La normativa dell'uso della plastica riciclata negli imballi alimentari, soprattutto per quanto riguarda il PET, sta favorendo un diffuso impiego sia nel settore del beverage che nelle vaschette alimentaridi Marco ArezioOttenuta la certificazione da parte dell'EFSA, i produttori stanno impiegando la plastica riciclata da post consumo negli imballi alimentari. Il dubbio che nasce da molte parti riguarda la certezza o meno della possibile cessione da parte della plastica riciclata, di sostanze nocive che possono migrare all'uomo, in quanto i controlli vengono fatti non sugli alimenti contenuti negli imballi ma sui processi produttivi.L'articolo di seguito descrive il problema attraverso l'intervista fatta a Floriana Cimmarusti è Segretario Generale di Safe Food Advocacy Europe (SAFE).Fino ad ora, le aziende non hanno utilizzato materie plastiche riciclate negli imballaggi per alimenti a causa di problemi di sicurezza. Ma i tempi stanno cambiando e sembrano pronte a riconsiderare la loro posizione: la UE sta per autorizzare più di 100 processi di riciclaggio “sicuri” per le applicazioni di contatto alimentare. Floriana Cimmarusti è Segretario Generale di Safe Food Advocacy Europe (SAFE), un’organizzazione senza scopo di lucro con sede a Bruxelles: ha parlato dei rischi di tossicità negli imballaggi in plastica riciclata. Proponiamo di seguito, la traduzione dell‘intervista che ha rilasciato al magazine di informazione Euractiv. “Il rischio di sostanze tossiche che contaminano il cibo esiste già con la plastica vergine, quindi sarà solo più alto con imballaggi riciclati provenienti da vecchie materie plastiche che potrebbero contenere sostanze chimiche vietate” afferma Floriana Cimmarusti. Aziende come Tetra Pak non hanno mai utilizzato plastica riciclata negli imballaggi per alimenti a causa di problemi di sicurezza. Ora sembrano pronte a riconsiderare la loro posizione prima della decisione dell’UE di autorizzare più di 100 processi di riciclaggio “sicuri” per le applicazioni di contatto alimentare. Allora, cosa è cambiato? I processi di riciclaggio ora diventano più sicuri?No, è solo che quei processi di riciclaggio saranno ora formalmente autorizzati per l’uso in applicazioni di contatto alimentare. Pertanto Tetra Pak e altre società saranno legalmente protette se utilizzano materie plastiche riciclate che sono state prodotte utilizzando tali processi autorizzati. L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha già espresso un parere favorevole su tali processi di riciclaggio, pertanto non appena la Commissione Europea li approverà mediante la procedura di comitatologia, diventerà legge. Dal punto di vista legale, le aziende di imballaggio alimentare saranno quindi in grado di utilizzare tutta la plastica riciclata che desiderano. E nel caso in cui qualcosa vada storto, saranno protetti dalla legislazione dell’UE contro potenziali contenziosi da parte dei gruppi di consumatori. Senza questo tipo di autorizzazione, sarebbe molto rischioso per le aziende utilizzare materie plastiche riciclate. Le aziende di imballaggio alimentare non hanno interesse a vedere uno scandalo scoppiare sulla sicurezza dei loro prodotti. Quindi devono avere fiducia che almeno alcuni di questi processi siano davvero sicuri. Sono sicura che credono che il sistema sia sicuro. Ma non appena l’UE approverà il processo, non si troveranno ad affrontare alcun rischio legale, che è un punto chiave per loro. La plastica riciclata può provenire da luoghi molto diversi e la contaminazione può avvenire molto facilmente, ad esempio quando le persone mescolano la spazzatura che entra nei loro contenitori per il riciclo. Una procedura standard approvata a livello UE può effettivamente garantire che non si verifichi alcuna contaminazione?Il PET è l’unico tipo di plastica più facile da pulire nel processo di riciclaggio, e quindi considerato il più sicuro dopo il riciclaggio. Ma ci sarà sempre un rischio. Molti tipi di plastica assorbono i prodotti chimici durante la gestione dei rifiuti ed è molto difficile durante il riciclaggio eliminarli. Ad esempio, è una sfida introdurre sistemi di smistamento che separino i materiali a contatto con gli alimenti da materie plastiche non alimentari. Il rischio di sostanze tossiche che contaminano il cibo è già presente con la plastica vergine, quindi sarà solo più alto con materie plastiche riciclate di vecchi materiali plastici che potrebbero contenere sostanze chimiche estremamente tossiche e vietate. Ad esempio, i livelli di oligomeri (sottoprodotti involontari di plastica che migrano negli alimenti) sono più alti nella plastica riciclata che nella plastica vergine. Alcuni test hanno anche dimostrato che i livelli di migrazione negli oli vegetali sono più alti con la plastica riciclata rispetto alla plastica vergine. Inoltre, un sacco di contaminanti non identificati sono stati trovati in plastica riciclata che non troviamo in plastica vergine. Questi contaminanti provengono dalla cross- contamination durante la gestione dei rifiuti. Infine, un sacco di additivi si trovano in PET riciclato che sono assenti nelle materie plastiche vergini o presenti in quantità molto inferiori, e tali additivi hanno dimostrato di avere tassi di migrazione più elevati nelle materie plastiche riciclate rispetto alle materie plastiche vergini. Quindi, il rischio di contaminazione con plastica riciclata è chiaramente superiore a quello della plastica vergine. La Commissione europea si sta preparando ad approvare 140 nuovi processi di riciclaggio da utilizzare in applicazioni di contatto alimentare come l’imballaggio. L’EFSA ha già espresso un parere favorevole a tutti tranne 3 di essi, in cui la valutazione è stata inconcludente. Che cosa sai di questi 140 processi di riciclaggio? Sono davvero al sicuro?Non penso che la procedura di valutazione del rischio utilizzata dall’EFSA possa darci piena certezza che le materie plastiche riciclate siano sicure. Come ho detto, molti tipi di plastica assorbono sostanze chimiche durante l’uso e la gestione dei rifiuti, che sono difficili da rimuovere durante il riciclaggio. Inoltre, è importante ricordare che la valutazione del rischio dell’EFSA si concentra sull’avvio del processo di riciclaggio, non sul prodotto finito che ne esce alla fine. Quindi non esiste un’analisi seria delle sostanze chimiche alla fine di ogni processo di riciclaggio. E questo dato è attualmente carente. Inoltre, l’esposizione cumulativa non viene presa in considerazione dall’EFSA quando le esposizioni sono stimate. Ora, la maggior parte di questi processi di riciclaggio riguarda la plastica PET, che è una delle poche eccezioni che consente una pulizia piuttosto approfondita durante il riciclaggio. Tuttavia, anche nel PET, i polimeri in plastica spesso si degradano durante l’uso e il riciclaggio. E questo può provocare oligomeri che possono migrare nel cibo. I ritardanti di fiamma bromurati sono stati trovati regolarmente in articoli di plastica destinati ai materiali a contatto con alimenti, il che indica chiaramente che nel processo sono stati utilizzati rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE). E questo chiaramente non è permesso. Quindi è necessaria una migliore applicazione per migliorare questa situazione. C’è stata una sufficiente quantità di controllo su questi 140 processi di riciclaggio approvati dall’EFSA?No, a causa della discutibile procedura di valutazione del rischio dell’EFSA. Non dobbiamo dimenticare che alcuni dei dati presentati all’EFSA dalle società ricorrenti sono segreti commerciali coperti da riservatezza, come per il glifosato. Nel caso del glifosato, una parte dei dati, quella importante, è stata oscurata dal testo ufficiale. Ho paura che lo stesso accada con quei processi di riciclaggio. Quindi non possiamo leggere tutti i dati. E non esiste una revisione scientifica dei dati presentati da un laboratorio indipendente. Chiaramente, non c’è abbastanza ricerca per dirci se la plastica riciclata è pericolosa o meno per i consumatori. Quindi penso che sia un po’ troppo veloce adottare 140 metodologie in così poco tempo. Semplicemente non sappiamo quante sostanze chimiche ci saranno ancora alla fine del processo di riciclaggio e quale tipo di migrazione avverrà nel cibo. In un mondo ideale, come funzionerebbe un processo di riciclaggio sicuro per le applicazioni di contatto alimentare?Un centro di ricerca indipendente dovrebbe condurre la valutazione del rischio. E i dati richiesti per questa valutazione dovrebbero essere raccolti da un’organizzazione indipendente, non dal settore che richiede l’approvazione del processo di riciclaggio. Non dovremmo semplicemente fidarci della ricerca svolta dalle aziende, che è ciò che sta accadendo attualmente. Crediamo che non ci dovrebbe essere alcun compromesso tra sicurezza del consumatore e profitto economico. La Commissione vuole utilizzare una procedura di approvazione accelerata per quei 140 processi di riciclaggio, il che significa che il Parlamento e il Consiglio non avranno l’opportunità di controllare le decisioni prima di essere adottate. Come ti fa sentire?Non ci sentiamo a nostro agio per questo. Il Parlamento Europeo dovrebbe essere coinvolto in modo che la salute dei consumatori possa essere adeguatamente protetta. È davvero un peccato che il Parlamento non possa dire nulla al riguardo. La plastica è leggera ed economica, il che la rende un’opzione conveniente per il confezionamento degli alimenti. Quindi quali sono le alternative verdi?Un’alternativa potrebbe essere il vetro perché non provoca la migrazione di sostanze chimiche negli alimenti. Con alluminio o plastica, c’è. Certo, non sarebbe pratico imballare tutto in vetro – è pesante, può rompersi, ecc. E il problema con le alternative a base biologica è che non sono abbastanza forti. Ma ci sono alcune alternative. Stiamo facendo una campagna con ristoranti e bar per incoraggiarli a utilizzare alternative alle tazze di plastica monouso per caffè e tè, ad esempio il bambù. Quando metti qualcosa di caldo nella plastica, c’è più migrazione di sostanze chimiche, quindi la campagna aumenta la consapevolezza sulle alternative. È inoltre possibile utilizzare contenitori riutilizzabili in acciaio o provare a vendere il maggior numero possibile di prodotti plastic free o sfusi. Sempre più negozi vendono prodotti come pasta, noci, dolci o riso in pezzi che i clienti mettono in sacchetti di cotone che portano a fare la spesa.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti - certificazione food Articoli CorrelatiOsservatorio Veganoc
SCOPRI DI PIU'Cassa Depositi e Prestiti, il braccio operativo e finanziario dello stato Italiano, ha deciso di investire nella nuova società chiamata GreenIT con un socio di grande esperienza nel mondo dell’energia come ENI.Il focus della nuova società è produrre energia pulita attraverso il settore eolico e solare per diminuire la dipendenza dalle fonti fossili, attraverso un investimento di 800 milioni di euro nei prossimi 5 anni, creando un target di capacità installata di 1.000 MW. Secondo le informazioni di Eni, la società con CDP Equity hanno costituito GreenIT, una nuova joint venture per lo sviluppo, la costruzione e la gestione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili in Italia. GreenIT, partecipata al 51% da Eni e al 49% da CDP Equity, ha la finalità di produrre energia principalmente da impianti fotovoltaici ed eolici con l’obiettivo di raggiungere una capacità installata al 2025 di circa 1.000 MW, con investimenti cumulati nel quinquennio per oltre € 800 milioni. Le risorse saranno utilizzate su vari filoni di intervento che includono lo sviluppo e la costruzione di impianti greenfield, anche attraverso la valorizzazione del patrimonio immobiliare del Gruppo CDP e della Pubblica Amministrazione, il repowering di impianti a fine vita utile e la costruzione di progetti autorizzati. La costituzione di GreenIT rientra nella strategia volta a supportare la transizione energetica del Paese, aumentando la produzione di energia rinnovabile, in coerenza con gli obiettivi prefissati dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030. L’Amministratore Delegato di CDP Equity e Chief Investment Officer di CDP, Pierpaolo Di Stefano, ha commentato: “La nascita di GreenIT è la realizzazione di un ulteriore progetto previsto dal Piano Industriale di Cassa Depositi e Prestiti per favorire la transizione energetica e contrastare i cambiamenti climatici, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. La collaborazione con Eni consentirà di lavorare - in un’ottica di sistema - allo sviluppo di progetti con impatti positivi sui territori per la produzione di energia da fonti rinnovabili, al fine di costruire un modello sempre più orientato alla sostenibilità e supportare il Paese nel conseguire i target definiti dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima.” Giuseppe Ricci, Direttore Generale di Energy Evolution di Eni, ha dichiarato: “Questa nuova joint venture si inserisce nella strategia di Eni per la transizione energetica e contribuisce all’accelerazione del nostro percorso di trasformazione verso l'energia verde e le rinnovabili. In quest’ottica, grazie alla partnership con Cassa Depositi e Prestiti, il nostro impegno nella decarbonizzazione diventa sempre più concreto: per centrare gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite è essenziale fare sistema a livello Paese e mettere a fattor comune possibilità di investimento e know how”. Eni e CDP Equity sono parti correlate. Entrambe le società hanno applicato la propria procedura interna in materia. Chi è ENI?Eni è una società energetica presente in 66 paesi nel mondo che impiega circa 32.000 persone. L'azienda opera nell'esplorazione, sviluppo e produzione di petrolio e gas, refining&marketing, trading and shipping, chimica, energie rinnovabili e soluzioni innovative nell'economia circolare. La mission di Eni si ispira all'Agenda 2030 delle Nazioni Unite e questi valori si riflettono nel suo modello di business, a sua volta basato su tre pilastri di lungo termine: carbon neutrality, eccellenza operativa e creazione di alleanze per lo sviluppo locale. La decarbonizzazione è parte integrante della strategia e degli obiettivi della società che si pone come leader nella transizione energetica con l’obiettivo di raggiungere Zero emissioni nette al 2050. Chi è CDP Equity?CDP Equity è una holding di partecipazioni del Gruppo Cassa depositi e prestiti, che ha l’obiettivo di investire capitale di rischio in aziende di rilevante interesse nazionale e in società in equilibrio economico, finanziario e patrimoniale, con adeguate prospettive di redditività e di sviluppo, idonee a generare valore per gli investitori. CDP Equity possiede anche partecipazioni di maggioranza e minoranza in alcune SGR specializzate in vari ambiti. Vedi maggiori informazioni
SCOPRI DI PIU'Pensi che l'acqua e le bibite in generale siano immuni alle microplastiche? Sembra incredibile ma ingeriamo mediamente 50.000 particelle di plastica ogni anno. Dalle bottiglie alle stoviglie, dai contenitori multiuso ai giocattoli per bambini, dalle borse alle scarpe e non solo, viviamo in un mondo di plastica. Abituati come siamo alla cultura dell'usa e getta sembra difficile raccogliere i messaggi che ci arrivano per riuscire a cambiare le nostre abitudini e la cultura dello spreco che si è radicata in questo lasso temporale. La regola delle 3 R riduci, riusa, ricicla a quanto sembra non è abbastanza applicata, ma un po' alla volta qualcosa si muove e iniziano ad arrivare risposte fattive. Sono diversi i comuni, le spiagge, le scuole e le mense che stanno diventando plastic free, convertendosi cosi all'utilizzo di materiali riciclati. Non è mai troppo tardi per iniziare a dare il buon esempio, purché si inizi e si riesca a invertire la rotta. Siamo arrivati a un punto di non ritorno ed è necessario intervenire per dare risposte certe in tempi altrettanto certi. Dal 1950 a oggi infatti la produzione di plastica nel mondo è aumentata di 200 volte e nei prossimi dieci anni ci potrebbe essere un incremento produttivo ancora più significativo, fino a 40 volte più grande. Quanto emerge da uno studio pubblicato dall'Università di Newcastle secondo il quale le politiche adottate finora per il recupero, riuso e riciclo della plastica non sarebbero sufficienti per contenere l'impatto ambientale di questo prodotto e i suoi effetti sulla nostra salute. L'invasione della microplastica La plastica si trova ormai ovunque, perfino nell'acqua potabile che beviamo, dal rubinetto o dalla bottiglia, come anche nella birra e nelle bevande più diffuse. Dall'acqua però, le fibre di microplastiche filtrano fino ai derivati, arrivando così nella birra o in altre le bevande più diffuse (analcoliche, succhi di frutta, probabilmente anche nel vino), nel pesce (soprattutto crostacei) e nel sale. Stando ai dati della ricerca dell'Università del Newcastle fibre di microplastiche sarebbero presenti nel 72,2% dell'acqua potabile che beviamo e con cui cuciniamo di tutta Europa, a differenza degli Stati Uniti dove la presenza di plastica sale fino al 95%. L'università inglese oltre a evidenziare come dal 2000 la produzione di plastica sia in costante aumento con una percentuale par al 4% l'anno, ci comunica come ogni settimana, tramite cibo e bevande, ciascuno di noi ingerisce circa 1.769 micro-particelle di plastica (circa 50.000 particelle di plastica in un anno). Insomma, siamo sommersi dalla plastica! La plastica sarebbe presente nelle acque sotterranee, come in quelle superficiali, e nell'acqua imbottigliata. Per ogni 500 ml di acqua potabile, la ricerca in questione rileva fibre plastiche nel 72,2% in Europa, riscontrando in altri paesi internazionali anche maggiori quantità in termini percentuali (nel Medio Oriente -nello specifico il Libano- risultano una contaminazione pari al 98% dei casi, negli Stati Uniti pari al 95%, in India pari all'82,4%, in Uganda all'81%, in Ecuador al 79%, in Indonesia al 76%). E' imprescindibile come l'acqua sia il principale costituente del corpo umano e rappresenti una percentuale consistente del peso corporeo di ogni essere umano, che deve necessariamente bere acqua per evitare una disidratazione. Alla luce dei dati emersi dallo studio e dei pericoli che ne derivano per la salute di ciascuno è fondamentale attivarsi per creare quel circolo virtuoso del riduci, riusa, ricicla con l'obiettivo e la speranza di riuscire a contribuire a salvare il nostro pianeta. La plastica non è biodegradabile, ma è riciclabile pertanto l'invito è quello di attivarci tutti quanto prima anche in via preventiva sprecando di meno.Approfondisci l'argomento
SCOPRI DI PIU'Estroso, loquace, competente, caparbio, ostinato, trascinatore, disponibile, eclettico, coinvolgente. Ma soprattutto asocialedi Marco ArezioL’attività commerciale, in aziende di qualsiasi livello, ha necessariamente bisogno di managers che facciano della platea del mercato, un campo naturale di lotta senza esclusione di colpi. La capacità di intessere rapporti personali e commerciali, di incontrare potenziali clienti per convincerli a diventare parte della propria azienda, l’esposizione in prima persona durante meetings e fiere, facendosi portavoce del proprio gruppo di lavoro o della propria società, portano ad identificare un manager dotato di un’attitudine alla comunicazione, all’empatia verso il mondo e a suo agio con la gente. E’ uno stereotipo professionale questa figura? Forse no, infatti, il carattere ti porta, spesso, a scegliere il tuo ambito lavorativo per una sorta di minore frizione verso le attività in cui ci si inserisce. Ma non sempre è così, ci sono figure manageriali, anche di successo, che sono vincenti nelle attività commerciali, dove il contatto con i clienti è costante e dove la collaborazione con la propria squadra di lavoro si fa sul campo, in gruppo e ben motivati, ma che hanno un carattere schivo, asociale a volte misantropo. Sembra un assurdo eppure è possibile, un manager che ha ben presente non solo le strategie di vendita, di relazione, di persuasione, di creazione del feeling giusto con i clienti o potenziali tali, ma fa anche di sé stesso una strategia di marketing. Ha ben presente quali sono i suoi passi per raggiungere gli obbiettivi che si è prefissato o che ha ricevuto dall’azienda, passi che lo porta a cene, visite in aziende, colloqui, momenti di incontro collettivi, meetings, esposizione a platee di persone e molte altre manifestazioni di contatto con il pubblico. Questa è la sua strada, il suo programma, i suoi passi da compiere per raggiungere i budgets, un percorso del tutto innaturale per lui, dove vive con ostinata riluttanza cenare con i clienti, parlare della propria e della loro vita, condividere inviti e momenti conviviali extra lavorativi, stringere mani alle fiere e ascoltare chiunque, parlare in pubblico, tenere corsi e seminari. Ogni momento di condivisione sociale è sofferto, ogni viaggio è un peso, ogni riunione con collaboratori e clienti è un dovere oneroso. Ma tutto questo non lo porta a incrinare il suo successo professionale, un’avanzata programmata nei modi, nei tempi, nell’intensità che si è imposto, cliente dopo cliente, incontro dopo incontro, fiera dopo fiera. Lui stesso fa parte della propria strategia professionale, lui stesso è un cliente da incontrare, convincere e inglobare nel suo risultato strategico. L’autodisciplina e la severità verso sé stesso non ne hanno modificato il carattere, ma hanno creato uno sdoppiamento della personalità, creando una figura che opera come un manager rilassato, disponibile in consessi di persone e pienamente a suo agio, che convive con una persona che si sente un pesce fuor d’acqua, che ama la solitudine, il basso profilo e i fari spenti della ribalta. Un’attività di successo che può essere molto logorante per chi la esercita e che, dopo un periodo più o meno lunga di resistenza ostinata, di solito si esaurisce per consunzione.
SCOPRI DI PIU'Preparativi, Speranze, Sfide e Tragedie al Cospetto del Nanga Parbat. Capitolo 2: Preparazione e Partenzadi Marco ArezioMentre il richiamo del Nanga Parbat risuonava nelle loro menti e nei loro cuori, i fratelli Messner sapevano che la strada verso la cima della Parete del Rupal sarebbe stata costellata di sfide inimmaginabili. La preparazione per una tale impresa richiedeva molto più che una semplice resistenza fisica e abilità tecniche; necessitava di una forza mentale indomita, di una comprensione profonda della natura e di un rispetto quasi sacro per la montagna che si apprestavano a scalare. Reinhold e Günther erano consapevoli che il successo della loro spedizione dipendeva in larga misura dalla loro preparazione. Giorni, settimane e mesi furono dedicati a migliorare la loro condizione. La Scelta dell'Equipaggiamento In un'epoca in cui la tecnologia alpinistica era ancora in fase di evoluzione, la selezione dell'equipaggiamento giusto era cruciale. La scelta dell'equipaggiamento per l'ascesa della Parete del Rupal del Nanga Parbat da parte dei fratelli Messner rifletteva un approccio meticoloso e innovativo, che anticipava molte delle pratiche ora comuni nell'alpinismo moderno. In un periodo di transizione tecnologica nell'attrezzatura da montagna, Reinhold e Günther Messner dovettero bilanciare il bisogno di leggerezza con la necessità di resistenza e affidabilità. Vediamo più nel dettaglio come affrontarono queste scelte: Scarponi e Abbigliamento Termico La selezione degli scarponi era critica, dato che dovevano fornire isolamento dal freddo intenso, offrire una buona aderenza su ghiaccio e neve, e allo stesso tempo permettere una certa agilità durante l'arrampicata. I Messner optarono per scarponi con una costruzione robusta ma relativamente leggera, che incorporava i migliori materiali isolanti disponibili all'epoca. Per l'abbigliamento, la scelta ricadde su piumini termici innovativi, che utilizzavano materiali all'avanguardia per trattenere il calore corporeo pur essendo sorprendentemente leggeri. Questo tipo di abbigliamento era fondamentale per sopravvivere alle temperature notturne estreme senza aggiungere un peso eccessivo al loro carico. Piccozze e Corde Le piccozze scelte dovevano essere versatili, adatte tanto per l'arrampicata su ghiaccio quanto per superare tratti rocciosi. I fratelli Messner preferirono modelli che bilanciavano efficacemente robustezza, leggerezza e design ergonomico, per consentire una presa sicura e ridurre la fatica durante l'uso prolungato. Le corde rappresentavano un altro elemento vitale dell'equipaggiamento. Data l'importanza della sicurezza in montagna, fu data priorità a corde di alta qualità, che combinassero resistenza e flessibilità. Anche qui, la scelta si orientò su prodotti che offrissero il miglior compromesso tra peso e performance, optando per corde in nylon capaci di resistere alle abrasioni e alle basse temperature senza diventare rigide o difficili da maneggiare. Zaini e Sistemi di Idratazione Gli zaini dovevano essere sufficientemente capienti per trasportare tutto il necessario, ma anche comodi da portare e facili da accesso durante la marcia. I Messner scelsero zaini con sistemi di sospensione avanzati che distribuivano equamente il peso, riducendo il rischio di affaticamento. L'idratazione era un'altra considerazione cruciale, specialmente data la difficoltà di trovare acqua liquida a quelle altitudini. Portarono quindi termos speciali che potevano mantenere l'acqua da fusione del ghiaccio liquida il più a lungo possibile.Considerazioni Finali La scelta dell'equipaggiamento per la spedizione sul Nanga Parbat dimostrò l'intuizione e la prospettiva innovativa dei fratelli Messner. Non si trattava solo di selezionare l'attrezzatura più avanzata disponibile all'epoca, ma anche di comprendere profondamente le proprie necessità fisiche e psicologiche in condizioni estreme. Questo approccio olistico all'equipaggiamento, che bilancia performance, peso e affidabilità, ha influenzato generazioni future di alpinisti, contribuendo a spostare l'industria dell'attrezzatura outdoor verso soluzioni sempre più sofisticate e specifiche per le varie discipline alpinistiche. La Strategia di SalitaLa strategia di ascesa adottata dai fratelli Messner per la loro storica salita della Parete del Rupal sul Nanga Parbat nel 1970 rappresentò un punto di svolta nell'alpinismo himalayano. La loro approccio innovativo si basava su una profonda comprensione delle dinamiche della montagna, così come su una filosofia personale che privilegiava l'autonomia, la leggerezza e l'impatto minimo sull'ambiente. L'Analisi Preliminare Reinhold e Günther Messner dedicarono mesi alla preparazione della loro spedizione, parte della quale consisteva nello studio dettagliato delle condizioni della Parete del Rupal. Attraverso l'esame di relazioni di spedizioni precedenti e l'analisi di fotografie aeree, cercarono di mappare le caratteristiche chiave della parete: zone di accumulo di neve, crepacci, pendii ghiacciati inclinati e pareti rocciose esposte. Questo lavoro preparatorio era fondamentale per pianificare una rotta che massimizzasse la sicurezza e l'efficienza. La Scelta dello Stile Alpino La decisione di adottare lo stile alpino per l'ascesa fu, a quel tempo, una vera e propria rivoluzione nell'alpinismo himalayano. A differenza delle tradizionali spedizioni himalayane, che si basavano su ampi team di supporto, campi fissi lungo la rotta, e l'uso di ossigeno supplementare, lo stile alpino enfatizzava la velocità, l'agilità e l'autosufficienza. I Messner portarono solo l'essenziale, rinunciando ai portatori di alta quota e procedendo senza ossigeno supplementare. Questo approccio riduceva il peso e consentiva una maggiore flessibilità e capacità di adattamento alle condizioni in rapido cambiamento della montagna. I Rischi e le Sfide Adottare una strategia di ascesa in stile alpino sulla Parete del Rupal comportava significativi rischi. Senza il supporto di campi fissi lungo la salita, i fratelli Messner dovevano portare tutto il necessario per sopravvivere alle estreme condizioni ambientali, aumentando il carico fisico e mentale. Inoltre, procedendo senza ossigeno supplementare, dovevano affrontare direttamente gli effetti dell'altitudine, che includevano il rischio di mal di montagna, edema polmonare e cerebrale.L'approccio dei Messner alla Parete del Rupal non solo dimostrò che era possibile scalare le più alte vette himalayane in stile alpino, ma influenzò profondamente l'evoluzione dell'alpinismo nelle decadi successive. Essi dimostrarono che, con una preparazione adeguata e un profondo rispetto per la montagna, gli alpinisti potevano ridurre l'impatto ambientale delle loro spedizioni e allo stesso tempo affrontare sfide che molti ritenevano impossibili. La Partenza della Spedizione verso il Nanga ParbatQuando finalmente tutto fu pronto, i fratelli Messner e la loro squadra si avviarono verso il Nanga Parbat, carichi di speranza e di determinazione, ma consapevoli delle difficoltà che li attendevano. La partenza fu un momento di forte emozione: un misto di eccitazione per l'avventura che li attendeva e di tensione per le incognite del viaggio. La decisione di lasciare la famiglia, gli amici e la sicurezza della loro casa in Alto Adige per affrontare una delle montagne più pericolose del mondo fu un atto di coraggio, ma anche una profonda espressione del loro spirito avventuroso e della loro ricerca di significato oltre i confini del conosciuto. La preparazione e la partenza dei fratelli Messner per la Parete del Rupal del Nanga Parbat si rivelano non solo come fasi preliminari dell'ascesa, ma come parte integrante del loro viaggio spirituale. La loro meticolosa preparazione fisica e mentale, la selezione consapevole dell'equipaggiamento e la pianificazione strategica dell'ascesa riflettevano una profonda comprensione del fatto che il successo in montagna richiede più di mera forza o coraggio; necessita di rispetto, di connessione con la natura e di una consapevolezza acuta delle proprie capacità e limiti. Questi primi passi verso la Parete del Rupal furono dunque il preludio di una storia di sfida, scoperta e trasformazione nella storia dell'esplorazione umana. Mentre i fratelli Messner e la loro squadra si avvicinavano alla base della Parete del Rupal, ogni passo li portava non solo fisicamente più vicini alla loro meta, ma li immergeva ulteriormente in un contesto di isolamento e di sfida estrema. L'avvicinamento al campo base era un rito di passaggio, un distacco graduale dal mondo conosciuto verso un ambiente in cui la natura comandava con indiscussa autorità. La consapevolezza di questo distacco era palpabile tra i membri della spedizione. Con ogni chilometro che li separava dalla civiltà, si rendevano conto che stavano entrando in una sfera di esistenza dove la sopravvivenza dipendeva dalla loro abilità, dalla loro forza interiore e, in misura non trascurabile, dalla loro capacità di adattarsi e rispondere come un'unica entità coesa. La coesione del gruppo, la fiducia reciproca e la condivisione di una visione comune erano essenziali quanto l'equipaggiamento che portavano sulle spalle. Arrivo al Campo BaseL'arrivo al campo base fu un momento di profonda riflessione per Reinhold e Günther. L'immensità della Parete del Rupal si ergeva davanti a loro, un gigante di roccia e ghiaccio che sfidava le loro ambizioni e sogni. Ma più che intimidirli, la vista della parete rafforzava la loro determinazione. In questo luogo remoto, lontano dall'effimero clamore del mondo, i fratelli Messner si confrontavano con la loro essenza più autentica, con quel nucleo indomito che li spingeva verso l'alto, nonostante i rischi. La sera prima dell'inizio dell'ascesa, il campo base era pervaso da un senso di quiete anticipazione. Mentre i preparativi finali venivano completati, ogni membro della spedizione si ritrovava immerso nei propri pensieri, forse meditando sulle sfide imminenti o semplicemente assaporando gli ultimi momenti di calma prima della tempesta. Era un tempo sospeso, un interludio di silenzio carico di promesse e pericoli. Reinhold e Günther, consapevoli più di chiunque altro della portata della loro impresa, trascorsero quelle ore contemplando la montagna, parlando a bassa voce dei possibili scenari che avrebbero potuto incontrare nei giorni a venire. In questi momenti, la loro relazione fraterna divenne una fonte di forza incalcolabile. La fiducia e l'intesa che li legava erano il risultato di anni di condivisione, di sfide affrontate insieme, di successi e insuccessi che avevano plasmato il loro legame in qualcosa di indistruttibile. Scalata della Parete Rupal al Nanga Parbat fino all'Ultimo Campo La mattina seguente, con l'alba che illuminava la Parete del Rupal di una luce eterea, i fratelli Messner, accompagnati dalla loro squadra, iniziarono l'ascesa. Questo passo rappresentava l'incarnazione di mesi di preparativi, di speranze e di sogni. Ma al di là delle ambizioni personali e del desiderio di conquista, c'era la consapevolezza di essere parte di qualcosa di più grande di loro stessi, di un'avventura che sfidava i limiti dell'umano e cercava un contatto più profondo con l'immenso e indomabile spirito della montagna. La preparazione e la partenza verso la Parete del Rupal si rivelano come una metafora del viaggio della vita, dove il successo dipende dalla capacità di affrontare l'ignoto con coraggio, preparazione e un profondo senso di comunione con il mondo che ci circonda. Mentre i fratelli Messner e la loro squadra si avventuravano verso l'alto, portavano con sé non solo il peso fisico del loro equipaggiamento, ma anche il peso delle loro aspirazioni, delle loro paure e delle loro speranze più profonde. Era l'inizio di un'ascesa che avrebbe messo alla prova ogni fibra del loro essere, ma che anche avrebbe offerto l'opportunità di trascendere i limiti conosciuti, di esplorare nuovi orizzonti dell'esistenza umana e di confrontarsi con la grandezza indomabile della natura.Con ogni metro conquistato sulla parete, la squadra si avvicinava non solo alla vetta ma anche a una maggiore comprensione di sé stessi e della loro relazione con il mondo. Questa ascesa, con i suoi momenti di gioia pura e di estrema difficoltà, diventava un microcosmo della vita stessa, ricordando loro che ogni traguardo raggiunto è il risultato di perseveranza, fiducia reciproca e un profondo rispetto per l'ambiente che li circonda. L'ascesa attraverso la Parete del Rupal si rivelò essere un'esperienza trasformativa. Ogni passo avanti richiedeva una decisione, ogni scelta un calcolo non solo delle condizioni fisiche ma anche del morale della squadra. Le sfide tecniche dell'ascesa, le condizioni meteorologiche imprevedibili e la costante minaccia di valanghe o cadute di sassi mettevano alla prova la loro determinazione e richiedevano una risposta collettiva, unendo la squadra in un obiettivo comune. Durante la salita, i momenti di dubbio e paura erano inevitabili. Tuttavia, in questi momenti, la forza del legame tra i fratelli Messner e il loro impegno verso la squadra brillavano più luminosi. La loro leadership, fondata sull'esempio piuttosto che sull'autorità, ispirava fiducia e coraggio, permettendo a tutti di superare i momenti difficili e di continuare l'ascesa. In queste circostanze estreme, la squadra imparò il valore dell'umiltà di fronte alla grandezza della montagna. Ogni progresso sulla parete era un ricordo della piccolezza dell'uomo di fronte alla vastità della natura, ma anche della straordinaria capacità umana di superare ostacoli apparentemente insormontabili con spirito di squadra, ingegno e coraggio. Quando finalmente raggiunsero il campo più alto prima del tentativo finale per la vetta, il senso di realizzazione era palpabile, ma c'era anche la consapevolezza che la sfida più grande ancora li attendeva. La vetta era vicina, ma la montagna non aveva ancora rivelato tutti i suoi segreti o messo alla prova la squadra con le sue ultime difese. In questo momento, i fratelli Messner si trovarono di fronte alla definitiva prova di fede: nella loro preparazione, nel loro spirito di squadra, nella loro capacità di affrontare l'ignoto. Erano pronti a fare l'ultimo push verso la vetta, armati con le lezioni apprese durante l'ascesa e con una determinazione rinforzata dalle sfide superate. La Parete del Rupal, con la sua bellezza crudele e la sua sfida imponente, era diventata un catalizzatore per la crescita personale, un'arena dove i limiti dell'individuo e del collettivo venivano messi alla prova e, infine, superati. Avevano affrontato le loro paure, stretto legami indissolubili e scoperto una forza interiore che li avrebbe sostenuti ben oltre la montagna. Il Nanga Parbat, nella sua imponente indifferenza, aveva impartito le sue lezioni più preziose: la grandezza della natura, il valore del rispetto e l'importanza dell'umiltà. Queste lezioni, incise nei cuori dei fratelli Messner e della loro squadra, li avrebbero guidati non solo verso la vetta, ma attraverso tutte le sfide della vita.
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