Il Miraggio del riciclo dei Rifiuti nella Macedonia del Norddi Marco ArezioA due passi dal cuore produttivo dell'Europa, non lontano dal parlamento Europeo dove domina una corsa virtuosa alla tutela dell'ambiente e all'incremento del riciclo dei rifiuti, al centro di un'area in cui la popolazione ha sdoganato l'economia circolare, la Macedonia del nord, secondo quanto riportato da Aleksandar Samardjiev, resta lontano anni luce dal resto d'Europa sul tema della gestione dei rifiuti. Vediamo perchèNonostante alcuni esempi positivi, in Macedonia del Nord il riciclo resta a livelli estremamente bassi. Secondo esperti e osservatori, il paese deve elaborare in fretta una strategia a lungo termine nella gestione dei rifiuti Le famiglie raccolgono i rifiuti in un unico bidone e poi lo svuotano nei contenitori in strada: poi la spazzatura viene portata dai camion comunali in una discarica, dove viene accumulata sul terreno. Questa è, in buona sostanza, l'immagine che sintetizza la gestione dei rifiuti in Macedonia del Nord, con livelli estremamente bassi di selezione e riciclo. Più rifiuti, meno riciclo Le statistiche confermano la disastrosa situazione: mentre la quantità totale di rifiuti raccolti nel paese è in costante aumento, la capacità di riciclo procede nella direzione opposta. Nel 2017 la Macedonia del Nord ha generato 787mila tonnellate di rifiuti, di cui solo lo 0,6% è stato riciclato. Nel 2018 i rifiuti sono aumentati a 855mila tonnellate, con un tasso di riciclo dello 0,5%. Nel 2019 i rifiuti hanno raggiunto le 916mila tonnellate, mentre la capacità di riciclo è scesa ad un mero 0,3%. Secondo i funzionari del Ministero dell'Ambiente e della Pianificazione territoriale, l'attuale quadro giuridico è corretto e coerente con gli standard dell'Unione europea, ma le leggi, le strategie e i piani per la gestione dei rifiuti e la protezione ambientale sono male applicati a livello municipale. I comuni dovrebbero iniziare a lavorare sulla selezione dei rifiuti: non c'è quasi nessuno smistamento dei rifiuti e bidoni separati, cioè dovrebbe essercene uno (giallo) per gli imballaggi in plastica, vetro, carta ecc. e uno per i rifiuti misti non riciclabili. “In questo modo, i rifiuti del bidone giallo non andrebbero in discarica, ma sarebbero separati in carta, vetro, plastica, ecc. e riciclati. Al momento, i cittadini non sono pronti a selezionare, né hanno l'infrastruttura per farlo. Servono anche maggiore controllo e supervisione da parte degli ispettori municipali”, spiega a OBCT Ana Karanfilovska Mazneva, capo del dipartimento ministeriale di Gestione dei rifiuti. Nella sua relazione 2020 sull'andamento del trattamento dei rifiuti, l'Ufficio statale di revisione conclude che la selezione e la raccolta differenziata dei rifiuti urbani vengono eseguite solo in alcuni comuni e in misura limitata. Anche il tasso di riciclo è basso. Pertanto, è necessaria un'azione più intensa da parte dello stato, delle autorità locali e del settore imprenditoriale per migliorare in questo settore. Prilep, un esempio positivo I media locali portano spesso ad esempio la città di Prilep, saldamente al primo posto per la selezione dei rifiuti nel paese, che contribuisce tanto quanto tutte le altre città macedoni messe insieme, compresa la capitale Skopje. Con una popolazione di 75mila abitanti, la città genera ogni anno da 28mila a 31mila tonnellate di rifiuti, di cui la società di servizi pubblici Komunalec riesce a selezionare e vendere fino a 13mila tonnellate di rifiuti selezionati, quasi la metà delle quantità raccolte. Solo nel 2020, questa società di servizi pubblici è riuscita a selezionare e vendere 822 tonnellate di rifiuti di carta e cartone, 87 tonnellate di vari tipi di rifiuti di plastica e imballaggi in PET, 56 tonnellate di nylon e 78 tonnellate di imballaggi in vetro dalla città. Inoltre, sono state raccolte circa tremila tonnellate di detriti edilizi con i propri contenitori per detriti edilizi, che ricoprono la discarica comunale con rifiuti urbani. L'azienda seleziona anche da duemila a tremila tonnellate di materiali di scarto aggiuntivi (tessuti, mobili, legno, ecc.), che però attualmente non vengono venduti nel paese o all'estero. Il comune chiede, ma non ha ancora ricevuto, assistenza dallo stato per un ulteriore trattamento dei rifiuti attraverso la realizzazione di un Centro Secondario di Selezione. Alla ricerca di una strategia efficace di gestione dei rifiuti A livello giuridico, il territorio della Macedonia del Nord è diviso in otto regioni che hanno le proprie discariche. Nonostante le buone intenzioni, tuttavia, la spazzatura viene semplicemente gettata a terra e non trattata. “L'idea è di trasformare le discariche in verie e propri centri per la gestione complessiva dei rifiuti. Quando vengono distribuiti i bidoni dei rifiuti domestici, la selezione secondaria dovrebbe essere effettuata nelle discariche regionali e quindi la carta, il cartone, il vetro e la plastica raccolti dovrebbero essere venduti al settore privato del riciclo, riducendo quindi finalmente i rifiuti abbandonati in tutto il paese", spiega Ana Karanfilovska Mazneva. Igor Makaloski, rappresentante di una delle aziende che raccolgono rifiuti selezionati in collaborazione con i comuni, ritiene che sia necessario che le persone diventino più consapevoli dei vantaggi della selezione dei rifiuti. Afferma che la sua azienda, pur collaborando con oltre 40 amministrazioni locali in Macedonia del Nord, dove vivono oltre il 70% dei 2 milioni di abitanti, raccoglie solo 1.800 tonnellate di rifiuti di imballaggio. “Purtroppo in Macedonia del Nord molto spesso abbiamo solo dichiarazioni di principio quando si parla di ecologia.Insieme, dobbiamo impegnarci di più su questo problema. Ci sono carenze nel processo di raccolta e parte dell'attrezzatura installata è costantemente vandalizzata da cittadini senza scrupoli. Ma questo non ci solleva dalla responsabilità di trovare modi per raccogliere i rifiuti di imballaggio e smaltirli in luoghi appropriati”, spiega Makaloski.L'attivista Branko Prlja (fondatore dei gruppi "Dare, non bittare" e "Non buttare, non inquinare" per sensibilizzare al riciclo, il riutilizzo e l'uso ridotto al fine di preservare l'ambiente) afferma che lo stato dovrebbe essere coinvolto più attivamente nel processo di riciclo. “Vietare, limitare o tassare i materiali non riciclabili. In questo modo non verranno utilizzati e non finiranno nelle discariche. D'altra parte, può aiutare le aziende sovvenzionate a riciclarli o facilitarne il trasporto verso paesi che possono riciclarli”, ha scritto Prlja nel suo blog. Molte scadenze per gli obiettivi di selezione e riciclo in vari piani nazionali sono già state mancate: il riutilizzo e il riciclo del 50% dei rifiuti domestici era previsto per il 2020, ma rimane ad oggi un obiettivo non raggiunto. La ricerca ambientale mostra anche che i rifiuti lasciati a terra emettono sostanze e gas nocivi, diventando così una delle cause dell'inquinamento atmosferico, un altro grave problema sanitario nella Macedonia del Nord. Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiuti - macedonia
SCOPRI DI PIU'Con la CO2 recuperata dall'incenerimento dei rifiuti si favorisce il processo di fotosintesidi Marco ArezioA Madrid è andato in scena l'ennesimo raduno oceanico di giovani e meno giovani, capeggiati da Greta, in concomitanza con la riunione Cop25, dal quale è emersa una sonora bocciatura delle aspirazioni ambientaliste, promosse dalla piazza, da parte di un gruppo dei paesi che hanno partecipato alla riunione. Con una serie di rinvii delle decisioni da prendere, in merito al taglio e ai crediti della CO2, al Fondo per i danni causati dai cambiamenti climatici e la ratificazione degli impegni presi in merito all'accordo di Parigi, si sono delineati alcuni blocchi composti da stati con visioni ambientali completamente diverse: Chi non vuole cambiare le cose, anzi, come gli Stati Uniti, vogliono uscire dall'accordo di Parigi per avere mano libera nella gestione del processo di inquinamento. In questo blocco possiamo includere anche l'Arabia Saudita, l'Australia, Brasile e la Russia che non vogliono ulteriori tagli sulle emissioni di CO2. Chi sta lavorando per il rispetto dei limiti imposti a Parigi, in primis l'Unione Europea, che sembra l'unica che si stia impegnando a prendere sul serio il problema del cambiamento climatico. All'interno del suo gruppo però, ci sono dei paesi del blocco dell'Est, capeggiati dalla Polonia, le cui economie sono ancora profondamente legate all'uso del carbone e che, quindi, sono ostili ad ulteriori revisioni al ribasso dei limiti sulle emissioni. Chi sta alla finestra senza prendere sostanziali decisioni, come la Cina e l'india, il cui mercato economico è fortemente legato alla gestione lassista delle normative ambientali (emissioni, rifiuti, riciclo, riuso, scarichi industriali e urbani). Nel frattempo l'Europa, chiaccherando forse meno, sotto la spinta delle direttive del parlamento in fatto ambientale, ha liberato una serie di energie propositive, sia imprenditoriali che accademiche, che vogliono studiate e sfruttare nuove idee nel campo della gestione dei rifiuti e del risparmio energetico. Una di queste prevede il recupero della CO2 che viene generata dall'incenerimento di quei rifiuti non riciclabili, per usi civili. Questa operazione ha degli indubbi vantaggi diretti ed indiretti: - L'operazione di incenerimento di rifiuti, che andrebbero in discarica, non crea emissioni di CO2 in ambiente in quanto viene completamente recuperata e riutilizzata. - Con l'attività di incenerimento si può fornire energia elettrica e riscaldamento alle città limitrofe all'impianto, risolvendo il problema dei rifiuti locali. - La CO2 recuperata viene utilizzata, tra l'altro, per attività agricole, in certi periodi, dell'anno e per ridurre i costi della gestione dell'impianto. Ma come avviene questa applicazione nel campo agricolo? I fumi prodotti dalla combustione dei rifiuti urbani hanno un contenuto di anidride carbonica che oscilla tra il 5 e il 20%, oltre ad altre tipologie di gas come l'ossigeno, gli ossidi di zolfo, gli ossidi di azoto e varie frazioni di polvere. Questi fumi vengono convogliati in un impianto specifico che ha lo scopo di separare la CO2 dagli altri elementi, così da poter avviare il processo di sterilizzazione dell'anidride carbonica, che si otterrà alla fine del ciclo di trattamento, così da renderla utilizzabile per usi industriali e alimentari. Questa separazione avviene facendo passare i fumi in un solvente che ha lo scopo di assorbire la CO2 e respingere gli altri componenti. La soluzione, solvente+CO2, viene avviata in un altro impianto che ha lo scopo di far bollire la soluzione in modo da separare nuovamente il solvente, che rientrerà nel ciclo di produzione, dalla CO2 sotto forma di gas. L'anidride carbonica gassosa passerà in un altro impianto di purificazione e, attraverso una serie di filtri, terminerà il processo di purificazione del gas, passando poi alla fase di compressione della CO2 per portarla ad una consistenza liquida. Questo nuovo elemento liquido verrà poi stoccato e avviato nelle serre per facilitare il processo di crescita dei fiori, delle piante e dei frutti. Infatti questo processo è influenzato dalla temperatura, dalla luce, dall'acqua e dalla CO2 assorbita dalle piante. Ma tra tutti gli elementi sopra citati, è proprio l'aumento della concentrazione di CO2 che influenza in maniera drastica il processo di fotosintesi, infatti un incremento di anidride carbonica doppia rispetto alle concentrazioni naturali, porterà ad uno sviluppo maggiore della pianta di circa il 15-20%, a parità degli altri parametri nutrizionali. La concimazione carbonica, così chiamata, ingenera un incremento della crescita di molte specie vegetali, ma i risultai più evidenti si notano nell'aumento della qualità del prodotto e la riduzione dei cicli produttivi.Categoria: notizie - rifiuti - economia circolareVedi maggiori informazioni sul riciclo
SCOPRI DI PIU'La scelta di chi presidierà una zona commerciale dipende da molti fattori interni ed esterni l’aziendadi Marco ArezioCreare una presenza commerciale in una zona, o migliorare quella esistente, che possa seguire una serie di clienti o da una determinata un’area geografica, più o meno ampia, comporta affidarsi, in alcuni casi, a venditori o distributori che possano presentare, vendere e gestire localmente la vendita e il post vendita. Prendiamo in considerazione, tra i molti esempi che potremmo citare, un’azienda che produce beni rappresentati da materie prime o prodotti finiti, come per il settore dell’edilizia, dell’idraulica, del giardinaggio ecc.. Un’area nuova deve essere preventivamente analizzata nel complesso, cioè capire la presenza e l’incidenza della concorrenza, i prodotti che vengono maggiormente richiesti, la dimensione dei clienti, il possibile fatturato, il taglio economico degli acquisti medi, le problematiche e i costi per la logistica, i canali distributivi e la solvibilità media della zona. Una prima macro selezione la possiamo fare sapendo se il nostro prodotto, che necessita di un trasporto dalla nostra sede al cliente finale, può essere venduto direttamente e nei tempi che si aspetta il cliente ad un prezzo favorevole per entrambi. Se vendiamo prodotti che non necessitano di un magazzino locale, in quanto il valore e la quantità di merce trasportata giustifica il costo del viaggio, possiamo pensare ad una vendita azienda – cliente finale. Se, viceversa, le quantità, l’assortimento alto o la tempistica di approvvigionamento collide con i costi e le tempistiche di consegne dirette, potrebbe essere necessario aprire depositi locali per la distribuzione. Queste due ipotesi possono già dar un’indicazione se, localmente, può essere necessario un agente di vendita o se si deve optare per un distributore che possa acquistare e rivendere, nelle quantità e nei tempi che il cliente finale chiede. La scelta di avere un distributore locale comporta una certa perdita di marginalità sui prodotti, in quanto bisogna assicurare all’azienda che fa il servizio, un guadagno sulle operazioni di logistica e di vendita. In caso non ci fossero queste marginalità, si può optare per l’apertura di un magazzino decentrato presso un corriere o un trasportatore, che terrà a deposito le nostre merci e ci assicurerà le consegne locali a prezzi inferiori rispetto all’attività di un distributore. Un altro aspetto da considerare è l’importanza della presenza del marchio dell’azienda produttrice nell’area di riferimento, in quanto attraverso l’azione di vendita di un agente, libero professionista o dipendente, l’interlocuzione tra cliente finale e produttore è sempre diretta, nel caso ci si appoggiasse ad un distributore la presenza del marchio e dei contatti diretti verrebbero meno. C’è poi da considerare, in linea generale, la differenza di gestione del parco clienti tra una vendita diretta tramite un agente o tramite un distributore. Il fatturato che risulta nell’area di competenza del distributore, è la somma di attività di più clienti, senza distinzioni tra uno o l’altro, senza informazioni sul grado di fiducia del cliente, sulle sue potenzialità e sulle sue necessità. Diciamo che questo approccio alla vendita potrebbe essere un modo più semplice per l’azienda produttrice, perché può evitare un maggior lavoro di gestione commerciale dei singoli clienti, con le problematiche che ne possono scaturire se moltiplichiamo l’impegno per un certo numero di aree in cui opera l’azienda. Dall’altro lato, il non avere un contatto diretto con il cliente può essere un deficit nell’imposizione del proprio marchio, per avere informazioni di come si muove la concorrenza, di quali politiche di prezzo applicano, delle campagne di incentivazione che vengono proposte, e molte altre cose. Dal punto di vista prettamente finanziario, invece, esiste un rischio che riguarda l’esposizione sulle vendite, infatti, considerando una dilazione tra acquisto e pagamento delle merci, il distributore lavora con esposizioni finanziarie più alte rispetto al singolo cliente, quindi con un maggior rischio per il produttore, e quando dovessero esserci dei problemi legati agli incassi, diventerebbe difficile non continuare a fornirlo, in quanto i clienti del distributore potrebbero essere ignari dei motivi per cui il produttore potrebbe fermare le forniture. In questo caso si creerebbe un danno diretto al produttore in quanto, non essendo in contatto diretto con il cliente, potrebbe rischiare di perderlo, o peggio, il distributore potrebbe continuare a servire i clienti finali attraverso un altro produttore. La scelta se affidare un’area a un agente diretto o ad un distributore passa quindi dall’analisi delle problematiche logistiche, commerciali, finanziarie e di marketing, riuscendo a prendere una decisione soppesando i pro e i contro delle strade che si prospettano. Infatti, ci sono prodotti che non possono essere venduti senza un distributore locale, altri che permettono maggiore flessione lasciando aperte varie ipotesi, scegliendo la migliore per quell’area, e, infine, merci che possono essere vendute direttamente senza necessità del distributore locale. Non è una scelta sbagliata farsi anche un’idea del sistema di vendita che applica in zona la concorrenza, la quale probabilmente, partita prima a vendere in zona, può avere, a parità di prodotti, già analizzato le problematiche. Infine c’è un aspetto prettamente tecnico, in quanto se il prodotto per la sua collocazione ha bisogno di un supporto tecnico sostanziale, la presenza di un agente diretto che può aiutare i clienti in situazioni di difficoltà a risolvere i problemi, può anche essere una discriminante.
SCOPRI DI PIU'Colorazione e Verniciatura dei Prodotti in Plastica di Marco ArezioI prodotti realizzati in plastica, oltre alle innumerevoli doti economiche-strutturali e di circolarità ambientale, hanno anche il pregio di poter accogliere, non solo colori nella massa fusa durante la produzione dell’elemento, ma possono anche essere verniciati superficialmente per attribuire all’oggetto effetti estetici elevati.La colorazione della massa fusa plastica durante la produzione dell’oggetto, attraverso l’utilizzo dei coloranti, avviene miscelando il granulo o le polveri colorate al polimero del prodotto, usufruendo dell’azione di fusione e di miscelazione che imprime l’estrusore dentro il quale passano i componenti. Al termine della produzione da parte della macchina il pezzo sarà uniformemente colorato in massa, risultato per cui il prodotto potrebbe essere idoneo all’impiego finale oppure potrebbe essere avviato all’impianto di verniciatura per finiture particolari. E’ possibile inoltre che i pezzi che devono essere avviati alla verniciatura vengano prodotti senza alcuna colorazione nella massa. Detto questo, gli strati di verniciatura sulle materie plastiche, devono tenere in considerazione la struttura su cui aderiscono e la caratteristica del polimero con cui l’oggetto viene fatto. Infatti, la durezza, il comportamento all’allungamento e la temperatura degli strati di vernice da stendere sul prodotto, devono tenere in considerazione una possibile reazione fisico-chimica della plastica di cui è composto. Un comportamento dinamico troppo rigido di uno strato di vernice applicato ad un oggetto di plastica potrebbe influenzare negativamente la durabilità dell’elemento, come il contatto con temperature e solventi che necessitano per il lavoro di stesura del colore. Alcune tonalità applicate alle materie plastiche hanno un effetto positivo sul rischio di decomposizione fotochimica, come per esempio il colore nero, che influisce positivamente sulla protezione dai raggi UV agendo come un filtro. Le vernici possono inglobare dei composti chimici che operano in modo mirato nella produzione di alcuni elementi, come per esempio le vernici conduttive resistenti all’abrasione, impiegate nei serbatoi della benzina, oppure caricate con Ag, Ni o Cu per realizzare la schermatura ad alta frequenza di apparecchiature elettroniche. Esistono inoltre vernici trasparenti che aumentano la resistenza alla graffiatura per il Policarbonato e per il PMMA, come le acriliche, silossaniche o poliuretaniche, applicate a spruzzo o ad immersione. Nelle colorazioni delle materie plastiche si possono impiegare anche le polveri, specialmente per i polimeri PA6 e PA66, che ricevono la colorazione attraverso un processo che permette di rendere il polimero conduttore, attraverso il metallo o delle microsfere di ceramica, specialmente nel settore sanitario.Categoria: notizie - tecnica - plastica - verniciatura - colorazione - produzione
SCOPRI DI PIU'di Marco ArezioDa diversi anni Caldara Plast si pone sul mercato come leader nel campo del recupero e rigenerazione delle materie plastiche. È una delle poche realtà che coniuga nella stessa azienda sia la parte relativa al recupero di scarti industriali derivanti da lavorazioni tra le quali stampaggio, termoformatura, estrusione e soffiaggio, sia la produzione di compound formulati su esigenze specifiche dei clienti partendo quasi sempre dal prodotto da lei stessa rigenerato. Caldara Plast è da sempre in prima linea sulle tematiche ambientali avendo proprio nel DNA una spiccata capacità di valorizzare sul mercato un prodotto che sta diventando sempre più la prima scelta delle aziende che hanno a cuore l’ambiente. Una filosofia che si sposa perfettamente con quella del marchio Plastica Seconda Vita appena ottenuto dall’azienda lombarda che va ad esaltare ciò che Caldara Plast fa già da anni ovvero dare valore alla plastica di scarto rimettendola sul mercato come compound rigenerato pronto per nuovi utilizzi. Da un punto di vista ambientale il lavoro di Caldara Plast è encomiabile in quanto permette un notevole risparmio di materiali vergini nonché di emissioni di CO2. Il marchio recentemente ottenuto garantisce al cliente finale la completa tracciabilità dei materiali prodotti a partire dalla valorizzazione dei rifiuti plastici ed è garanzia di qualità. Caldara 2nd Life “Caldara 2nd Life” è il nuovo marchio aziendale che identifica i compound ecologici certificati realizzati negli stabilimenti di Caldara Plast derivanti da materie plastiche da scarto industriale pre-consumo. Al momento fanno parte di questa linea i materiali ABS, PC PC/ABS, PS declinati nella versione PSV Mixeco (30% minimo e massimo 59.9% di plastica da riciclo) e PSV scarto industriale (dal 60 al 100% di plastica da riciclo). “Come ci evolveremo in futuro?” - racconta Massimiliano Caldara - “Continueremo sulla strada delle certificazioni per avere prodotti sempre più affidabili e garantiti per i nostri clienti non solo dal punto di vista del materiale ma anche della sostenibilità ambientale e sociale. Proseguiremo anche nella strada della ricerca in prodotti bio con la start up “Planet Bioplastics” che abbiamo con alcuni docenti dell’Università di Pisa. Sempre in ambito formazione abbiamo finalizzato la partnership con la “Fondazione Istituto Tecnico Superiore per le nuove tecnologie della vita” che ci permetterà di collaborare con una realtà primaria nel campo della formazione post diploma riconosciuta dal Ministero dell’Istruzione e che ci consentirà di portare la nostra esperienza tra i banchi di scuola e un domani di avere professionisti formati per il settore plastico”. Un ottimismo quello di Caldara Plast che è necessario in un periodo post-lockdown in cui tante imprese subiscono ancora i contraccolpi di questo stop forzato. Un non perdersi d’animo utile anche a tenere il morale alto in tutto il settore e uno sprone ad approfittare di questa relativa calma per migliorarsi, innovarsi e affacciarsi sul mercato ancora più competitivi e performanti. Il il banco di prova saranno le due principali fiere del settore il Mecspe 2020 in ottobre e il Plast 2021 a maggio. Caldara Plast sarà presente ad entrambe (salvo annullamenti) per conoscere e farsi conoscere e per dare un segnale positivo che l’impresa italiana, anche tra le mille difficoltà del momento, trova sempre un modo per andare avanti. La strada per la ripresa è sempre più green. Maggiori Informazioni
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