Coltelli per Macinatori in Acciaio e Carburo di Tungsteno per Materiali da Riciclodi Marco ArezioGli strumenti di taglio in acciaio a disposizione degli impianti di macinazione per i materiali da riciclo, sono soggetti ad una notevole usura in virtù del loro impiego e, tanto maggiore sarà l’abrasività dei materiali da ridurre di dimensioni, tanto maggiore sarà la loro usura e tanto minore sarà il tempo necessario al loro consumo. Tutto questo si traduce in costi. Infatti, un’usura veloce dei coltelli di taglio comporta frequenti fermi della macchina per la loro sostituzione, con una perdita della produzione giornaliera, che non si compensa con l’utilizzo di coltelli più economici e meno performanti. Inoltre, quando inizia l’usura dell’acciaio, aumentano, generalmente, le vibrazioni della macchina, la polvere per un’imperfezione di taglio e un consumo maggiore di energia elettrica in quanto la macchina impiega più tempo per svolgere il lavoro. C’è poi da considerare che i materiali da frantumare hanno durezze diverse e che per questo la scelta della composizione dei coltelli deve tener conto di questo importante fattore. A volte non è sufficiente scegliere tipologie di acciaio con durezza differente, ma occorre impiegare coltelli che abbiano degli inserti con materiali estremamente tenaci come il carburo di tungsteno. Ma cos’è il carburo di tungsteno e perché è così efficace nei coltelli dei macinatori? Il carburo di tungsteno si prepara principalmente tramite carburizzazione, facendo reagire tungsteno metallico con nerofumo o grafite a 1400–2000 °C, in atmosfera di idrogeno o sotto vuoto. Si presenta come una polvere di colore grigio con lucentezza metallica, praticamente insolubile in acqua e in acidi diluiti, ma solubile in miscele di acido nitrico e acido fluoridrico. In soluzione acquosa viene ossidato facilmente dal perossido di idrogeno Il carburo di tungsteno ha un punto di fusione di 2 785 °C quindi è un materiale estremamente duro, situandosi a circa 9 nella Scala di Mohs e a circa 2600 nella Scala Vickers. Ha un modulo di Young di circa 700 GPa, un modulo di compressibilità di 630–655 GPa[3] e un modulo di taglio di 274 GPa. Per usi pratici lo si unisce a metalli di transizione, principalmente cobalto o nichel lavorandolo a partire da polveri, con tecniche di sinterizzazione a temperature intorno ai 1200–1500 ºC. Il composto che ne deriva è un materiale ceramico-metallico denominato carburo cementato, metallo duro o widia. Per ottenere del metallo duro possono essere aggiunti anche altri elementi come cromo o tantalio, allo scopo di evitare la crescita dei grani di carburo, fungendo da inibitori. Le polveri di carburo di tungsteno e del metallo subiscono tre passaggi: • Macinazione, per mescolare tra di loro polveri di diversa qualità e creare una miscela omogenea di polveri. • Riscaldamento a 100 °C con aggiunta di legante (cobalto) per formare una massa solida grazie all'unione dei granelli. • Sinterizzazione tra 1200 e 1600 °C, per consentire al cobalto di fondere, saldare i grani ed eliminare le porosità. Nel caso degli utensili da taglio destinati agli impianti di macinazione dei rifiuti riciclabili, questi hanno una grande tenacità e durevolezza che permettono un risparmio generale dei costi di macinazione, anche se i coltelli costino di più rispetto ai comuni coltelli in acciaio, ma permettono anche di ottenere un prodotto tagliato in modo uniforme senza sbavature o polveri eccessive. I coltelli in metallo e carburo di tungsteno sono indicati per i seguenti materiali tenaci:• PET • Plastiche caricate con fibra • Plastiche caricate con cariche minerali • Raffia • Polietilene da serra o proveniente dalla campagna • Rifiuti elettronici • Pneumatici • LegnoCategoria: notizie - tecnica - acciaio - riciclo - coltelli - macinazione Vedi maggiori informazioni sul riciclo
SCOPRI DI PIU'Estroso, loquace, competente, caparbio, ostinato, trascinatore, disponibile, eclettico, coinvolgente. Ma soprattutto asocialedi Marco ArezioL’attività commerciale, in aziende di qualsiasi livello, ha necessariamente bisogno di managers che facciano della platea del mercato, un campo naturale di lotta senza esclusione di colpi. La capacità di intessere rapporti personali e commerciali, di incontrare potenziali clienti per convincerli a diventare parte della propria azienda, l’esposizione in prima persona durante meetings e fiere, facendosi portavoce del proprio gruppo di lavoro o della propria società, portano ad identificare un manager dotato di un’attitudine alla comunicazione, all’empatia verso il mondo e a suo agio con la gente. E’ uno stereotipo professionale questa figura? Forse no, infatti, il carattere ti porta, spesso, a scegliere il tuo ambito lavorativo per una sorta di minore frizione verso le attività in cui ci si inserisce. Ma non sempre è così, ci sono figure manageriali, anche di successo, che sono vincenti nelle attività commerciali, dove il contatto con i clienti è costante e dove la collaborazione con la propria squadra di lavoro si fa sul campo, in gruppo e ben motivati, ma che hanno un carattere schivo, asociale a volte misantropo. Sembra un assurdo eppure è possibile, un manager che ha ben presente non solo le strategie di vendita, di relazione, di persuasione, di creazione del feeling giusto con i clienti o potenziali tali, ma fa anche di sé stesso una strategia di marketing. Ha ben presente quali sono i suoi passi per raggiungere gli obbiettivi che si è prefissato o che ha ricevuto dall’azienda, passi che lo porta a cene, visite in aziende, colloqui, momenti di incontro collettivi, meetings, esposizione a platee di persone e molte altre manifestazioni di contatto con il pubblico. Questa è la sua strada, il suo programma, i suoi passi da compiere per raggiungere i budgets, un percorso del tutto innaturale per lui, dove vive con ostinata riluttanza cenare con i clienti, parlare della propria e della loro vita, condividere inviti e momenti conviviali extra lavorativi, stringere mani alle fiere e ascoltare chiunque, parlare in pubblico, tenere corsi e seminari. Ogni momento di condivisione sociale è sofferto, ogni viaggio è un peso, ogni riunione con collaboratori e clienti è un dovere oneroso. Ma tutto questo non lo porta a incrinare il suo successo professionale, un’avanzata programmata nei modi, nei tempi, nell’intensità che si è imposto, cliente dopo cliente, incontro dopo incontro, fiera dopo fiera. Lui stesso fa parte della propria strategia professionale, lui stesso è un cliente da incontrare, convincere e inglobare nel suo risultato strategico. L’autodisciplina e la severità verso sé stesso non ne hanno modificato il carattere, ma hanno creato uno sdoppiamento della personalità, creando una figura che opera come un manager rilassato, disponibile in consessi di persone e pienamente a suo agio, che convive con una persona che si sente un pesce fuor d’acqua, che ama la solitudine, il basso profilo e i fari spenti della ribalta. Un’attività di successo che può essere molto logorante per chi la esercita e che, dopo un periodo più o meno lunga di resistenza ostinata, di solito si esaurisce per consunzione.
SCOPRI DI PIU'Inaugurato in Islanda il più grande impianto di cattura diretta dell'aria, una rivoluzione verde sostenuta dall'energia geotermica per un futuro più pulitodi Marco ArezioL'Islanda ha fatto un significativo salto in avanti nella tecnologia ambientale con l'inaugurazione del "Mammoth", il più grande impianto di cattura diretta dell'aria al mondo. Questo colosso tecnologico non solo rappresenta un'evoluzione significativa rispetto ai suoi predecessori, ma stabilisce un nuovo standard nella lotta contro l'accumulo di anidride carbonica nell'atmosfera. Storia e Sviluppo dell'Impianto MammothL'impianto, sviluppato dalla società svizzera Climeworks, segue il successo del loro primo progetto, Orca, lanciato nel 2021 e noto per essere stato il primo del suo genere. Con Mammoth, Climeworks ha aumentato la scala e la capacità, realizzando un impianto dieci volte più grande del suo predecessore. Capacità Tecnologica di Cattura della CO2Mammoth ha una capacità progettata per assorbire fino a 36.000 tonnellate di CO2 all'anno, un salto quantitativo rispetto alle capacità di Orca. Secondo quanto riferito da Ohga, questo permette all'Islanda di assorbire "decine di migliaia di tonnellate di CO2 all'anno", un miglioramento significativo rispetto alle "migliaia di tonnellate" precedenti.Tuttavia, la stessa Climeworks ha indicato che la quantità netta di CO2 effettivamente rimossa sarà inferiore a quella massima teorica, a causa di vari fattori operativi e ambientali.Tecnologia e Processo La tecnologia di cattura diretta dell'aria impiegata da Mammoth funziona prelevando l'aria dall'ambiente e filtrando il carbonio attraverso agenti chimici. Questo carbonio catturato può poi essere sepolto nel sottosuolo, riutilizzato o convertito in prodotti solidi. L'opzione preferita è la confinazione geologica, in cui il carbonio viene convertito in pietra e immagazzinato permanentemente, un processo realizzato in collaborazione con l'impresa islandese Carbfix. Energia e Sostenibilità dell'ImpiantoIl funzionamento di Mammoth è alimentato da energia geotermica, una scelta sostenibile che sfrutta la ricca risorsa naturale dell'Islanda. L'energia geotermica, pulita e abbondante nel paese, permette di minimizzare l'impronta ecologica dell'impianto, garantendo che il processo di cattura del carbonio sia il più verde possibile. Impatto e Prospettive L'impatto di Mammoth nel contesto globale della riduzione delle emissioni di CO2 è notevole. Con la sua elevata capacità di cattura, l'impianto rappresenta un passo avanti nella tecnologia di riduzione dell'anidride carbonica atmosferica e offre una dimostrazione concreta di come la tecnologia di cattura diretta possa essere implementata su larga scala. Conclusione Mammoth non è solo un trionfo tecnologico ma anche un simbolo di speranza nel combattere il cambiamento climatico. Con ulteriori ricerche, sviluppo e supporto internazionale, impianti come Mammoth potrebbero diventare una componente fondamentale delle strategie globali per un futuro sostenibile e a basso contenuto di carbonio.foto Il sole 24 ore
SCOPRI DI PIU'Crisi delle Materie Prime? Come Affrontarla nella Vita Quotidianadi Marco ArezioCi sono proclami green in ogni trasmissione televisiva, su internet, sui giornali, sui social, in merito alla necessità di ridurre i rifiuti, non solo plastici, ma di tutte le tipologie.Dagli imballi di carta e cartone degli acquisti on line, al packaging alimentare qualunque esso sia, dagli imballi delle bibite agli elettrodomestici usati, dai telefonini vecchi ai vestiti usati, dalle piastrelle rotte agli scarti alimentari, dai mobili vecchi ai materassi e molte altre cose. Se stiamo piano piano capendo che è necessario fare una raccolta differenziata corretta, per aiutare il sistema del riciclo a ridurre i materiali di scarto, cioè quelle frazioni di materiali che noi gettiamo nella pattumiera ma che non sono riciclabili, per errori di separazione in casa o per caratteristiche del prodotto, dobbiamo anche capire che non tutto è riciclabile, oggi, e che il riciclo ha comunque un impatto ambientale. Il riciclo dei rifiuti è necessario per risparmiare materie prime che preleviamo dalla natura per produrre nuovi materiali, per ridurre i rifiuti non riciclabili che potrebbero essere accumulati nelle discariche, ma, allo stesso tempo, una tale organizzazione industriale che consuma energia ha un senso se il suo impatto ambientale è sostenibile. Per sostenibilità del sistema riciclo tradizionale, intendiamo la contabilizzazione delle percentuali di rifiuti non riciclabili che si producono alla fine del processo, l’analisi delle criticità sulla creazione di queste frazioni non riciclabili, la quantità di energia green utilizzata per lavorare e riprocessare i rifiuti e l’emissione di CO2 del processo. Non è sufficiente oggi aver compreso che i prodotti non vanno buttati ma riciclati, perché a volte sarebbe meglio percorrere altre strade, se possibili, invece che avviare lo scarto al riciclo. In attesa che si consolidi il processo industriale del riciclo chimico, che permette la scomposizione chimica dei componenti di un materiale e la riutilizzazione delle molecole come nuove materie prime, senza generare rifiuti, ci si deve interrogare sul bilanciamento di molti fattori nel trattamento dei rifiuti. Inoltre, in questo periodo in cui i prezzi delle materie prime sono esplosi e c’è una marcata indisponibilità sul mercato, credo non ci sia periodo migliore per analizzare alla fonte il sistema dei consumi che generano, poi, i rifiuti. Il consumismo, nell’era attuale dell’attenzione all’ambiente, non è purtroppo cambiato rispetto al passato, si compra, si usa (poco) e si getta.. (tanto), poi qualcuno riciclerà il prodotto (forse). E’ un approccio sbagliato e negativo per l’ambiente, che comporta la mancata soluzione del problema del consumo delle materie prime naturali, dei costi ambientali del riciclo e dei rifiuti che finiscono in discarica. Non si può colpevolizzare completamente il cittadino disattento al problema, senza tenere in considerazione la scarsa attenzione della politica al sul tema, ma oggi, è necessario lavorare in squadra per migliorare la situazione ambientale e ridurre i costi dei prodotti. Se prendiamo in considerazione i prodotti che generano più rifiuti, possiamo identificare, tra gli altri, gli imballi degli articoli che compriamo, fatti spesso di materiali la cui vita potrebbe essere molto lunga, decenni, ma che li utilizziamo con il principio dell’usa e getta. Le bottiglie delle bibite e dell’acqua in vetro o in plastica, i flaconi dei detersivi o dei prodotti per il corpo, le vaschette alimentari, ecc.. Tutti questi materiali sono fatti con materie prime durevoli e quindi si deve far in modo che non vengano buttati alla fine dell’utilizzo, anche se andrebbero nel flusso del riciclo (oneroso), ma si deve fare in modo che siano restituibili al fornitore per il loro nuovo riempimento o vengano riempite dal cittadino stesso riutilizzando l’imballo. Parliamo quindi di vuoto a rendere per i prodotti da igienizzare e vuoto da riempire, per esempio, per i detersivi o i saponi, posizionando nei negozi boxes per riempire le bottiglie da riutilizzare. Il vuoto a rendere, però, non sempre è conveniente, in quanto implica il trasporto dell’imballo vuoto con un impatto ambientale elevato, quindi, se il punto di ricarica è lontano dal consumatore, potrebbe essere meno gravoso riciclarlo. Qui diventa una responsabilità sociale istruire il cittadino sul vero impatto ambientale di una scelta di acquisto senza permettere le azioni di Greenwashing che il produttore del bene potrebbe fare. Atri due temi importanti riguardano il riutilizzo dei beni e il km. Zero. Molti articoli vengono buttati, senza una reale riduzione delle caratteristiche della funzionalità del prodotto o dell’estetica, per poi comprare di nuovi. Il concetto del riuso dei prodotti non significa andare, saltuariamente, nei mercatini rionali per cercare il prodotto usato, ma creare una rete di raccolta di articoli riutilizzabili, con la collaborazione di produttori, che ricondizionino l’oggetto, lo aggiustino se necessario, ne emettano una garanzia e lo si inserisca nuovamente sul mercato. Un telefonino di ultima generazione può diventale obsoleto dal punto di vista del marketing in poco meno di un anno, ma eccellente e ambito per chi non segue le mode, perché buttalo? Per quanto riguarda il Km. Zero è sempre più necessario, in un’ottica di riduzione delle emissioni di CO2 e per ridurre i costi generali del prodotto, i cui costi di movimentazione sono sempre ricalcolati all’interno del prodotto, cercare di comprare merce prodotta sempre più vicina all’ambito del consumo. Perché comprare una bottiglia di acqua minerale che viene da un luogo distante 500 Km. da me quando ho una fonte che produce un prodotto simile a 50 K.? (o perché non bere l’acqua del rubinetto o andare a riempire l’acqua gassata dai dispenser comunali?). Perché comprare una candela che viene dall’altra parte del mondo quando nel nostro paese ci sono le cererie che le producono, solo per fare degli esempi. Ci potrebbero essere mille altri esempi che riguarderebbero il modo di gestire della nostra mobilità quotidiana, le nostre scelte alimentari, quelle politiche, sociali, culturali, e molte altre. Ricordiamoci che ogni nostra scelta di acquisto crea più o meno inquinamento.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiutiFoto: WP.F.
SCOPRI DI PIU'Due società francesi hanno sviluppato un accordo per la gestione degli scarti dei film plastici attraverso un canale dedicatoSelezionare il rifiuto post consumo, in modo che non venga contaminato da altre plastiche o da altri agenti inquinanti, è sempre stato l’obbiettivo più alto nel campo del riciclo delle materie plastiche derivanti dalla raccolta differenziata. Si sono fatti molti passi avanti nel settore del PET, dove gli sforzi che si sono compiuti e si stanno ancora compiendo per creare una raccolta monoprodotto, quindi delle sole bottiglie separate dagli altri rifiuti, sta portando a buoni risultati. Risultati che si possono toccare con mano, in termini di qualità del rifiuto in PET che si può riciclare, in quanto la raccolta delle sole bottiglie di PET riduce di molto gli inquinanti tipici presenti nella raccolta differenziata. Ora, in Francia, si è esteso questo principio di raccolta, monocanale, anche per gli imballi flessibili del packaging, creando una circolazione del prodotto-rifiuto a circuito chiuso, raccogliendo e lavorando solo lo scarto del film, creando un processo di riciclo dedicato che non comporti la contaminazione dello stesso con altre plastiche. Infatti, TotalEnergies e Paprec, leader nel riciclaggio della plastica in Francia, hanno firmato un accordo commerciale a lungo termine per sviluppare una catena del valore francese per il riciclaggio avanzato dei rifiuti di film plastici. L'accordo assicurerà la fornitura del futuro impianto avanzato di riciclaggio della plastica di TotalEnergies a Grandpuits. In base ai termini di questo accordo, Citeo, la principale organizzazione francese responsabile degli imballaggi domestici a fine vita, fornirà un flusso di rifiuti di plastica flessibile selezionati dagli imballaggi post-consumo. Questo flusso sarà consegnato allo stabilimento Paprec Plastiques 80 di Amiens (Francia), dove verrà costruita una linea di selezione e preparazione unica nel suo genere. TotalEnergies utilizzerà questi rifiuti di origine francese nel suo impianto di riciclaggio avanzato, presso la piattaforma zero-greggio di Grandpuits, e produrrà plastica riciclata con le stesse proprietà della plastica vergine per uso alimentare. L'impianto di riciclaggio avanzato, realizzato da TotalEnergies (60%) e Plastic Energy (40%), sarà in grado di trattare 15.000 tonnellate di rifiuti all'anno e dovrebbe essere operativo nel 2024. "Questo accordo a lungo termine è un'importante pietra miliare per il nostro impianto di riciclaggio avanzato a Grandpuits, in quanto garantisce una fornitura di rifiuti di origine francese", ha dichiarato Valérie Goff, vicepresidente senior per i combustibili rinnovabili e i prodotti chimici di TotalEnergies. "È un esempio tangibile dell'impegno di TotalEnergies nello sviluppo di un'economia circolare per la plastica e contribuisce pienamente alla nostra ambizione di produrre il 30% di polimeri circolari entro il 2030". "Il nostro compito è fornire ai nostri clienti e partner imballaggi circolari che consentano di riportare il materiale al suo utilizzo originale e ottenere risparmi di carbonio. Stiamo adottando un approccio aggressivo e innovativo alle resine monostrato come PET, HDPE e PVC. Questa innovazione con TotalEnergies integra il riciclaggio meccanico o "a basse emissioni di carbonio", che non può offrire la stessa circolarità per la plastica che non è così eco-progettata o che è troppo sporca. Sostenere e sviluppare l'eccellenza industriale francese è una delle nostre missioni ", ha affermato Sébastien Petithuguenin, Presidente e Amministratore Delegato di Paprec Plastiques. Informazioni su TotalEnergies e Polimeri TotalEnergies sviluppa, produce e commercializza polimeri - polietilene, polipropilene, polistirene, loro equivalenti riciclati e biopolimeri - che possono essere incorporati nel processo di produzione della plastica. Più leggeri di molti materiali alternativi, aiutano a ridurre l'impronta di carbonio delle applicazioni finali attraverso una maggiore efficienza energetica. Gli esperti di polimeri di TotalEnergies in Europa, Asia e Stati Uniti d'America stanno lavorando a fianco di tutti i professionisti, compresi i produttori di plastica, i centri di ricerca, le società di raccolta e selezione dei rifiuti e i loro clienti per accelerare nell'economia circolare. L'azienda sta sviluppando diversi processi di riciclaggio della plastica e utilizzando materie prime rinnovabili, con l'ambizione di commercializzare il 30% di polimeri circolari entro il 2030. A proposito di Paprec Il gruppo è stato fondato dalla famiglia Petithuguenin nel 1994 ed è stato gestito dalla famiglia sin dalla sua creazione. Paprec è il leader francese nel riciclaggio e uno dei principali attori europei del trattamento dei rifiuti e dell'energia dal recupero dei rifiuti. Il gruppo è passato da 45 dipendenti a 13.000, distribuiti su più di 300 siti nei paesi din. Nel 2022 il gruppo ha gestito 16 milioni di tonnellate di rifiuti e il fatturato ha superato i 2,5 miliardi di euro. Traduzione automatica. Ci scusiamo per eventuali inesattezze. Articolo originale in Italiano.Fonte TotalEnergy
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