Vetroresina: storia, produzione, impiego e riciclo. Il difficile cammino verso un’economia circolare del prodottoLa vetroresina è sicuramente un prodotto che ha avuto un successo molto importante dato dalla flessibilità d’impiego, dalla relativa facilità di produzione e dalle caratteristiche tecniche dei manufatti prodotti che potevano sostituire o migliorare le prestazioni di altri materiali fino ad allora utilizzati. La vetroresina nasce negli anni 20, periodo in cui si stavano studiando materiali che avessero delle caratteristiche prestazionali simili a quelle dei metalli da costruzione (edilizia, aeronautica, navale) ma che si potesse aggiungere un vantaggio in termini di risparmio di peso. Nel corso degli anni 40 si era optato per il rinforzo del poliestere utilizzando la fibra di amianto, un materiale plastico composito con cui si costruivano, per esempio, i serbatoi supplementari per gli aerei. Durante gli anni 50 dello scorso secolo, l’incremento della produzione di fibra di vetro, ha portato ad una progressiva sostituzione della fibra di amianto, creando prodotti tecnicamente più avanzati ed ampliando il campo di applicazione. MA COS’E’ LA VETRORESINA?E’ una plastica composta rinforzata con vetro, detta anche VTR o GRP, utilizzando tessuti o feltri con fibre orientate casualmente e successivamente impregnate con resine termoindurenti, generalmente liquide, composte da poliestere o vinilestere o epossidiche, che induriscono e collegano le fibre stesse attraverso l’azione di catalizzatori ed acceleranti. Le principali caratteristiche dei prodotti realizzati in vetroresina sono: – Leggerezza – Elevate caratteristiche meccaniche – Durabilità – Resistenza alla corrosione – Resistenza agli agenti atmosferici – Ottimo isolamento elettrico – Comportamento al fuoco gestibile con specifici additivi – Buon isolamento termico – Scarsa manutenzione COME VENGONO PRODOTTI I MANUFATTI IN VETRORESINA?Premettendo che la vetroresina non è un composto plastico tradizionale che ha bisogno di calore e di una forza meccanica importante (estrusione, iniezione, soffiaggio) per realizzare i prodotti, ma si basa sul lavoro che svolge la resina polimerizzata che viene a contatto con le fibre di vetro. I processi principali di produzione sono i seguenti: “Hand Lay-Up” consiste nella spalmatura a pennello o rullo di resine, correttamente additivate con catalizzatori e acceleranti, che ne determinano la polimerizzazione anche a temperatura ambiente, su tessuti di vetro. La solidificazione delle resine permette l’inglobamento delle fibre di vetro presenti nello stampo creando l’articolo in vertroresina. “Filamnet Winding” consiste nell’applicare, su un cilindro rotante, normalmente metallico, un filo impregnato con resina catalizzata. Avvolgendo in continuo questo filo sullo stampo, che verrà poi sfilato una volta che la resina sarà indurita, si possono creare tubi o serbatoi cilindrici. “Resin Transfer Moulding” consiste nello spargere a secco, su un lato di uno stampo, una quantità stabilita di fibre di vetro, successivamente si richiude lo stampo con la sua copia e si inietta, a bassa pressione, la resina all’interno. Con questo sistema è possibile eseguire il procedimento di iniezione all’interno dello stampo anche sottovuoto. “Pultrusion” consiste in una produzione simile alla classica estrusione delle materie plastiche, adatta ai materiali compositi per la realizzazione di particolari profili. A QUALI SETTORI SONO DESTINATI E QUALI MANUFATTI IN VETRORESINA SI POSSONO REALIZZARE?Le ottime doti tecniche ed estetiche dei prodotti in vetroresina permettono di impiegarli in moltissimi campi con applicazioni molto ampie: Settore ferroviario Produzione energia Edilizia Fai da te Settore Nautico Settore delle opere sportive Mercato elettrotecnico I prodotti realizzati con la vetroresina sono veramente tanti e non è possibile citarli tutti, ma indicheremo i prodotti che, sul mercato, realizzano i volumi maggiori: Scafi e articoli per il settore nautico. Profili industriali e civili Serramenti e persiane Lucernari Lastre di copertura Pareti Rivestimenti per il settore della refrigerazione Scale e camminamenti Rivestimenti per il settore ferroviario Rivestimenti per il trasporto civile Impianti eolici IL RICICLO DELLE VETRORESINA La vetroresina, essendo un materiale composto, come abbiamo visto, sfugge dalle logiche del riciclo classico dei materiali plastici creando, quindi, varie e complesse problematiche per il suo riciclo. La prima problematica che possiamo ricordare è la presenza delle resine termoindurenti di cui è composto il manufatto, infatti, come sappiamo, la reazione di polimerizzazione è sempre irreversibile, questo significa che se trattassimo i prodotti macinati in vetroresina con il calore, come si fa in genere con altre materie plastiche, non saremmo in grado di riportare a forma liquida le resine impiegate. Il secondo problema riguarda le fibre in vetro che si utilizzano per armare la ricetta. Secondo studi epidemiologici condotti su animali in laboratorio, l’inalazione prolungata alla polvere proveniente da queste fibre, farebbe insorgere carcinomi e mesoteliomi. Nonostante non risultino riscontri sull’uomo dei tests fatti sugli animali, la Comunità Europea ha emesso una direttiva specifica, inserendo le fibre di vetro tra le sostanze pericolose soggette all’obbligo di etichettatura. Infatti le fibre di vetro utilizzate per la realizzazione di manufatti, sono considerate cancerogene di categoria 3 e devono riportare l’etichetta R40 che identifica la possibilità di effetti irreversibili sulla salute. Quindi, nell’ambito dei sistemi di riciclo dei manufatti a fine vita, possiamo riportare le principali destinazioni di smaltimento: Discarica Macinazione dei manufatti in polveri di varie dimensioni e il loro riutilizzo in settori come quello edile. Riciclo tramite pirolisi con la separazione tra fibre e resine Riciclo mediante digestione acida Tra i sistemi di smaltimento oggi impiegati, in termini di volumi, sicuramente la messa in discarica è ancora la più utilizzata, con tutti gli effetti negativi del caso. Per quanto riguarda la macinazione dei manufatti in polveri, risulta sicuramente la via più semplice, da punto di vista pratico, ma lascia aperti tutti i dubbi dal punto di vista sanitario che abbiamo sopra riportato. Mentre per quanto riguarda il riciclo tramite pirolisi o digestione acida non risulta, oggi, economicamente conveniente. E’ evidente che la strada per smaltire gli scarti dei prodotti in vetroresina, a fine vita potrebbe, essere quella del riutilizzo delle polveri macinate in miscele adatte alla produzione di prodotti finiti, ma l’operazione di riduzione volumetrica dei manufatti in vetroresina deve essere realizzata utilizzando attrezzature idonee, in camere isolate, quindi non semplici mulini di macinazione, che salvaguardino la salute dei lavoratori. Esiste inoltre sul mercato un metodo di riciclo degli scarti di vetroresina prodotti con resine ortoftaltica, isoftaltica o vinilestere definito come “recupero con trattamento termico-chimico”. Attraverso questo processo si arriverebbe a recuperare circa l’85% della resina madre, sotto forma di liquido e circa il 99% delle fibre che compongono l’armatura. Tests fatti dal produttore dimostrerebbero che la resina recuperata, che risulta carica di iodio, potrebbe essere rimessa in miscela, con la resina vergine, per la realizzazione di nuovi manufatti senza che vi siano decadimenti prestazionali. Per quanto riguarda le fibre recuperate con questo sistema, viene consigliato un trattamento di calcinazione su di esse, per eliminare i residui carboniosi presenti prima di essere riutilizzate.Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - vetroresina
SCOPRI DI PIU'Xenofobie, Nazionalismi e Violenze sono solo danni collaterali al progresso economico? Gli stati ricchi sono sordi agli avvertimenti degli scienziati sul riscaldamento globale e sulle conseguenze che esso imprime sull’ambiente e sulla popolazione. Quello che era considerato catastrofico qualche anno fa sembra sia un buon punto di partenza oggi. Se il riscaldamento globale attacca la filiera alimentare, da cui alcuni paesi sono abituati a rifornirsi, riducendo i quantitativi, poco male, cambiaeranno area geografica e fornitori, si tratterà di pagare un po’ di più. Se il riscaldamento globale aumenta la temperatura media nelle città in cui vivono, poco male, aumenteranno l’uso dei condizionatori, si tratterà di pagare un po’ di più. Se il riscaldamento globale riduce la disponibilità di acqua da bere e per l’uso domestico, poco male, si forniranno da fonti più lontane e la trasporteranno fino a casa, si tratterà di pagare un po’ di più. Se il riscaldamento globale fa aumentare i livelli degli oceani e minaccia alcune aree costiere o zone turistiche, poco male, cambieranno i loro orizzonti di vacanza, si tratterà di pagare un po’ di più. Se il riscaldamento globale incrementa le migrazioni che premono ai loro confini, poco male, spegneranno la televisione e si verseranno un buon bicchiere di vino, sapendo che sono in costruzione nuovi muri che li proteggeranno, si tratterà di pagare un po’ di più. Se il riscaldamento globale aumenta i casi di malattie pandemiche e tradizionali, che minacciano le loro nazioni, poco male, l’assistenza sanitaria di alto livello e le protezioni individuali e i servizi a cui possono accedere ridurranno quasi a zero il rischio, si tratta di pagare un po’ di più. Esatto, si tratta di pagare un po’ di più. Ma c’è una consistente fetta della popolazione mondiale, alla quale non è imputabile, se non in maniera del tutto marginale, l’inquinamento che causa il riscaldamento globale, che non gode di tutte le difese che i paesi ricchi possono elargire ai propri cittadini. Le popolazioni Africane, del sud est Asiatico e sud Americane, subiscono un impatto diretto dei cambiamenti climatici, come la mancanza di acqua, la mancanza di cibo causato dalla progressiva desertificazione dei terreni, il caldo estremo che non può essere mitigato da alloggi adeguati, un’assistenza sanitaria scarsa o scadente, che non permette loro di affrontare le malattie che si stanno diffondendo ripetutamente nel mondo. Quando si parla, anche nelle sedi più autorevoli, di diritti umani si è portati a pensare sempre a se stessi e di come sia giusto garantire i supporti di base alla vita delle persone. Poi, però, ci si dimentica di agire o lo si fa in maniera del tutto timida e inadeguata rispetto alle esigenze. A questo divario di risorse così vergognoso ci stiamo un po’ abituando, sembra sia una divisione divina tra ricchi e poveri, uno status quo che ci fa comodo mantenere, coccolandoci nella nostra quotidianità. Ma a parte i governi che non guardano più in là del loro naso, che negano i problemi ambientali, che negano le relazioni tra epidemie e cambiamenti climatici, che credono nella correttezza e nella validità degli slogan “prima noi”, i paesi più ricchi del mondo si dovranno a breve confrontare con la disperazione di masse sempre più grandi di popolazione che non hanno più niente, a causa del clima impazzito che abbiamo creato. Se abbiamo negato a milioni di uomini i diritti di base che sono l’alimentazione, la casa, l’assistenza sanitaria, il lavoro e l’istruzione, come possiamo pensare che questa rabbia, fatta di disperazione, non possa portare a rivolte sociali, guerre, terrorismo, nazionalismi, xenofobia che prima o poi riguarderanno tutti? Se adesso giudichiamo la negazione del diritto alla vita o ad una vita dignitosa, una grande fetta di popolazione mondiale, come un danno collaterale al progresso economico, quanto tempo pensiamo possa passare perché anche noi verremo coinvolti e stritolati dal disastro ambientale del pianeta che stiamo piano piano costruendo? I diritti fondamentali non sono mai unilaterali, valgono per tutti, sempre. Approfondisci l'argomento
SCOPRI DI PIU'La situazione internazionale delle materie prime plastiche che sta portando ad aumenti incredibili dei prezzi, in una continua rincorsa di record a causa di una enorme scarsità di offerta, sta mettendo a dura prova la capacità di approvvigionamento delle imprese.Uno dei motivi determinanti riguardano le linee di credito aziendali, che erano calibrate su un trend finanziario dove le materie prime avevano dei prezzi più contenuti e, che ora, non danno la disponibilità alle aziende di finanziare i propri acquisti di materie prime secondo i nuovi prezzi di mercato. Inoltre, alcuni istituti finanziari stanno lavorando in controtendenza, con l’obbiettivo di ridurre le disponibilità liquide per le aziende nel breve termine per la paura delle conseguenze sulle oscillazioni così violente dei prezzi delle materie prime. Questa tesi è supportata dall’idea che il livello così alto dei prezzi possa deprimere la redditività aziendale e incidere negativamente sui bilanci, considerando che in questo momento i clienti hanno due alternative: fermare la produzione per mancanza di materia prima o produrre realizzando una perdita sui contratti già acquisiti. Ma la domanda che circola insistentemente tra gli operatori del settore è quando si tornerà ad una situazione normale. Una risposta abbastanza condivisa vede il ritorno ad una situazione più tranquilla sui mercati nel momento in cui gli Stati Uniti dovessero riprendere la produzione di materia prima in modo regolare. Una regolarità che è mancata a causa della pandemia, delle tempeste invernali che hanno paralizzato una parte del paese e a causa della crisi della logistica via mare. La tempistica per il ritorno alla normalità rimane tuttavia incerta in attesa che si verifichino alcuni elementi essenziali: • Il miglioramento della situazione Covid negli Stati Uniti che, a seguito della campagna vaccinale massiccia, permetterà un ritorno al lavoro in modo completo. • La stagione delle tempeste dovrà definitivamente passare • Il ritorno di un’equa distribuzione dei containers vuoti in tutto il mondo così da permettere nuovamente la ripresa delle rotte commerciali. Vedi maggiori informazioni sulla finanza e la sostenibilità del business
SCOPRI DI PIU'Una funzione aziendale molte volte sottovalutata dagli imprenditori del settore Non basta essere consci di fare un lavoro che rientra nelle attività comprese nell’economia circolare, non basta affinare la macchina produttiva che realizzi prodotti provenienti da materie prime riciclate, non basta certificarsi a livello aziendale e sul prodotto per appartenere alla filiera “green” e non basta nemmeno avere un sito internet in cui appendere, come un albero di natale, tutte le buone cose fatte dalla tua impresa. Bisogna comunicarlo in modo costante ed efficace ai clienti.Che siate piccole o medie imprese attive nel settore del riciclo, che vi siate costruiti pietra dopo pietra la vostra credibilità aziendale, che abbiate raggiunto un livello qualitativo ragguardevole in produzione, che rispettiate le leggi sui rifiuti e sul trattamento e trasformazione degli stessi, che spendiate in ricerca una parte importante delle vostre entrate per creare prodotti riciclati sempre più raffinati, che siate in ordine con il fisco, con i fornitori e con il rispetto delle leggi sul lavoro, che vi vogliate dare una visione internazionale dopo tanta gavetta nel vostro paese, che vi stiate impegnando per far crescere la vostra azienda coinvolgendo tutte le risorse umane a vostra disposizione, che crediate fermamente in quello che fate, tutto questo non basterà a navigare in tranquillità. Se tutte queste vostre prerogative non vengono trasmesse ai clienti, ai fornitori e al mercato, tanti sforzi fatti saranno vani. I mercati oggi sono così ampi e veloci che, nonostante le vostre qualità aziendali e umane, è facile scomparire dall’orizzonte dei potenziali clienti e perdere il mordente sui clienti acquisiti. La funzione della comunicazione aziendale ti permette di informare dettagliatamente e con scadenza regolare il tuo mercato di riferimento sulla tua azienda, i tuoi processi produttivi, la disponibilità dei prodotti, le novità nate nella tua struttura, le offerte particolari e la storia che ha consolidato il tuo cammino. La comunicazione serve anche a quelle aziende giovani o piccole che vogliono emergere e farsi conoscere al grande pubblico per aumentare le occasioni commerciali e diffondere la propria competenza imprenditoriale. Il delicato compito di informare è tanto più efficace quanto più chi si assume questa responsabilità conosca, non solo i mezzi di comunicazione moderni, ma anche il settore in cui operi in modo da permettere all’azienda di trarre il massimo beneficio. Un mix di articoli tecnici e commerciali sul blog aziendale creato appositamente, la gestione dei canali social adatti alla tua azienda, l’uso dei portali specializzati del settore e la promozione on line utilizzando una pubblicità mirata a basso impatto economico, creano la giusta ricetta per migliorare la presenza della tua azienda sul mercato. La consulenza sulla comunicazione nel settore del riciclo, gestita in un arco temporale corretto, rimette in moto la tua visibilità accrescendo le opportunità che cerchi. Siamo a disposizione per conoscere la tua azienda e fornirti il miglior preventivo possibile per una consulenza sulla comunicazione in base ai tuoi obbiettivi.
SCOPRI DI PIU'Dove e come utilizzare un macinato di PBTIl PBT riciclato si trova normalmente sotto forma di macinato di derivazione post industriale, specialmente proveniente dalle produzioni alimentari o dagli elettrodomestici o dalle macchine con componenti elettrici. La sua struttura chimica e le sue caratteristiche hanno una somiglianza con il PET, in quanto sono entrambi materiali termoplastici parzialmente cristallini ma, nel PBT, troviamo un tempo di cristallizzazione più veloce che lo pone in una situazione vantaggiosa nello stampaggio a iniezione rispetto al PET. Se consideriamo un PBT di base, quindi senza cariche aggiunte, abbiamo le seguenti caratteristiche standard: – Densità: g/c3 1,30-1,32 – Modulo di elasticità: Mpa 2.500-2.800 – Allungamento allo snervamento: % 3,5-7 – Temperatura di fusione: °C 220-225 – Temperatura di deformazione HDT: °C 50-65 (1,8 MPa – Rigidità elettrica: kV/mm 25-30 L’utilizzo del PBT è normalmente rivolto allo stampaggio per iniezione, utilizzando una temperatura della massa fusa tra i 230 e i 270 °C e dello stampo, definita ideale, intorno a 110 °C. Per unire pezzi stampati con questo materiale si utilizzano normalmente le saldature ad ultrasuoni o usi utilizza la temperatura di un attrezzo a testa calda o speciali colle a base di resine reattive. Essendo il PBT un prodotto comparabile con il PET vediamo quali caratteristiche lo differenziano da questo. Innanzitutto il PBT ha una tenacità alle basse temperature migliore del PET, mentre la resistenza e la rigidità sono leggermente inferiori. Se parliamo delle caratteristiche di scorrimento e di ritiro, possiamo dire che nel PBT sono decisamente buone, mentre dal punto di vista delle caratteristiche di isolamento elettrico, il prodotto offre un ottimo isolamento, le cui caratteristiche non subiscono marcate influenze in presenza di assorbimento di acqua, di alte temperatura e di frequenza. I campi di utilizzo sono normalmente quelli dei componenti per valvole, cuscinetti a rulli o lisci, parti di pompe, parti di elettrodomestici, ruote, macchine per il caffè e cialde. Per quanto riguarda il prodotto riciclato è molto importante che nella fase di gestione dello scarto, a bordo macchina, il prodotto venga raccolto in appositi contenitori, puliti, che non abbiano contenuto plastiche diverse e isolato dalle altre materie di scarto per evitarne la contaminazione. La macinazione dello scarto di rifili o del prodotto non idoneo, dal punto di vista estetico, deve essere fatta avendo cura di pulire in maniera accurata il mulino, in modo che non ci siano parti plastiche estranee rimaste al suo interno che possano inquinare il PBT. Dopo aver insaccato il materiale macinato, si raccomanda di tenerlo al coperto e di utilizzarlo dopo averlo asciugato, attraverso il passaggio in un silo pulito, per togliere l’eventuale umidità rimanente. Il macinato in PBT può essere utilizzato sia in stampaggio diretto che in compound, al fine di creare ricette su misura del cliente. Queste ricette possono prevedere l’aumento dello scorrimento della massa, l’antifiamma, l’aumento della rigidità attraverso le cariche o i prodotti rinforzanti, l’incremento della resilienza o l’aumento alla resistenza all’usura.Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - PBT - macinato
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