Perché Scegliere i Masselli in PVC Riciclato invece che in Cemento?di Marco ArezioMolte scelte di carattere fondamentale, vengono troppo spesso fatte facendo una comparazione matematica di prezzo, tra due elementi presi in considerazione che sembrerebbero, apparentemente, avere le stesse caratteristiche e le stesse funzioni.Nel campo dell’edilizia, attività che ha un impatto ambientale importante e dove la circolarità dei prodotti utilizzati non è ancora entrata a pieno regime, molto spesso si confrontano due prodotti da utilizzare solo sulla base del prezzo, scegliendo, spesso, quello più basso. Tra il massello carrabile in cemento e quello in PVC riciclato la decisione di posare quello più economico, spesso quello in cemento, viene dalla convinzione che i due prodotti siano sostituibili e che abbiamo le stesse funzioni tecniche e di durabilità. Per quanto il costo dei due prodotti sia mediamente vicino tra i due, la scelta dell’utilizzo del più economico crea un’apparente risparmio, ma in realtà il costo al metro quadro negli anni dell’elemento in cemento può essere decisamente superiore a quello in PVC riciclato. Nella decisione ponderata tra un prodotto e un altro, la sola variabile del prezzo non può condizionare l’acquisto, in quanto lo si può prendere, giustamente, in considerazione quando si sono analizzate e valutate anche economicamente tutte le altre differenze. Vediamone alcune: • Il massello in PVC riciclato ha un peso al mq. inferiore a quelli in cemento. Ogni progettista dovrebbe tenere in considerazione il maggior impatto ambientale che un numero maggiore di trasporti, a parità di superficie posata, incide sul conteggio della carbonizzazione. • Il massello in PVC non subisce danni causati dal sale stradale, danni che si ripercuotono nei masselli in cemento con costi di manutenzione negli anni importanti. • Il massello in PVC è un piano isolato dal punto di vista elettrico e può essere usato anche in contesti industriali in cui la corrente dispersa potrebbe essere un pericolo. • Il massello in PVC ha un buon valore di flessione, questo permette al prodotto di assorbire piccole e medie imperfezioni del sottofondo senza rompersi. • Il massello in PVC ha un costo di posa decisamente ridotto rispetto alla pavimentazione in masselli autobloccanti in cemento, in quanto la stratificazione di cui ha bisogno, su terreno compatto, riguarda solo 5 cm. di sabbia. Questo incide anche sull’impatto ambientale dei trasporti della materia prima che sono decisamente a sfavore del massello in cemento. Inoltre ha una posa intuitiva e comoda, tipica del fai da te, così da permettere a chiunque di creare le pavimentazioni richieste. • Il massello in PVC si taglia facilmente con un flessibile non professionale o una sega, quello in cemento ha bisogno di attrezzature con lame diamantate di livello professionale. • Il massello in PVC è composto di rifiuti plastici derivati dalla lavorazione dei cavi elettrici, che vengono triturati, selezionati ed estrusi, contribuendo alla piena circolarità della materia prima. Inoltre il massello in PVC posato, a fine vita, può essere nuovamente riciclato. Ogni pavimentazione fatta con il massello in PVC contribuisce a ridurre la quantità di rifiuti che produciamo quotidianamente. • Il massello in PVC è impermeabile, questo comporta un minor rischio di rottura nei cicli di gelo e disgelo. • Il massello in PVC, in quanto non poroso, non può macchiarsi con oli o carburanti che possono perdere i mezzi di trasporto, cosa che succede in modo indelebile con la pavimentazione porosa in cemento. Le macchie di gasolio, olio o benzina rimangono in modo permanente nelle superfici cementizie, mentre quelle fatte su un massello in PVC riciclato possono essere facilmente lavate con un getto di acqua a pressione. • Il massello tradizionale è normalmente composto da cemento, il quale deriva dalla lavorazione di pietre naturali per escavazione, subendo poi un processo di cottura che impiega energia fossile in grandissima quantità. Il cemento viene abbinato alla sabbia per costituire un impasto cementizio, sabbia che deriva dall’escavazione di terreni o dragando i fiumi, consumando in modo irreparabile le risorse naturali. Il terzo elemento necessario per produrre i masselli in cemento è l’acqua, che incide, normalmente, per una percentuale superiore al 40% per grammo di cemento utilizzato. Quindi l’impatto ambientale di un metro quadrato di masselli in cemento è incredibilmente superiore a uno in PVC riciclato. • Per quanto riguarda la resistenza a compressione, carrabilità, alla torsione degli pneumatici, la reazione al fuoco, alla bruciatura di sigaretta e di scivolosità, i due prodotto sono mediamente equivalenti. Alla luce di questi dati, la comparazione dei prezzi tra un massello in PVC riciclato e uno in cemento deve tener conto di tutti questi punti, che contabilizzati, economicamente e moralmente, portano il massello in PVC ad un costo complessivo decisamente inferiore a quello in cemento o a una pavimentazioni con asfalto. Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - PVC - masselli autobloccanti - edilizia - cemento
SCOPRI DI PIU'Un misto tra invidia, insoddisfazione e bassa autostima, imprigionano, a volte, l’uomo. Sei single e ti manca compagnia. Hai una relazione e ti manca la libertà. Lavori e ti manca tempo. Hai troppo tempo libero e vorresti lavorare. Sei giovane e vuoi crescere per fare cose da adulti. Sei un adulto e vorresti fare le cose dei giovani. Sei nella tua città ma vorresti vivere altrove. Sei in un altro posto ma vorresti tornare nella tua città ... Forse è ora di smetterla di guardare sempre a ciò che ci manca e iniziare a vivere il presente, apprezzando veramente ciò che abbiamo. Goditi l'aroma della tua casa prima di aprire la porta ed uscire a cercare i profumi del mondo. Perché nulla è scontato e tutto è un dono. [Oscar Travino]Categoria: Slow life - vita lenta - felicità Approfondimenti
SCOPRI DI PIU'Quando e come sono nate le lenti da vista?di Marco ArezioLa fondazione dell’ottica moderna la possiamo attribuire all’astronomo arabo Ibn al-Heitam (ca. 965-1040 d.C.) che in quel periodo mise in discussione le teorie sulla natura e sulla diffusione delle immagini visive dell’epoca.I suoi studi rivoluzionari sulle immagini, sulla riflessione della luce su specchi e sul vetro e il tentativo di capire il funzionamento della cornea umana, gli procurarono molti problemi, al punto che dovette fingersi pazzo per non incorrere in gravi conseguenze personali. Nonostante ciò, continuò i suoi studi che riassunse, tra gli altri, nel “libro dell’ottica” che rimase a noi sconosciuto fino al XIII° secolo, quando i monaci tradussero, questo e altri suoi libri in latino, destando subito grande scalpore ed interesse. Prima del XIV° secolo i difetti di vista che fossero congeniti, come la miopia, o collegati all’età, provocavano limitazioni irreparabili. I primi ad accorgersi di quale incredibile scoperta avevano tra le mani furono proprio i monaci, che erano consci dei problemi di vista che potevano affliggere l’uomo, specialmente quando si dedicavano alla traduzione di manoscritti e alla conservazione e diffusione del sapere. I monaci inventarono la prima “pietra di lettura”, una lente in vetro convessa che riusciva ad ingrandire le immagini dando un grande sollievo a chi aveva delle carenze visive. Esiste una trascrizione di un sermone, fatto durante una cerimonia religiosa a Firenze da parte di un frate Domenicano alla popolazione, che si può datare intorno al 1306, in cui veniva citata l’invenzione delle lenti e dei primi occhiali. Un altro monaco, a Pisa, Alessandro della Spina, nel 1313 parlò diffusamente dell’invenzione e della produzione degli occhiali da vista, con lenti che correggevano i difetti visivi che affliggevano anziani e giovani dell’epoca. Alla fine del XIII° secolo le vetrerie di Murano riuscirono a creare le prime lenti completamente trasparenti, incastonandole in piccoli cerchietti di legno o di osso, creando così la prima produzione in serie di occhiali. Per molto tempo gli occhiali si dovettero tenere davanti agli occhi con una mano, perché non si era trovato ancora il sistema di appoggiarli in modo autonomo sul viso delle persone. Così la diffusione delle lenti per i difetti visivi delle persone anziane fu rapida ed inaspettata, come possiamo notare dalle affermazioni di Petrarca in cui ci diceva che, raggiunti i 60 anni, aveva perso la buona vista e fu costretto a farsi aiutare dalle nuove lenti. Nel secolo successivo si svilupparono anche le lenti “per i giovani” che correggevano la miopia, come ci riporta una lettera del 1462, nella quale in Duca di Milano scriveva che si era dotato di lenti per poter vedere bene da lontano. Gli occhiali non divennero più solo uno strumento per la lettura e la scrittura, ma erano usate tutto il giorno per correggere il deficit visivo causato dalla miopia. Si iniziò a studiare come poter sostenere in modo autonomo gli occhiali senza la necessità di doverli tenere in mano, arrivando a pensare a speciali cappelli con inglobate le lenti o ad elastici posizionati intorno alla testa. Ma solo nel XVIII° secolo si arrivò ad inventare le stanghette degli occhiali, creando un modo comodo e pratico per indossare gli occhiali. Per molti secoli le lenti furono prodotte esclusivamente in vetro ma, a partire dalla scoperta delle materie plastiche, nel secolo scorso, si iniziò a produrle con materiali sintetici. Le lenti da vista o da sole, con materiali plastici, si rilevarono di grande comodità ed efficacia in quanto erano molto più resistenti del vetro, molto più leggere e più economiche. Di contro, le lenti in plastica, potevano essere più spesse rispetto a quelle di vetro e più facili da graffiare e quindi non consigliate in certe condizioni di uso. Categoria: notizie - tecnica - plastica - lenti da vista - vetro - storia
SCOPRI DI PIU'Come incrementare la produzione di energia elettrica riducendo il numero delle pale eoliche sul territoriodi Marco ArezioL’impellente necessità di incrementare la produzione di energia da fonti rinnovabili ha fatto sviluppare sul territorio molti progetti in ambiti diversi: eolico, solare, termico, biomasse, moto ondoso e altri progetti in fase di studio. Se da una parte la popolazione ha ben presente l’importanza di utilizzare e, quindi, di produrre energia pulita, dal punto di vista istituzionale e governativo, la burocrazia spesso mette in difficoltà i nuovi progetti verdi. Dal punto di vista della produzione di energia eolica sul territorio la presenza delle pale può creare un disturbo di carattere ambientale, in quanto spesso non si integrano in modo ottimale con il paesaggio, soprattutto se in presenza di aree tutelate in ambiti artistico-artistici. L’industria sta venendo incontro a queste necessità attraverso la produzione di parchi eolici che contano su un numero minore di pale per area considerata, ma con un’altezza maggiore del fusto che crea un’ estensione dell’area di rotazione maggiore. Un progetto di “repowering”, per esempio, che sta portando avanti al ERG in Sardegna, nei comuni di Nulvi e Ploaghe, con l’obbiettivo di sostituire le vecchie pale con una serie impianti la cui altezza passerà da 76 a 180 metri, ma il loro numero passerebbe da 51 a 27 realizzando, nello stesso tempo, una produzione di energia maggiore. Nonostante il parere negativo rispetto al progetto di repowering da parte della Regione Sardegna e del Ministero dei Beni Culturali, gli enti territoriali come i comuni dell’area sono favorevoli al progetto, in quanto la società Erg, riconosceranno una commissione sull’energia prodotta dal parco eolico, aiutandoli così a sostenersi finanziariamente in un periodo di riduzione generalizzata dei flussi monetari verso i comuni. Anche il sindacato FilctemCgil è favorevole al progetto in quanto permetterebbe di mantenere l’occupazione in un’area in cui trovare lavoro è complicato, inoltre non si capisce come si possa bloccare un progetto di sostituzione delle pale in un’area in cui già esistevano e soprattutto riducendone il numero. Per una volta la sindrome di Nimby, non nel mio giardino, per una volta non c’entra.
SCOPRI DI PIU'Bisfenolo A negli Imballi Alimentari: il Parere dell'EFSAdi Marco ArezioCome abbiamo già avuto modo di trattare nell'articolo "Rivestimenti polimerici per imballi alimentari in metallo" il massiccio ricorso ai prodotti alimentari preconfezionati, siano essi con imballi di metallo, di plastica o di altri materiali, pone l'interrogativo delle possibili sostanze chimiche, potenzialmente pericolose per la salute umana, che si potrebbero generare all'interno della confezione.Alcune di queste sostanze possono essere generate dall'effetto cedente dei materiali da imballo verso il cibo, altre riguardano la cessione di sostanze chimiche che si generano dagli alimenti stessi a causa dell'imballo.Infatti, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha riesaminato i rischi da Bisfenolo A (BPA) negli alimenti proponendo di abbassare considerevolmente la dose giornaliera tollerabile (DGT) rispetto a quella della sua precedente valutazione del 2015. Le nuove conclusioni dell'EFSA sul BPA vengono esposte in una bozza di parere scientifico disponibile a pubblica consultazione fino al 22 febbraio 2022. Tutte le parti interessate sono invitate a parteciparvi. La DGT è la stima della quantità di una sostanza (espressa in rapporto al peso corporeo in kg) che può essere ingerita quotidianamente nel corso dell’esistenza senza rischi degni di nota. Nella sua valutazione del rischio da BPA del 2015, l'EFSA aveva stabilito una DGT temporanea di 4 microgrammi per chilogrammo di peso corporeo al giorno. Nella sua bozza di valutazione ex novo del BPA, pubblicata oggi, il gruppo di esperti dell'EFSA sui materiali a contatto con gli alimenti, gli enzimi e i coadiuvanti tecnologici (gruppo CEP) ha stabilito una DGT di 0,04 nanogrammi per chilogrammo di peso corporeo al giorno. L'abbassamento della DGT è il risultato della valutazione di studi apparsi nella letteratura dal 2013 al 2018, in particolare quelli che evidenziano effetti avversi del BPA sul sistema immunitario: in studi su animali si è osservato un aumento del numero di cellule "T-helper", un tipo di globuli bianchi che svolge un ruolo fondamentale nei meccanismi immunitari cellulari e che, se aumenta, può portare allo sviluppo di infiammazioni polmonari allergiche. Confrontando la nuova DGT con le stime dell'esposizione dei consumatori al BPA tramite l'alimentazione, l'EFSA conclude che sia l'esposizione media che quella elevata al BPA superano la nuova DGT in tutte le fasce di età, dando così adito a preoccupazioni di termini di salute. Un approccio sistematico Il dr. Claude Lambré, presidente del gruppo CEP, ha dichiarato: "Questa bozza aggiornata è il risultato di un’accurata valutazione durata diversi anni. Abbiamo applicato un approccio sistematico per selezionare e valutare le evidenze disponibili. I nuovi studi scientifici apparsi nella letteratura ci hanno aiutato ad affrontare importanti elementi di incertezze circa la tossicità del BPA". L'EFSA ha già valutato la sicurezza del BPA destinato a materiali a contatto con gli alimenti nel 2006 e nel 2015. Allora i suoi esperti riuscirono a stabilire solo una DGT temporanea in ragione di alcuni elementi di incertezza , sottolineando la necessità di colmare le lacune riscontrate nei dati.Categoria: notizie - tecnica - plastica - riciclo - bisfenoloFonte: EFSA
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