La decarbonizzazione del trasporto marittimo è uno tra i molti punti da affrontare se si vuole, in modo definitivo e programmato, arrivare alla totale mobilità sostenibiledi Marco ArezioLa fotografia attuale del trasporto marittimo, sia commerciale che civile, vede il costante transito dei cargo, tra un continente e l'altro, che consumano migliaia di tonnellate di carburante per viaggio, quota di consumo che si deve moltiplicare per le migliaia di navi presenti costantemente sui mari, e moltiplicati per centinaia di migliaia di viaggi all'anno. Questa enorme, incredibile, quantità di carburanti fossili, potrebbe venire sostituita da biocarburanti che provengono dalla lavorazione degli scarti della raccolta differenziata, dagli scarti animali e vegetali. Un progetto in questo senso è stato iniziato attraverso l'impegno di una società operante nel settore dei biocarburanti, che ha firmato un contratto di fornitura di propellenti verdi per la navigazione marittima.Infatti, Eni Sustainable Mobility e Saipem hanno firmato un Memorandum of Understanding (MoU) con l’obiettivo di utilizzare carburanti di natura biogenica sui mezzi navali di perforazione e costruzione di Saipem, con particolare riferimento alle operazioni nell’area del Mare Mediterraneo. Saipem ha una flotta che opera in tutto il mondo che è composta da 45 mezzi navali per la costruzione e la perforazione. Il MoU rappresenta un'importante pietra miliare per Eni e Saipem, a conferma dell'impegno reciproco nella diversificazione delle fonti energetiche e nella riduzione dell'impronta carbonica nelle operazioni offshore. Eni produce biocarburanti sin dal 2014, grazie alla riconversione delle raffinerie di Venezia e Gela in bioraffinerie, che dalla fine del 2022 sono olio di palme free. Tramite la tecnologia proprietaria Ecofining™ vengono trattate materie prime vegetali o di scarti animali e prodotti biocarburanti HVO (Hydrotreated Vegetable Oil, olio vegetale idrogenato). I biocarburanti sono uno dei pilastri del piano strategico Eni per il raggiungimento della carbon neutrality al 2050, attraverso un percorso di decarbonizzazione che punta all’abbattimento delle emissioni di processi industriali e prodotti. Tale accordo, in particolare, si inscrive nell’ambito della realizzazione della strategia di Saipem per la riduzione delle emissioni GHG ed implementa, insieme alle altre iniziative e agli investimenti previsti dal piano strategico del Gruppo, il percorso per la riduzione delle proprie emissioni di scopo 1 e scopo 2 entro il 2035 e il raggiungimento dell’obiettivo di Net Zero (incluso scopo 3) al 2050. L’accordo farà leva sull'esperienza e sulle competenze di entrambi i partner. Eni Sustainable Mobility, tra i primi produttori di biocarburanti in Europa, mette a disposizione le proprie conoscenze nel fornire soluzioni per la riduzione delle emissioni di carbonio. Saipem, attraverso il suo impegno nella transizione energetica, mira ad aumentare l'uso di carburanti alternativi sui propri mezzi per ridurre le proprie emissioni e quelle dei suoi clienti. Grazie all’utilizzo di combustibili di origine biogenica, Saipem punta a ridurre l’emissione di circa 550.000 Tonnellate di CO2eq per anno, pari a circa il 60% delle sue emissioni di scopo 1 totali annue. Fonte ENI
SCOPRI DI PIU'Quando e come sono nate le lenti da vista?di Marco ArezioLa fondazione dell’ottica moderna la possiamo attribuire all’astronomo arabo Ibn al-Heitam (ca. 965-1040 d.C.) che in quel periodo mise in discussione le teorie sulla natura e sulla diffusione delle immagini visive dell’epoca.I suoi studi rivoluzionari sulle immagini, sulla riflessione della luce su specchi e sul vetro e il tentativo di capire il funzionamento della cornea umana, gli procurarono molti problemi, al punto che dovette fingersi pazzo per non incorrere in gravi conseguenze personali. Nonostante ciò, continuò i suoi studi che riassunse, tra gli altri, nel “libro dell’ottica” che rimase a noi sconosciuto fino al XIII° secolo, quando i monaci tradussero, questo e altri suoi libri in latino, destando subito grande scalpore ed interesse. Prima del XIV° secolo i difetti di vista che fossero congeniti, come la miopia, o collegati all’età, provocavano limitazioni irreparabili. I primi ad accorgersi di quale incredibile scoperta avevano tra le mani furono proprio i monaci, che erano consci dei problemi di vista che potevano affliggere l’uomo, specialmente quando si dedicavano alla traduzione di manoscritti e alla conservazione e diffusione del sapere. I monaci inventarono la prima “pietra di lettura”, una lente in vetro convessa che riusciva ad ingrandire le immagini dando un grande sollievo a chi aveva delle carenze visive. Esiste una trascrizione di un sermone, fatto durante una cerimonia religiosa a Firenze da parte di un frate Domenicano alla popolazione, che si può datare intorno al 1306, in cui veniva citata l’invenzione delle lenti e dei primi occhiali. Un altro monaco, a Pisa, Alessandro della Spina, nel 1313 parlò diffusamente dell’invenzione e della produzione degli occhiali da vista, con lenti che correggevano i difetti visivi che affliggevano anziani e giovani dell’epoca. Alla fine del XIII° secolo le vetrerie di Murano riuscirono a creare le prime lenti completamente trasparenti, incastonandole in piccoli cerchietti di legno o di osso, creando così la prima produzione in serie di occhiali. Per molto tempo gli occhiali si dovettero tenere davanti agli occhi con una mano, perché non si era trovato ancora il sistema di appoggiarli in modo autonomo sul viso delle persone. Così la diffusione delle lenti per i difetti visivi delle persone anziane fu rapida ed inaspettata, come possiamo notare dalle affermazioni di Petrarca in cui ci diceva che, raggiunti i 60 anni, aveva perso la buona vista e fu costretto a farsi aiutare dalle nuove lenti. Nel secolo successivo si svilupparono anche le lenti “per i giovani” che correggevano la miopia, come ci riporta una lettera del 1462, nella quale in Duca di Milano scriveva che si era dotato di lenti per poter vedere bene da lontano. Gli occhiali non divennero più solo uno strumento per la lettura e la scrittura, ma erano usate tutto il giorno per correggere il deficit visivo causato dalla miopia. Si iniziò a studiare come poter sostenere in modo autonomo gli occhiali senza la necessità di doverli tenere in mano, arrivando a pensare a speciali cappelli con inglobate le lenti o ad elastici posizionati intorno alla testa. Ma solo nel XVIII° secolo si arrivò ad inventare le stanghette degli occhiali, creando un modo comodo e pratico per indossare gli occhiali. Per molti secoli le lenti furono prodotte esclusivamente in vetro ma, a partire dalla scoperta delle materie plastiche, nel secolo scorso, si iniziò a produrle con materiali sintetici. Le lenti da vista o da sole, con materiali plastici, si rilevarono di grande comodità ed efficacia in quanto erano molto più resistenti del vetro, molto più leggere e più economiche. Di contro, le lenti in plastica, potevano essere più spesse rispetto a quelle di vetro e più facili da graffiare e quindi non consigliate in certe condizioni di uso. Categoria: notizie - tecnica - plastica - lenti da vista - vetro - storia
SCOPRI DI PIU'Adani Green Energy Limited (AGEL) è una delle più grandi società che sviluppa, costruisce, possiede, gestisce e mantiene progetti per l’energia solare ed eolica in India, con un portafoglio progetti attuale di 13.990 MW. Angel è presente in 11 stati indiani attraverso i parchi eolici e/o solari e ha nel portafoglio 54 progetti operativi e 12 siti in costruzione, aiutando così l’India nel suo cammino verso le energie rinnovabili. Nell’ottica di una crescente politica Indiana rivolta alla decarbonizzazione, Angel ha stretto un accorgo strategico con Total, la quale ha rilevato il 20% di Angel, dopo la proficua collaborazione negli anni scorsi nell’area dei servizi di distribuzione del gas in India. Infatti nel 2018 Total aveva investito in Adani Gas che si occupava della gestione della distribuzione del gas nelle città. Total e Adani hanno concordato un investimento di 2,5 miliardi di dollari inerente ad asset solari già operativi pari a 2,35 GWac di proprietà di Angel e il diritto, da parte di Total, ad un posto nel consiglio di amministrazione della società. Angel, nel 2015, ha avviato il parco solare più grande del mondo, situato a Kamuthi, che produce 648 MW di energia e, ad oggi, detiene una produzione di circa 3 GW da energie rinnovabili, con altri 3 GW in costruzione e 8,6 GW in fase di sviluppo. L’obbiettivo dell’azienda è arrivare entro il 2025 con una produzione di 25 GW di energie rinnovabili. Per Total, l’accordo con Angel permetterà di raggiungere entro il 2025 la produzione lorda di 35 GWp con l’obbiettivo di incrementare tale capacità fi 10 GW all’anno. Vedi maggiori informazioni
SCOPRI DI PIU'Il problema delle bolle di calore nelle città fortemente cementificate, ha bisogno di risposte tecnico-politiche efficacidi Marco ArezioLe estati, sempre più roventi, stanno portando, soprattutto nelle città, un livello di temperatura molto elevato e distribuito, non solo nelle ore diurne, ma anche durante la notte, rendendo invivibile la vita ai cittadini.Urbanistica e calore urbano L’urbanizzazione delle città storiche, ha visto la crescita di edifici abitativi e attività commerciali in nuclei sempre più stretti tra loro, erodendo il tessuto verde per far posto alla cementificazione continuativa. Oltre alla costruzione di edifici, anche di grandi dimensioni e molto vicini tra loro, se addirittura in una sorta di continuità edificativa, si è provveduto a pavimentare le strade, i parcheggi e le arre di collegamento tra un complesso e l’altro, con elementi impermeabili e assorbenti il calore come l’asfalto. In un contesto di cambiamento climatico, dove le ondate di calore colpiscono duro i centri abitati, la tipologia urbanistica e costruttiva odierna è del tutto inadeguata ad attenuare i fenomeni estremi. Strade ed edifici si caricano di calore durante il giorno, per poi restituirlo dalle ore serali in tutta la sua veemenza, impedendo una tregua dalla calura al calar del sole. La progettazione di soluzioni a queste problematiche, vede la necessità di ridurre le aree impermeabili che trattengono e rilasciano il calore, come da depavimentazione da asfalto o coperture stradali continue, per aumentare le aree verdi, le superfici drenanti al fine di mitigare l’effetto dell’accumulo di calore. Cosa è la depavimentazione urbana La depavimentazione urbana è un concetto che riguarda la rimozione di pavimentazioni in aree urbane per scopi specifici. L'obiettivo principale di questa pratica è quello di riqualificare spazi urbani per migliorare la qualità della vita delle persone, aumentare la sostenibilità ambientale e creare aree più piacevoli e funzionali per la comunità. Questo processo può riguardare diverse azioni: Rimozione di pavimentazioni asfaltate o cementate, come, strade, parcheggi e piazze che sono coperti da asfalto o cemento. Il lavoro comporta la rimozione di queste superfici dure e impermeabili, restituendo alla zona uno stato più naturale e permeabile.L’asportazione di queste sovrastrutture può essere utilizzata per creare parchi, giardini e spazi verdi in aree precedentemente pavimentate. Questi spazi possono favorire la biodiversità, migliorare la qualità dell'aria e fornire un ambiente più salutare per gli abitanti della città.La rimozione di pavimentazioni impermeabili può contribuire a prevenire allagamenti e migliorare il drenaggio delle acque piovane, permettendo loro di essere assorbite dal suolo e ricaricare le falde acquifere. Inoltre, le superfici impermeabili assorbono e trattengono il calore, contribuendo all'effetto noto come "isola di calore urbana". Rimuovendo alcune pavimentazioni continue e d impermeabili, è possibile migliorare il comfort termico delle zone urbane. Come risolvere il problema delle isole di calore urbane Il problema delle isole di calore urbane può essere affrontato adottando diverse strategie, tra cui la depavimentazione urbana svolge un ruolo importante. Ci sono diversi aspetti da affrontare per favorire questo fenomeno: Rimuovere parti di pavimentazione e sostituirle con spazi verdi, come parchi, giardini e aree alberate, può contribuire a ridurre l'accumulo di calore nelle città. Le superfici verdi assorbono meno calore rispetto al cemento e all'asfalto, fornendo un ambiente più fresco. Utilizzare coperture vegetali su edifici (tetti verdi) o materiali a bassa capacità termica (tetti freschi) può ridurre l'assorbimento di calore e aiutare a raffreddare gli edifici e le aree circostanti. Promuovere la mobilità sostenibile riducendo il traffico veicolare e creando aree pedonali e piste ciclabili può diminuire le emissioni di calore generate dai veicoli e ridurre l'effetto dell'isola di calore. Le decisioni di pianificazione urbana possono influenzare l'intensità dell'isola di calore. Ad esempio, aumentare la densità di edifici e ridurre gli spazi aperti può aumentare l'effetto dell'isola di calore, mentre una pianificazione oculata può promuovere una migliore circolazione dell'aria e una maggiore presenza di aree verdi. Utilizzare materiali più chiari e riflettenti per pavimentazioni e coperture può aiutare a ridurre l'assorbimento di calore. Allo stesso tempo, promuovere superfici permeabili può facilitare il drenaggio delle acque piovane e ridurre il surriscaldamento. Inoltre, alcune città stanno sperimentando sistemi di raffreddamento urbano, come l'utilizzo di acqua riciclata o impianti di raffreddamento evaporativo per ridurre le temperature nelle zone densamente popolate. Infine, è possibile proteggere e ampliare le aree naturali circostanti, contribuendo a mantenere un microclima più favorevole e ridurre l'impatto dell'urbanizzazione sul riscaldamento. Perché le pavimentazioni impermeabili assorbono e rilasciano il calore più di quelle permeabili Le pavimentazioni impermeabili e permeabili influenzano l'effetto delle isole di calore urbano in modo significativo. Vediamo come funzionano e quali sono le differenze tra queste due tipologie di pavimentazione: Pavimentazioni Impermeabili Le pavimentazioni impermeabili, come l'asfalto e il cemento, hanno una bassa capacità di assorbire l'acqua. Quando il sole colpisce queste superfici, esse riscaldano notevolmente, assorbendo il calore e accumulandolo. Di conseguenza, durante le giornate calde, queste superfici possono diventare estremamente calde, contribuendo all'effetto di riscaldamento dell'isola di calore urbano. Inoltre, l'acqua piovana scorre rapidamente sulle pavimentazioni impermeabili, accumulando in modo limitato e creando problemi di allagamento e scarico nelle città. Pavimentazioni Permeabili Le pavimentazioni permeabili, come il pavimento in porfido, mattoni porosi, calcestruzzo poroso, i grigliati in plastica e cemento e molti altri prodotti, consentono all'acqua di penetrare attraverso la loro superficie e raggiungere il suolo sottostante. Questo tipo di pavimentazione ha una capacità di drenaggio superiore rispetto alle pavimentazioni impermeabili, consentendo all'acqua piovana di essere assorbita nel terreno, ricaricando le falde acquifere e riducendo il rischio di allagamenti. Inoltre, le pavimentazioni permeabili riflettono meno calore rispetto a quelle impermeabili, poiché l'acqua presente sulla superficie evapora e raffredda l'ambiente circostante. Riduzione del Calore Urbano Le pavimentazioni impermeabili contribuiscono all'effetto di riscaldamento delle isole di calore urbano, mentre le pavimentazioni permeabili possono aiutare a ridurlo. La presenza di pavimentazioni permeabili aumenta la quantità di evaporazione dell'acqua e favorisce una migliore circolazione dell'aria, aiutando a raffreddare l'ambiente circostante. Inoltre, le aree verdi, come i parchi e i giardini, che spesso includono pavimentazioni permeabili, contribuiscono ulteriormente a ridurre il calore urbano attraverso il processo di traspirazione delle piante e l'ombreggiamento. Quali sono i progetti più importanti di depavimentazione urbana Non esistono ancora molti progetti di depavimentazione urbana su vasta scala, ma ci sono stati alcuni progetti pilota e iniziative locali interessanti. Ecco alcuni esempi di progetti di depavimentazione urbana significativi: Progetto Depave Portland, Oregon, USA Il progetto Depave si concentra sulla rimozione di pavimentazioni impermeabili per creare spazi verdi nelle aree urbane di Portland. L'iniziativa mira a creare parchi e giardini, nonché a prevenire inondazioni e proteggere l'ecosistema locale. Progetto Sponge City – Cina Le Sponge Cities sono un progetto sperimentato in diverse città cinesi, come Shanghai e Chengdu, per affrontare problemi di inondazioni e gestione delle acque. Questi progetti incorporano la depavimentazione urbana attraverso l'uso di pavimentazioni permeabili, aree verdi e sistemi di raccolta delle acque piovane per prevenire allagamenti e migliorare la gestione delle risorse idriche. Progetto Green Infrastructure - Città Europee Diverse città europee stanno implementando progetti di green infrastructure che includono la depavimentazione urbana. Ad esempio, Copenaghen in Danimarca ha creato piste ciclabili, aree verdi e parchi su ex parcheggi e strade asfaltate per promuovere uno stile di vita più sostenibile e ridurre l'impatto delle isole di calore. Progetto Raining Street - Tokyo, Giappone A Tokyo, è stato lanciato il progetto "Raining Street" che mira a promuovere l'uso dell'acqua piovana per scopi diversi, come il raffreddamento urbano e l'irrigazione. Ciò include la depavimentazione di alcune aree per consentire il drenaggio dell'acqua piovana e il suo riutilizzo. Progetto Urban Heat Islands - Melbourne, Australia Melbourne ha avviato diverse iniziative per affrontare gli effetti delle isole di calore urbane, tra cui la depavimentazione per creare spazi verdi e piste ciclabili e l'utilizzo di materiali a bassa capacità termica per le coperture degli edifici. Progetto Growsmart - Boston, Massachusetts, USA Growsmart è un programma di depavimentazione urbana avviato a Boston per trasformare ex parcheggi e spazi pavimentati in parchi e aree verdi pubbliche. L'iniziativa mira a migliorare la qualità della vita, la salute e la sostenibilità della città.
SCOPRI DI PIU'Il Miraggio del riciclo dei Rifiuti nella Macedonia del Norddi Marco ArezioA due passi dal cuore produttivo dell'Europa, non lontano dal parlamento Europeo dove domina una corsa virtuosa alla tutela dell'ambiente e all'incremento del riciclo dei rifiuti, al centro di un'area in cui la popolazione ha sdoganato l'economia circolare, la Macedonia del nord, secondo quanto riportato da Aleksandar Samardjiev, resta lontano anni luce dal resto d'Europa sul tema della gestione dei rifiuti. Vediamo perchèNonostante alcuni esempi positivi, in Macedonia del Nord il riciclo resta a livelli estremamente bassi. Secondo esperti e osservatori, il paese deve elaborare in fretta una strategia a lungo termine nella gestione dei rifiuti Le famiglie raccolgono i rifiuti in un unico bidone e poi lo svuotano nei contenitori in strada: poi la spazzatura viene portata dai camion comunali in una discarica, dove viene accumulata sul terreno. Questa è, in buona sostanza, l'immagine che sintetizza la gestione dei rifiuti in Macedonia del Nord, con livelli estremamente bassi di selezione e riciclo. Più rifiuti, meno riciclo Le statistiche confermano la disastrosa situazione: mentre la quantità totale di rifiuti raccolti nel paese è in costante aumento, la capacità di riciclo procede nella direzione opposta. Nel 2017 la Macedonia del Nord ha generato 787mila tonnellate di rifiuti, di cui solo lo 0,6% è stato riciclato. Nel 2018 i rifiuti sono aumentati a 855mila tonnellate, con un tasso di riciclo dello 0,5%. Nel 2019 i rifiuti hanno raggiunto le 916mila tonnellate, mentre la capacità di riciclo è scesa ad un mero 0,3%. Secondo i funzionari del Ministero dell'Ambiente e della Pianificazione territoriale, l'attuale quadro giuridico è corretto e coerente con gli standard dell'Unione europea, ma le leggi, le strategie e i piani per la gestione dei rifiuti e la protezione ambientale sono male applicati a livello municipale. I comuni dovrebbero iniziare a lavorare sulla selezione dei rifiuti: non c'è quasi nessuno smistamento dei rifiuti e bidoni separati, cioè dovrebbe essercene uno (giallo) per gli imballaggi in plastica, vetro, carta ecc. e uno per i rifiuti misti non riciclabili. “In questo modo, i rifiuti del bidone giallo non andrebbero in discarica, ma sarebbero separati in carta, vetro, plastica, ecc. e riciclati. Al momento, i cittadini non sono pronti a selezionare, né hanno l'infrastruttura per farlo. Servono anche maggiore controllo e supervisione da parte degli ispettori municipali”, spiega a OBCT Ana Karanfilovska Mazneva, capo del dipartimento ministeriale di Gestione dei rifiuti. Nella sua relazione 2020 sull'andamento del trattamento dei rifiuti, l'Ufficio statale di revisione conclude che la selezione e la raccolta differenziata dei rifiuti urbani vengono eseguite solo in alcuni comuni e in misura limitata. Anche il tasso di riciclo è basso. Pertanto, è necessaria un'azione più intensa da parte dello stato, delle autorità locali e del settore imprenditoriale per migliorare in questo settore. Prilep, un esempio positivo I media locali portano spesso ad esempio la città di Prilep, saldamente al primo posto per la selezione dei rifiuti nel paese, che contribuisce tanto quanto tutte le altre città macedoni messe insieme, compresa la capitale Skopje. Con una popolazione di 75mila abitanti, la città genera ogni anno da 28mila a 31mila tonnellate di rifiuti, di cui la società di servizi pubblici Komunalec riesce a selezionare e vendere fino a 13mila tonnellate di rifiuti selezionati, quasi la metà delle quantità raccolte. Solo nel 2020, questa società di servizi pubblici è riuscita a selezionare e vendere 822 tonnellate di rifiuti di carta e cartone, 87 tonnellate di vari tipi di rifiuti di plastica e imballaggi in PET, 56 tonnellate di nylon e 78 tonnellate di imballaggi in vetro dalla città. Inoltre, sono state raccolte circa tremila tonnellate di detriti edilizi con i propri contenitori per detriti edilizi, che ricoprono la discarica comunale con rifiuti urbani. L'azienda seleziona anche da duemila a tremila tonnellate di materiali di scarto aggiuntivi (tessuti, mobili, legno, ecc.), che però attualmente non vengono venduti nel paese o all'estero. Il comune chiede, ma non ha ancora ricevuto, assistenza dallo stato per un ulteriore trattamento dei rifiuti attraverso la realizzazione di un Centro Secondario di Selezione. Alla ricerca di una strategia efficace di gestione dei rifiuti A livello giuridico, il territorio della Macedonia del Nord è diviso in otto regioni che hanno le proprie discariche. Nonostante le buone intenzioni, tuttavia, la spazzatura viene semplicemente gettata a terra e non trattata. “L'idea è di trasformare le discariche in verie e propri centri per la gestione complessiva dei rifiuti. Quando vengono distribuiti i bidoni dei rifiuti domestici, la selezione secondaria dovrebbe essere effettuata nelle discariche regionali e quindi la carta, il cartone, il vetro e la plastica raccolti dovrebbero essere venduti al settore privato del riciclo, riducendo quindi finalmente i rifiuti abbandonati in tutto il paese", spiega Ana Karanfilovska Mazneva. Igor Makaloski, rappresentante di una delle aziende che raccolgono rifiuti selezionati in collaborazione con i comuni, ritiene che sia necessario che le persone diventino più consapevoli dei vantaggi della selezione dei rifiuti. Afferma che la sua azienda, pur collaborando con oltre 40 amministrazioni locali in Macedonia del Nord, dove vivono oltre il 70% dei 2 milioni di abitanti, raccoglie solo 1.800 tonnellate di rifiuti di imballaggio. “Purtroppo in Macedonia del Nord molto spesso abbiamo solo dichiarazioni di principio quando si parla di ecologia.Insieme, dobbiamo impegnarci di più su questo problema. Ci sono carenze nel processo di raccolta e parte dell'attrezzatura installata è costantemente vandalizzata da cittadini senza scrupoli. Ma questo non ci solleva dalla responsabilità di trovare modi per raccogliere i rifiuti di imballaggio e smaltirli in luoghi appropriati”, spiega Makaloski.L'attivista Branko Prlja (fondatore dei gruppi "Dare, non bittare" e "Non buttare, non inquinare" per sensibilizzare al riciclo, il riutilizzo e l'uso ridotto al fine di preservare l'ambiente) afferma che lo stato dovrebbe essere coinvolto più attivamente nel processo di riciclo. “Vietare, limitare o tassare i materiali non riciclabili. In questo modo non verranno utilizzati e non finiranno nelle discariche. D'altra parte, può aiutare le aziende sovvenzionate a riciclarli o facilitarne il trasporto verso paesi che possono riciclarli”, ha scritto Prlja nel suo blog. Molte scadenze per gli obiettivi di selezione e riciclo in vari piani nazionali sono già state mancate: il riutilizzo e il riciclo del 50% dei rifiuti domestici era previsto per il 2020, ma rimane ad oggi un obiettivo non raggiunto. La ricerca ambientale mostra anche che i rifiuti lasciati a terra emettono sostanze e gas nocivi, diventando così una delle cause dell'inquinamento atmosferico, un altro grave problema sanitario nella Macedonia del Nord. Categoria: notizie - plastica - economia circolare - riciclo - rifiuti - macedonia
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