Esplora le indagini, le speculazioni e le possibili cause dietro la misteriosa scomparsa della nave "Londra" nel Mediterraneo, un caso emblematico di traffico illecito marittimodi Marco ArezioNell'autunno del 1987, la nave cargo "Londra" solcava le acque del Mediterraneo, partendo dal porto di Napoli. La sua destinazione era il Nord Africa, e il suo carico dichiarato comprendeva macchinari usati. Tuttavia, il viaggio della "Londra" si trasformò in un enigma che ancora oggi stimola curiosità e teorie: dopo pochi giorni in mare, la nave e tutto il suo contenuto svanirono senza lasciare traccia. Questo episodio non solo apre il sipario su una delle tante storie di navi scomparse - spesso chiamate "navi a perdere" - ma si immerge nel cuore oscuro dei traffici illeciti che hanno infestato il Mediterraneo verso la fine del ventesimo secolo. Il Mediterraneo, una regione già turbolenta per le sue complesse dinamiche geopolitiche, era diventato un teatro crescente di operazioni clandestine. Traffici di armi, droga e rifiuti tossici si intrecciavano con gli interessi di vari stati e organizzazioni criminali, creando una rete di illegalità diffusa e spesso invisibile. La "Londra" potrebbe essere stata un tassello in questo complesso puzzle marittimo, un mezzo attraverso il quale merci pericolose e proibite venivano movimentate sotto il velo della normalità commerciale. Le indagini ufficiali e i report giornalistici successivi alla scomparsa di questa nave hanno aperto varie piste di indagine, spaziando dal semplice incidente marittimo alle più inquietanti teorie di affondamenti deliberati per eliminare prove compromettenti. La storia della "Londra" si inserisce in un contesto più ampio di criminalità marittima che ha visto il Mediterraneo non solo come un crocevia di culture e commerci, ma anche come un epicentro di traffici oscuri e pericolosi. In questo scenario, la scomparsa della "Londra" rappresenta una finestra significativa su un periodo storico e su una pratica che, sebbene occultata e negata, ha lasciato un'impronta indelebile sulla sicurezza internazionale e sull'ambiente marino. Questa introduzione al caso vuole non solo narrare un evento, ma anche esplorare le ramificazioni di un fenomeno criminale che continua a sfidare la legge e la morale internazionale, stimolando un dibattito ancora aperto su come affrontare e prevenire tali attività illecite in futuro. Il Contesto del Traffico Illecito: Un Mare di Criminalità Negli anni '80, il Mediterraneo non era solo un crocevia di civiltà e scambi commerciali, ma anche un epicentro di attività illecite che sfidavano ogni tentativo di controllo e regolamentazione. Durante questo periodo, il traffico di rifiuti tossici, armi e sostanze stupefacenti aumentò esponenzialmente, sfruttando le lacune nelle normative internazionali e la complicità, talvolta, delle autorità portuali e di altre entità governative. 1. Traffico di rifiuti tossici: Le navi venivano utilizzate per trasportare rifiuti industriali pericolosi, spesso provenienti dall'Europa e diretti verso i paesi meno sviluppati del Sud del mondo, dove le leggi ambientali erano meno rigorose o facilmente eludibili mediante corruzione. Questi rifiuti venivano poi illegalmente scaricati o sepolti, causando gravi danni ambientali e rischi per la salute pubblica. 2. Commercio di armi: Il Mediterraneo serviva anche come rotta principale per il traffico di armi, alimentando conflitti in zone instabili. Questo commercio vedeva spesso la partecipazione di intermediari e mercanti che operavano nell'ombra, fornendo supporto logistico e copertura a gruppi militanti e governi di paesi in guerra. Le navi come la "Londra" potevano essere caricate con armamenti destinati a essere consegnati discretamente a destinazioni strategicamente rilevanti. 3. Traffico di droga: Le rotte marittime del Mediterraneo facilitavano anche il trasporto di grandi quantità di droghe illegali. La posizione geografica del Mediterraneo come ponte tra l'Oriente e l'Occidente rendeva ideale l'utilizzo di navi cargo per spostare sostanze stupefacenti dal Medio Oriente e dal Nord Africa verso l'Europa, spesso mascherando i carichi illeciti con merci legittime. Queste operazioni illecite non erano isolate ma parte di una rete ben organizzata che coinvolgeva criminali, talvolta con legami con entità statali e para-statali. La corruzione, la mancanza di risorse adeguate per l'applicazione della legge e l'esistenza di zone economiche e politiche instabili contribuivano a creare un ambiente in cui questi traffici illeciti potevano prosperare con relativamente pochi ostacoli. Il caso della nave "Londra" è emblematico di come queste dinamiche possano intrecciarsi: una nave scomparsa potrebbe aver rappresentato un episodio di una pratica molto più ampia e sistematica. I carichi illeciti, spesso sotto copertura di operazioni commerciali apparentemente innocue, nascondevano attività che andavano ben oltre la semplice violazione delle leggi marittime, toccando questioni di sicurezza internazionale, violazioni dei diritti umani e danni ambientali irreversibili. La Scomparsa: Un Velo di Mistero sul Mediterraneo La scomparsa della nave "Londra" dalle acque del Mediterraneo alla fine degli anni '80 non è solo un episodio isolato, ma rappresenta un fenomeno più ampio e inquietante che getta luce su pratiche oscure nell'ambito del traffico marittimo internazionale. Il caso si distingue per le sue circostanze misteriose e le implicazioni che porta con sé, toccando questioni di sicurezza, criminalità organizzata e fallimenti nei sistemi di monitoraggio e controllo. Cronologia della Scomparsa: Partenza da Napoli: Nell'ottobre del 1987, la "Londra" salpa dal porto di Napoli. Il carico ufficialmente dichiarato comprende macchinari usati, ma si sospetta che contenesse anche materiali illeciti. La destinazione dichiarata è un porto nel Nord Africa. Ultimo Contatto: Pochi giorni dopo la partenza, la nave effettua il suo ultimo contatto via radio. La posizione registrata è al centro del Mediterraneo, una vasta area che rende le operazioni di ricerca estremamente complicate. Scomparsa: Dopo il suo ultimo contatto, la "Londra" scompare senza lasciare tracce. Non ci sono segnali di SOS, né detriti che indichino un possibile naufragio. La nave, insieme al suo carico, sembra svanire nel nulla. Le Ricerche: Non appena viene segnalata la scomparsa, le autorità marittime italiane avviano una vasta operazione di ricerca. Le attività si estendono per settimane, coinvolgendo navi e aerei da ricognizione. La collaborazione internazionale vede la partecipazione di diversi paesi del Mediterraneo, ma nonostante gli sforzi congiunti, le ricerche non portano a nessun risultato concreto. La mancanza di resti o detriti alimenta ulteriori speculazioni sulla sorte della nave. Speculazioni e TeorieLa natura della scomparsa della "Londra" stimola una serie di teorie: Affondamento Intenzionale: Una delle teorie più plausibili è che la nave sia stata affondata intenzionalmente per eliminare le prove di traffico illecito. Questo scenario suggerirebbe una pianificazione dettagliata e la complicità di figure influenti nel mondo della criminalità organizzata. Coinvolgimento di Servizi Segreti: Alcuni esperti speculano sul possibile coinvolgimento dei servizi segreti, nazionali o stranieri, che potrebbero aver usato la nave per operazioni sotto copertura, risultate poi in un affondamento per preservare il segreto delle attività svolte. Disastro non Documentato: Un'altra possibilità è che la "Londra" abbia incontrato un disastro naturale o tecnico non documentato, come una tempesta improvvisa o un guasto critico, che ha portato al suo rapido affondamento senza lasciare tempo per una chiamata di soccorso. La scomparsa della "Londra" rimane un mistero avvolto nel silenzio. Questo episodio solleva questioni preoccupanti riguardo la sicurezza e il monitoraggio nelle rotte marittime internazionali, evidenziando le sfide nel combattere il traffico illecito e la criminalità organizzata in acque internazionali. La storia serve come un promemoria della necessità di rafforzare la cooperazione internazionale e le capacità di sorveglianza per prevenire che simili episodi rimangano irrisolti, proteggendo così la sicurezza marittima e la legalità internazionale. Le Indagini: Tra Complessità e Ostacoli Internazionali La scomparsa della nave "Londra" non solo scatenò un'operazione di ricerca di vasta scala ma anche un complesso insieme di indagini che cercavano di districare i fili di un possibile intrigo internazionale. Queste indagini si svolsero su più fronti, coinvolgendo vari enti nazionali e internazionali, e affrontarono numerose sfide, dalla mancanza di prove fisiche alla complessità delle leggi internazionali sul mare. Fasi delle Indagini: Raccolta delle informazioni: Le prime fasi delle indagini si concentrarono sulla raccolta di tutte le informazioni possibili relative alla nave e al suo ultimo viaggio. Questo includeva dettagli sul carico, l'equipaggio, le comunicazioni di bordo e i dati di navigazione. Interpol e le autorità marittime italiane esaminarono i registri portuali e le comunicazioni satellitari per cercare indizi sul percorso della nave e su eventuali anomalie durante il viaggio. Interviste e interrogatori: Gli investigatori intervistarono l'equipaggio e i dirigenti della compagnia di spedizione che gestiva la "Londra". Furono inoltre interrogati gli agenti di dogana e altri operatori portuali di Napoli per verificare la presenza di irregolarità o comportamenti sospetti durante il caricamento del carico. Analisi del carico: Dato il sospetto che la nave trasportasse materiali illeciti, le indagini si approfondirono sulle nature del carico. Si cercò di tracciare l'origine dei macchinari usati dichiarati e di verificare se fossero stati effettivamente esportati per il riciclaggio o se potessero coprire merci più compromettenti. Ostacoli e Problematiche: Segretezza e mancanza di collaborazione: Una dei maggiori problemi fu la segretezza che circondava le operazioni della "Londra". Le indagini si scontrarono con una muraglia di silenzio e non collaborazione da parte di certi enti internazionali e imprese private, complicando gli sforzi per ottenere informazioni chiare e affidabili. Giurisdizione e leggi internazionali: La natura internazionale del caso pose problemi significativi relativi alla giurisdizione. La "Londra" era registrata sotto una bandiera di comodo, il che complicava ulteriormente le procedure legali, dato che le leggi marittime internazionali spesso non permettono a uno stato di agire unilateralmente in acque internazionali. Tecnologia e risorse: Al tempo delle indagini, le tecnologie disponibili per il monitoraggio e la ricerca in mare aperto erano limitate. Mancavano le risorse e le tecniche avanzate che oggi aiutano a localizzare relitti sottomarini e carichi affondati, limitando seriamente le capacità investigative.Conclusione delle Indagini: Nonostante gli sforzi intensi, le indagini non riuscirono a chiarire le circostanze della scomparsa della "Londra". Nessun resto della nave fu trovato e le prove del carico rimasero inconcludenti. Le autorità conclusero che senza nuove prove, il caso non poteva essere risolto con certezza. La scomparsa della "Londra" rimase avvolta nel mistero, servendo come un duro promemoria delle difficoltà nel governare e controllare le vastità del mare, e dell'ingegnosità e della determinazione di coloro che operano al di fuori della legge.
SCOPRI DI PIU'Dare al denaro una priorità maggiore di altre può creare disagio, dipendenza ed emarginazionedi Marco ArezioSfatiamo subito un pensiero, che l’articolo possa sostenere un approccio ad una vita francescana, fatta di rinunce e povertà, con l’intento di tarpare le speranze, legittime per altro, ad ogni individuo che ricerchi nella tranquillità economica un equilibrio della sua vita. No, non è questo l’intento. Vorrei invece parlare di quando si attribuisce al denaro un ruolo eccessivamente privilegiato, impostando la propria vita nella rincorsa spasmodica di quel benessere, idealizzato, che mette in moto, continuamente, le risorse fisiche e intellettive delle persone. I soldi sono una necessità fondamentale per la nostra esistenza, servono per mangiare, per godere di una casa, per poter avere una famiglia, sostenere i figli, permettersi degli svaghi e migliorare la nostra vecchiaia. Per questo impieghiamo un terzo o più delle nostre giornate, tutti i mesi per tutti gli anni lavorativi per guadagnare dei soldi, ed è ovvio che questo grande sforzo, per così tanto tempo della nostra vita, dia al denaro un peso importante, faticosamente importante. Spenderlo senza oculatezza, anche se fossimo agiati, sarebbe un approccio discutibile, solo per il fatto che, in situazioni normali ed oneste, il denaro che si è guadagnato è stato scambiato con il proprio tempo, una parte della propria vita che non si potrà più comprare o recuperare. Una disponibilità economica aiuta a stare meglio, ad aiutare di altri e guardare con più ottimismo e serenità il futuro. Ma dovremmo vederlo come un tassello, un ingranaggio, un dente della ruota che deve girare insieme a molti altri, per fa si che la macchina della vita si muova in modo corretto e non si blocchi. I denti della ruota della vita sono fatti anche dalla salute, dalle relazioni affettive, dalla radicazione nel territorio, dalle relazioni sociali e per chi crede, dalla fede. Ognuno bilancia come crede questi ingredienti, cercando di mantenere un certo equilibrio in base al proprio carattere, alla propria inclinazione, alla propria situazione relazionale e alle proprie aspettative. Quando però a uno di questi pesi, come il denaro, si attribuisce troppa importanza, come vasi comunicanti tutti gli altri decrescono di valore, mettendo a rischio il proprio equilibrio interiore, psicologico ed emotivo. Essere ossessionati dal valore del denaro e dalla sua disponibilità nella propria vita significa demonizzarlo, creando situazioni in cui si è portati a non spenderlo, se non per cose inderogabili, avendo la repulsione e la paura di utilizzarlo. In una vita sociale questo atteggiamento si può notare attraverso comportanti facilmente identificabili, come portare vestiti consunti, far finta al bar con gli amici di non avere il portafoglio per non pagare, usare la macchina di altri quando è possibile, impuntarsi nelle divisione delle spese quando si è in compagnia per pagare il meno possibile, non comprare mai un libro o un giornale o andare al cinema o ad un museo, cercare di fare le vacanze sulle spalle di altri, e così ne potremmo raccontare mille altri di queste situazioni. Chi vive questo rapporto con il denaro, cerca di prevenire le situazioni che lo potrebbero portare a pagare qualche cosa di evitabile, secondo lui, quindi seleziona la propria socialità riducendo gli incontri con gli amici e i parenti, iniziando una auto emarginazione per evitare ogni contatto con i soldi. Di anno in anno, la centralità del problema lo porta a non godere della propria vita, con la consapevolezza di essere dalla parte del giusto, ma spingendolo a dimenticare che il fine della propria esistenza non è avere soldi nel cassetto, ma vivere le emozioni che la vita ci può offrire. Il tempo passato rinchiuso in sé stesso è un tempo irrimediabilmente perso, fatto di angosce e di pochezza, che potrebbero tornare a galla nella vecchiaia, con tutti i rimorsi che affioreranno nella mente. L’interesse per il denaro dovrà quindi essere controbilanciato con l’interesse per tutto quanto di positivo la vita ci può dare e, senza una condivisione della propria esistenza con le opportunità vita il conto non tornerà probabilmente mai. Non confondetevi tra costo della vita e valore della vita.
SCOPRI DI PIU'Additivi, prove di laboratorio, differenze ed impieghi commerciali ed industriali dei polimeri flame retard (autoestinguenti) di Marco ArezioLe plastiche flame retardant (resistenti al fuoco o autoestinguenti) sono materiali polimerici modificati per resistere all'ignizione e rallentare la propagazione delle fiamme. Questa proprietà è particolarmente importante in numerosi ambiti applicativi, come l'elettronica, l'edilizia e i trasporti, dove la resistenza al fuoco è cruciale per la sicurezza. L'aggiunta di additivi flame retardant è il metodo più comune per conferire alle plastiche proprietà resistenti al fuoco. Tipi di Additivi Flame Retardant Gli additivi flame retardant si classificano in diverse categorie, a seconda della loro composizione chimica e del meccanismo d'azione: Additivi Alogeni: Comprendono composti a base di bromo e cloro. Funzionano rilasciando alogeni che interferiscono con la reazione di combustione nella fase gassosa. Additivi Fosforati: Operano principalmente nella fase solida, promuovendo la carbonizzazione e riducendo la quantità di materiale infiammabile vaporizzato. Idrossidi di Metallo: Come l'idrossido di alluminio e di magnesio, questi additivi rilasciano acqua quando si scaldano, che aiuta a raffreddare il materiale e a diluire i gas combustibili. Additivi Intumescenti: Formano una schiuma carboniosa protettiva sulla superficie del materiale quando esposti al calore, isolando il materiale sottostante dalla fonte di calore. Funzionamento dell'Inibizione della Fiamma L'inibizione della fiamma nelle plastiche funziona attraverso vari meccanismi, a seconda del tipo di additivo utilizzato: Diluizione dei Gas Combustibili: Alcuni additivi rilasciano gas inerti che diluiscono i gas combustibili nell'area della fiamma, riducendo la combustione. Barriera Fisica: Gli additivi intumescenti formano una barriera carboniosa che isola termicamente il materiale e impedisce l'accesso dell'ossigeno. Raffreddamento: L'acqua rilasciata dagli idrossidi di metallo assorbe calore, abbassando la temperatura della combustione. Interferenza Chimica: Alogeni e altri composti possono interferire con le reazioni radicaliche nella zona di combustione, rallentando la reazione. Prove di Laboratorio per Catalogare le Plastiche Non Infiammabili Vediamo quali sono le prove principali per catalogare il grado di infiammabilità e come si eseguono:Test UL 94 Il test UL 94, gestito da Underwriters Laboratories (UL), è uno dei metodi più riconosciuti e ampiamente utilizzati per valutare le proprietà di infiammabilità dei materiali polimerici utilizzati in dispositivi elettrici ed elettronici. Questo test classifica i materiali in base alla loro capacità di estinguere le fiamme dopo essere stati accesi in condizioni controllate. Il test viene eseguito applicando una fiamma a un campione del materiale per un periodo specificato e osservando il comportamento del materiale in termini di tempo di combustione dopo la rimozione della fiamma, il gocciolamento di materiale infiammabile e la lunghezza della combustione.In base ai risultati, i materiali sono classificati in diverse categorie, come V-0, V-1, V-2, HB, 5VB, e 5VA:V-0, V-1, V-2: Indicano che il materiale si autoestingue entro un certo tempo dopo l'accensione. La distinzione tra le classi dipende dal tempo di autoestinguenza e dalla presenza di gocciolamento di particelle infiammate. HB: La classificazione più bassa, indica una velocità di combustione orizzontale in un certo intervallo. 5VB e 5VA: Sono test più severi che valutano la resistenza all'accensione quando il campione è sottoposto a un carico termico elevato. 5VA rappresenta la massima resistenza alla fiamma senza gocciolamento di materiale, mentre 5VB: permette un certo gocciolamento. Test di Ossigeno Limitante (LOI) Il test di Ossigeno Limitante (LOI) misura la percentuale minima di ossigeno nell'atmosfera necessaria per sostenere la combustione di un materiale polimerico. Viene eseguito in un'apposita apparecchiatura dove il campione viene posto in una colonna di vetro e esposto a una miscela controllata di azoto e ossigeno, aumentando gradualmente la concentrazione di ossigeno fino a quando il materiale non continua a bruciare per un tempo prestabilito dopo l'accensione. Il valore di LOI è una misura diretta dell'infiammabilità del materiale: maggiore è il valore di LOI, minore è l'infiammabilità del materiale. Materiali con valori di LOI superiori al 21% (la percentuale di ossigeno nell'aria) sono considerati più resistenti al fuoco. Questo test è particolarmente utile per confrontare la resistenza al fuoco di diversi materiali sotto un'unica metrica standardizzata. Test di Infiammabilità a Cono Calorimetrico Il test di infiammabilità a cono calorimetrico è un metodo avanzato che fornisce dati dettagliati sulla risposta di un materiale all'esposizione al calore. Durante il test, un campione del materiale viene esposto a un flusso radiante crescente in presenza di una sorgente di accensione, simulando gli effetti di un incendio in fase iniziale. Il cono calorimetrico misura la velocità di rilascio di calore, la produzione di fumo e la perdita di massa del campione nel tempo, fornendo un profilo completo della sua reattività al fuoco. Questi dati aiutano a comprendere come il materiale contribuirà alla crescita e alla propagazione dell'incendio, consentendo agli ingegneri di progettare materiali e prodotti con prestazioni migliorate di sicurezza antincendio. Questo test è particolarmente utile nella valutazione di materiali per l'edilizia e l'ingegneria dei trasporti Rendere Flame Retardant un Polimero Riciclato Il processo di rendere flame retardant un polimero riciclato, sia da post-consumo che da post-industriale, richiede attenzione nella selezione degli additivi compatibili con il tipo di polimero e nel mantenimento delle proprietà meccaniche del materiale riciclato. Il processo include: Analisi del Materiale: Identificazione della composizione del polimero riciclato per scegliere gli additivi più adatti. Incorporazione degli Additivi: Gli additivi possono essere miscelati meccanicamente con il polimero durante il processo di estrusione o possono essere applicati come rivestimenti superficiali. Mantenimento delle Caratteristiche dopo il Riciclo Meccanico Il riciclo meccanico può influenzare le proprietà flame retardant dei polimeri a causa della degradazione termica o meccanica del polimero e degli additivi durante il processo di riciclo. La stabilità delle proprietà flame retardant in un polimero riciclato dipende da: - La stabilità termica degli additivi flame retardant. - La compatibilità degli additivi con il processo di riciclo. - La capacità di ridistribuire uniformemente gli additivi nel polimero durante il riciclo. Per mantenere le caratteristiche flame retardant, può essere necessario aggiungere ulteriori additivi o stabilizzatori durante il processo di riciclo. La valutazione delle proprietà del materiale riciclato attraverso test di laboratorio è cruciale per garantire che il materiale riciclato soddisfi i requisiti di sicurezza e di prestazione. Impiego dei Polimeri Autoestinguenti per la Produzione di Articoli ad uso Industriale e Civile I polimeri flame retardant sono utilizzati in una vasta gamma di applicazioni, specialmente in edilizia, dove la resistenza al fuoco è cruciale per la sicurezza degli edifici. Questi materiali sono progettati per ridurre la velocità di combustione, limitare la diffusione delle fiamme e contribuire a prevenire incendi. Nell'edilizia, i polimeri flame retardant trovano applicazione in numerosi prodotti, tra cui isolanti termici, rivestimenti, cavi elettrici, e componenti strutturali. Polimeri Flame Retardant Utilizzati in Edilizia Polistirene Espanso (EPS) e Polistirene Estruso (XPS): Sono ampiamente utilizzati come isolanti termici per cappotti esterni e per l'isolamento di pavimenti, tetti e muri. Possono essere trattati con additivi flame retardant per ridurre l'infiammabilità. Polietilene Espanso (EPE): Utilizzato per l'isolamento termico e l'ammortizzazione degli impatti, l'EPE può essere modificato per migliorare la resistenza al fuoco, rendendolo adatto per applicazioni in edilizia. Polimeri Intumescenti: Questi materiali si espandono quando esposti al calore, formando una barriera carboniosa che protegge il materiale sottostante dalle fiamme. Sono utilizzati in vernici, mastici, e rivestimenti per cavi elettrici. Polivinilcloruro (PVC) Flame Retardant: Il PVC è utilizzato in una varietà di applicazioni in edilizia, inclusi i rivestimenti per cavi e i tubi. Il PVC può essere reso flame retardant attraverso l'aggiunta di additivi specifici. Polimeri Fenolici: Questi materiali sono noti per le loro eccellenti proprietà di resistenza al fuoco e sono utilizzati in schiume isolanti e compositi. Applicazioni di Articoli Autoestinguenti in Edilizia Isolamento Termico: I materiali isolanti flame retardant sono essenziali per prevenire la diffusione del fuoco attraverso le cavità dei muri e altri spazi isolati negli edifici. Rivestimenti e Vernici: Forniscono una protezione passiva contro il fuoco a strutture, travi e colonne, contribuendo a mantenere l'integrità strutturale in caso di incendio. Cavi elettrici e Tubi: L'utilizzo di materiali flame retardant in questi componenti riduce il rischio di incendi elettrici e limita la diffusione del fuoco. Differenze nelle Resistenze al Fuoco degli Isolanti per Cappotti Termici Gli isolanti termici possono variare significativamente nella loro resistenza al fuoco a seconda del materiale, della densità, e della presenza di additivi flame retardant. Ecco alcune differenze chiave: Resistenza Termica: Alcuni isolanti, come quelli a base di fibra minerale (lana di roccia, lana di vetro), offrono migliori prestazioni di resistenza al fuoco rispetto a quelli organici (EPS, XPS) a causa della loro natura incombustibile. Emissione di Fumi e Gas Tossici: I materiali organici tendono a produrre fumi densi e gas tossici quando bruciano, mentre i materiali inorganici hanno prestazioni migliori in questo aspetto. Classificazione di Reazione al Fuoco: I materiali isolanti sono classificati secondo norme europee (ad esempio, Euroclassi A1, A2, B, C, ecc.) che indicano la loro reattività al fuoco. Materiali classificati come A1 sono non combustibili, mentre quelli in classe B, C, ecc., hanno crescenti livelli di infiammabilità. Applicazione e Spessore: La resistenza al fuoco di un isolante può anche dipendere dall'applicazione specifica e dallo spessore del materiale. Maggiore è lo spessore, migliore può essere la resistenza al fuoco, ma questo dipende anche dalla composizione del materiale e dalla presenza di additivi flame retardant. Per esempio, un isolante più spesso può offrire un tempo di resistenza al fuoco maggiore perché richiede più tempo per essere completamente compromesso dalle fiamme. Tuttavia, non è solo lo spessore a determinare l'efficacia, la qualità del materiale e la sua capacità di resistere alla propagazione del fuoco sono altrettanto cruciali. Nei materiali isolanti, gli additivi flame retardant possono agire in sinergia con lo spessore per migliorare la resistenza al fuoco. Materiali con densità maggiore o trattati con specifici additivi chimici possono esibire prestazioni superiori anche con spessori minori. Pertanto, la scelta del materiale isolante adeguato per un'applicazione specifica richiede un'attenta considerazione non solo delle proprietà fisiche come lo spessore ma anche della composizione chimica e della capacità di resistere al fuoco. Nell'ambito dell'edilizia, la normativa vigente spesso specifica requisiti minimi per la resistenza al fuoco degli isolanti, tenendo conto sia dello spessore che della composizione del materiale. Questi standard garantiscono che i materiali utilizzati negli edifici offrano un livello adeguato di protezione in caso di incendio, contribuendo così alla sicurezza degli occupanti e alla preservazione della struttura stessa.
SCOPRI DI PIU'Scopriamolo verificando l’acqua contenuta in una bottiglia di PET utilizzando il naso elettronicodi Marco Arezio Il packaging delle bibite e dell’acqua minerale è passata, nel giro di pochi anni, dalle bottiglie di vetro a quelle di plastica per una serie di importanti di fattori che hanno fatto di questo sistema di imbottigliamento il più usato in assoluto al mondo. Intorno alle bottiglie di plastica, in particolar modo al suo materiale primario, il PET, si sono sviluppate campagne di sostegno e campagne di denigrazione tra le più aspre, giocate tra i produttori di bibite, i produttori di materie prime, la distribuzione e il cittadino. I temi fortemente discussi sono ambientali, da una parte, rivendicando una sorta di patente di inquinatori da parte dell’opinione pubblica verso i produttori di bottiglie in PET, a causa della massiccia presenza nei mari dei prodotti usa e getta. E’ ovvio a tutti che i produttori di bottiglie in plastica non hanno nessuna parte a questo disastro ambientale che è da attribuire al consumatore finale, che non si preoccupa di conferire la bottiglia vuota a centri di riciclo o a provvedere al suo riutilizzo. Dall’altra parte i produttori di bibite hanno identificato nella bottiglia in plastica, tra l’altro, oggi, costituita da una parte di materiale riciclato, un grande vantaggio in termini di costi di produzione, di risparmio sulla logistica e di un impatto ambientale, in fase di produzione, minore rispetto ad altri materiali per il packaging. Ma c’è un’altra questione da considerare, e cioè il rapporto tra la bottiglia in plastica e il suo contenuto, l’acqua per esempio, rapporto che è un matrimonio solidale finché l’acqua non viene utilizzata dal consumatore. Durante la permanenza dell’acqua nelle bottiglie di plastica, tra il momento dell’imbottigliamento e il momento del suo consumo, la bottiglia può ricevere gli effetti della luce, dell’irraggiamento solare e dell’aumento delle temperature della plastica sotto l’effetto del sole. Ogni modifica delle condizioni standard della plastica, caldo, freddo, luce, tempo di vita della bottiglia, che possono modificare la struttura della plastica, potrebbero essere condivisibile con l’acqua contenuta che il consumatore di beve. Come facciamo a sapere se elementi volatili che nascono a seguito delle possibili mutazioni della plastica si trasmettano o meno nell’acqua? Non assaggiandola, in quanto alcune sostanze che potrebbero essere cedute possono essere insapori, non guardandola controluce, perché alcune sostanze potrebbero essere non visibili ad occhio nudo. Oggi abbiamo a disposizione uno strumento di laboratorio di piccole dimensioni ma efficacissimo, chiamato naso elettronico, che analizza in modo scientifico gli elementi volatili dei materiali. Attraverso la campionatura di porzioni di acqua contenute in varie bottiglie in plastica si inseriscono le provette nel naso elettronico e, in modo automatico, si riscaldano i campioni creando delle parti volatili che vengono intercettate da un gascromatografo (GC), che dialoga con uno spettrometro a mobilità ionica (IMS), i quali ci restituiscono un esame tridimensionale delle parti volatili contenute nell’acqua andando ad indentificare esattamente la quantità e la tipologia chimica dei composti contenuti. Cosa beviamo dunque? Acqua o altro? Ce lo dirà il naso elettronico.Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - PET - packaging - bottiglie
SCOPRI DI PIU'Nell’era del boom economico, il 1963 segna una data importante per un’azienda lungimirante che pensava fuori dagli schemidi Marco ArezioI primi anni ’60 la plastica iniziava a compiere i primi e decisivi passi che avrebbero poi caratterizzato lo sviluppo economico e sociale del secolo scorso. Pochi anni prima Giulio Natta aveva ottenuto il Nobel per la chimica per le sue ricerche che lo portarono alla scoperta del polipropilene. I Caroselli nella TV in bianco e nero di allora magnificavano i molteplici usi del Moplen, con il quale si potevano realizzare contenitori leggeri, resistenti e colorati, perfettamente in grado si sostituire quelli fatti in lamiera verniciata, pesanti e che potevano arrugginirsi. Nella sale cinematografiche, intanto, gli italiani si appassionavano al Gattopardo. È infatti nel 1963, come abbiamo detto, in pieno boom economico, che grazie all’intuizione e ad una visione illuminata di Innocente Caldara e del cognato Mario Pontiggia, nasce la “Pontiggia & Caldara” che sessant’anni più tardi sarebbe diventata la Caldara Plast che conosciamo oggi. Il Sig. Innocente girava instancabilmente l’Italia con il suo camion, un OM Tigrotto, in un periodo di grandi innovazioni in tutti i settori. È in questo scenario, in un’Italia in grande fermento, in cui tutti gli scantinati di Milano erano occupati da qualche laboratorio dove si produceva “qualcosa”, che Innocente Caldara vide due residui plastici che molte industrie eliminavano, una risorsa da riutilizzare e riportare a nuova vita. Erano solo gli anni Sessanta ma questa è l’idea che oggi sta alla base dell’economia circolare. In quei primi faticosi ma emozionanti anni, l’azienda faceva trasporti per varie società situate nella provincia di Lecco, operanti nella distillazione del metacrilato, portando il monomero ai clienti di queste ditte. Il modus operandi era semplice ma efficace: da queste ditte che producevano lastre di metacrilato venivano ritirati gli scarti prodotti e, successivamente, gli stessi venivano venduti alle aziende che si occupavano di distillazione. Con l’evoluzione del mercato e dei materiali, (erano anni di gran fermento nell’industria dei polimeri), al metacrilato trattato inizialmente si aggiunsero presto anche gli scarti di Policarbonato, dell’ABS, della Poliammide e del Polistirolo. Così, anche l’azienda, come il mercato, stava cambiando. Negli anni Settanta venne costruito, non con pochi sacrifici, il capannone di Caslino d’Erba, paese d’origine della famiglia Caldara, necessario ormai per contenere tutti gli scarti ritirati. Qui vennero posizionati i primi mulini acquistati per macinare le diverse tipologia di materiali, e stoccare il macinato pronto da rivendere in Italia ma anche all’estero. Giungono in fretta gli anni Novanta e la ditta diventa “Innocente Caldara snc”. Accanto al Sig. Innocente inizia a lavorare a 17 anni il figlio Attilio, il secondo dei suoi figli, che si occupa della macinazione degli scarti. Anche Massimiliano, il figlio maggiore, lascia la società in cui lavorava ed entra nell’azienda di famiglia. Avendo la patente per guidare il camion si alterna al papà nella guida del nuovo Iveco 190, anche lui girando l’Italia recuperando scarti di polimeri da avviare alla macinazione. Nel 1994, il terzo figlio, Alessandro, si unisce ai fratelli e al padre occupandosi anche lui di trasporti e macinazione. A supportare tutto questo gran lavoro negli uffici arriva Ester, che si occupa di amministrazione e contabilità e che affianca la Sig.ra Angela, moglie del Sig. Innocente, che da sempre, con costanza e rigore, tiene le fila della parte amministrativa dell’azienda. Ora, che la quantità di scarti aumenta, sorge un dubbio ai Caldara “ma che ce ne facciamo di tutti questi scarti acquistati e macinati? Sono belli, colorati, perfino simpatici, gli ambientalisti non sono ancora intervenuti gridando che la plastica è uno dei mali del mondo, ma nel nostro magazzino incominciano a diventare un po' troppi.” E allora? Internet e il web ancora non esistevano... così si incominciò con il telefono e le pagine gialle a trovare potenziali clienti a cui interessassero le plastiche macinate, e altri potenziali fornitori da cui acquistare scarti di lavorazione. Massimiliano, approfittando di uno stop forzato a seguito di un incidente in moto, iniziò a stare al telefono e ad occuparsi in prima persona della ricerca di clienti e dei rapporti con i fornitori. Siamo negli anni Novanta e in Caldara è già iniziata l’era dell’economia circolare. Continua… Traduzione automatica. Ci scusiamo per eventuali inesattezze. Articolo originale in Italiano.Fonte: Caldara
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