Le onde sono sempre in movimento e per questo sono un’ottima opportunità per produrre energia rinnovabiledi Marco ArezioA volte le cose le abbiamo sotto gli occhi ma non le vediamo, così come il mare lo abbiamo sempre visto in una chiave un po' ristretta, utilizzato per la navigazione, la pesca, le vacanze, ma quasi mai l’abbiamo visto come fonte di energia. Se l’energia rinnovabile prodotta dal vento o dal sole può avere dei cali produttivi, a causa di periodi di assenza di correnti ventose, o a causa della copertura del cielo, che riduce l’irraggiamento solare, quella del moto ondoso è, tra quelle citate, la più costante e continuativa. Da qualche anno si stanno facendo esperimenti su come poter creare energia rinnovabile elettrica dal mare, minimizzando l’impatto ambientale e dando autonomia energetica anche alle piccole isole, lontane dalla rete elettrica che si produce sulla terraferma.La crisi energetica scaturita, prima dalla pandemia di Covid e successivamente dalla guerra Russo-Ucraina, ha dato una potente accelerazione sullo sfruttamento e sullo studio di nuovi sistemi sostenibili per produrre energie rinnovabili. Infatti, il mare rappresenta una delle principali fonti di energia rinnovabile non valorizzate del Pianeta: ENEA e RSE hanno calcolato che se si riuscisse a sfruttare l’energia fornita dagli oceani (moto ondoso, maree, salinità e gradiente termico) si otterrebbero ben 80 mila TWh, vale a dire circa cinque volte il fabbisogno annuale di energia elettrica del mondo intero. Altre stime pongono questo valore addirittura a 130 mila TWh. La sola componente del moto ondoso, nelle stime più prudenziali, è di circa 2 TW a livello globale, corrispondenti a circa 18 mila TWh all’anno, pari a quasi la domanda annuale di elettricità del pianeta. Il nostro sistema ISWEC (Inertial Sea Wave Energy Converter) fa esattamente questo: converte l’energia delle onde marine in energia elettrica, rendendola immediatamente disponibile per impianti offshore o immettendola nella rete elettrica per dare corrente a comunità costiere e piccole isole. ISWEC è stato sviluppato insieme a Wave for Energy S.r.l., spin-off del Politecnico di Torino. Il sistema è costituito da uno scafo galleggiante sigillato con al suo interno una coppia di sistemi giroscopici collegati ad altrettanti generatori. I giroscopi, grandi volani continuamente in rotazione, tendono a mantenere fisso il proprio asse di rotazione generando una forza perpendicolare all’asse per opporsi a forze esterne che tendono a modificarlo. Questo fenomeno è noto come precessione giroscopica. Le onde provocano il beccheggio dell’unità, ancorata al fondale, ma libera di muoversi e oscillare. Il beccheggio dello scafo viene intercettato dai due sistemi giroscopici: questi sono collegati ad altrettanti generatori che producono energia elettrica. Una soluzione semplice, con un cuore d’alta tecnologia. Dall’impianto pilota all’applicazione di ISWEC per l'isola di Pantelleria ISWEC è perfetto per fornire energia elettrica a isole minori non connesse alla rete elettrica principale, comunità costiere e infrastrutture offshore, come piattaforme Oil&Gas. ll primo impianto pilota è stato installato a Ravenna a marzo 2019, collegato alla nostra piattaforma PC80 e integrato con un impianto fotovoltaico. Al termine della campagna sperimentale, l’impianto è stato poi dismesso a settembre 2022. Questo tipo di applicazioni aumenta l’autosufficienza energetica di strutture situate in ambiente offshore, e magari in contesti geografici in cui l’approvvigionamento elettrico non è scontato. A febbraio 2023 Eni ha completato l’installazione del primo dispositivo ISWEC nel mar Mediterraneo, a 800 metri dalla costa di Pantelleria. I numeri di ISWEC a Pantelleria Il modello ISWEC installato al largo di Pantelleria consiste in uno scafo in acciaio, di dimensioni 8x15m che ospita il sistema di conversione dell’energia, costituito da due unità giroscopiche di più di 2 m di diametro ciascuna. Il dispositivo è mantenuto in posizione, in un fondale di 35 m, da uno speciale ormeggio di tipo autoallineante in base alle condizioni meteo-marine, composto da tre linee di ormeggio e uno swivel (giunto rotante), mentre l’energia elettrica prodotta è portata a terra mediante un cavo elettrico sottomarino. Il dispositivo potrà raggiungere i 260 kW di picco di produzione di energia da moto ondoso e avrà anche lo scopo di acquisire dati per ottimizzare la progettazione di nuovi dispositivi. Oltre che dalle onde, il mare può fornire energia pulita in molti altri modiPer studiare ed utilizzare al meglio il potenziale energetico dei mari e oceani, in collaborazione con il Politecnico di Torino, abbiamo creato MORE – Marine Offshore Renewable Energy Lab: un laboratorio interamente dedicato allo sviluppo di tecnologie per sfruttare il moto ondoso, ma anche le correnti oceaniche, le maree e il gradiente salino, oltre che per migliorare l’eolico e il solare offshore. Il nostro impegno nello sviluppo del settore delle energie rinnovabili marine è stato rafforzato dall’ingresso, come lead partner, nell’Ocean Energy Europe (OEE), la più grande organizzazione europea per lo sviluppo delle energie oceaniche. Un incarico che ci permette di contribuire alla definizione delle linee strategiche per lo sviluppo e la commercializzazione di soluzioni tecnologiche di produzione di energia rinnovabile in ambiente offshore. La sfida tecnica L’energia del moto ondoso è la più costante tra quelle rinnovabili: a differenza del sole e del vento, il mare agisce con continuità. Quest’energia è anche la più “densa” perché concentra quella prodotta dal vento e quella derivante dal riscaldamento dell’atmosfera dovuto al sole. Gli aspetti principali da risolvere associati a ISWEC erano due: la corrosione a causa della salsedine e l’ottimizzazione del funzionamento del dispositivo al variare dell’intensità delle onde. Entrambi sono stati superati poiché le parti mobili e delicate sono all’interno dello scafo sigillato, completamente isolate dall’acqua salata, mentre il funzionamento dei sistemi giroscopici che alimentano i due generatori è ottimizzato mediante un sistema che risponde alle diverse condizioni meteomarine. ISWEC presenta una componente attiva nel processo di cattura dell’energia, che viene regolata dalla velocità di rotazione del volano e dalla coppia del generatore e consente di adattare l’inerzia dello scafo alla lunghezza d’onda marina che lo investe. Questa caratteristica, implementata per la prima volta al mondo da Eni su un prototipo di larga scala, è il vero punto di discontinuità rispetto agli altri sistemi di cattura, infatti, è possibile variare l’inerzia del dispositivo come se ne modificassimo le dimensioni, ottenendo di fatto un sistema a geometria variabile virtuale. Integrazione su larga scala ISWEC è un esempio del lavoro di squadra che genera ogni nostra tecnologia proprietaria. In questo caso, una delle sfide tecnologiche più delicate da risolvere era il dimensionamento del sistema giroscopico per ottimizzarne la risposta alle condizioni locali del mare, passaggio fondamentale per sfruttare quella disponibilità costante che costituisce la caratteristica più interessante del moto ondoso. Si trattava di analizzare e incrociare fra loro grandi quantità di dati da fonti diverse, quelli metereologici e quelli relativi al funzionamento della macchina. L’aiuto è arrivato da HPC4 e HPC5, i nostri supercomputer: grazie alla loro potenza di calcolo utilizziamo modelli matematici avanzati per elaborare formule di risposta adatte a ogni situazione meteomarina. Una ulteriore aggiunta tecnologica ad ISWEC è stata quella dell’installazione di pannelli fotovoltaici sulla coperta dello scafo i quali offrono un’ampia superficie di cattura della risorsa solare. Particolarmente profonda e diversificata, inoltre, è l’integrazione fra le nostre persone e strutture e il MORE Lab. Il laboratorio, infatti, ha sede presso il Politecnico e impiega infrastrutture di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale e si interfaccia con il Marine Virtual Lab nel Green Data Center di Ferrera Erbognone, che utilizza il supercomputer HPC5. Il MORE Lab, inoltre, fa rete anche con il sito di Pantelleria, dove ISWEC è collegato alla rete elettrica dell’isola. L’ISWEC di Pantelleria contribuisce all’obiettivo di autonomia energetica dell’isola e all’azzeramento dell’impatto paesaggistico potenzialmente causato da eventuali strutture industriali sull’isola. A pieno regime, il MORE Lab impiega circa 50 ricercatori che collaborano con nostre persone, per una rapida crescita del know-how specifico e per la finalizzazione industriale delle tecnologie. Il centro, inoltre, dispone di una vasca di prova navale e di laboratori all’avanguardia. Il Politecnico di Torino, parallelamente, ha attivato una cattedra specifica sulla “Energia dal Mare” per formare ingegneri specializzati nella progettazione, realizzazione e utilizzo delle nuove tecnologie che saranno sviluppate proprio nel laboratorio. L’impatto sull’ambiente Seppur diversi, tutti gli insediamenti marittimi si assomigliano perché hanno esigenze simili. Una piccola isola abitata non è tanto differente da una piattaforma. Per questo è possibile fornire energia elettrica da fonte rinnovabile a comunità che vivono su piccole isole. Per di più, ISWEC si può integrare perfettamente con altre soluzioni di produzione di energia rinnovabile in ambito offshore, come ad esempio l’eolico, in termini sia di valorizzazione dei sistemi di connessione alla rete elettrica sia di integrazione all’interno di un’area di mare, massimizzando la conversione di energia disponibile. Un ulteriore vantaggio di questa tecnologia è la notevole riduzione dell'impatto paesaggistico in quanto il dispositivo emerge solamente per circa 1 metro sopra il livello dell’acqua. Traduzione automatica. Ci scusiamo per eventuali inesattezze. Articolo originale in ItalianoFonte Eni
SCOPRI DI PIU'Mango Sostituisce i Sacchetti di Plastica con cui confezionava i suoi capi con Carta Velina EcocompatibileUna bella iniziativa da parte di Mango, un'azienda attiva nel campo della moda che va incontro alle esigenze della tutela ambientale sostituendo i sacchetti di plastica che usa per il confezionamento dei capi di abbigliamento con altri fatti in carta velina ecocompatibile. questa bella storia ce la racconta Maria Teresa Veneziani in un articolo sul Corriere della Sera.La strada è segnata e l’emergenza Covid ha fatto capire a tutti che non c’è più tempo, occorre ripensare un progetto di sviluppo. Mango, la catena spagnola di moda democratica, annuncia che eliminerà l’uso di 160 milioni di sacchetti di plastica all’anno nella sua catena di fornitura. L’azienda avvia la sostituzione dei sacchetti di plastica con altri di carta nelle produzioni locali di capi piegati. «L’azienda procede nel suo impegno a favore della sostenibilità, uno dei suoi principali assi strategici, e avvia un progetto per sostituire i sacchetti di plastica del suo packaging con sacchetti di carta, diventando la prima grande azienda del settore tessile in Spagna a farlo», si legge in un comunicato. L’obiettivo del brand fondato a Barcellona in Spagna nel 1984 da due fratelli spagnoli di origine turca, Isak Andic e Nahman Andicè, è quello di eliminare progressivamente, in collaborazione con i propri fornitori, tutti i sacchetti di plastica utilizzati per la distribuzione dei prodotti lungo la catena di fornitura. Carta velina «I sacchetti che saranno utilizzati sono realizzati in carta velina, un materiale costituito da pasta di cellulosa naturale proveniente da fonti rinnovabili — assicura l’azienda —. La carta proviene infatti da foreste gestite in modo sostenibile, dove le pratiche di abbattimento sono certificate secondo i requisiti degli standard internazionali FSC® (Forest Stewardship Council®). Ciò contribuisce anche a un’economia circolare poiché i prodotti di carta possono essere riciclati in media da quattro a sei volte». La strada è segnata e l’emergenza Covid ha fatto capire a tutti che non c’è più tempo, occorre ripensare un progetto di sviluppo. Mango, la catena spagnola di moda democratica, annuncia che eliminerà l’uso di 160 milioni di sacchetti di plastica all’anno nella sua catena di fornitura. L’azienda avvia la sostituzione dei sacchetti di plastica con altri di carta nelle produzioni locali di capi piegati. «L’azienda procede nel suo impegno a favore della sostenibilità, uno dei suoi principali assi strategici, e avvia un progetto per sostituire i sacchetti di plastica del suo packaging con sacchetti di carta, diventando la prima grande azienda del settore tessile in Spagna a farlo», si legge in un comunicato. L’obiettivo del brand fondato a Barcellona in Spagna nel 1984 da due fratelli spagnoli di origine turca, Isak Andic e Nahman Andicè, è quello di eliminare progressivamente, in collaborazione con i propri fornitori, tutti i sacchetti di plastica utilizzati per la distribuzione dei prodotti lungo la catena di fornitura. Test pilota Il progetto sarà inizialmente lanciato in produzioni locali per capi piegati e sul canale online, dopo il successo dei tre test pilota effettuati dall’azienda in Marocco, Cina e Turchia. L’obiettivo è che il nuovo progetto venga applicato a tutti i capi entro la fine del 2021. Secondo Toni Ruiz, Amministratore delegato di Mango, «Si tratta di un progetto di grande portata, che avrà un impatto molto positivo sull’ambiente, poiché grazie alla sua realizzazione elimineremo circa 160 milioni di sacchetti di plastica ogni anno. La produzione di una moda più rispettosa dell’ambiente mira alla trasformazione sostenibile dell’azienda». Fashion Pact Il progetto rientra nel Fashion Pact, una coalizione globale che mira a promuovere la sostenibilità ambientale nel settore tessile e della moda, a cui l’azienda ha aderito nel 2019. Questo patto globale impegna tutti i firmatari a lavorare insieme per ridurre al minimo l’impatto ambientale dell’industria tessile e della moda concentrandosi su tre pilastri: contrastare i cambiamenti climatici, preservare la biodiversità e proteggere gli oceani.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti
SCOPRI DI PIU'Strategie, Innovazione e Sostenibilità: Guida alla Trasformazione Aziendale nell'Era dell'Economia Circolaredi Marco ArezioIl libro "Economia circolare e management" esplora con ampiezza e precisione l'impatto dei principi dell'economia circolare sulla gestione d'impresa, strutturando l'analisi attorno a sei pilastri fondamentali: strategia e marketing, ecodesign, processi produttivi, logistica, end of waste e l'utilizzo di materie prime sostenibili per la progettazione di prodotti. Questo approccio offre una visione olistica di come le aziende possono trasformare le proprie operazioni per non solo ridurre l'impatto ambientale, ma anche per posizionarsi strategicamente in un mercato sempre più orientato verso la sostenibilità.Ogni capitolo del libro è arricchito da "casi emblematici", esempi concreti che illustrano come noti brand internazionali, quali Barilla, Philips, Feralpi Siderurgica e Parmalat, stiano implementando con successo pratiche di economia circolare. Questi esempi pratici dimostrano la varietà e la flessibilità delle applicazioni dell'economia circolare, evidenziando come differenti settori possano adottare tali principi per migliorare non solo la loro sostenibilità ambientale, ma anche la loro efficienza e innovazione. Strategia e Marketing Nel contesto dell'economia circolare, la strategia e il marketing non si limitano a promuovere prodotti o servizi, ma mirano a creare un valore condiviso per clienti, società e ambiente. Le aziende sono chiamate a riconsiderare le loro offerte da una prospettiva di sostenibilità, attirando consumatori sempre più consapevoli delle questioni ambientali. Ecodesign L'ecodesign rappresenta uno degli aspetti più innovativi dell'economia circolare, proponendo lo sviluppo di nuovi prodotti progettati fin dall'inizio per minimizzare il loro impatto ambientale. Ciò include l'utilizzo di materiali riciclabili o biodegradabili, oltre alla progettazione per il disassemblaggio, facilitando il riciclo o il riutilizzo. Processi Produttivi La trasformazione dei processi produttivi in chiave circolare implica la minimizzazione degli sprechi di materiali e la massimizzazione dell'efficienza energetica. Le tecnologie pulite e le energie rinnovabili giocano un ruolo cruciale in questa transizione, contribuendo a ridurre l'impronta di carbonio delle aziende. Logistica La logistica nell'economia circolare si evolve per ottimizzare il trasporto di merci, riducendo al minimo le distanze di trasporto e migliorando la gestione delle risorse. Ciò può includere l'adozione di flotte di veicoli elettrici o l'implementazione di sistemi logistici che privilegiano il riutilizzo dei packaging. End of Waste Il concetto di "end of waste" si focalizza sul punto in cui un rifiuto cessa di essere tale e diventa una risorsa. Questo passaggio è fondamentale per chiudere il ciclo di vita dei materiali, trasformando ciò che prima era considerato scarto in un input prezioso per altri processi produttivi. Materie Prime Sostenibili Infine, la selezione di materie prime sostenibili è vitale per garantire che i prodotti siano progettati non solo per durare più a lungo, ma anche per essere riciclati o compostati alla fine del loro ciclo di vita. In sintesi, "Economia circolare e management" è un testo essenziale per chiunque sia interessato a comprendere come le pratiche sostenibili possano essere integrate efficacemente nella strategia d'impresa, dimostrando che la sostenibilità può andare di pari passo con il successo economico e l'innovazione.
SCOPRI DI PIU'Un viaggio nella circolarità tessile dove la seta è da sempre regina di Marco ArezioIl mondo del tessile si immerge sempre più nella circolarità, cercando soluzioni sostenibili per ridurre l'impatto ambientale dell'industria della moda. Tra le molte fibre naturali, la seta si distingue per la sua bellezza e la sua versatilità, tuttavia, anche questo tessuto lussuoso può essere parte integrante dell'economia circolare. In questo articolo, esploreremo il processo di riciclo della seta, dall'inizio alla fine, per comprendere come questa antica fibra possa trovare nuova vita attraverso pratiche sostenibili. Il Ciclo di Vita della Seta La seta ha una storia ricca e affascinante, che inizia con il baco da seta e continua attraverso la filatura, la tessitura e la produzione di capi pregiati. Tuttavia, quando i tessuti di seta raggiungono la fine della loro vita utile, invece di essere considerati rifiuti, possono essere trasformati in risorse preziose attraverso il riciclo. Il Processo di Riciclo della SetaIl processo industriale di riciclo della seta coinvolge diversi passaggi chiave per trasformare i tessuti di seta usati in fibre riutilizzabili. Vediamo una panoramica dei principali passaggi industriali: Raccolta e Selezione dei Tessuti Usati: Il primo passo consiste nella raccolta dei tessuti di seta usati da varie fonti, come abiti vecchi, scarti di produzione e tessuti d'arredamento. Questi tessuti vengono quindi selezionati e classificati in base alla qualità, al colore e alla composizione. Pulizia e Pretrattamento: I tessuti raccolti possono contenere sporco, macchie o altri contaminanti che devono essere rimossi prima del processo di riciclo. Pertanto vengono sottoposti a un processo di pulizia e pretrattamento per eliminare qualsiasi residuo indesiderato. Destrutturazione dei Tessuti: Dopo la pulizia, i tessuti vengono destrutturati per separare le fibre di seta dalle altre componenti del tessuto, come il cotone o il poliestere. Questo processo può avvenire meccanicamente, utilizzando macchinari appositi che rompono e separano il tessuto in fibre più piccole, oppure chimicamente, mediante l'uso di solventi o altre sostanze chimiche per dissolvere o disgregare le componenti non desiderate. Filatura delle Fibre: Le fibre di seta estratte vengono quindi filate per creare filati utilizzabili nella produzione di nuovi tessuti. Questo processo può avvenire utilizzando metodi tradizionali di filatura a mano o macchinari industriali più moderni, a seconda delle esigenze e delle capacità del produttore. Tessitura o Maglieria: I filati di seta riciclata vengono infine tessuti o lavorati a maglia per creare nuovi tessuti o capi di abbigliamento. Questo passaggio può includere la produzione di tessuti per abbigliamento, biancheria per la casa, accessori e molto altro ancora. Finitura e Trattamenti Aggiuntivi: Una volta completata la tessitura o la maglieria, i tessuti possono essere sottoposti a ulteriori trattamenti per migliorarne le proprietà o l'aspetto. Questi trattamenti possono includere il lavaggio, la tintura, la stampa o la rifinitura per conferire al tessuto la texture desiderata o per aggiungere caratteristiche speciali. Questi passaggi industriali rappresentano una panoramica generale del processo di riciclo della seta. Tuttavia, è importante notare che le pratiche specifiche possono variare a seconda delle tecnologie e delle preferenze dei produttori, ma l'obiettivo finale rimane quello di trasformare i tessuti di seta usati in risorse preziose e sostenibili. Applicazioni del Tessuto RiciclatoIl tessuto di seta riciclata può essere utilizzato in una vasta gamma di applicazioni, che vanno dall'abbigliamento alla biancheria per la casa e agli accessori. Grazie alle sue proprietà naturali, come la morbidezza e la traspirabilità, la seta riciclata offre un'alternativa sostenibile ai tessuti vergini senza compromettere lo stile o la qualità. Benefici Ambientali e SocialiIl riciclo della seta porta con sé una serie di benefici ambientali e sociali. Riduce la dipendenza dalle risorse naturali limitate, come il guscio di baco da seta, e contribuisce a ridurre i rifiuti tessili destinati alla discarica. Inoltre, promuove pratiche commerciali più sostenibili e può sostenere comunità locali attraverso l'occupazione in imprese di riciclo tessile. Il riciclo della seta rappresenta un'opportunità emozionante per ridurre l'impatto ambientale dell'industria tessile e promuovere la circolarità nel settore della moda. Attraverso un processo di raccolta, destrutturazione e riutilizzo, i tessuti di seta possono trovare una nuova vita, conservando il loro fascino e la loro eleganza intrinsechi. Investire nell'economia circolare della seta non solo beneficia l'ambiente, ma anche il settore tessile nel suo complesso, spingendo verso una moda più sostenibile e consapevole.
SCOPRI DI PIU'Cosa hanno fatto i colombiani per introdurre la circolarità dei rifiutidi Marco ArezioL’economia circolare è entrata a far parte della vita dei cittadini Colombiani con lo scopo di tutelare l’ambiente, la popolazione e il proprio territorio. A un anno dalla partenza del progetto vediamo il lavoro fatto nell’arco di un anno. La Colombia è il sesto paese dell’America Latina come estensione territoriale e il quarto come popolazione, contando circa 42 milioni di abitanti e ha deciso di intraprendere un percorso virtuoso verso un’economia circolare nazionale, coinvolgendo nel progetto i sindaci, le aziende, i riciclatori, le università e tutte quelle forze sociali sul territorio che possano aderire a questa causa. Lo scopo di questo progetto era quello di spingere ad una trasformazione, in un’ottica di economia circolare, i sistemi produttivi nazionali, agricoli e iniziare un percorso di sostenibilità delle città in termini economici, sociali e di innovazione tecnologica. Questa strategia prevedeva sei linee giuda: Flusso dei materiali di consumo civile e industriale Flusso dei materiali di imballaggio Flusso e utilizzo delle biomasse Fonti e uso di energia Flusso dell’acqua Flusso dei materiali da costruzione Questo grande progetto non è stato fatto calare dall’alto ed imposto alla popolazione e agli industriali, ma è partito con il coinvolgimento e la collaborazione di tutte le forze in campo. Per questo motivo si sono incontrate le regioni, con le quali si sono fatti accordi specifici. Parallelamente è poi stato fatto un lavoro di carattere sociale, in quanto si sono organizzate riunioni locali nelle quali si portava a conoscenza dei cittadini quali cambiamenti sarebbero avvenuti nel loro rapporto con i rifiuti domestici e industriali e quali stili di vita sarebbero stati modificati per andare verso un modello internazionale di economia circolare. Nello specifico, durante il primo anno di attività si sono raggiunti i seguenti risultati: Firma del patto Nazionale sull’economia circolare sottoscritto da 50 operatori tra pubblici e privati. 19 seminari regionali sull’economia circolare in cui sono stati presentati 80 progetti di successo nel paese. 16 patti regionali firmati con oltre 230 tra sindacati, ONG, istituzioni accademiche, sindaci, organizzazioni civili e riciclatori. 11.000 persone formate 15 seminari settoriali per coordinare i progetti con diversi gruppi di interesse. Creazione di un nuovo sistema informativo nazionale sull’economia circolare. Primo corso di formazione rivolto ai funzionari pubblici del governo centrale e regionale. Firma di un accordo con Ecopetrol sulla gestione dei rifiuti pericolosi quali miscele ed emulsioni di olii, idrocarburi misti con altre sostanze.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti - colombiaVedi maggiori informazioni sul riciclo
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