Mango Sostituisce i Sacchetti di Plastica con cui confezionava i suoi capi con Carta Velina EcocompatibileUna bella iniziativa da parte di Mango, un'azienda attiva nel campo della moda che va incontro alle esigenze della tutela ambientale sostituendo i sacchetti di plastica che usa per il confezionamento dei capi di abbigliamento con altri fatti in carta velina ecocompatibile. questa bella storia ce la racconta Maria Teresa Veneziani in un articolo sul Corriere della Sera.La strada è segnata e l’emergenza Covid ha fatto capire a tutti che non c’è più tempo, occorre ripensare un progetto di sviluppo. Mango, la catena spagnola di moda democratica, annuncia che eliminerà l’uso di 160 milioni di sacchetti di plastica all’anno nella sua catena di fornitura. L’azienda avvia la sostituzione dei sacchetti di plastica con altri di carta nelle produzioni locali di capi piegati. «L’azienda procede nel suo impegno a favore della sostenibilità, uno dei suoi principali assi strategici, e avvia un progetto per sostituire i sacchetti di plastica del suo packaging con sacchetti di carta, diventando la prima grande azienda del settore tessile in Spagna a farlo», si legge in un comunicato. L’obiettivo del brand fondato a Barcellona in Spagna nel 1984 da due fratelli spagnoli di origine turca, Isak Andic e Nahman Andicè, è quello di eliminare progressivamente, in collaborazione con i propri fornitori, tutti i sacchetti di plastica utilizzati per la distribuzione dei prodotti lungo la catena di fornitura. Carta velina «I sacchetti che saranno utilizzati sono realizzati in carta velina, un materiale costituito da pasta di cellulosa naturale proveniente da fonti rinnovabili — assicura l’azienda —. La carta proviene infatti da foreste gestite in modo sostenibile, dove le pratiche di abbattimento sono certificate secondo i requisiti degli standard internazionali FSC® (Forest Stewardship Council®). Ciò contribuisce anche a un’economia circolare poiché i prodotti di carta possono essere riciclati in media da quattro a sei volte». La strada è segnata e l’emergenza Covid ha fatto capire a tutti che non c’è più tempo, occorre ripensare un progetto di sviluppo. Mango, la catena spagnola di moda democratica, annuncia che eliminerà l’uso di 160 milioni di sacchetti di plastica all’anno nella sua catena di fornitura. L’azienda avvia la sostituzione dei sacchetti di plastica con altri di carta nelle produzioni locali di capi piegati. «L’azienda procede nel suo impegno a favore della sostenibilità, uno dei suoi principali assi strategici, e avvia un progetto per sostituire i sacchetti di plastica del suo packaging con sacchetti di carta, diventando la prima grande azienda del settore tessile in Spagna a farlo», si legge in un comunicato. L’obiettivo del brand fondato a Barcellona in Spagna nel 1984 da due fratelli spagnoli di origine turca, Isak Andic e Nahman Andicè, è quello di eliminare progressivamente, in collaborazione con i propri fornitori, tutti i sacchetti di plastica utilizzati per la distribuzione dei prodotti lungo la catena di fornitura. Test pilota Il progetto sarà inizialmente lanciato in produzioni locali per capi piegati e sul canale online, dopo il successo dei tre test pilota effettuati dall’azienda in Marocco, Cina e Turchia. L’obiettivo è che il nuovo progetto venga applicato a tutti i capi entro la fine del 2021. Secondo Toni Ruiz, Amministratore delegato di Mango, «Si tratta di un progetto di grande portata, che avrà un impatto molto positivo sull’ambiente, poiché grazie alla sua realizzazione elimineremo circa 160 milioni di sacchetti di plastica ogni anno. La produzione di una moda più rispettosa dell’ambiente mira alla trasformazione sostenibile dell’azienda». Fashion Pact Il progetto rientra nel Fashion Pact, una coalizione globale che mira a promuovere la sostenibilità ambientale nel settore tessile e della moda, a cui l’azienda ha aderito nel 2019. Questo patto globale impegna tutti i firmatari a lavorare insieme per ridurre al minimo l’impatto ambientale dell’industria tessile e della moda concentrandosi su tre pilastri: contrastare i cambiamenti climatici, preservare la biodiversità e proteggere gli oceani.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti
SCOPRI DI PIU'La plastica ha straordinarie doti che hanno reso la nostra vita, attraverso le sue applicazioni, decisamente più comoda, sicura ed economicadi Marco ArezioNon sono sensazioni ma dati chiari e inconfutabili quanto la plastica sia economica, resistente, durevole, adatta agli alimenti e al medicale, impermeabile, elettricamente neutra, malleabile, modellabile, leggera, colorabile e con un impatto carbonico in fase di produzione molto basso. Il polverone mediatico sollevato da più parti, a volte spinto da interessi non cristallini e da persone che non hanno conoscenza del settore, anche a livello politico, attribuisce alla plastica colpe che non ha, come quella di inquinare il pianeta. Il problema esiste, non si deve negare, ma la questione è da ridurre a due fattori: il principale è l’abitudine dell’uomo a sbarazzarsi comodamente dei propri rifiuti, qualsiasi, nell’ambiente e la seconda è che i tassi di riciclo della plastica, come per altri prodotti, sono ancora molto bassi, per svariate ragioni che vedremo in questo articolo realizzato dalla Basf. I temi sono trattati attraverso l’intervista al Prof. Dr. Helmut Maurer, Giurista principale presso l’Unità Gestione Rifiuti e Riciclo della Commissione Europea, Direzione Generale per l’Ambiente e a Patricia Vangheluwe, PhD, Direttore Affari Consumatori e Ambientali presso PlasticsEurope. Il successo della plastica è indiscusso, contemporaneamente i suoi aspetti negativi come lo smaltimento dei rifiuti sono oggetto di molte discussioni. Il Prof. Dr. Helmut Maurer e Patricia Vangheluwe, PhD, due esperti nel settore delle materie plastiche, discutono le loro idee su come affrontare questa sfida globale. Le materie plastiche interessano quasi ogni settore delle nostre vite, apportando miglioramenti, comodità e risparmi sui costi. Da oltre 100 anni questi materiali altamente versatili contribuiscono a plasmare il nostro mondo e nuove materie plastiche sono sempre in fase di sviluppo. Ma poiché i rifiuti plastici si accumulano nelle discariche e negli oceani, il loro smaltimento costituisce oggi un serio problema ambientale. Patricia Vangheluwe, PhD, di PlasticsEurope, e il Professor Dr. Helmut Maurer della Commissione Europea per la Gestione dei Rifiuti e il Riciclo, discutono del dilemma dinanzi al quale ci troviamo. Per alcuni la parola “plastica” è diventata sinonimo di cultura usa e getta, tuttavia il materiale fornisce un enorme contributo alle nostre vite quotidiane. Ritenete che la plastica abbia un problema di immagine? Helmut Maurer: La plastica è vittima della sua versatilità e del suo grande successo. Cosa non facciamo con la plastica? Ce l’abbiamo persino nei nostri corpi come parte delle applicazioni medicali. Non c’è motivo di demonizzare la plastica. Il problema, dal mio punto di vista, è che è ampiamente abusata. La commercializziamo e la produciamo il più possibile ma poi non disponiamo degli strumenti per gestirla adeguatamente. L’obsolescenza programmata è diventata un principio industriale. Patricia Vangheluwe: Concordo che le materie plastiche soffrano di un problema di immagine e che dobbiamo cambiare questa situazione. Ad esempio dobbiamo fare molto di più per utilizzare i rifiuti plastici post-consumo come risorsa e far capire alla gente che la plastica è un materiale prezioso. Come società dobbiamo affrontare questo problema perché la plastica offre enormi possibilità per affrontare le sfide sociali ed è uno dei materiali più eco-efficienti in circolazione. Il consumo crescente ha creato problemi poiché gli stati fanno ogni sforzo possibile per gestire grandi quantitativi di materiale plastico come rifiuto. Secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), tra il 22% e il 43% dei rifiuti plastici finisce nelle discariche di tutto in modo invece di essere riutilizzato o riciclato. Come possiamo risolvere questo problema? Maurer: Nei paesi in via di sviluppo, la plastica viene praticamente sempre buttata via, in discarica o nella natura. Anche in Europa circa il 50% finisce in discarica. È chiaro che dobbiamo intervenire urgentemente. Quello di cui abbiamo bisogno è un divieto globale di collocamento in discarica. E abbiamo milioni di tonnellate di plastica decomposte in microparticelle che galleggiano nei nostri oceani – un flusso di altri 10 - 15 milioni di tonnellate raggiunge l’ambiente marino ogni anno. Dobbiamo parlare a livello globale – gli oceani non hanno confini. Dobbiamo inoltre lavorare sulla composizione chimica dei materiali. È necessario realizzare prodotti con materiali progettati per essere riciclati ed evitare additivi tossici che ne rendano difficoltoso il recupero. È una grande sfida per l’industria della plastica. Vangheluwe: Condivido l’opinione di Helmut che dobbiamo incoraggiare un divieto di collocamento in discarica a livello globale. Quando si arriva ai rifiuti post-consumo, l’intera catena di valore – dalle aziende produttrici di materie plastiche ai produttori, rivenditori e consumatori finali dei prodotti – può fare di più. Dobbiamo progettare prodotti per garantire l’eco-efficienza, che non è esattamente la stessa cosa della progettazione per il riciclo, e nel fare questo dobbiamo tener conto di quello che succederà con il prodotto alla fine della sua vita. Le società produttrici hanno sempre preso molto sul serio i rifiuti, perché dal punto di vista economico ha senso usare le risorse all’interno della produzione nel modo più efficiente possibile. Tutti gli sviluppi di prodotti e di applicazioni che stanno portando avanti sono destinati a rendere i prodotti più leggeri, più duraturi e più funzionali. Questo contribuisce a risparmiare risorse, il che ha effetti positivi simili alla prevenzione dei rifiuti. “Dobbiamo fare molto di più per utilizzare i rifiuti plastici post-consumo come risorsa e far capire alla gente che la plastica è un materiale prezioso.” Spesso per i paesi industrialmente avanzati risulta più economico spedire le materie plastiche via nave a migliaia di chilometri di distanza piuttosto che rilavorarle nel luogo in cui sono state usate. Non sarebbe opportuno rendere il riciclo vicino a casa più economicamente sostenibile? Vangheluwe: I riciclati di qualità dovrebbero essere considerati prodotti, così come qualunque altro prodotto in commercio. In un mercato libero i prodotti possono essere scambiati; domanda e offerta regolano il mercato. Ma sarebbe bene che i riciclatori procedessero di pari passo con la catena del valore vicino a casa per ricavare un valore maggiore da questi materiali riciclati. I produttori di materie plastiche possono aiutare i riciclatori perché hanno la conoscenza del materiale stesso. Queste informazioni possono contribuire a determinare a quali mercati possono essere destinati quei prodotti e come effettuare i controlli di qualità. Maurer: Come giustamente dice Patricia, i produttori conoscono meglio il loro materiale ed è estremamente importante che i riciclatori abbiano quella stessa conoscenza. C’è ancora molto da fare per semplificare questo trasferimento di conoscenze. Ci sono parecchie cose che possiamo fare per migliorare il riciclo interno delle materie plastiche. Innanzitutto possiamo fissare obiettivi per riciclare molto di più. Quindi dobbiamo anche agevolare i mercati. Possiamo definire criteri di cessazione della qualifica di rifiuto e creare una domanda del mercato verso il riciclo di alta qualità. Anche bruciare i rifiuti plastici per generare energia è un’industria. Poiché i tassi di riciclo della plastica a livello mondiale sono bassi, molti affermano che è una componente fondamentale del mix energetico. Ritenete che gli schemi di recupero di energia dai rifiuti utilizzando la plastica abbiano un ruolo a lungo termine? Maurer: In linea di massima, la combustione della plastica dovrebbe essere evitata perché nella combustione perdiamo l’energia di processo necessaria per produrre la plastica. La combustione rallenterà mano a mano che il riciclaggio diventerà più allettante. Ma la realtà è che molta plastica post-consumo non è adatta al riciclo – in parte a causa dei materiali nocivi immessi dai produttori, come alcuni ritardanti di fiamma o ftalati. Ma stiamo parlando di un obiettivo in movimento perché la plastica di domani – la plastica meglio riciclabile – porterà naturalmente a un riciclo maggiore. Un altro argomento importante contro la combustione della plastica è costituito dai cambiamenti climatici. Fino al 2050 abbiamo un budget massimo di 1.000 miliardi di tonnellate di emissioni di CO2 da rispettare se vogliamo limitare il riscaldamento globale a 2°gradi Celsius. Ma come già sappiamo le riserve globali di combustibili fossili sono pari a 2.900 miliardi di tonnellate di CO2. Se dovessimo lasciarle nel terreno, questo ci obbligherebbe a riciclare di più. Vangheluwe: Il recupero energetico costituisce a volte la soluzione più eco-efficiente, soprattutto per i rifiuti misti. Quando questo avviene da una prospettiva di ciclo di vita, il recupero dell’energia ha senso come una delle opzioni di gestione dei rifiuti. Si spera che un giorno ci sarà un’innovazione che ci consentirà di decomporre le materie plastiche miste che non possono essere riciclate in maniera sostenibile in materie prime che possono essere riutilizzate per produrre plastica in maniera economica ed ecosostenibile – questa sarebbe una conquista che contribuirebbe ad aumentare il riciclo della plastica. “Anche in Europa circa il 50% della plastica finisce in discarica. È chiaro che dobbiamo intervenire urgentemente. Quello di cui abbiamo bisogno è un divieto globale di collocamento in discarica.” Come ritenete si evolveranno i prodotti in plastica nei prossimi 50 anni? In quali settori vedete le maggiori opportunità e sfide? Maurer: Vorrei che la plastica si sbarazzasse della sua immagine negativa di materiale onnipresente, economico e facilmente scomponibile. Ma vorrei mettere in guardia dal ritenere che il futuro dipenda solo da una maggiore tecnologia. Dobbiamo affrontare il fatto che un tasso di crescita annuo globale del 5% nella produzione della plastica significherebbe raddoppiare la produzione ogni 14 anni, cosicché entro il 2043 produrremmo 1.200 milioni di tonnellate all’anno. Questo ovviamente non sarebbe sostenibile. Già oggi la plastica nell’ambiente marino è totalmente fuori controllo. Penso che stiamo producendo troppe cose di cui non abbiamo realmente bisogno. Vangheluwe: Vedremo sviluppi continui nell’imballaggio intelligente e negli accoppiati barriera, applicazioni medicali come protesi e anche materiali compositi più leggeri che possono essere usati nelle applicazioni strutturali per i mercati automobilistici e delle costruzioni. Le materie plastiche a base biologica continueranno ad essere sviluppate e credo che avremo materie plastiche miste che verranno utilizzate come flusso di materie prime per la plastica nei prossimi 50 anni. Assisteremo anche a un impiego crescente di CO2 come materia prima chiudendo in questo modo l’intero ciclo del carbonio. È quello che sta avvenendo ora per la produzione dei poliuretani. Se la plastica è destinata a continuare a fornire tutti i benefici che ha offerto fino ad ora, tutti noi dovremo continuare a lavorare alla sfida della gestione dei rifiuti come spazzatura e alla plastica nell’ambiente. Ho sempre ritenuto che la tecnologia e l’innovazione possano fare la differenza. Con una crescente educazione alla corretta gestione dei rifiuti e innovazione, la plastica continuerà a fornire soluzioni a molte delle sfide sociali che ci aspettano. Categoria: notizie - plastica - economia circolare - rifiuti
SCOPRI DI PIU'Che Qualità di Film è Ottenibile con l'Uso dell' LDPE Riciclato?di Marco ArezioMai come oggi la qualità di un granulo di LDPE riciclato è importante per la produzione di un film, in quanto le aspettative del mercato, che si sta spostando dalle materie prime vergini a quelle riciclate, sono molto alte.Non è sempre facile trasmettere al cliente, che vuole produrre con un LDPE riciclato, la necessità di conoscere la genesi del riciclo per non sbagliare ad acquistare il prodotto basandosi, magari, solo sulla convenienza economica della materia prima riciclata rispetto a quella vergine che gli viene offerta. Diciamo, in linea di principio, che anche nel campo dell’LDPE riciclato ci sono famiglie di prodotto attraverso le quali si possono produrre alcuni articoli e, di conseguenza, non se ne possono produrre altre se si vuole ottenere sempre un buon risultato tecnico ed estetico sull’articolo finito da immettere sul mercato. Le macro famiglie si possono distinguere in tre aree: • LDPE riciclato da post consumo • LDPE riciclato post consumo industriale • LDPE riciclato post industriale Il granulo in LDPE da post consumo viene prodotto attraverso il processo di riciclo dello scarto della raccolta differenziata, che viene separato, macinato, lavato, densificato ed estruso in granuli. La prima cosa da considerare dei prodotti di questa famiglia è il grado di contaminazione a cui il film lavorato viene sottoposto durante la sua vita, infatti, la raccolta differenziata comporta la mescolazione nei sacchi della raccolta domestica inquinanti, come resti di cibo, oli, grassi, poliaccoppiati di imballi alimentari e molti altri prodotti che, durante le fasi di raccolta, solidarizzano con il film da riciclare creando un problema di qualità a valle del processo. Inoltre, durante la separazione meccanica, può capitare che parti di altre plastiche rimangano all’interno del flusso dell’LDPE da riciclare creando un altro filone di contaminazione nel processo di produzione del granulo. I sistemi di riciclo meccanico contemplano il lavaggio del materiale selezionato ma, spesso, questo non è sufficiente per ridurre la presenza di plastiche diverse dall’LDPE e lo scioglimento e il distaccamento di parti non plastiche presenti sul prodotto da lavare. Queste contaminazioni possono creare diverse problematiche nella produzione del film: • Odori pungenti nel prodotto finito • Fragilità al taglio dovuta alla presenza di polipropilene • Grumi non fusi nella fase di estrusione con la conseguente puntinatura del film • Irregolarità della superficie del film dovuta alla degradazione delle impurità nella fase di estrusione • Inconsistenza del film dovuta all’eccessiva presenza di gas all’interno del granulo causata dalla degradazione del materiale estruso • Difficoltà di creare una bolla regolare a seguito della possibile degradazione del polimero in fase di soffiaggio per la presenza dei problemi sopra elencati. L’uso che normalmente si fa del granulo in LDPE da post consumo da raccolta differenziata è riservato a sacchi per la spazzatura di spessore non inferiore agli 100-120 micron, di colori scuri, in cui il possibile odore, la puntinatura del film e la possibile fragilità al taglio sono dai clienti tollerati a fronte di un prezzo competitivo. Un’altra applicazione sono i teli da copertura provvisoria, normalmente neri, con spessori da 140 a 300 micron in cui le impurità presenti nei granuli si diluiscono negli spessori generosi del film. Il granulo da post consumo industriale è un prodotto molto vicino alla categoria del post industriale che vediamo successivamente, in quanto l’input del materiale non viene dalla raccolta differenziata ma esclusivamente dalla raccolta degli imballi industriali, dei supermercati e del settore del commercio, i cui film da imballo non vengono in alcun modo contaminati da sostanze nocive per il riciclo. Una volta raccolti questi film vengono divisi per colore, macinati lavati, densificati ed estrusi in granuli adatti alla produzione di films.Quali sono i vantaggi di questo flusso:• Materiale non contaminato da rifiuti organici o liquidi industriali • Selezionato per colore • Selezionato per tipologia di plastica • Normalmente soggetto al primo riciclo • Non contiene poliaccoppiati da packaging alimentare La produzione di film con questa tipologia di materiale permette la realizzazione di spessori molto sottili, a partire da 20 micron, utilizzando al 100% il granulo riciclato. Il film rimane elastico, le saldature non si aprono in quanto non si realizza l’influenza negativa della presenza di PP come nel post consumo, non presenta odori sgradevoli, si possono realizzare film trasparenti, anche se si parte da un granulo non trasparente, o film di colorati aggiungendo del master. Esiste anche una versione adatta alla produzione di film nero, dedicato principalmente ai sacchetti per l’immondizia con spessori da 20 a 100 micron o ai teli da copertura per l’edilizia in cui è richiesto un buon grado di resistenza allo strappo. Il granulo post industriale neutro proviene normalmente da scarti di lavorazione di film neutri che vengono raccolti e divisi per colore, macinati e nuovamente estrusi in granuli per la produzione. Un’altra tipologia di LDPE post industriale è caratterizzata dall’utilizzo di scarti delle lavorazioni del polimero delle industrie petrolchimiche, che vengono compattati in blocchi o barre, per poi essere macinati o polverizzati e riutilizzati come materia prima in fase di estrusione dei granuli. Questo tipo di LDPE riciclato è molto simile ad un polimero vergine, sia per caratteristiche meccaniche che di trasparenza nella produzione del film. Non ha odori, non ha alterazioni di colore, si può miscelare con la materia prima vergine, se richiesto e conserva ottime caratteristiche meccaniche e di qualità nella superficie. Articoli correlati:LDPE RICICLATO DA POST CONSUMO: 60 TIPOLOGIE DI ODORI OSTACOLANO LA VENDITALDPE DA POST CONSUMO. COME RIDURRE LE IMPERFEZIONI. EBOOK Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - LDPE - film plastici - post consumoVedi maggiori informazioni sul riciclo dell'LDPE
SCOPRI DI PIU'Come cambiare la mentalità per creare un mondo senza sprechidi Marco ArezioStiamo andando oltre l’ostacolo parlando non di riciclo, tema non ancora assimilato da molti, ma di riuso dei prodotti plastici. Utopia? Forse, ma prima di fare il futuro bisogna progettarlo e allora vediamo come potremmo arrivare a non avere più rifiuti da riciclare. La situazione oggi, è ben lontana da quanto sopra esposto infatti, il consumo di materie prime vergini continua ad aumentare e si stima che nel 2030 ne utilizzeremo il 30% in più rispetto a dieci anni fa. Nonostante si continui a parlare di economia circolare e di riciclo, non siamo ancora riusciti a trovare soluzioni per invertire questa situazione e, passando il tempo, continuiamo a complicarci la vita. Sono solo pochi esempi che ci permettono di non generare nuovi rifiuti, di risparmiare energia per il riciclo e il trasporto, di evitare inquinamento se i materiali non venissero riciclati, di risparmiare materie prime vergini che causano l’estrazione e la lavorazione del petrolio. Ma il problema si può vedere anche per gli oggetti più complessi, come una lavatrice, un ferro da stiro, una macchina, il taglia erba, il tavolo dove mangiamo o il letto dove dormiamo. Come facciamo a rendere veramente circolare la gestione di un prodotto che da nuovo dovrebbe diventare rifiuto? Semplicemente non possederlo, ma usarlo per il tempo di cui abbiamo bisogno e poi restituendolo al fornitore che sarà tenuto a revisionarlo, ripararlo, aggiornarlo, integrarlo, garantirlo e, poi, rimettere sul mercato un prodotto adatto ai nostri bisogni. Ci sono delle aziende che hanno sposato questo linea, come la Apple, la Levi’s e altre che riprendendo l’oggetto usato, non creano ulteriori rifiuti, ma gestiscono elementi di cui possono disporre nuovamente nella produzione.La strada è ancora lontana? Francamente direi di si, in quanto se guardiamo il tasso di circolarità in Europa che è dell’11,7% contro un dato mondiale del 9%, riscontriamo valori bassi, ma comunque in lenta crescita, dovendo anche considerare che l’incremento del mercato della circolarità corrisponderebbe all’aumento dell’occupazione che, in base ai dati della Commissione Europea, potrebbero arrivare a 700.000 unità. L’Europa importa il 90% di petrolio, due terzi dei metalli che servono per le produzioni, il 70% del gas naturale impiegate per far funzionare le fabbriche. Se realmente incrementassimo la circolarità, troveremmo la via per dissociare la crescita e la produzione con l’estrazione dei metalli dei combustibili e di tutte le materie prime naturali che utilizziamo quotidianamente. Questo significa anche ridurre i rifiuti, le emissioni in atmosfera, l’utilizzo delle discariche, l’utilizzo di acqua e gli inquinanti legati a queste attività.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riuso - ricicloVedi maggiori informazioni sul riciclo
SCOPRI DI PIU'La scoperta, l'impiego nelle materie plastiche e le reazioni nelle ricette polimerichedi Marco ArezioParlando di additivi delle materie plastiche riciclate, oggi raccontiamo, non solo la storia del perossido, noto fluidificante del polipropilene con radici che risalgono a due secoli fa, ma anche di come utilizzarlo nella modifica delle ricette e quali aspetti negativi e positivi può avere, sulle altre caratteristiche fisico-meccaniche della plastica. Il perossido di idrogeno, comunemente noto come acqua ossigenata, è un elemento chimico composto da due atomi di idrogeno e due atomi di ossigeno (H2O2). La sua scoperta e il suo sviluppo sono stati un processo graduale nel corso della storia.Nel 1818, il chimico francese Louis Jacques Thénard è stato il primo a isolare il perossido di idrogeno in forma di cristalli bianchi. Ha preparato il composto facendo reagire l'acido solforico concentrato con il perossido di barite. Nel 1857, il chimico tedesco Richard Wolffenstein ha sintetizzato il perossido di idrogeno in forma liquida per la prima volta. Successivamente, nel 1894, l'ingegnere chimico francese Charles-Adolphe Wurtz ha sviluppato un metodo per produrre perossido di idrogeno commerciale. Durante il XX secolo, il perossido è diventato un composto chimico sempre più utilizzato in vari settori. È stato impiegato come disinfettante, agente sbiancante, ossidante, combustibile per razzi e in altre applicazioni. Durante gli anni '70 del secolo scorso, il perossido ha attirato l'attenzione come alternativa più ecologica ai composti di cloro nell'industria della carta e della polpa di legno. Le sue proprietà ossidanti e sbiancanti sono state sfruttate per ridurre l'impatto ambientale dello sbiancamento con il cloro. Negli ultimi decenni, il perossido di idrogeno ha continuato a essere utilizzato in molti settori industriali e commerciali, diventando un ingrediente comune in prodotti per la cura personale, detergenti per la casa, soluzioni disinfettanti e molte altre applicazioni. Applicazioni nel campo delle materie plastiche Negli anni '60 e '70 del secolo scorso, sono stati condotti studi sulla modificazione dei polimeri attraverso l'uso di perossidi organici. Il perossido di idrogeno è stato utilizzato come agente di innesco per reazioni di polimerizzazione controllata, che hanno portato allo sviluppo di nuove miscele di polipropilene con proprietà migliorate. Durante gli anni '80 del secolo scorso, l'uso del perossido di idrogeno nella miscelazione del polipropilene ha avuto un ruolo significativo nell'ottimizzazione delle proprietà delle miscele polimeriche. L'obiettivo principale era migliorare la resistenza agli urti del polipropilene, riducendo al contempo la rigidità e la fragilità. Nel corso degli anni '90 del secolo scorso, sono stati sviluppati metodi per la miscelazione in-situ del polipropilene con perossido di idrogeno, al fine di migliorare la compatibilità delle miscele polimeriche. Questi studi hanno dimostrato che l'uso di perossido di idrogeno come agente di miscelazione può aumentare l'omogeneità delle miscele e migliorare le proprietà meccaniche. Nel corso dei primi anni 2000, l'utilizzo del perossido di idrogeno nelle miscele di polipropilene si è concentrato sulla modifica delle proprietà termiche e di resistenza al calore. Sono stati sviluppati processi di cross-linking controllato attraverso l'uso di perossido di idrogeno per migliorare la stabilità termica e la resistenza alle alte temperature delle miscele. Attualmente, l'uso del perossido di idrogeno nelle miscele di polipropilene è ampiamente studiato per diversi obiettivi, come la modifica delle proprietà meccaniche, termiche e di resistenza agli agenti esterni. La ricerca continua a valutare le potenzialità dell'utilizzo del perossido di idrogeno per migliorare le proprietà delle miscele polimeriche e per sviluppare nuovi materiali con prestazioni superiori. Come si svolge il processo di fluidificazione del polipropilene utilizzando il perossido Il perossido di idrogeno (H2O2) si utilizza nella fluidificazione del polipropilene per migliorarne le proprietà reologiche e facilitare il processo di lavorazione. La fluidificazione del polipropilene consiste nel ridurre la viscosità del materiale plastico per consentirne un migliore flusso durante l'iniezione o l'estrazione da uno stampo. Il perossido crea una reazione di degradazione controllata del polimero. La reazione del perossido con il polipropilene porta alla rottura delle catene polimeriche, diminuendo così la viscosità del materiale e migliorando la sua lavorabilità. Come il perossido influisce sulla resistenza meccanica del polipropilene L'effetto del perossido sulla resistenza meccanica del polipropilene dipende dalle condizioni di trattamento, dalla percentuale di perossido utilizzato nella ricetta, e dal tempo di esposizione. In generale, l'uso del perossido nella fluidificazione del polipropilene può portare a una diminuzione della resistenza meccanica del materiale. Tuttavia, questo effetto dipende da diversi fattori: Percentuali d’uso del perossido: l'utilizzo di concentrazioni più elevate dell’additivo può causare una maggiore degradazione del polipropilene, che a sua volta, come abbiamo detto, può ridurre la resistenza meccanica del materiale. È importante bilanciare la percentuale del perossido per ottenere una fluidificazione adeguata senza compromettere eccessivamente la resistenza meccanica. Tempo di esposizione: il tempo di esposizione al perossido influisce sulla quantità di degradazione che avviene nel polipropilene. Un tempo di trattamento più lungo può comportare una maggiore degradazione e, di conseguenza, una riduzione della resistenza meccanica. Tipo di polipropilene: diversi tipi di polipropilene possono reagire in modo diverso al trattamento con perossido. La composizione e la struttura molecolare del polipropilene possono influenzare la sua suscettibilità alla degradazione e, quindi, la sua resistenza meccanica. È importante valutare attentamente le condizioni di impiego del perossido, per ottenere un equilibrio tra fluidificazione ottimale e mantenimento delle proprietà meccaniche desiderate del polipropilene. La scelta delle percentuali di perossido e dei parametri di trattamento dovrebbe essere basata sulle specifiche esigenze dell'applicazione finale e sulle proprietà richieste del polipropilene. Vantaggi dell’uso del perossido nelle miscele di polipropilene riciclato L'uso del perossido nelle miscele di polipropilene riciclato può contribuire a migliorare le proprietà del materiale e facilitare il suo utilizzo in diverse applicazioni. Alcuni dei vantaggi e applicazioni dell'utilizzo del perossido nelle miscele di polipropilene riciclato possono essere: Miglioramento della compatibilità: l'aggiunta di perossido alle miscele di polipropilene riciclato può migliorare la compatibilità tra i componenti del materiale. Questo può favorire una migliore miscelazione e una maggiore omogeneità, migliorando le proprietà meccaniche e termiche del polimero riciclato. Rimozione delle impurità: il perossido di idrogeno può aiutare a rimuovere impurità e contaminanti presenti nel polipropilene riciclato. L'azione ossidante del perossido può contribuire alla rimozione di sostanze indesiderate e migliorare la qualità del materiale riciclato. Modifica delle proprietà: l'uso del perossido può consentire la modifica delle proprietà del polipropilene riciclato per renderlo adatto a specifiche applicazioni. Ad esempio, il trattamento con perossido può aumentare la resistenza all'urto, la resistenza termica o la resistenza chimica del polipropilene riciclato. Riduzione degli odori: il perossido può contribuire a ridurre gli odori indesiderati associati al polipropilene riciclato. L'azione ossidante del perossido di idrogeno può aiutare a eliminare o ridurre le molecole che causano gli odori, migliorando così la qualità del materiale riciclato.
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