e Plastic Energy in Olanda, creando una catena di valore nei polimeri sostenibili. Alla fine del 2018, il gruppo petrolchimico saudita Sabic ha firmato un memorandum d'intesa con la British Plastic Energy per costruire un'unità di riciclaggio della plastica nei Paesi Bassi. Il progetto doveva essere completato nel 2021. Sebbene sia un pò in ritardo, si sta lavorando per la sua realizzazione. I due partner hanno appena creato una joint venture, Spear (Sabic Plastic Energy Advanced Recycling BV), di cui possiedono in parti uguali, per avviare la costruzione di questo sito a Geleen, un importante centro petrolchimico, vicino a Maastricht, dove Sabic è già presente. Dovrebbe essere operativo nella seconda metà del 2022. on il supporto del ministero degli Affari economici olandese. Diverse collaborazioni Sabic e Plastic Energy collaborano dal 2019 per produrre e commercializzare polimeri “circolari”, inseriti nel catalogo Trucircle di Sabic. Il gruppo saudita ha così potuto collaborare con trasformatori, gruppi di beni di consumo e / o catene di vendita al dettaglio per produrre vari imballaggi: tra questi primi utenti ci sono, in particolare, Albéa, Aptar, Avery Dennison, Berry Global, Huhtamaki, Sealed Air, Walki , Tupperware, Unilever e Tesco. “La nuova unità consentirà a Sabic di aumentare in modo significativo la produzione di polimeri circolari certificati al fine di fornire ai clienti un migliore accesso a materiali sostenibili che sono stati riciclati, riutilizzati e prodotti in un modo che può aiutare a proteggere le risorse naturali dal nostro pianeta, agendo come soluzione di riserva ", afferma Fahad Al Swailem, vicepresidente responsabile delle vendite di polietileni e polimeri di Sabic. Conversione anaerobica termica Plastic Energy ha sviluppato una tecnologia brevettata di conversione termica anaerobica (TAC) che trasforma un'ampia gamma di materie plastiche a fine vita, sporche o contaminate e difficili da riciclare utilizzando processi convenzionali, in oli sintetici per pirolisi che, una volta raffinati, rendono possibile produrre polimeri con proprietà identiche a quelle dei materiali originali. La società gestisce già due impianti di riciclaggio chimico per la plastica a Siviglia e Almeria, in Spagna, dal 2014 e dal 2017. La nuova unità produrrà sia questo olio che resine. A. Jadoul
SCOPRI DI PIU'L'oscuro viaggio dei rifiuti tossici dall'Italia all'Africa, un affare criminale da 20 miliardi di euro di Marco ArezioL'Africa, da tempo al centro di una crisi ambientale aggravata dall'importazione illegale di rifiuti dall'Europa, è diventata la destinazione finale per enormi quantità di materiale spesso pericoloso. Questo business illegale, che vede l'Italia come uno dei principali snodi, genera un giro d'affari mondiale stimato in 20 miliardi di euro. Nel corso degli ultimi mesi, sono stati effettuati significativi sequestri in Toscana, Campania e Emilia-Romagna, che hanno messo in luce la portata di questa attività criminale. Il Meccanismo del Traffico Illecito Il processo di trasporto di rifiuti dall'Europa all'Africa è complesso e altamente organizzato. I rifiuti, spesso di natura pericolosa come materiali tossici, elettronici o plastici non riciclabili, vengono stipati in container e spediti ufficialmente come "materiali per il riciclo". Paesi come Tunisia, Ghana, Senegal e Mauritania finiscono per essere le destinazioni principali di questi carichi illeciti. Queste spedizioni sono spesso camuffate da legittime esportazioni di rifiuti destinati al riciclaggio. Tuttavia, una volta giunti a destinazione, i rifiuti vengono frequentemente abbandonati in discariche all'aperto o bruciati, causando gravi danni ambientali e rischi per la salute pubblica. Le regolamentazioni esistenti, come la Convenzione di Basilea sulla movimentazione transfrontaliera dei rifiuti, sono sistematicamente violate in questo processo. L'Inchiesta e i Sequestri in Italia Le autorità italiane, in risposta a crescenti preoccupazioni, hanno intensificato le indagini e i controlli sui movimenti di rifiuti destinati all'esportazione. Negli ultimi mesi, significativi sequestri sono stati effettuati in diverse regioni, tra cui Toscana, Campania e Emilia-Romagna. Questi sequestri hanno rivelato non solo la scala dell'illecito ma anche le sofisticate tecniche di mascheramento usate dagli operatori del settore. Le indagini hanno evidenziato come molte delle aziende coinvolte utilizzino documentazione falsa per classificare i rifiuti come materiali non pericolosi. Inoltre, sono stati scoperti accordi corrotti con funzionari locali, sia in Italia che nei paesi di destinazione, per facilitare l'ingresso dei rifiuti nei mercati africani senza le dovute verifiche. Impatto Ambientale e Sanitario L'impatto di queste pratiche illecite è devastante per l'ambiente e la salute delle popolazioni locali. Le discariche illegali, spesso situate vicino a comunità vulnerabili, contaminano il suolo e le acque, portando malattie e problemi sanitari a lungo termine. Inoltre, la combustione incontrollata di plastica e rifiuti elettronici rilascia sostanze chimiche tossiche nell'aria, contribuendo a un più ampio problema di inquinamento atmosferico. Risposta Internazionale e Azioni Future La comunità internazionale, comprese le organizzazioni ambientali e le agenzie delle Nazioni Unite, ha richiamato ad una maggiore cooperazione tra i paesi per fermare il traffico di rifiuti. È urgente un rafforzamento delle leggi e delle misure di controllo, nonché una maggiore trasparenza e tracciabilità delle spedizioni di rifiuti. Inoltre, è fondamentale che i paesi europei, inclusa l'Italia, investano in tecnologie di riciclaggio più avanzate e in politiche di gestione dei rifiuti sostenibili, per ridurre la quantità di rifiuti prodotti e la loro pericolosità. Il traffico illecito di rifiuti verso l'Africa rappresenta non solo un grave rischio ambientale e sanitario, ma solleva anche questioni morali e etiche urgenti che richiedono un'immediata azione collettiva. La gestione irresponsabile e illegale dei rifiuti, specialmente quelli pericolosi, non è solo un problema di non conformità alle normative internazionali, ma riflette una più ampia crisi di responsabilità ambientale e umanitaria. Per affrontare efficacemente il fenomeno, è essenziale esaminare ulteriormente le dinamiche di questo traffico, le sue conseguenze e le misure necessarie per eradicarlo.
SCOPRI DI PIU'