Far Bene le Cose ma Comunicarle Male: + 1 – 1 = 0. Comunicazione e MarketingImprenditori non ci si improvvisa, non ti alzi una mattina e decidi che entro il pomeriggio puoi fare un prodotto o un servizio che non conosci. Non acquisisci le nozioni tecniche, produttive e distributive in un lasso di tempo limitato, ma vengono da un chiaro e ponderato ragionamento in cui si bilanciano pro e contro, tecnica e dedizione, fatica e capacità, tempo e risultato. Emergere nel mercato interconnesso di oggi è veramente difficile, il tuo prodotto o servizio deve essere ben ponderato e devi dedicargli la massima cura e il massimo sforzo per dare ai tuoi clienti un risultato che sia, non solo utile alla loro vita, ma probabilmente migliore della media della concorrenza. La globalizzazione ha cambiato i sistemi distributivi e, se da una parte offrono molte opportunità, hanno l’inconveniente di essere estremamente affollati di proposte più o meno valide, in cui le imprese lottano per avere una corretta vetrina di sé stesse. Fare buoni prodotti o buoni servizi oggi non è più sufficiente se non sai come comunicare al mercato le tue qualità e le tue prerogative. Anni fa bastava avere un sito internet, fare delle fiere, avere collaboratori commerciali che proponevano la tua azienda. Oggi le cose sono cambiate, in modo radicale, in quanto internet è sempre più affollato e le proposte si moltiplicano riducendo l’attenzione dei tuoi potenziali clienti. Le fiere attraversano periodi di difficoltà e la rete vendita, complice anche i costi aziendali per la sua gestione, sono in diretta concorrenza con le vendite on line. Farsi notare sulla rete, avere la possibilità di trovare la giusta attenzione per la tua azienda in modo da catturare nuovi clienti, comporta impegno e dedizione. La comunicazione aziendale è un pilastro portante di ogni grande o piccola azienda, perché in internet siamo tutti uguali, ma ci possiamo differenziare in base ai contenuti che creiamo e la fidelizzazione che costruiamo con i nostri potenziali clienti. Blog, Newsletter, pagine social e articoli aziendali sono un valido aiuto all’imprenditore che vuole far crescere la sua azienda sul proprio territorio o all’estero. Pensare di risparmiare sulla comunicazione significa chiudere il cancello della propria azienda e staccare i telefoni e la corrente elettrica aspettando la fine. Una comunicazione corretta, qualitativa, puntuale e professionale crea una reputazione importante che ti darà la giusta spinta nel tuo business, senza portare via tempo a te e al tuo staff per concentrarti su quello che sai fare bene.
SCOPRI DI PIU'Ottimizzare il Riciclo con la Separazione Spettroscopica delle Scaglie di Plastica: Efficienza, Precisione e Sostenibilità di Marco ArezioLa separazione delle scaglie di plastica attraverso la spettroscopia è un processo tecnologico avanzato che si inserisce all'interno del più ampio contesto dell'economia circolare, mirando al recupero efficiente delle materie plastiche per il loro riutilizzo. La spettroscopia, in particolare, gioca un ruolo cruciale in questo processo grazie alla sua capacità di identificare i diversi tipi di plastiche basandosi sulle loro proprietà ottiche. Il processo può essere suddiviso in varie fasi chiave che illustrano il funzionamento tecnico di questa metodologia. Per comprendere meglio il passaggi tecnici di separazione delle scaglie di plastica tramite spettroscopia, è utile approfondire ciascuna fase, analizzando i dettagli e le metodologie specifiche impiegate. Questo processo, fondamentale nell'ambito dell'economia circolare, permette di ottimizzare il riciclo delle materie plastiche attraverso una classificazione precisa basata sulle proprietà ottiche dei materiali. Preparazione delle Scaglie Prima di procedere con la separazione spettroscopica, le scaglie di plastica devono essere preparate in modo da garantire l'accuratezza dei risultati. Questo passaggio preliminare include: Pulizia: Le scaglie vengono lavate per rimuovere sostanze estranee che potrebbero alterare l'analisi, come residui organici, oli, o altri contaminanti. Questa pulizia è cruciale per evitare interferenze durante la fase di rilevamento spettroscopico. Essiccazione: Dopo la pulizia, le scaglie vengono essiccate per rimuovere l'umidità residua, che potrebbe influenzare l'interazione della luce con il materiale plastico. Omogeneizzazione: Le dimensioni e la forma delle scaglie possono variare. In alcuni casi, è necessario uniformarle per migliorare l'efficienza della separazione nelle fasi successive. Illuminazione e Rilevamento Questa fase è centrale nel processo di separazione spettroscopica e si avvale di principi ottici per l'identificazione dei materiali: Illuminazione: Le scaglie sono esposte a sorgenti luminose che possono variare in termini di lunghezza d'onda. Questo può includere luce visibile, infrarosso (IR) o ultravioletto (UV), a seconda del tipo di plastica da identificare. Rilevamento: I sensori spettroscopici catturano la luce riflessa, trasmessa o emessa dalle scaglie. Questi dati raccolti riflettono le caratteristiche uniche di ogni tipo di plastica. Analisi Spettroscopica L'analisi dei dati raccolti è un processo complesso che richiede tecnologie avanzate.Elaborazione dei Dati: I segnali raccolti dai sensori vengono analizzati utilizzando software specializzati che confrontano le misurazioni con un database di "impronte" spettroscopiche note per ogni tipo di plastica. Identificazione: Grazie a questi confronti, il sistema è in grado di identificare con precisione il tipo di plastica di ogni scaglia, basandosi sulle sue proprietà ottiche uniche. Separazione Fisica Una volta identificate, le scaglie di plastica sono pronte per essere separate fisicamente: Tecnologie di Separazione: Possono essere impiegati sistemi automatizzati, come nastri trasportatori dotati di soffiatori d'aria o pinze meccaniche, per separare le scaglie in base al tipo identificato durante l'analisi spettroscopica. Raccolta Differenziata: Le scaglie separate vengono quindi raccolte in contenitori distinti, pronte per il trasporto agli impianti di riciclo appropriati. Raccolta e Riciclo Riciclo Specifico: Una volta separate accuratamente, le scaglie di plastica possono essere riciclate in modo più efficiente, producendo materiali di alta qualità che riducono la necessità di nuove materie prime. Contributo all'Economia Circolare: Questo processo di separazione e riciclo sottolinea l'importanza della tecnologia spettroscopica nell'ottimizzare il ciclo di vita dei materiali plastici, promuovendo pratiche sostenibili e riducendo l'impatto ambientale. Uno sguardo sulle tipologie di macchine spettroscopiche per la separazione dei macinati plastici Le macchine spettroscopiche per la separazione delle scaglie di plastica rappresentano un'avanzata tecnologia nel campo del riciclo. Questi sistemi sono progettati per identificare e separare i diversi tipi di materiali plastici con alta precisione, sfruttando le proprietà ottiche uniche di ogni tipo di plastica. Sebbene esistano varie tecnologie e configurazioni, le caratteristiche tecniche fondamentali comuni a molte di queste macchine includono: Tecnologie Spettroscopiche Impiegate Spettroscopia NIR (Near Infrared): Utilizza la regione del vicino infrarosso dello spettro elettromagnetico per identificare i diversi tipi di plastica. È particolarmente efficace per discriminare tra polimeri complessi. Spettroscopia Raman: Sfrutta la spettroscopia Raman per analizzare la struttura molecolare delle scaglie. Questa tecnica è utile per identificare plastiche con additivi o riempitivi specifici. Spettroscopia UV (Ultravioletto): Impiegata per identificare determinati tipi di plastiche che assorbono o riflettono la luce UV in modo caratteristico. Illuminazione e Rilevamento Sorgenti Luminose: Varie sorgenti di luce, inclusi LED, laser, o lampade a scarica, vengono utilizzate per illuminare le scaglie di plastica. La scelta della sorgente luminosa dipende dalla tecnologia spettroscopica impiegata. Sensori: Sensori ad alta sensibilità, come fotodiodi, array di fotodiodi o CCD (Charge-Coupled Device), rilevano la luce riflessa, trasmessa o emessa dalle scaglie per l'analisi. Analisi Dati e Software Elaborazione dei Dati: Le informazioni raccolte dai sensori vengono elaborate attraverso algoritmi avanzati per identificare il tipo di plastica in base alla sua firma spettroscopica. Interfaccia Utente: Software intuitivi consentono agli operatori di monitorare il processo, regolare le impostazioni e visualizzare i risultati dell'analisi in tempo reale. Capacità di Separazione e Velocità Alta Capacità di Processamento: Le macchine sono progettate per trattare grandi volumi di materiale, mantenendo alta efficienza e precisione. Velocità di Separazione: La velocità a cui le scaglie vengono separate può variare, ma molte macchine sono capaci di processare diversi chilogrammi di materiale al minuto, a seconda delle dimensioni e della configurazione del sistema. Versatilità e Adattabilità Adattabilità: Alcune macchine offrono la flessibilità di essere adattate per riconoscere e separare una vasta gamma di tipi di plastica, inclusi nuovi materiali o composti con specifiche caratteristiche. Configurazione Modulare: La possibilità di aggiungere o rimuovere moduli funzionali per soddisfare esigenze specifiche di separazione. Sostenibilità e Efficienza Energetica Basso Consumo Energetico: Progettate per essere energeticamente efficienti, riducendo il consumo energetico complessivo dell'impianto di riciclo. Riduzione dei Rifiuti: Migliorando l'accuratezza della separazione, queste macchine contribuiscono a ridurre i rifiuti, incrementando la quantità di materiale riciclabile recuperato. Le macchine spettroscopiche per la separazione delle scaglie di plastica rappresentano quindi un elemento chiave per l'avanzamento dell'economia circolare, offrendo soluzioni tecniche avanzate per il miglioramento del riciclo dei materiali plastici. In conclusione, la separazione delle scaglie di plastica mediante spettroscopia rappresenta un'innovazione significativa nel campo del riciclo dei materiali
SCOPRI DI PIU'C’è chi spinge l’opinione pubblica e i governi in questa crociatadi Marco ArezioCi sono manovratori, adepti, teorici, finanzieri, governi assetati di tasse, tuttologi, odiatori, cannibali della rete, finti ambientalisti, uomini addetti al greenwashing, maleducati sociali, opportunisti e ignoranti. Tutti insieme pensano che speculare sulla plastica sia una giusta crociata. Nel 1095 Papa Urbano II, durante il concilio di Clermont, tenne un esplicito discorso in cui incoraggiava i fedeli ad unirsi militarmente all’Imperatore Alessio I che si stava battendo contro i Turchi in Anatolia. L’intento ufficiale del Papa era garantire il libero accesso dei fedeli Cristiani alla Terrasanta, ma gli studiosi attribuiscono a Urbano II un più ampio e segreto disegno, quello di poter annettere la chiesa orientale con quella occidentale, dopo lo il grande scisma del 1054, sotto il suo dominio. Mai niente di grande è come lo si vede dall’esterno, chi si nasconde dietro alla crociata contro la plastica? Il mondo della plastica sta subendo da alcuni anni attacchi di una grande durezza, attribuendo all’elemento stesso, sotto forma di materia prima o prodotto finito, la bolla di untore ambientale. Sgombriamo subito il campo da ogni dubbio, dichiarando apertamente che l’invenzione della plastica è da annoverare tra le più grandi scoperte del secolo scorso, con un contributo quotidiano così tangibile, ad un osservatore attento, ma che può anche facilmente sfuggire alla gente comune in quanto fa parte della nostra vita come l’aria che respiriamo. Quale partita stiano giocando i sobillatori della teoria della “plastic free” e a quale scopo, nessuno dotato di ragione riesce a capirlo e nemmeno si può intuire come sia stato facile, attraverso i media, ingigantire un odio verso un prodotto indispensabile per la nostra vita. Non ci sono gli spazi in questo articolo per elencare i vantaggi dell’uso della plastica nella produzione di milioni di prodotti che usiamo ogni giorno, in termini di costo, di funzionalità, di risparmio di CO2 in fase di produzione e di trasporto dei prodotti finiti, in termini igienici, isolanti, protettivi, riciclabili, impermeabili, durevoli e molte altre cose. Ci vorrebbe un intero libro per fare questo, ma mi vorrei soffermare sul motivo, visibile ai nostri occhi, per il quale si è scatenato il mondo intero contro il settore della plastica e vorrei introdurmi nei labirinti dei motivi che non vediamo, che stanno sotto traccia. Ciò che vediamo è la dispersione dei rifiuti in plastica (non solo quelli) nei fiumi, nei mari e negli oceani, che stanno creando uno scempio ambientale e una minaccia per i pesci e per l’uomo tramite la catena alimentare. Un problema vero, del quale, ogni persona che pensa razionalmente alla propria sopravvivenza, dovrebbe, non solo indignarsene, ma farsi carico e agire per modificare questo stato assurdo delle cose, secondo le leggi. Ma su questo argomento non mi soffermerei tanto, nonostante sia l’unico motore delle proteste popolari che vengono strumentalizzate, perché una persona di un’intelligenza normale capisce che nei fiumi, nei mari e negli oceani, la plastica non ci va da sola e, quindi, è ridicolo prendersela con lei come causa del problema, dimenticandosi facilmente della responsabilità umana. La cosa che mi interessa di più è capire quali motivazioni recondite ci possano essere dietro questo odio sviscerato per la filiera della plastica. Vediamo alcuni comportamenti di soggetti attivi in queste campagne su cui ognuno può riflettere per conto proprio: I Media. Fenomenale strumento di diffusione di informazioni (e di fake news), dove spesso non conta analizzare in modo tecnico e scientifico il problema dell’inquinamento, ma fare notizia fine a se stessa, aumentare i likes. Scrivere su un post “plasticfree”, corredandolo con una foto che rappresenta le bottiglie di acqua che galleggiano nel mare o un pesce intrappolato in un pezzo di plastica, si ottiene solo di moltiplicare in modo esponenziale la disinformazione senza proporre nulla per risolverlo, se non attraverso una visione utopica di rinuncia alla plastica. Chi semina questo odio, indiscriminato, dovrebbe avere la coscienza pulita e iniziare una vita rinunciando alla plastica, cominciando da casa sua e dalle sue abitudini. Inoltre ci sono emittenti televisive di primo piano che creano spot di grande impatto, utilizzando immagini forti, raccogliendo fondi, non si sa bene per quali finalità, portando avanti la propria crociata. Tutto questo ha il sapore del greenwashing. Pechè? I Divulgatori. Siamo tutti diventati scienziati, ogni spazio comunicativo è presidiato da sedicenti esperti che saltano da una trasmissione all’altra, da un giornale all’altro, da un libro all’altro, da un social all’altro, parlando, parlando, parlando. Di cosa? Di quello che vedono tutti e quasi mai inserendo il problema in una cornice più ampia, per capire se esistono opinioni diverse, per sentire le loro proposte migliorative o mettendosi a disposizione per un confronto diretto con scienziati e tecnici preparati. Cosa vogliono ottenere? Non ha il sapore di una strumentalizzazione a fini pubblicitari? Stare alla finestra e guadagnare sui dolori degli altri? I Governi. Sono responsabili della nostra salute e dell’ambiente in cui viviamo e troppe volte, quasi sempre, si sono attivati, nei loro compiti istituzionali, dopo che sono stati sollecitati dall’opinione pubblica. Certamente la gente ha ragione a preoccuparsi nel vedere i mari riempirsi di plastica o avere il dubbio che il pesce che finisce sulle loro tavole sia pieno di micro e nano plastiche. Ma sono gli enti governativi che si devono attivare per creare un impianto normativo adeguato per gestire la problematica dei rifiuti, porgendo un orecchio alla gente e l’altro agli scienziati. Troppi ritardi, pochi investimenti e poca competenza governano questo mondo, che dovrebbe normare e soprattutto far rispettare le leggi, per tutti. Perché tassare in modo esagerato i settori vitali della nostra economia invece che premiare, dal punto di vista fiscale, il riciclo e la produzione di materiali che hanno un impatto ambientale minore rispetto ad altri? Quali sono i veri obbiettivi politico-finanziari? Se in molti paesi esiste una sanità pubblica, che cura le nostre malattie, perché non deve esistere una economia circolare pubblica, sulla quale nessun governo dovrebbe fare business, ma investire per tutelare, indirettamente, la nostra salute e la nostra vita? L’Istruzione. Senza conoscenza non si ha la capacità di fare delle corrette analisi autonome dei problemi che ci circondano. Perché le scuole non investono nella formazione degli studenti in campo ambientale, nella conoscenza dell’economia circolare e delle energie alternative, in modo da creare una coscienza che possa salvaguardare del loro futuro? Perchè i giovani partecipano alla vita sociale attraverso le manifestazioni sull’ambiente condividendo slogan senza avere una conoscenza più approfondita dei problemi? Che ruolo vogliono dare i governi all’istruzione? La cultura è solo nozionismo o una spinta per accompagnare i ragazzi nel mondo complicato che li aspetta, dotandogli di una ragione critica? Le Aziende del Packaging. Chi tira le file del mondo del packaging in plastica sono le multinazionali delle bibite, dei detersivi e dei prodotti per la cura della persona. Hanno sempre utilizzato milioni di tonnellate di materia prima vergine, per decenni, per produrre i loro imballi, sapendo che la plastica è durevole, nel bene e nel male. Hanno pensato sempre al loro business senza capire che i loro prodotti venivano smaltiti in modo scorretto e hanno lasciato che l’opinione pubblica si rivoltasse contro i loro imballi. Perché non hanno interpretato il malessere della gente molti anni fa e, oggi, si spendono in campagne green confondendo i consumatori, facendo a gara a chi è più amico dell’ambiente? Non ha, anche qui, un sapore di greenwhasing? I Petrolieri. Come per le multinazionali del packaging, la produzione dei polimeri plastici vergini andava a gonfie vele, mentre il mondo si riempiva di rifiuti plastici. Perché sono stati così miopi da non vedere che stavano rappresentando un prodotto che sarebbe entrato in conflitto con l’utilizzatore finale? Perché hanno trovato la soluzione più sbrigativa di acquisire i produttori e riciclatori di materia plastica riciclata per dare un nuovo aspetto ecologico al loro business? Perché non hanno sostenuto l’industria della plastica, i loro clienti, attraverso iniziative concrete che evitassero, insieme ai governi, il tracollo ecologico dei nostri mari con la concreta possibilità di mettere a rischio il loro business? Il mondo non può rinunciare alla filiera della plastica nonostante si siano fatti molti errori e molte speculazioni, di cui conosciamo solo alcuni risvolti, ma molto si può fare per migliorare le cose. Non possiamo più permetterci, che una risorsa così preziosa per il nostro pianeta sotto forma di rifiuto, sia dispersa nell’ambiente da incoscienti e ignoranti che, con le loro azioni mettono, in pericolo l’ecositema e la vita di tutti.Vedi maggiori informazioni sul riciclo
SCOPRI DI PIU'Il principio di negoziazione dei crediti di carbonio contribuisce al miglioramento del pianetadi Marco ArezioNella stesura del protocollo di Kyoto nel dicembre del 1997, entrato poi in vigore il 16 Febbraio del 2005, relativo alle misure urgenti da prendere e agli strumenti che le aziende potevano utilizzare per ridurre o compensare l’emissione di CO2 in atmosfera, si sono citati i famosi crediti di carbonio. Questi sono dei certificati ambientali negoziabili tra le società che, a fronte di un investimento certificato sulla riduzione delle emissioni di carbonio, possono compensare le emissioni inderogabili e incomprimibili. Una sorta di ricompensa economica all’emissione di CO2 necessaria per una certa produzione industriale, che verrà compensata attraverso progetti che mirano ad immagazzinare il gas serra prodotto. Un certificato corrisponde a 1 tonnellata di CO2 non emessa in atmosfera e può essere negoziato attraverso attività che riguardano: • Forestazione e la silvicoltura • Acqua potabile • Gestione sostenibile dei rifiuti • Agricoltura smart • Riscaldamento ed illuminazione green • Energie rinnovabili Tra queste attività, il Gabon è in prima fila per progetti di gestione e conservazione di circa 600.000 ettari di foreste certificate che, oltre produzione di legname per le attività industriali e del settore edilizio internazionale, investe, con aziende estere nella cura della foresta per cedere i certificati di credito di carbonio. Da una parte lo sfruttamento consapevole ed equilibrato della foresta dà vita ad attività locali nella lavorazione del legno, permettendo alla popolazione di trovare lavoro e stabilità, creando per il paese un benessere indiretto da queste attività. Dall’altro lato, l’investimento economico delle società industriali che producono CO2, permettono al Gabon di riforestare le aree tagliate dall’attività delle segherie, creando un equilibrio tra produzione e natura a beneficio della popolazione e dello stato. Chi investe in progetti di riforestazione e tutela del territorio ha il vantaggio di ricevere i certificati di credito di carbonio, che consentono un ribilanciamento delle emissioni di CO2 per arrivare alla totale compensazione tra tonnellate immesse e compensate. Questo sistema dimostra, in maniera inequivocabile, che il processo di miglioramento, sia dell’ambiente che delle condizioni socio-economiche delle popolazioni dei paesi più poveri, non dipende sempre dalla delocalizzazione delle industrie dei paesi più avanzati, né nello sfruttamento intensivo delle risorse naturali dei paesi in via di sviluppo, che danno poco e mal pagato lavoro. E’ proprio la conservazione e l’investimento sull’ambiente che crea un equilibrio naturale al mondo, la riduzione delle emigrazioni e l’alzamento del tenore di vita dei cittadini.
SCOPRI DI PIU'Lo smart working ha alimentato una socialità lavorativa immateriale come un grande social networkdi Marco ArezioIl periodo del Covid ha profondamente rivoluzionato il mondo del lavoro, non solo fisicamente, con l’adozione dello smart working in modo massiccio, ma anche mentalmente, con i lavoratori che hanno continuato a svolgere le loro mansioni da casa, in una sorta di azienda distribuita sul territorio. Le tecnologie che hanno permesso tutto ciò erano in nostro possesso da molto tempo, ma ben pochi le utilizzavano, come poi è avvenuto durante la pandemia, con gli uffici generalmente chiusi o bassamente presidiati, e il lavoro che continuava dalle singole abitazioni. La rivoluzione tecnologica del lavoro a distanza non sarebbe partita così velocemente e massicciamente se non avessimo dovuto farlo per forza, complice una serie di abitudini consolidate che hanno sempre visto, come essenziale, la socialità aziendale per produrre e controllare le attività da parte della catena aziendale. L’impostazione del lavoro pre-covid era, generalmente, differente in base alla dimensione aziendale, maggiore era la sua grandezza e la sua internazionalizzazione e più facilmente si impiegava lo smart working, viceversa, più piccola e più localizzata era l’attività e minore attitudine vi era al lavoro da remoto. Con l’effetto pandemia c’è stato un rimescolamento delle abitudini aziendali, con l’utilizzo in modo trasversale di un modello di lavoro non concentrato in azienda ma prevalentemente da casa. Le aziende si sono accorte che, salvo casi particolari, le attività potevano continuare a essere svolte senza grossi problemi, che il modello della delocalizzazione del lavoro poteva avere un effetto positivo sui costi di gestione degli immobili e che il volume di ore lavorate non calava, anche senza il controllo fisico del lavoratore, ma, in molti casi, aumentava. I collaboratori aziendali, dopo un primo periodo di assestamento, hanno trovato un equilibrio tra le attività da svolgere e l’ambiente domestico, trovando a loro volta dei vantaggi, anche economici in questo processo, che riguardavano il risparmio economico sui viaggi casa-lavoro, sull’abbigliamento e tal volta sui costi dei pranzi di lavoro. Con il passare dei mesi si è venuto a creare un modello di lavoro dove la socialità era stata messa da parte, abituandosi a considerare le ore lavorate solo come una prestazione oraria in un’azienda che era diventata immateriale. Alla fine della pandemia, molte aziende hanno mantenuto il modello del lavoro a distanza, mentre altre hanno fatto rientrare i lavoratori negli uffici per riprendere le attività in presenza. Il rientro in ufficio non è stato per tutti una cosa semplice, in quanto psicologicamente era come iniziare un lavoro in una nuova azienda, riallacciare rapporti tra i colleghi, conoscerne di altri e misurarsi con i cambiamenti caratteriali e psicologici che il lungo lavoro da casa portava con sé. La socialità dei componenti degli uffici non è più tornata quella di prima, quei meccanismi che esistevano per un certo tempo non torneranno velocemente, complici fattori di sicurezza che tendono ad isolare i lavoratori anche all’interno degli uffici. Mascherine, divisori tra le postazioni e le scrivanie, rotazione di orari, riduzione delle attività delle mense o degli incontri nella pausa pranzo, trasporti da e per il luogo di lavoro regolamentato, sono le nuove barriere. Si è, a volte, sviluppata una certa misantropia professionale attraverso la riduzione dei contatti umani in ufficio, la minimalizzazione delle visite ai clienti o fornitori, preferendo le videoconferenze e una certa diffidenza di fondo verso attività che comportino la presenza di altre persone nella tua area di sicurezza. Questo mix composto da misure di sicurezza fisiche e psicologiche avranno bisogno di un tempo medio lungo per essere risolte, perché i collaboratori che soffrono di forme di misantropia lavorativa, vivono uno stress nel sopportare la vicinanza di altre persone e l’idea di riprendere attività lavorative che comportino assembramenti o viaggi di lavoro, salendo si aerei, treni, andare in alberghi e ristoranti. E’ importante capire chi soffre di queste problematiche per cercare di risolvere gli inutili contatti lavorativi diretti, che si usavano nel passato, attraverso l’uso di nuove tecnologie comunicative. Ma è anche importante ricreare una socialità lavorativa, quando necessaria, aiutando anche psicologicamente chi fa più fatica ad accettare luoghi e momenti comuni di lavoro. Foto:Il MisantropoDipinto di Pietrel Bruegel il vecchioTempera su Tela cm. 86x85Museo di Capodimonte Napoli
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