La correlazione tra i rischi finanziari e i rischi ambientali visti dagli operatori bancari internazionali. I problemi dell’ambiente e i relativi rischi ambientali, non sono, oggi, solo appannaggio di un gruppo sempre più ampio di giovani che manifestano nelle piazze e non sono solo occasione per il cosiddetto “green washing”, l’utilizzo a volte a sproposito dell’etichetta green sui prodotti da parte delle aziende, ma sono entrati prepotentemente nelle camere ovattate della finanza che conta. La questione del clima è diventata un problema di rischio finanziario, che coinvolge gli istituti bancari e il sistema finanziario internazionale, i quali dovranno confrontarsi con un nemico subdolo e potente. Non esiste un solo rischio ambientale, ma diversi elementi che potrebbero concatenarsi creando una problematica di difficile gestione a livello finanziario, tale per cui si potrebbero mettere in crisi i capitali in circolazione. I rischi ambientali che destano maggiore attenzione da parte delle istituzioni finanziarie possono essere elencati in: Incremento di gas serra Incremento delle precipitazioni Incremento delle siccità I rischi connessi a queste problematiche dipendono dal loro manifestarsi e dalla violenza con cui si presentano nelle aree geografiche del pianeta, ma si traducono in costi di vite umane, distruzione delle infrastrutture pubbliche e private, perdita di produttività con danni alla crescita economica e innalzamento dei prezzi dei beni primari. Questi costi incideranno direttamente sui valori degli assets, con un deterioramento della capacità delle imprese e delle famiglie di onorare i debiti e una riduzione del valore delle garanzie. Alle banche è affidato il compito di indirizzare i flussi finanziari verso attività che indirettamente riducano il rischio stesso e quindi verso iniziative di sostenibilità ambientale che possano mitigare gli effetti che causano i cambiamenti climatici. Questi finanziamenti sono necessari per la stabilità stesse delle banche. L’Europa avrebbe bisogno, per aggiornare le reti energetiche, migliorare la gestione dei rifiuti, delle risorse idriche, per modernizzare la rete dei trasporti e della logistica, di 270 miliardi di euro all’anno, cifre enormi che dovranno essere trovate perchè non ci sono alternative alla strada della sostenibilità ambientale. La maggior preoccupazione delle banche e degli investitori finanziari è il rischio nel deterioramento dei propri crediti e il valore dei loro attivi in relazione ai fattori climatici, che non sono di per sè rischi nuovi, ma che stanno diventando di proporzioni tali che potrebbero destabilizzare il ritorno finanziario delle operazioni. La comunità internazionale dal punto di vista politico si sta muovendo in ordine sparso, con diversi approcci tra gli Stati Uniti, l’Europa, la Cina, la Russia, l’India, per citarne qualcuno, ma alla fine saranno le istituzioni finanziarie che influenzeranno le scelte di transizione energetica e di sostenibilità ambientale. In questo momento, però, non tutte le banche hanno compreso in pieno quale sia la strada corretta per l’elargizione dei capitali sul mercato industriale e quale ricadute si avranno, anche in termini di rischio sulle operazioni, rimanendo immobili sugli assets in portafoglio. Si possono vedere, per esempio, negli Stati Uniti, paese gestito da una politica ultra negazionista in termini ambientali, che i movimenti ambientalisti stanno manifestando contro banche, quali la JP Morgan, la Well Fargo, la Bank of America, le quali continuano a sostenere finanziariamente le società impegnate nell’estrazione e raffinazione del petrolio. Ma ci sono anche fondi di investimento internazionali, come il BlackRock, il più grande del mondo, che ha capito velocemente dove indirizzare il timone dei propri investimenti e, attraverso il presidente Larry Find, ha ribadito ai propri clienti e agli amministratori delegati delle società in cui il fondo è posizionato, che premierà le imprese e i progetti legati alla sostenibilità. Secondo Find, non solo i governi, ma anche le istituzioni finanziarie e le imprese potranno essere travolte se non si adotteranno misure efficaci a favore dell’ambiente. Quella di BlackRock non è una raccomandazione o un consiglio, ma una forte e univoca decisione che si potrebbe concretizzare attraverso l’opposizione nei consigli di amministrazione o la sfiducia a managers che non adotteranno misure concrete in fatto di sostenibilità climatica. Find vede il rischio ambientale colpire direttamente la solvibilità dei mutui, specialmente quelli sulla casa, sull’inflazione, se dovessero impennarsi i prezzi dei generi primari, sul rallentamento della crescita dei paesi emergenti e quindi a cascata su quella mondiale, causata della riduzione della produzione per l’aumento delle temperature.
SCOPRI DI PIU'Pfas nelle materie plastiche e negli imballaggi: sono composti chimici non presenti in natura, non biodegradabili e nocivi alla salute di Marco ArezioCome tutte le medaglie che si rispettano, anche i Pfas, acronimo delle sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche, hanno il loro lato luccicante e il loro lato oscuro. I composti chimici di queste famiglie, che se ne contano circa 4700, sono stati creati in laboratorio e largamente utilizzati dagli anni 50 nell'industria del packaging alimentare, nei pesticidi, nelle padelle antiaderenti, nei contenitori di cartone, nelle schiume antincendio, negli shampoo, nelle vernici, nei prodotti antimacchia e in molte altre applicazioni. Nelle materie plastiche li troviamo sotto forma di elastomeri (Fluoruro di vinilidene, Fluorurati in generale, Tetrafluoroetilene) o nei materiali polimerici (Sale di magnesio-sodio-fluoruro dell'acido silicico). I vantaggi di queste sostanze, applicate ai prodotti finiti, sta nella loro idrorepellenza, oleo-repellenza e termo-resistenza, che ci permettono di rendere, per esempio, una giacca impermeabile, di non far attaccare un uovo alla padella, di non sporcarci si maionese o sostanze oleose quando mangiamo un panino imbottito contenuto in un involucro di carta e di non farci sporcare le mani al cinema quando mangiamo i popcorn. Il loro legame chimico composto dal fluoro e dal carbonio rende, la molecola risultante, un elemento oggi insostituibile nelle applicazioni industriali, ma lo rende anche non biodegradabile ed estremamente pericoloso, in quanto è inodore, insapore e incolore. Queste caratteristiche gli permettono di disperdersi facilmente nelle acque, nel suolo e nell'aria, rimanendo a danneggiare l'ambiente e la salute dell'uomo per molto tempo. Le piante assorbono i Pfas attraverso l'acqua di irrigazione, li cedono ai frutti e agli animali, di cui si cibano e così, magicamente finiscono sulle nostre tavole e nel nostro corpo. Dal punto di vista della salute molti studi hanno dimostrato che l'accumulo di queste sostanze nel corpo umano possono favorire aborti spontanei, alterare la fertilità, provocare cancro al testicolo, alla tiroide e ai reni. Quali sono i mezzi oggi a disposizione per difenderci dall'inquinamento subdolo degli Pfas? Allo stato attuale non sono molti: possiamo contare sui filtri a carboni attivi in cui la porosità del carbone filtrante ha dimostrato una certa efficacia nell'intercettare i Pfas, ma non è un sistema efficace su tutte le molecole. Ma ancora una volta, la biochimica, ci potrebbe dare una risposta al problema in quanto un team di ricercatori Americani ha scoperto un batterio, chiamato Acidimicrobium A6, che avrebbe la caratteristica di spezzare il legame tra il fluoro e il carbonio nei Pfas. Il batterio è stato scoperto in una palude Americana e studiato a lungo a seguito della sua capacità di scindere l'ammonio, sfruttando il ferro presente nel terreno, senza l'impiego di ossigeno. Questa reazione denominata, Feammox, è stata riprodotta in laboratorio, dopo aver coltivato nuovi ceppi di batteri e sottoponendo le nuove famiglie ad altri tests relativi alle sostanze presenti nelle acque reflue. Dopo 100 giorni di coltura in acque contenenti, tra gli altri, anche i Pfas, si è notato che il batterio aveva la capacità di scomporre i due leganti principali, il fluoro e il carbonio, riducendoli per il 60%. La scoperta potrebbe essere interessante, non solo nei liquidi reflui contaminati da Pfas, ma anche nei terreni in quanto il batterio agisce in condizioni ipossiche, cioè di scarso ossigeno. Categoria: notizie - tecnica - pfas - packaging - imballaggi
SCOPRI DI PIU'La ricerca scientifica applicata al settore agroalimentare per minimizzare l’impatto ambientaledi Marco ArezioForse non ci soffermiamo abbastanza nell’analizzare la stretta correlazione tra il depauperamento delle risorse naturali rispetto al sostentamento alimentare di una popolazione mondiale in crescita continua. Le coltivazioni intensive richiedono acqua, concimi chimici, diserbanti, energia in quote sempre maggiori, anno dopo anno, portando un impatto ambientale estremamente negativo. La filiera della carne, poi, è responsabile delle coltivazioni estensive di foraggio, della deforestazione in alcuni paesi, dell’uso spropositato di acqua, del suolo, della produzione di inquinanti di derivazione animale. Anche le multinazionali che operano del settore alimentare stanno capendo che, una filiera alimentare più sostenibile, è la chiave per contribuire al bilanciamento climatico e alla soddisfazione dei propri clienti. Per questi motivi Nestlé ha ufficialmente inaugurato l'Istituto di scienze agrarie, per aiutare a far progredire i sistemi alimentari sostenibili fornendo soluzioni basate sulla scienza in agricoltura. Intervenendo all'inaugurazione, Paul Bulcke, presidente di Nestlé, ha dichiarato: "Abbiamo coltivato relazioni dirette con generazioni di agricoltori di tutto il mondo. Per continuare a fornire alle persone alimenti gustosi, nutrienti e convenienti, dobbiamo passare insieme a un sistema alimentare più sostenibile. Il nuovo istituto di ricerca rafforzerà la nostra esperienza e utilizzerà la nostra rete globale per sostenere le comunità agricole e proteggere il nostro pianeta". Con i sistemi alimentari globali sotto pressione, vi è un urgente bisogno di accelerare nuovi approcci che garantiscano un approvvigionamento alimentare sostenibile, per una popolazione mondiale in crescita, contribuendo al tempo stesso ai mezzi di sussistenza degli agricoltori. Nel nuovo istituto, gli esperti Nestlé esaminano e sviluppano soluzioni in aree di interesse chiave, come la scienza delle piante, i sistemi agricoli e il bestiame da latte. Si basa, inoltre, sull'esperienza esistente dell'azienda nel settore delle scienze vegetali nel caffè e nel cacao. Per molti anni, gli scienziati delle piante Nestlé hanno contribuito ai piani di approvvigionamento sostenibile di cacao e caffè di Nestlé. Nestlé sta ora rafforzando questa competenza e ampliandola ad altre colture, tra cui legumi e cereali. L'istituto sta inoltre lavorando con gli agricoltori per sperimentare pratiche di agricoltura rigenerativa, per migliorare la salute del suolo e incoraggiare la biodiversità. Inoltre, gli esperti esplorano nuovi approcci nell'allevamento lattiero-caseario, che hanno il potenziale per ridurre le emissioni di gas serra nei settori dell'alimentazione delle mucche e della gestione del letame. Jeroen Dijkman, Head of Nestlé Institute of Agricultural Sciences, ha dichiarato: "Il nostro obiettivo è identificare le soluzioni più promettenti per promuovere la produzione di materie prime nutrienti, riducendo al minimo il loro impatto ambientale. Adottiamo un approccio olistico e consideriamo diversi fattori, tra cui l'impatto sulla resa, l’impronta di carbonio, la sicurezza alimentare e i costi, nonché la fattibilità dell'aumento di scala".Come parte della rete globale di ricerca e sviluppo di Nestlé, l'istituto collabora strettamente con partner esterni tra cui agricoltori, università, organizzazioni di ricerca, startup e partner industriali per valutare e sviluppare soluzioni basate sulla scienza. Il nuovo istituto ribadisce l'impegno dell'azienda a rafforzare l'ecosistema di innovazione unico della Svizzera. Intervenendo all'inaugurazione ufficiale, Valérie Dittli, consigliere di Stato del cantone svizzero di Vaud, ha dichiarato: "Il nuovo istituto sta rafforzando il cantone di Vaud come centro di eccellenza per la ricerca e l'istruzione in agricoltura e alimentazione. Contribuisce, inoltre, agli sforzi che sono in corso per sostenere gli agricoltori di fronte ai cambiamenti climatici. L'agricoltura è al centro di un'alimentazione di qualità e, nel Canton Vaud, possiamo contare su un ecosistema innovativo che riunisce partner tra cui professionisti agricoli, scuole di istruzione superiore e centri di ricerca privati come quello di Nestlé." Oltre alle sue nuove strutture presso Nestlé Research in Svizzera, l'istituto incorpora un'unità di ricerca scientifica sulle piante esistente in Francia, e aziende agricole con sede in Ecuador, Costa d'Avorio e Tailandia, nonché partnership con aziende agricole di ricerca.Fonte: Nestlé
SCOPRI DI PIU'Additivi, prove di laboratorio, differenze ed impieghi commerciali ed industriali dei polimeri flame retard (autoestinguenti) di Marco ArezioLe plastiche flame retardant (resistenti al fuoco o autoestinguenti) sono materiali polimerici modificati per resistere all'ignizione e rallentare la propagazione delle fiamme. Questa proprietà è particolarmente importante in numerosi ambiti applicativi, come l'elettronica, l'edilizia e i trasporti, dove la resistenza al fuoco è cruciale per la sicurezza. L'aggiunta di additivi flame retardant è il metodo più comune per conferire alle plastiche proprietà resistenti al fuoco. Tipi di Additivi Flame Retardant Gli additivi flame retardant si classificano in diverse categorie, a seconda della loro composizione chimica e del meccanismo d'azione: Additivi Alogeni: Comprendono composti a base di bromo e cloro. Funzionano rilasciando alogeni che interferiscono con la reazione di combustione nella fase gassosa. Additivi Fosforati: Operano principalmente nella fase solida, promuovendo la carbonizzazione e riducendo la quantità di materiale infiammabile vaporizzato. Idrossidi di Metallo: Come l'idrossido di alluminio e di magnesio, questi additivi rilasciano acqua quando si scaldano, che aiuta a raffreddare il materiale e a diluire i gas combustibili. Additivi Intumescenti: Formano una schiuma carboniosa protettiva sulla superficie del materiale quando esposti al calore, isolando il materiale sottostante dalla fonte di calore. Funzionamento dell'Inibizione della Fiamma L'inibizione della fiamma nelle plastiche funziona attraverso vari meccanismi, a seconda del tipo di additivo utilizzato: Diluizione dei Gas Combustibili: Alcuni additivi rilasciano gas inerti che diluiscono i gas combustibili nell'area della fiamma, riducendo la combustione. Barriera Fisica: Gli additivi intumescenti formano una barriera carboniosa che isola termicamente il materiale e impedisce l'accesso dell'ossigeno. Raffreddamento: L'acqua rilasciata dagli idrossidi di metallo assorbe calore, abbassando la temperatura della combustione. Interferenza Chimica: Alogeni e altri composti possono interferire con le reazioni radicaliche nella zona di combustione, rallentando la reazione. Prove di Laboratorio per Catalogare le Plastiche Non Infiammabili Vediamo quali sono le prove principali per catalogare il grado di infiammabilità e come si eseguono:Test UL 94 Il test UL 94, gestito da Underwriters Laboratories (UL), è uno dei metodi più riconosciuti e ampiamente utilizzati per valutare le proprietà di infiammabilità dei materiali polimerici utilizzati in dispositivi elettrici ed elettronici. Questo test classifica i materiali in base alla loro capacità di estinguere le fiamme dopo essere stati accesi in condizioni controllate. Il test viene eseguito applicando una fiamma a un campione del materiale per un periodo specificato e osservando il comportamento del materiale in termini di tempo di combustione dopo la rimozione della fiamma, il gocciolamento di materiale infiammabile e la lunghezza della combustione.In base ai risultati, i materiali sono classificati in diverse categorie, come V-0, V-1, V-2, HB, 5VB, e 5VA:V-0, V-1, V-2: Indicano che il materiale si autoestingue entro un certo tempo dopo l'accensione. La distinzione tra le classi dipende dal tempo di autoestinguenza e dalla presenza di gocciolamento di particelle infiammate. HB: La classificazione più bassa, indica una velocità di combustione orizzontale in un certo intervallo. 5VB e 5VA: Sono test più severi che valutano la resistenza all'accensione quando il campione è sottoposto a un carico termico elevato. 5VA rappresenta la massima resistenza alla fiamma senza gocciolamento di materiale, mentre 5VB: permette un certo gocciolamento. Test di Ossigeno Limitante (LOI) Il test di Ossigeno Limitante (LOI) misura la percentuale minima di ossigeno nell'atmosfera necessaria per sostenere la combustione di un materiale polimerico. Viene eseguito in un'apposita apparecchiatura dove il campione viene posto in una colonna di vetro e esposto a una miscela controllata di azoto e ossigeno, aumentando gradualmente la concentrazione di ossigeno fino a quando il materiale non continua a bruciare per un tempo prestabilito dopo l'accensione. Il valore di LOI è una misura diretta dell'infiammabilità del materiale: maggiore è il valore di LOI, minore è l'infiammabilità del materiale. Materiali con valori di LOI superiori al 21% (la percentuale di ossigeno nell'aria) sono considerati più resistenti al fuoco. Questo test è particolarmente utile per confrontare la resistenza al fuoco di diversi materiali sotto un'unica metrica standardizzata. Test di Infiammabilità a Cono Calorimetrico Il test di infiammabilità a cono calorimetrico è un metodo avanzato che fornisce dati dettagliati sulla risposta di un materiale all'esposizione al calore. Durante il test, un campione del materiale viene esposto a un flusso radiante crescente in presenza di una sorgente di accensione, simulando gli effetti di un incendio in fase iniziale. Il cono calorimetrico misura la velocità di rilascio di calore, la produzione di fumo e la perdita di massa del campione nel tempo, fornendo un profilo completo della sua reattività al fuoco. Questi dati aiutano a comprendere come il materiale contribuirà alla crescita e alla propagazione dell'incendio, consentendo agli ingegneri di progettare materiali e prodotti con prestazioni migliorate di sicurezza antincendio. Questo test è particolarmente utile nella valutazione di materiali per l'edilizia e l'ingegneria dei trasporti Rendere Flame Retardant un Polimero Riciclato Il processo di rendere flame retardant un polimero riciclato, sia da post-consumo che da post-industriale, richiede attenzione nella selezione degli additivi compatibili con il tipo di polimero e nel mantenimento delle proprietà meccaniche del materiale riciclato. Il processo include: Analisi del Materiale: Identificazione della composizione del polimero riciclato per scegliere gli additivi più adatti. Incorporazione degli Additivi: Gli additivi possono essere miscelati meccanicamente con il polimero durante il processo di estrusione o possono essere applicati come rivestimenti superficiali. Mantenimento delle Caratteristiche dopo il Riciclo Meccanico Il riciclo meccanico può influenzare le proprietà flame retardant dei polimeri a causa della degradazione termica o meccanica del polimero e degli additivi durante il processo di riciclo. La stabilità delle proprietà flame retardant in un polimero riciclato dipende da: - La stabilità termica degli additivi flame retardant. - La compatibilità degli additivi con il processo di riciclo. - La capacità di ridistribuire uniformemente gli additivi nel polimero durante il riciclo. Per mantenere le caratteristiche flame retardant, può essere necessario aggiungere ulteriori additivi o stabilizzatori durante il processo di riciclo. La valutazione delle proprietà del materiale riciclato attraverso test di laboratorio è cruciale per garantire che il materiale riciclato soddisfi i requisiti di sicurezza e di prestazione. Impiego dei Polimeri Autoestinguenti per la Produzione di Articoli ad uso Industriale e Civile I polimeri flame retardant sono utilizzati in una vasta gamma di applicazioni, specialmente in edilizia, dove la resistenza al fuoco è cruciale per la sicurezza degli edifici. Questi materiali sono progettati per ridurre la velocità di combustione, limitare la diffusione delle fiamme e contribuire a prevenire incendi. Nell'edilizia, i polimeri flame retardant trovano applicazione in numerosi prodotti, tra cui isolanti termici, rivestimenti, cavi elettrici, e componenti strutturali. Polimeri Flame Retardant Utilizzati in Edilizia Polistirene Espanso (EPS) e Polistirene Estruso (XPS): Sono ampiamente utilizzati come isolanti termici per cappotti esterni e per l'isolamento di pavimenti, tetti e muri. Possono essere trattati con additivi flame retardant per ridurre l'infiammabilità. Polietilene Espanso (EPE): Utilizzato per l'isolamento termico e l'ammortizzazione degli impatti, l'EPE può essere modificato per migliorare la resistenza al fuoco, rendendolo adatto per applicazioni in edilizia. Polimeri Intumescenti: Questi materiali si espandono quando esposti al calore, formando una barriera carboniosa che protegge il materiale sottostante dalle fiamme. Sono utilizzati in vernici, mastici, e rivestimenti per cavi elettrici. Polivinilcloruro (PVC) Flame Retardant: Il PVC è utilizzato in una varietà di applicazioni in edilizia, inclusi i rivestimenti per cavi e i tubi. Il PVC può essere reso flame retardant attraverso l'aggiunta di additivi specifici. Polimeri Fenolici: Questi materiali sono noti per le loro eccellenti proprietà di resistenza al fuoco e sono utilizzati in schiume isolanti e compositi. Applicazioni di Articoli Autoestinguenti in Edilizia Isolamento Termico: I materiali isolanti flame retardant sono essenziali per prevenire la diffusione del fuoco attraverso le cavità dei muri e altri spazi isolati negli edifici. Rivestimenti e Vernici: Forniscono una protezione passiva contro il fuoco a strutture, travi e colonne, contribuendo a mantenere l'integrità strutturale in caso di incendio. Cavi elettrici e Tubi: L'utilizzo di materiali flame retardant in questi componenti riduce il rischio di incendi elettrici e limita la diffusione del fuoco. Differenze nelle Resistenze al Fuoco degli Isolanti per Cappotti Termici Gli isolanti termici possono variare significativamente nella loro resistenza al fuoco a seconda del materiale, della densità, e della presenza di additivi flame retardant. Ecco alcune differenze chiave: Resistenza Termica: Alcuni isolanti, come quelli a base di fibra minerale (lana di roccia, lana di vetro), offrono migliori prestazioni di resistenza al fuoco rispetto a quelli organici (EPS, XPS) a causa della loro natura incombustibile. Emissione di Fumi e Gas Tossici: I materiali organici tendono a produrre fumi densi e gas tossici quando bruciano, mentre i materiali inorganici hanno prestazioni migliori in questo aspetto. Classificazione di Reazione al Fuoco: I materiali isolanti sono classificati secondo norme europee (ad esempio, Euroclassi A1, A2, B, C, ecc.) che indicano la loro reattività al fuoco. Materiali classificati come A1 sono non combustibili, mentre quelli in classe B, C, ecc., hanno crescenti livelli di infiammabilità. Applicazione e Spessore: La resistenza al fuoco di un isolante può anche dipendere dall'applicazione specifica e dallo spessore del materiale. Maggiore è lo spessore, migliore può essere la resistenza al fuoco, ma questo dipende anche dalla composizione del materiale e dalla presenza di additivi flame retardant. Per esempio, un isolante più spesso può offrire un tempo di resistenza al fuoco maggiore perché richiede più tempo per essere completamente compromesso dalle fiamme. Tuttavia, non è solo lo spessore a determinare l'efficacia, la qualità del materiale e la sua capacità di resistere alla propagazione del fuoco sono altrettanto cruciali. Nei materiali isolanti, gli additivi flame retardant possono agire in sinergia con lo spessore per migliorare la resistenza al fuoco. Materiali con densità maggiore o trattati con specifici additivi chimici possono esibire prestazioni superiori anche con spessori minori. Pertanto, la scelta del materiale isolante adeguato per un'applicazione specifica richiede un'attenta considerazione non solo delle proprietà fisiche come lo spessore ma anche della composizione chimica e della capacità di resistere al fuoco. Nell'ambito dell'edilizia, la normativa vigente spesso specifica requisiti minimi per la resistenza al fuoco degli isolanti, tenendo conto sia dello spessore che della composizione del materiale. Questi standard garantiscono che i materiali utilizzati negli edifici offrano un livello adeguato di protezione in caso di incendio, contribuendo così alla sicurezza degli occupanti e alla preservazione della struttura stessa.
SCOPRI DI PIU'Bioraffinazione e biometano saranno gli archi portanti dell'attività rivolta ad un nuovo modo di muoversi.Eni annuncia la nascita di Eni Sustainable Mobility, la nuova società dedicata alla mobilità sostenibile. È un'azienda integrata verticalmente lungo tutta la catena del valore, che ha l’obiettivo di fornire servizi e prodotti progressivamente decarbonizzati per la transizione energetica, accelerando il percorso verso l’azzeramento delle emissioni lungo il loro intero ciclo di vita.Eni Sustainable Mobility svilupperà la bioraffinazione, il biometano e la vendita di prodotti, servizi e soluzioni per la mobilità, in Italia e all'estero, in un percorso che la vedrà evolvere verso una società multi-service e multi-energy. Nella società sono confluiti gli asset della bioraffinazione e del biometano, che includono le bioraffinerie di Venezia e di Gela e lo sviluppo di nuovi progetti quali Livorno e Pengerang, in Malesia, oggi in corso di valutazione.Sono anche confluiti il marketing e la commercializzazione, attraverso una rete di oltre 5.000 punti vendita in Europa, di tutti i vettori energetici tra cui l’idrogeno e l’elettrico, i carburanti anche di natura biologica come l’HVO (Hydrogenated Vegetable Oil) e il biometano, nonché gli altri prodotti per la mobilità come i bitumi, i lubrificanti e i combustibili e tutti i servizi connessi alla mobilità, come il car sharing Enjoy, la ristorazione e i negozi di prossimità nei punti vendita sul territorio. Claudio Descalzi, AD di Eni, ha commentato: “Questa nuova società rappresenta la seconda leva strategica, da affiancare a Plenitude, nell’ambito del nostro percorso di transizione energetica per l’abbattimento delle emissioni Scope 3, le più significative e difficili da eliminare poiché generate dai clienti attraverso l’utilizzo dei prodotti. Attraverso questa operazione integriamo e liberiamo nuovo valore dalle nostre iniziative industriali, prodotti e servizi basati su tecnologie innovative e che andranno a costituire un’offerta unica e decarbonizzata per la mobilità”. Amministratore Delegato di Eni Sustainable Mobility è Stefano Ballista, già Direttore Sustainable Mobility di Energy Evolution di Eni. Eni Sustainable Mobility è direttamente controllata da Eni, che ne detiene il 100% del capitale sociale.Categoria: notizie - ambiente - energie rinnovabili - bio metanoFonte ENI
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