Il concetto di consapevolezza e di saggezza compassionevole applicati al creatodi Marco ArezioAbbiamo affrontato, negli articoli scorsi, la visione della tutela della natura secondo le principali religioni monoteiste. Oggi vediamo il punto di vista dei buddisti in merito all’ambiente e alle indicazioni che vengono da questa religione. La tutela dell'ambiente è un tema importante per i buddisti, i quali sottolineano il concetto di interconnessione e interdipendenza di tutti gli esseri viventi. Secondo la prospettiva buddista, tutti gli esseri sono considerati degni di compassione e rispetto, inclusa la natura e l'ambiente in cui viviamo. I buddisti cercano di coltivare una consapevolezza profonda dell'impatto delle loro azioni sull'ambiente. Questo può includere pratiche come l'adozione di uno stile di vita sostenibile, riducendo gli sprechi e l'inquinamento, nonché il consumo responsabile delle risorse naturali. Incoraggiano anche ad evitare attività che possano causare danni diretti agli esseri viventi, come la caccia indiscriminata o la distruzione dell'habitat naturale degli animali. Inoltre, promuovono una prospettiva di lungo termine, considerando le conseguenze delle azioni sull'ambiente per le future generazioni. Questo si basa sull'idea di coltivare una saggezza compassionevole e di agire in armonia con la natura, riconoscendo che siamo tutti parte di un ecosistema interconnesso. Cosa è la saggezza compassionevole verso la natura per il buddismo La saggezza compassionevole, nota anche come prajna-paramita nel buddismo, è un concetto centrale che descrive una forma di comprensione profonda e altruistica. È la combinazione di due qualità fondamentali nel buddismo: la saggezza (prajna) e la compassione (karuna). La saggezza compassionevole implica una comprensione profonda della natura, della realtà e la consapevolezza della sofferenza e del desiderio che affliggono gli esseri viventi. Questa comprensione va oltre la mera conoscenza intellettuale, e si sviluppa attraverso la pratica meditativa e l'esperienza diretta. Non si limita a comprendere la sofferenza, ma spinge all'azione compassionevole per alleviare tale sofferenza. Essa motiva a mettere in pratica la compassione, l'amore benevolo e la gentilezza verso gli altri esseri viventi. La saggezza compassionevole verso la natura, nel buddismo implica un profondo rispetto e amore per tutti gli esseri viventi e per l'intero ambiente naturale. Si basa sulla consapevolezza che ogni forma di vita è preziosa e che tutte le cose sono interconnesse. Questo stato implica la comprensione che le azioni umane hanno un impatto sull'equilibrio ecologico e sul benessere di tutti gli esseri viventi, inclusi gli animali, le piante e l'ambiente naturale. Quindi spinge i buddisti a prendere responsabilità delle loro azioni e a fare scelte consapevoli che non causino danni alla natura. La saggezza compassionevole comprende anche la consapevolezza che la sofferenza umana e animale è profondamente interconnessa con la distruzione dell'ambiente. I buddisti riconoscono che il rispetto e la cura per la natura sono essenziali per garantire il benessere di tutti gli esseri viventi, inclusi gli esseri umani stessi. In sintesi, la saggezza compassionevole verso la natura nel buddismo implica una profonda connessione emotiva con l'ambiente naturale e un impegno attivo per la sua protezione e conservazione.
SCOPRI DI PIU'La storia dello stampaggio rotazionale con materiali diversidi Marco ArezioIl processo dello stampaggio tramite il processo rotazionale sembra una conquista recente, nata in concomitanza con l’esplosione dell’uso della plastica dopo la seconda guerra mondiale. In realtà, anche se con altri materiali, la costruzione di oggetti attraverso il processo di rotazione dello stampo, si può far salire al periodo egizio, greco e anche cinese, i cui artigiani realizzavano oggetti in ceramica per l’uso quotidiano ed artistico. Sono avvenuti, infatti, numerosi ritrovamenti di ceramiche sferiche o semisferiche che hanno fatto riflettere di quanto fosse stata diffusa questa tecnica costruttiva in quelle ere storiche. Un altro esempio documentato dell’uso di questo sistema produttivo è da far risalire intorno al 1600 d.C., periodo in cui i cioccolatieri svizzeri utilizzavano la tecnica rotazionale per creare uova di cioccolato cave, ma soprattutto dallo spessore uniforme. Bisogna aspettare però fino al 1855 quando l’inglese R. Peters introdusse lo stampaggio a rotazione biassiale per la produzione industriale di involucri cavi, tra i quali anche gli elementi di protezione dei pezzi di artiglieria. La dimestichezza con cui i produttori si avvicinarono al sistema di iniezione rotazionale, permise numerose esperienze applicative su prodotti come la cera, ad opera di F.A. Voelke nel 1905, come il gesso per mano di R.J. Powell nei primi anni 20 del secolo scorso. A partire dagli anni ’50 del secolo scorso, con l’avvento delle materie plastiche, lo stampaggio rotazionale fu impiegato, per la prima volta, nella realizzazione delle teste delle bambole utilizzando il PVC in polvere e impiegando stampi di lega di nichel-rame. Fu davvero un colpo di fulmine per l’industria, infatti lo stampaggio rotazionale utilizzando le materie plastiche crebbe in maniera vertiginosa, creando sempre nuovi e più grandi prodotti nei settori commerciali più disparati. Se tra il 1950 e il 1960 l’applicazione di questo sistema riguardò prevalentemente i giocattoli o i piccoli accessori per la casa, ma nei periodi successivi, con la costruzione di nuovi e sempre più grandi stampi, si realizzarono prodotti industriali di grandi dimensioni, come i contenitori di sostanze chimiche, cisterne per fertilizzanti e diserbanti, serbatoi dell’acqua e di carburanti, serbatoi per auto, barriere stradali, barche, canoe, boe e molti altri prodotti. Categoria: notizie - tecnica - plastica - stampaggio rotazionale
SCOPRI DI PIU'Cosa si intende per degrado dei polimeri riciclati: biologico, ossidativo, foto-degradazione e termico?di Marco ArezioNegli anni dal dopo guerra in poi, le materie plastiche hanno preso sempre più mercato andando a sostituire prodotti fatti con altre tipologie di materiali in quanto si evidenziarono subito gli innumerevoli vantaggi che questo nuovo materiale portava. Tra i vantaggi delle materie plastiche che si possono sottolineare, troviamo la leggerezza, la facilità di lavorazione, la possibilità di colorazione e il basso costo di produzione. In realtà in quegli anni ci siamo concentrati sui vantaggi indiscussi delle materie plastiche senza approfondire le questioni che ne determinavano il loro degrado. Oggi, con la grande esperienza che gli utilizzatori e i produttori di materie plastiche hanno acquisito, possiamo bilanciare vantaggi e svantaggi di un materiale così innovativo. Possiamo classificare gli svantaggi tra interni ed esterni: Svantaggi Interni modificazione chimiche e fisiche processo di produzione del polimero reattività chimica degli additivi Svantaggi Esterni variazioni termo-igrometriche esposizione ai raggi UV agenti inquinanti calore microrganismi ossigeno cause accidentali Inoltre, la degradazione può essere di tipo fisico che chimico. Nel degrado fisico si può notare un aumento della cristallinità e di conseguenza della densità, con la nascita di tensioni interne, fessurazioni e deformazioni. Quello chimico, che avviene a livello molecolare, in base all’agente degradante, va ad influenzare le catene polimeriche con una perdita di coesione e una diminuzione del peso molecolare. DEGRADO OSSIDATIVO DELLE MATERIE PLASTICHE Nonostante la degradazione dei polimeri organici e inorganici sotto l’effetto dell’ossigeno sia molto lenta, questa provoca il rilascio di sostanze chimiche che portano all’auto-catalizzazione del polimero stesso, cioè, gli agenti chimici frutto della degradazione attaccano a loro volta la catena polimerica, attivando un processo autodistruttivo. Inoltre, se questa fase viene interessata dalla formazione di radicali liberi per azione del calore o della luce, allora la reazione tra il polimero e l’ossigeno aumenta la velocità di scissione delle catene, che porta alla reticolazione e alla formazione di elementi volatili. Questo processo viene chiamato foto-ossidazione o termo-ossidazione, a seconda se il fattore scatenante sia stata la luce o il calore. Le conseguenze dirette sulla qualità del polimero si possono notare attraverso la riduzione delle proprietà meccaniche, specialmente per quanto riguarda l’elasticità e la resistenza alla rottura. DEGRADO BIOLOGICO DELLE MATERIE PLASTICHE Per degrado biologico si intende l’attacco da parte di funghi e batteri sui alcuni polimeri, specialmente quelli di derivazione naturale. Questi sono soggetti al fenomeno della Idrolisi, che può espone il polimero, in presenza di un alto tasso di umidità, alla rottura delle catene. Per bloccare il degrado si può optare per una conservazione in un ambiente privo di ossigeno, ma è necessario conoscere bene l’origine del polimero in quanto non è un trattamento universalmente valido. DEGRADO TERMICO DELLE MATERIE PLASTICHE Il fenomeno della degradazione termica è causato dalla presenza di idrogeni mobili nella catena o dall’attività radicalica che vengono innescati dal calore, causando la rottura della catena con la formazione di rotture e la produzione di elementi volatili. La mancanza di ossigeno porta alla depolimerizzazione della catena che avviene in tre fasi dissociative: iniziazione, trasferimento molecolare e propagazione. Per aumentare la resistenza chimica dei polimeri al degrado termico la soluzione migliore è l’aggiunta di additivi in fase di produzione. FOTO-DEGRADAZIONE DELLE MATERIE PLASTICHE Il fenomeno di foto-degradazione avviene quando il polimero è soggetto all’influenza dei raggi UV nel range di lunghezza d’onda tra 290 e 400 nm. A livello atomico sappiamo che le radiazioni di luce funzionano come flusso di particelle, nello specifico i fotoni, che entrando in contatto con le molecole dei materiali e, in certe condizioni, possono interagire passando da uno stato di bassa energia ad uno ad alta eccitazione energetica. Questi particolari flussi e movimenti si definiscono come Foto-fisici e/o Foto-chimici. Nel primo caso non intervengono modificazioni chimiche tra le molecole dei polimeri, mentre per il processo di Foto-chimica, esistono possibilità che le molecole alterino la loro caratteristica chimica in virtù della presenza di una abbondante energia. In alcune macromolecole sintetiche, l’energia dei fotoni contenute nelle radiazioni UV hanno la facoltà di provocare rotture dei legami covalenti.Categoria: notizie - tecnica - plastica - polimeri - degrado Vedi maggiori informazioni sulle materie plastiche
SCOPRI DI PIU'Sembra si sia formata un’assuefazione ai disastri ecologici attuali e futuri di Marco ArezioQual’è l’impatto del tam-tam mediatico che da qualche anno ci sta avvolgendo e che rimarca una situazione ecologica globale disperata? Abbiamo smarrito la coscienza? A discapito di quello che si pensa, il sentimento nei confronti delle informazioni sull’ambiente che ci giungono, sempre più gravi, documentate con dovizia di particolari da una comunicazione efficiente e puntuale, non coinvolge tutti allo stesso modo e con la stessa enfasi. Diamo per scontato che sia del tutto superfluo, come qualcuno ha l’ardire di sottolineare, discutere se la proporzione del disastro ecologico in cui viviamo sia degna di nota o meno, perché vorrei eliminare quella frangia di persone che tendono a non considerare il problema. Non parliamo solo di gente comune, ma di politici, in posizioni apicali, che ironizzano sull’esistenza del problema ecologico, sui cambiamenti climatici e sulle loro conseguenze per la vita di tutti, utilizzando i social quale mezzo di persuasioni delle coscienze influenzabili, dimostrando una cultura scientifica, oltre che morale, del tutto discutibile. La situazione ambientale a cui siamo arrivati è un intreccio così complicato di fili, che rappresentano l’inquinamento dell’aria, dell’acqua, dei rifiuti e dello scempio delle risorse naturali, i quali si stanno trasformando nella corda che si sta stringendo docilmente al nostro collo. I modesti cambiamenti che i movimenti ecologici e le autorità competenti stanno cercando di apportare al ciclo dei consumi, sono del tutto lodevoli nelle intenzioni e nell’impegno profuso, ma ancora poca cosa rispetto alla situazione globale che necessiterebbe di ben altre decisioni in tempi molto più ristretti. Le notizie sulle multinazionali che si alleano per diffondere un messaggio ecologico sul ciclo della loro produzione, fanno sicuramente piacere, ma questo mi porta a pensare che oggi, incalzate dall’opinione pubblica e con il rischio di essere etichettate come inquinatori seriali, si stiano muovendo per correggere qualche comportamento che va contro la logica ambientale. Razionalmente però, non possiamo immaginare che le industrie, basate sul business, quindi sul profitto ad ogni costo richiesto dagli azionisti, diventino paladine dell’ambiente. Certamente oggi hanno capito che un messaggio di marketing che sposi il filone “verde” potrebbe far acquisire nuove fette di mercato, o nel peggiore delle ipotesi, potrebbe evitare la perdita di clienti. Sono le istituzioni politiche a livello mondiale, supportati dalle menti scientifiche, non colluse con il business economico, che devono imporre a tutti noi, quindi anche al mondo della produzione, regole comportamentali che fermino il proliferare dell’inquinamento a tutti i livelli e inizino a ridurre il disastro ambientale in cui viviamo. Lo dobbiamo fare per noi. Certo, le scelte non sono semplici e implicano una visione molto più allargata di quello che si possa pensare. Io credo che, tra le altre cose, si debba anche considerare chi non si pone questi problemi, non per ignoranza o bieco calcolo, ma perché non può porseli, in quanto stretti tra esigenze quotidiane molto più opprimenti e immediate che pensare alla fine del modo. Come si può pensare di interagire ai fini ambientali con una popolazione povera, distribuita in molte aree del mondo, che deve pensare alla sopravvivenza quotidiana e non al futuro. Come possiamo pensare di incidere sulle coscienze delle persone che subiscono le disuguaglianze economiche trasformandoli in paladini ecologici. La coscienza ambientale, la produzione, i consumi eco-sostenibili, l’economia circolare e il corretto rapporto sulle risorse ambientali, rischiano di apparire un lusso, un ulteriore privilegio di chi può permettersi l’auto elettrica, l’acquisto di cibi bio o vestirsi con costosi abiti griffati provenienti da fonti riciclate. Abbiamo prima di tutto smarrito la coscienza, non solo ambientale, ma anche quella umana, anteponendo l’effimero risultato economico al benessere generale.
SCOPRI DI PIU'Fin dal Medioevo la questione della visione dell’esistenza umana imponeva un ripensamento verso la semplicitàdi Marco ArezioIn ogni epoca storica, da quando abbiamo memoria, l’uomo si è interrogato su come poter semplificare il proprio rapporto con la vita, come avere un approccio più semplicistico, che non vuol dire leggero o superficiale, per rendere più naturale e meno complicata l’esistenza. Per non scomodare grandi nomi come San Francesco, oggi disturbiamo un altro frate, un Francescano dal nome di Guglielmo Occam, che si era fatto portavoce di una idea di vita basata sulle scelte ”semplici” e sulle semplificazioni di quelle difficili. Il Francescano Guglielmo Occam nacque a Ockham, in Inghilterra, nel 1288 e si distinse subito per la sua fervida intelligenza. All’età di 11 anni fu mandato in convento per poter studiare, imparando così a leggere e scrivere. Notato dal priore, su inviato a Londra a perfezionare gli studi accademici, diventando poi insegnante sia in Inghilterra, ad Oxford, che in Francia a Parigi. La sua vita intellettuale, come pensatore, fu spesa su questioni allora di grande importanza, come la definizione del potere assoluto dei Papi, come Papa Giovanni XXII, su temi come il concetto di povertà evangelica e, di carattere più politico, se l’imperatore potesse deporre il papa. Le sue idee rivoluzionarie sulla conduzione dell’esistenza gli portarono in dono, però, anche una scomunica e un processo per eresia, dal quale riuscì a salvarsi scappando da Ludovico IV il Bavaro a Pisa, per poi passare a Roma e successivamente a Monaco, dove morì nel 1349. Guglielmo di Occam è diventato famoso per il suo principio della parsimonia e della semplicità, definito successivamente “il rasoio di Occam” che, in modo conciso afferma l’inutilità di fare con più quello che si può fare con meno, che detto con la lingua latina di allora recita “quia frustra fit per plura quod po-test fieri per pauciora”. Il rasoio di Occam indica i comportamenti in vari campi: - Scientifico, dove suggerisce eliminare gli esperimenti eccessivi, inutili nella ricerca della verità. - Ambientale, dove suggerisce di allinearsi ai principi della vita della natura che influenzano l’ambiente, semplificando le teorie, le operazioni e le analisi. - Personale, dove suggerisce la necessità di un approccio all’esistenza più minimalista e parsimonioso. Le tensioni che oggi accompagnano la nostra vita, per buona parte sono create da noi stessi, non che ci divertiamo a farci del male, ma è il frutto ad un approccio ai problemi con metodologie complesse, dove la mente cerca di controllare ciò che non possiamo in alcun modo fare. Le aspettative elevate rispetto al livello di vita che conduciamo, il senso di frustrazione su situazioni che non riusciamo a raggiungere o a governare, il sentimento di invidia verso gli altri, la corsa al raggiungimento di obbiettivi che riteniamo indispensabili, quando molte volte non lo sono e il senso di poter vivere per sempre, portano alla nostra sofferenza strisciante. Occam ci suggerire come “rasoiare”, tagliare tutti questi fardelli, accettando una vita più semplice e meno complicata.
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